CANONI, Tavole dei
Pagine iniziali dei manoscritti medievali contenenti i testi dei Vangeli canonici, che presentano tabelle indicanti le concordanze tra i passi dei quattro evangelisti, inquadrate all'interno di architetture figurate.Il sistema fu elaborato da Eusebio, vescovo di Cesarea (265 ca.-339/340), riprendendo gli studi avviati da Ammonio di Alessandria, che nella Armonia evangelica (metà sec. 3°), tradotta in latino da Vittore di Capua (PL, LXVIII, coll. 255-358), aveva trascritto integralmente i quattro testi su altrettante colonne affiancate. Eusebio, come già Ammonio, si proponeva di risolvere il problema della sinossi e dell'esegesi unitaria del dettato evangelico evitando integrazioni e rielaborazioni dei testi come quelle operate nel Diatessáron di Taziano (sec. 2°).Nella lettera a Carpiano (PG, XXII, coll. 1275-1292), Eusebio spiega di aver definito le concordanze dei Vangeli numerando i passi di ognuno lungo il testo ed elencando i relativi numeri in dieci C. da porre all'inizio del volume (I: passi comuni ai quattro evangelisti; II: passi comuni ai tre sinottici, Matteo, Marco e Luca; III: passi comuni a Matteo, Luca e Giovanni; IV: passi comuni a Matteo, Marco e Giovanni; V: passi comuni a Matteo e Luca; VI: passi comuni a Matteo e Marco; VII: passi comuni a Matteo e Giovanni; VIII: passi comuni a Marco e Luca; IX: passi comuni a Luca e Giovanni; X: passi propri a un unico Vangelo, nell'ordine: Matteo, Marco, Luca, Giovanni).Cinquanta esemplari di evangeliari con le tavole dei C., eseguiti nello scriptorium di Cesarea, furono inviati da Eusebio a Costantino (Vita Const., IV, 36-37) e costituirono il modello per analoghi manoscritti realizzati a Costantinopoli (Ebersolt, 1926).La produzione più antica è però andata perduta e il primo esempio greco pervenuto risale al 6° secolo. Si tratta di un evangelario frammentario (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 847), che presenta alle cc. 1-6 sette tavole relative a cinque C., costituite da sequenze verticali di cifre allineate sotto archetti lineari tagliati in fasce da segmenti orizzontali, racchiuse in strutture formate da colonne con capitelli corinzi stilizzati o cubici su cui si impostano archi a tutto sesto. I fusti delle colonne e lo spessore degli archi sono decorati con motivi geometrici variati, a zig-zag, a spina di pesce e a losanga, da nastri spiraliformi e da ornamentazioni di tipo vegetale; elementi vegetali stilizzati corrono anche lungo il profilo superiore degli archi. In apertura e in chiusura della serie delle tavole dei C., alle cc. 1r e 7r, il manoscritto presenta due pagine ornamentali, ambedue con la croce inscritta in un clipeo della ricca cornice e il motivo dei due uccelli affrontati (Nordenfalk, 1938; Vieillard, 1945).Al sec. 7° risale un frammento di codex aureus, inserito in un manoscritto più tardo, proveniente dal Monte Athos (Londra, BL, Add. Ms 5111). Alle cc. 10v-11v sono conservate tre tavole con i C. I e VIII-X. Esse presentano uno schema architettonico analogo a quello dell'esempio precedente, con due arcate coordinate; alcuni intercolumni sono ulteriormente divisi da pilastrini. La decorazione è più ricca rispetto alle tavole viennesi, con una vasta gamma di variazioni su motivi vegetali, e i capitelli corinzi sono minuziosamente descritti con una resa tridimensionale. In alto, lungo il profilo esterno degli archi, sono ancora in parte leggibili tralci floreali e uccelli. Al di sopra del pilastro centrale, nel punto di imposta comune ai due archi e nel pennacchio degli archi lineari che uniscono i pilastrini al pilastro maggiore, rimangono tre busti clipeati di apostoli.Dallo studio dei due frammenti di Vienna e Londra, Nordenfalk (1938; 1963; 1982) propone una ricostruzione del loro schema generale e quindi del modello eusebiano da cui esso deriva. I dieci C. si sviluppano in sette tavole, precedute da un prologo. Questo contiene, per lo più su due pagine, il testo della lettera di Eusebio a Carpiano - di cui il citato manoscritto londinese conserva alla c. 10r l'ultima di tre pagine - inquadrato in arcate analoghe a quelle delle seguenti tavole dei Canoni. La pagina successiva può essere occupata da una miniatura, raffigurante un piccolo edificio su colonne, a pianta centrale, detto 'tempietto' (Nordenfalk, 1938). Le pagine occupate dalle concordanze di Eusebio e dalle spiegazioni sul loro uso sono quindi in tutto dieci. Lo stesso totale è rispettato, con poche varianti, nei manoscritti greci del periodo iconoclasta. Nel periodo successivo, a una relativa costanza nello schema architettonico corrisponde un progressivo inserimento di temi e soggetti nella decorazione: dai motivi geometrizzanti arricchiti con piante, figure di uccelli e medaglioni con gli apostoli si passa a figurazioni più complesse.In un evangeliario conservato a Berlino (Staatsbibl., Hamilton 246) sono inserite due tavole relative ai C. II-IV (c. 2r-v) e due pagine (c. 50r-v) con la lettera di Eusebio a Carpiano, appartenenti a un manoscritto greco databile al 9° secolo. Le tavole delle concordanze sono inquadrate tra colonne sottili e allungate che reggono archi le cui lunette sono decorate da busti aureolati. Nel C. II personaggi individuabili come Cristo, la Vergine e Giovanni sono disposti in modo da formare una vera e propria scena sacra, con le due figure laterali che si volgono verso quella centrale, rappresentata frontalmente. Nel prologo la miniatura si fa vera e propria narrazione negli episodi che oltrepassano il bordo della lunetta (Natività, Annunciazione), richiamati in alto dalla Vergine e dall'angelo annunciante inseriti sui due pennacchi.Figure e scene analoghe si trovano nelle tavole dei C. siriache a partire dalle più antiche conosciute, del 6° secolo. In un evangeliario conservato a Parigi (BN, syr. 33; sec. 6°), che allinea le concordanze sotto esili colonnati detti, dalla loro forma, del tipo m, privi di motivi ornamentali, sui lati delle colonne esterne compaiono miniature che nel loro insieme (cc. 2v-9v) delineano per grandi tratti un ciclo cristologico, incentrato sui miracoli e inframmezzato da animali e figurazioni simboliche. Nel Vangelo di Rabbula, datato al 586 (Firenze, Laur., Plut. 1.56; Weitzmann, 1933), gli elementi architettonici presentano una ricca decorazione, che nei C. più complessi riempie tutte le lunette delle arcate maggiori, nelle quali si inscrivono arcatelle secondo il tipo mn (uno schema paragonabile a una M sovrapposta a una N, ambedue in forma minuscola; Nordenfalk, 1938). Le pagine con le tavole, di numero maggiore che nei contemporanei esemplari costantinopolitani (cc. 3v-12v), sono completate ognuna da più scene e figurazioni; in alto, sulla cornice esterna dell'arco, sono piante e figure di uccelli affrontati, con al centro un canopo, mentre ai lati del colonnato si sviluppa verticalmente, su più registri, un'epopea di immagini tratte dal Vecchio e dal Nuovo Testamento, dai Patriarchi alla Passione di Cristo (Nordenfalk, 1938; Weitzmann, 1947).Lo schema eusebiano di dieci pagine è ripreso fedelmente nelle tavole dei C. prodotte in Armenia. La copia più vicina all'archetipo greco è l'Evangeliario di Eǰmiacin (Erevan, Matenadaran, 2374; Mathews, Sanjian, 1991), in cui il prologo con la lettera di Eusebio a Carpiano occupa il recto e il verso del primo foglio, le tavole sono distribuite sulle successive sette pagine (cc. 2r-5r), mentre sulla c. 5v, a chiusura della serie, è introdotta una miniatura a piena pagina con un 'tempietto' coperto a cupola, con drappi annodati appesi alle colonne all'altezza dei capitelli corinzi. Tutte le pagine con le concordanze di Eusebio di questo evangeliario sono state datate al sec. 10° (Weitzmann, 1933; Der Nersessian, 1933; Singelenberg, 1956). Esse presentano arcate del tipo m, rette da colonne decorate con le linee e i colori delle venature del marmo e coronate da capitelli ionici; sul profilo superiore degli archi, dallo spessore decorato, poggiano coppie di uccelli di specie diverse, affrontati verso il centro, segnato da un elemento vegetale o da una composizione floreale, tranne che nella c. 2v, dove sul colmo dell'arco centrale compare una gabbia con un uccello. Dalla stessa linea superiore dell'arco nascono fiori o rami di melograno. La prima pagina del prologo (c. 1r) è simile a due esempi greci coevi, conservati a Roma (BAV, Pal. gr. 220) e a Venezia (Bibl. Naz. Marciana, gr. I.8), con due pavoni affrontati, le cui lunghe code seguono la curva dell'arco.Intorno all'anno Mille nelle tavole dei C. bizantine e armene compare simultaneamente, a integrare o a sostituire l'arco, una testata rettangolare, impostata su un architrave poggiante sui capitelli delle colonne (Mathews, Sanjian, 1991). Il numero di queste ultime si fissa a tre per ogni pagina: lo schema diventa così omogeneo, con i numeri delle concordanze distribuiti in più file verticali sotto una struttura ripetuta. Negli scriptoria armeni, in cui si preferiva utilizzare la sola parte esterna della pelle, i fogli di pergamena erano impaginati in modo tale che, a partire dalle due miniature del prologo, architetture simili si succedessero in paia affrontate, alternate a coppie di pagine bianche, fino all'ultimo paio, formato dagli ultimi C. e dal 'tempietto'. La testata rettangolare assume l'aspetto di un pannello policromo, decorato con intrecci e motivi di origine sasanide che ricordano il repertorio della tessitura. Il pannello può derivare semplicemente dalla quadratura della curva dell'arco, che conserva nella figurazione una sua funzione strutturale (Roma, BAV, Vat. gr. 364, sec. 10°-11°; Venezia, Bibl. Armena dei PP. Mechitaristi, 1400, sec. 11°); in altri casi, e nei più tardi esempi armeni, l'arco è ridotto a mero elemento decorativo e simbolico all'interno della struttura architravata (Mathews, Sanjian, 1991). In un evangeliario greco datato 1133 (Malibu, J. Paul Getty Mus., Ludwig II 4), eseguito sotto la direzione del copista Theoktistos e proveniente da un monastero del monte Athos (Nelson, 1987), la testata è elaborata nelle tavole dei C. inquadrate da una struttura architravata mista, con due arcatelle con sovrastante frontone, semplici o inserite in un arco maggiore secondo lo schema mn (cc. 2v, 3v, 4v, 5v, 6v), mentre negli ultimi C. sulla testata si apre un unico arco (c. 7v) e nei primi (c. 2r) si ha un semplice frontone rettangolare. Il decoro dei pannelli è ricchissimo, a fitti elementi floreali dipinti a tempera e oro, ma mancano figure e altri elementi ornamentali, se si eccettuano i due alberelli sull'architrave, ai lati dei capitelli esterni, e altri due elementi vegetali sugli angoli superiori del frontone.Simili alle precedenti appaiono le superstiti tavole dei C. di un evangeliario conservato a Firenze (Laur., Plut. 6.23), databile tra il sec. 11° e il 12°, che ornano il frontone alla c. 1r con due pavoni affrontati e aggiungono rispettivamente nella stessa pagina e alla c. 1v due piante fiorite e due alberelli di cipresso che nascono dal suolo accanto alle basi delle colonne. Ogni frontone poggia su un architrave retto da due coppie di colonnine con capitelli corinzi, legate al centro da un vistoso nodo. Questo tipo di architettura, arricchito da un vasto repertorio di animali fantastici, ha larghissima diffusione nelle tavole dei C. dei manoscritti georgiani e in genere della provincia bizantina ed è presente nella produzione costantinopolitana dalla tarda epoca comnena fino alla prima età paleologa (Buchthal, 1983).Alla tradizione bizantina e siriaca attingono le tavole dei C. etiopiche, databili tutte a partire dal sec. 13°, a eccezione di quelle, più antiche, contenute in un manoscritto nella biblioteca del convento di Abba Garima (Leroy, 1968). Intorno alla struttura architettonica, coperta con archi e arcatelle dalle lunette ornate con intrecci, i C. etiopici presentano una flora e una fauna ricche ed elaborate, che nei manoscritti più tardi prende il sopravvento sul testo, mentre nelle miniature che seguono le tavole le architetture si complicano e formano edifici simbolici come la fontana di vita e l'albero del paradiso, per es. nell'Evangeliario della principessa Zir Ganela, del 1400-1401 (New York, Pierp. Morgan Lib., M. 818; Leroy, 1962).L'uso delle tavole dei C. entrò nell'Occidente latino per il tramite di s. Girolamo, che le adottò per l'edizione della Vulgata e ne indirizzò la spiegazione, con il testo della lettera di Eusebio a Carpiano, a papa Damaso (Ordo Evangelicus; PL, XXIX, coll. 525-542). I primi esempi latini noti risalgono al sec. 6°: si tratta di un evangeliario conservato a Londra (BL, Harley 1775) e di un frammento oggi a Roma (BAV, Vat. lat. 3806), ambedue prodotti in Italia. Il primo presenta le concordanze dei C. (cc. 6r-15r) ognuna con un solo arco retto da colonne con capitelli a grandi foglie; la decorazione si limita allo spessore degli archi, che offrono un ricco repertorio di motivi geometrici e di origine vegetale, e alle venature dei marmi delle colonne. Nel frammento vaticano i C. superstiti (quattro delle originali dodici pagine, cc. 1r-2v) sono allineati, più ordinatamente, sotto arcatelle incluse in un'arcata principale. I capitelli sono corinzi e ai lati dell'imposta dell'arco maggiore sta una coppia di uccelli (Nordenfalk, 1938).Dalla penisola italiana l'uso delle tavole dei C. si diffuse rapidamente in tutto l'Occidente, con l'adozione pressoché uniforme dello schema ad archi sovrapposti di tipo mn o, in alternativa, quella di strutture architravate di derivazione classica, con frontoni triangolari o compositi.Una delle principali aree di produzione di manoscritti con C. in architetture figurate archivoltate furono le Isole Britanniche, che esportarono nel continente maestri che diffusero tavole delle concordanze in cui è prevalente la rappresentazione di medaglioni con i busti degli apostoli. Questo uso è strettamente legato alla scelta di disporre i C. su dodici pagine, diffusa dagli autori degli esemplari italiani del sec. 6° (Nordenfalk, 1938), che permette una distribuzione regolare lungo tutte le tavole delle figure (Treviri, Domschatz, 61, secondo quarto sec. 8°), a volte accompagnate dal tetramorfo, altre volte da rappresentazioni di animali simbolici nelle lunette delle arcatelle (per es. in due manoscritti oggi a Maaseik, Mus. Kerkschat St. Katharinakerk, rispettivamente della prima metà e degli inizi del sec. 8°; Alexander, 1978).La maggiore fioritura di manoscritti con tavole dei C. riccamente decorate è legata alla committenza di Carlo Magno e della sua cerchia. Uno dei più celebri è il Codex Aureus proveniente da Saint-Médard di Soissons (Parigi, BN, lat. 8850), databile ai primi anni del sec. 9° (Pächt, 1984), contenente le tavole dei C. con le lunette miniate con i simboli zoomorfi e i ritratti degli evangelisti, raggruppati in scene movimentate nelle varie tavole secondo il criterio della distribuzione dei Canoni. Alla c. 6v è una miniatura con la fontana di vita, rappresentata secondo l'iconografia bizantina come un'edicola su colonne, a pianta centrale, circondata da animali simbolici e coronata da una croce, come già in un'opera dello stesso ambito, l'Evangelistario di Godescalco, del 781-783 ca. (Parigi, BN, nouv.acq.lat. 1203; Nordenfalk, 1938; Porcher, 1968), le cui tavole dei C. riprendono elementi orientali (Strzygowsky, 1891). Lo schema degli archi sovrapposti a più arcatelle è mantenuto in tavole dei C. dalla decorazione più semplice, come in un manoscritto di probabile origine romana, dell'800 ca. (Roma, BAV, Vat. lat. 5465), e nel coevo Evangeliario di Lebuino (Gand, Arch. della cattedrale), che presenta, con le sue diciotto pagine (cc. 27r-35r), la serie di C. più estesa; l'attenzione del miniatore è qui incentrata sulla varietà del decoro dello spessore degli archi, i cui motivi non sono mai ripetuti.Gli esempi di tavole dei C. con architetture architravate nel sec. 9° e poi in epoca ottoniana sono numerosi: tra questi l'Evangeliario di Ebbone (Epernay, Bibl. mun., 1), prodotto nello scriptorium di Reims tra l'816 e l'835, ha i C. distribuiti su dodici pagine (cc. 10r-15v), ornate da minute figurine di netta ispirazione ellenistica, intente alle attività distintive del loro mestiere e poste al di sopra di frontoni dorati (Porcher, 1968; Mütherich, Gaehde, 1976). In un altro manoscritto dello stesso scriptorium (Parigi, BN, lat. 17968) le figure sono prese a prestito dalla mitologia. Le architetture sono caratterizzate da una preziosa bicromia azzurro-oro nei C. dell'Evangeliario di Lotario, dell'850 ca. (Parigi, BN, lat. 266), prodotto nello scriptorium di Tours (Mütherich, Gaehde, 1976), o citano esplicitamente le rovine di monumenti classici, ricche di cornici e acroteri (Aquisgrana, Domschatzkammer, Evangeliario di Reims, prima metà sec. 9°; Manchester, John Rylands Lib., lat. 10, sec. 10°; Nordenfalk, 1938).A partire dal sec. 10°, la tipologia delle tavole dei C. si attesta nello schema ad arcate ed esprime una grande varietà nella rappresentazione degli elementi architettonici. Un evangeliario anglosassone della seconda metà del sec. 10° (New York, Pierp. Morgan Lib., M.869) presenta sulle arcate dei C. figurazioni trinitarie e angeliche che derivano da originali paleocristiani (Nordenfalk, 1963). L'autore delle miniature dell'Evangeliario di Enrico II, eseguito a Ratisbona tra il 1014 e il 1024 (Roma, BAV, Ottob. lat. 74; Diringer, 1958), continua la ricerca carolingia nella resa differenziata dei capitelli e nelle basi delle colonne. Questa tendenza si protrae per tutto il periodo romanico, con indubbi collegamenti con l'architettura coeva, di cui ritrae i portali e i chiostri, dai protiri ad animali sovrapposti della c.d. Prima Bibbia di Saint-Martial di Limoges, della fine del sec. 10° (Parigi, BN, lat. 5.II; Gaborit-Chopin, 1969), alle arcate di tipo m delle tavole di un evangeliario del sec. 12° proveniente da Moissac (Parigi, BN, lat. 252), con le figure clipeate degli apostoli che decorano ampi porticati (Nordenfalk, 1963).Il legame tra l'iconografia delle tavole dei C. e altre forme di produzione artistica è evidente sin dai primi esemplari greci e latini. La stessa idea di affermare l'importanza delle serie di concordanze inquadrando le colonne di numeri all'interno di una struttura architettonica retta da colonne ha i suoi diretti precedenti nei calendari romani, come quello contenuto nel Cronografo del 354 di Furio Dionisio Filocalo (Strzygowsky, 1888; Nordenfalk, 1938; 1963). Edifici ad arcate con i pennacchi ornati da medaglioni con busti di personaggi sono rappresentati in opere della Tarda Antichità, come il dittico di avorio con le Pie donne al sepolcro della seconda metà del sec. 4° (Monaco, Bayer. Nationalmus.; Toesca, 1927; Nordenfalk, 1963), direttamente ispirate a monumenti funebri - come quello eretto a Delo intorno al 100 a.C. per Mitridate il Grande o il mausoleo di Costantino a Costantinopoli - che a loro volta mutuano dalle divinità ritratte in edifici pagani, come l'Heróon di Kalydon in Grecia (di datazione controversa tra il sec. 1° a.C. e il 2° d.C.), le figure clipeate, in numero di dodici come quelle degli apostoli sui Canoni. Nella decorazione di questi ultimi - e nelle rappresentazioni della croce delle miniature del prologo - non può essere escluso un diretto riferimento a Costantino, il quale, come committente delle concordanze eusebiane, compariva originariamente nel frontespizio dei Vangeli Kerasous, del 1050 ca. (Princeton, NJ, Art Mus., inv. nr. 32-14; Nordenfalk, 1963).Un altro riferimento presente nelle arcate delle tavole dei C. è quello al Santo Sepolcro. Le sue rappresentazioni come piccola edicola e poi - dopo i lavori ultimati nel 380 - come rotonda, largamente presenti nell'arte medievale (Bonnery, 1991; Heitz, 1991; Heber-Suffrin, 1991), si riflettono nelle miniature dei manoscritti con i C. non solo nelle architetture figurate delle pagine con le concordanze, ma anche nelle figurazioni del 'tempietto' nelle tavole decorative di chiusura delle serie (Underwood, 1950). In queste ultime il significato di morte e risurrezione connesso con il sepolcro si combina indissolubilmente con la simbologia della fontana di vita; quest'ultima valenza simbolica, ben presente nei manoscritti carolingi (Evangeliario di Saint-Médard a Soissons, Parigi, BN, lat. 8850, c. 11r; Evangeliario di St. Emmeram, Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 14000, c. 11r) e già largamente rappresentata in quelli georgiani, armeni ed etiopici, è segnalata dalla presenza di cervi ai lati dell'edificio. La citazione di questi animali richiama il battistero Lateranense, che secondo le fonti comportava, nella ristrutturazione voluta da Sisto III (432-440), una piscina coperta da una cupola sorretta da otto colonne - il cui numero ricorre con notevole regolarità nei 'tempietti' - nella quale l'acqua era versata da cervi d'argento, già nominati tra i doni fatti al sacro edificio da Costantino (Lib. Pont., I, p. 174). Dal sepolcro reso fonte di acqua salvifica - tema tra i più diffusi nell'arte paleocristiana - la parola di Dio scaturisce per il tramite dei quattro fiumi rappresentanti gli evangelisti, cui appunto si riferiscono le tavole dei Canoni. Di questo concetto si ha una esplicita rappresentazione iconografica nell'Evangeliario di Soissons, in cui alla c. 11r l'angelo e il leone, simboli di Matteo e di Marco, cui si riferisce il C. VI, afferrano due grandi drappi appesi ai lati del 'tempietto' quasi a svelarne il contenuto, così come in ognuna delle tavole (cc. 7r-12v) la scena fa diretto riferimento ai passi indicati dalla prima concordanza (Underwood, 1950).Riferimenti simbolici estremamente complessi sono legati alla fauna e alla flora che popolano le tavole dei C.: al di là di singole immagini escatologiche e cristologiche comuni nell'arte paleocristiana e medievale (pavoni, gru, pellicani), l'insieme degli elementi naturalistici contribuisce a creare un'ambientazione da giardino del paradiso (Underwood, 1950).In quanto architetture figurate, le tavole dei C. risentono delle tipologie architettoniche diffuse nelle varie epoche e nelle diverse zone di produzione. A dispetto della tendenza conservatrice nello schema del portico, gli archi variano la loro forma, assumendo quella a ferro di cavallo in manoscritti orientali come il Vangelo di Rabbula, che riprendono motivi di bronzi sasanidi (Ringbom, 19773), o in manoscritti visigotici come la Bibbia di Cava de' Tirreni, del sec. 9° (Cava de' Tirreni, Bibl. dell'abbazia, 1; Vieillard-Troiekouroff, 1968). La prassi di citare elementi architettonici tratti da edifici antichi si coniuga, nella produzione carolingia e romanica, con la generale tendenza allo studio e alla rappresentazione dell'arte classica. Diretti collegamenti sono riscontrabili tra i capitelli rappresentati nelle tavole dei C. e quelli che coronano le colonne delle cattedrali coeve, come negli eclettici capitelli con testine e protomi umane citati nella Bibbia di Saint-Aubin (Angers, Bibl. Mun., 4; Sauvel, 1948), mentre i motivi decorativi sono estremamente simili a quelli raffigurati nelle superstiti decorazioni a stucco (Vieillard-Troiekouroff, 1962); le colonnine tortili che reggono le arcate dei C. nell'Evangeliario di Soissons e in altre tavole coeve sono raffrontabili, per la loro forma e per il tipo dei capitelli, alle colonne tortili tardoantiche conservate nella basilica vaticana, parti superstiti di strutture esistenti in età carolingia (Rosenbaum, 1955).
Bibl.:
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