GRASSI, Tarquinio
Figlio di Francesco e Francesca Sillicina, nacque a Romagnano Sesia il 27 dic. 1656.
Nipote di Giovanni Stefano e di Giuseppe Doneda, ambedue detti il Montalto, fu loro allievo; e sotto la loro guida dovette collaborare al vasto affresco della cappella della Trasfigurazione al Sacro Monte di Varallo, terminato nel 1676. Uno dei suoi primi impegni fu la decorazione del coro di S. Pietro Celestino a Milano con affreschi e tele, ora perduti, come le altre opere milanesi documentate tra il 1686 e il 1691 (Ferro - Dell'Omo). Del 1682 era la grande pala del Martirio di s. Pietro, ora scomparsa, per la collegiata di Borgosesia. L'anno seguente eseguì gli affreschi con gruppi di Angeli per la cupola della chiesa di S. Maria del Popolo a Romagnano Sesia dove tornò a lavorare a più riprese (nel 1692 eseguì gli affreschi dell'abside con l'Incoronazione della Vergine, di particolare forza drammatica e luministica, i Quattro evangelisti, la Disputa di Gesù tra i dottori e la Pentecoste; seguono nel 1693 i dipinti della cantoria con Angeli musicanti e nel 1710 le tele della Deposizione e del Purgatorio).
Attorno al 1686 deve essere datata la grande pala della Madonna di Loreto per la collegiata di Borgosesia (ora in S. Marta). Dal 1689 il G. iniziò a lavorare per la chiesa di S. Antonio Abate a Borgosesia dipingendo forse come prima opera la tela della Fuga in Egitto. Verso il 1692-93 dipinse l'ancona di S. Anna (ubicazione ignota) per l'oratorio, non più esistente, di S. Bernardino a Borgomanero, e nel 1694 le due tele del Paradiso e del Purgatorio - in quest'ultima effigiando se stesso e sua moglie - per la collegiata di Borgosesia (ora nell'oratorio di S. Bernardo alla Verzura) con uno stile affine a quello di Pietro Francesco Gianoli. Verso il 1695 dovette dar inizio a una delle sue imprese pittoriche più importanti, il ciclo di dipinti per la cappella della Madonna Addolorata nella chiesa di S. Antonio Abate a Borgosesia.
Il G. dipinse a fresco nella grande lunetta d'ingresso un Ecce Homo (1698), di notevole plasticismo, nella piccola cupola un arioso coro con angeli, i simboli della Passione e il Trionfo della Croce, nei pennacchi le Sibille in pittoreschi costumi e sulle pareti le tele dell'Innalzamento della croce (1699) e della Salita al Calvario caratterizzate da un cupo cromatismo. Di fronte, sul lato opposto della chiesa, dipinse su tela Il miracolo della gamba risanata per opera di s. Antonio da Padova. Seguirono, nel 1700, le tele di S. Biagio in gloria e S. Agata, lungo la navata e, forse, l'Estasi di s. Teresa, nel presbiterio.
In questi stessi anni per il palazzo dei marchesi d'Adda a Varallo il G. dipinse opere di soggetto profano: le grandi tele delle allegorie della Pittura e dell'Architettura e il ritratto di Livia Maria d'Adda (tutti oggi nella Pinacoteca di Varallo), oltre a un affresco sulla volta di una piccola sala raffigurante una figura allegorica in volo. Risale allo stesso periodo un'altra impresa di vasto respiro: la decorazione delle volte delle sale di palazzo Castellani a Borgosesia con scene mitologiche e bibliche, superstiti ancora in cinque ambienti: narrazioni ariose, serene, dalle ampie, distese campiture di colori che in parte richiamano gli affreschi del palazzo dei Principi a Masserano oggi attribuiti ai Nuvolone. Nel 1705, probabilmente a conclusione del ciclo, dipinse per i Castellani la pala della Madonna e santi nell'oratorio del loro feudo di Solarolo nel Novarese. L'anno dopo fu incaricato di affrescare la cupola del santuario della Madonna di Azoglio a Crevacuore, che concluse entro il 1710: caratterizzata da una particolare resa scenografica, la composizione rappresenta in alto l'Eterno entro un vortice di figure ruotanti e, al di sotto, le scene della Regina di Saba e di Ester e Assuero. Ancora del 1706 è il quadro di S. Antonio nell'omonimo oratorio di Riva Valdobbia; del 1707 sono gli affreschi della piccola cupola nell'oratorio del Santo Sepolcro al Sacro Monte di Varallo con il Trionfo della Croce e tre dei quadri delle pareti (la Deposizione, la Pietà, Gesù nel sepolcro).
Nel 1710 il G. si recò a Domodossola, dove affrescò lungo la via al Calvario la IX cappella con Gesù che cade sotto la croce, memore delle lezioni dei Montalti e di Gianoli. Due anni dopo affrescò sull'arco trionfale della chiesa di S. Gaudenzio a Zuccaro di Valduggia la Gloria della Croce. Negli anni successivi eseguì sulla volta della cappella del Rosario nella collegiata di Varallo una Gloria di angeli e, forse, le quindici tele ovali con i Misteri del rosario e le due grandi tele con la Battaglia di Lepanto e la Battaglia di Vienna dai toni drammatici e cupi.
Passata ormai la Valsesia sotto casa Savoia, il G. si trasferì a Torino, ove ottenne un discreto successo. Del 1715 è il quadro con S. Pio V e s. Tommaso d'Aquino per la chiesa di S. Domenico; del 1716, il pagamento per i dipinti con una Gloria di angeli nella cappella del Crocifisso in duomo. Il G. continuò contemporaneamente a operare anche per la Valsesia: sono del 1718 la tela col Miracolo del Ss. Sacramentodi Torino nell'oratorio di S. Marta a Campertogno, forse commissionato dai campertognesi residenti nella capitale sabauda, e l'affresco con la Vergine in gloria sulla cupoletta della cappella del Rosario nella chiesa di Prato Sesia.
Nel 1720 il G., a Torino, restaurò vari quadri per palazzo Madama (Vesme); l'anno seguente dipinse una pala per il castello di Rivalta Torinese.
Risalgono agli stessi anni le lunette nel convento, ora non più esistente, di S. Carlo a Torino con episodi riguardanti santi agostiniani (Bartoli), il grande quadro con la Fuga in Egitto (ubicazione ignota) per la chiesa anch'essa non più esistente dei Ss. Processo e Martiniano, il S. Rocco ritrovato morto nella prigione nel coro della chiesa di S. Rocco, il Martirio di s. Erasmo in S. Teresa, Giuseppe che spiega i sogni al faraone per la Ss. Trinità. Del 1724 è la Vocazione di s. Giacomo in S. Marta a Campertogno.
Dopo il 1730 il G., ormai rientrato definitivamente a Borgosesia, risulta ancora attivo per Soriso, vicino al lago d'Orta, ove dipinse, per la parrocchiale, tre episodi della Vita di s. Giacomo e S. Giacomo in gloria, certamente una delle sue ultime opere.
Il profilo stilistico del G., in oltre mezzo secolo di attività, rimase sostanzialmente fedele alla cultura pittorica lombarda del tardo Seicento mantenendone i caratteri anche nell'ambiente torinese. Pittore di facile ispirazione, fu solo sfiorato dalle nuove tendenze artistiche emergenti nel capoluogo subalpino. Della sua instancabile produzione sono ancora testimonianza l'affresco con i Re magi, già nella cappella di una casa dei Castellani a Borgosesia, ora a Novara in collezione privata; la pala della Ss. Trinità nella chiesa dell'ospedale Maggiore di Novara, proveniente da Arona; i dipinti, perduti, dell'antico duomo novarese; la grande tela con la Pentecoste nel coro e l'ovale con le Anime purganti nella parrocchia di Maggiora; la pala con la Vergine e i ss. Lorenzo e Filippo Neri nella parrocchiale di Crevola presso Varallo; due tele con episodi della Vita di s. Rocco a Rastiglione di Valduggia; la pala di S. Antonio nella chiesa di Montrigone di Borgosesia; la Sacra Famiglia con i ss. Bovo e Rocco in S. Rocco a Villata nel Vercellese; l'affresco con Il Trionfo della Croce sull'arco trionfale della chiesa d'Agnona presso Borgosesia (tutte opere di datazione ancora incerta).
Il G. morì a Borgosesia il 27 febbr. 1733.
Dalla moglie, Elena Costa, nacque, oltre a Vitaliano, Giovanni Battista, attivo come il fratello nel Piemonte settentrionale. Nato probabilmente a Romagnano Sesia attorno al 1685, verso il 1714 si trasferì a Torino con il padre e con il fratello. Dapprima restaurò molti quadri per la corte, operando per il castello di Rivoli ed eseguendo numerosi ritratti tra il 1716 e il 1733 (Vesme). Nel 1717 restaurò ben centosessantanove ritratti di Pontefici e ne eseguì altri centodiciotto, da identificarsi, con ogni probabilità, con quelli collocati in seguito in un salone del convento di Superga. Affrescò anche alcune lunette per il convento di S. Carlo, non più esistenti, forse in sostituzione del padre, o in collaborazione con questo. Lavorò poi nel Biellese dove realizzò la pala con la Madonna di Loreto e il beato Amedeo di Savoia per il santuario di Graglia nel 1733 e la tela con le Anime purganti per la parrocchiale di Gaglianico nel 1738. Del 1740 è il contratto per le ancone del Rosario e della Ss. Trinità con santi per la chiesa di Villareggia, tra le sue opere più significative e aggiornate. Per la chiesa di S. Maria degli Angeli a Chivasso, tra il 1740 e il 1745, restaurò quattro tele ed eseguì quelle con la Resurrezione e l'Ascensione. Tra il 1747 e il 1756 dipinse una suggestiva Natività notturna e le austere tele del Beato Carletti tra i poveri e di un Miracolo di s. Vincenzo Ferreri per la stessa chiesa. Del 1755 è la pala di S. Antonio; e del 1756, quella del coro con S. Giorgio e s. Caterina in adorazione del Ss. Sacramento per la chiesa di Lessolo nel Canavese. Nel 1759 preparò il bozzetto per la grande pala dell'Assunta per l'abside della nuova parrocchia di Foglizzo Canavese, che consegnò nel 1760 e che può considerarsi il suo capolavoro. Morì probabilmente poco dopo questa data a Caluso, presso Torino, ove risiedeva.
Dal matrimonio con Viena Cignaroli, figlia di Martino e sorella di Scipione, nacque nel 1724, Vittorio Amedeo, che divenne apprezzato ritrattista di corte e che, trasferitosi poi a Casale, sarà ricercato anche come autore di quadri sacri.
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