taylorismo
Termine con cui si indica l’Organizzazione Scientifica del Lavoro (OSL), ovvero il corpus di dottrine e indicazioni organizzativo-manageriali per la produzione industriale messo a punto dall’ingegnere statunitense F.W. Taylor tra la fine del 19° e gli inizi del 20° secolo. Con l’andare del tempo, il termine ha assunto un significato più ampio e generico, teso a indicare tutti gli aspetti di uno specifico lavoro, sia manuale sia impiegatizio, organizzato secondo criteri ripetitivi, parcellari e standardizzati, dove la mancanza di discrezionalità è vista come una condizione necessaria per ottenere una resa produttiva più intensa e uniforme. In questo senso, l’uso comune della parola ha un significato intrinsecamente ambivalente, poiché evoca l’idea che l’efficienza non possa essere conseguita che a prezzo della ripetitività, normalmente imposta per via gerarchico-burocratica.
Il motivo storico che spiega il sorgere e il diffondersi di questo approccio sta nella percezione di una contraddizione tra le potenzialità di un’industria ormai alle soglie della produzione di massa e i metodi ancora arcaici del ciclo produttivo, basati sull’empirismo degli operai e sulla loro esposizione all’arbitrio dei capireparto. In questo contesto, Taylor concepì l’OSL come una completa rivoluzione mentale, che agisce attraverso la leva della divisione del lavoro, spinta a livelli molto accentuati in base a uno studio analitico dei tempi e dei metodi. La trasformazione dell’organizzazione in scienza avviene attraverso 4 strumenti: l’individuazione precisa della modalità ottima, in termini di efficienza nei tempi e nei costi, con cui può essere svolto un compito; la selezione e l’addestramento dei lavoratori, non casuali ma mirati alla ricerca della persona migliore per l’attività da effettuare (la persona giusta al posto giusto); l’instaurazione di rapporti di stima e collaborazione tra direzione e manodopera, che sono in diretto contatto tra loro in modo tale da risolvere i conflitti prima dell’intervento di soggetti ‘terzi’, quali il sindacato; la riorganizzazione dell’apparato direttivo così da restringere i campi di competenza dei capi, introducendo livelli gerarchici intermedi e il concetto di direzione funzionale, tale per cui gli operai non obbediscono più a un solo capo, ma ricevono ordini e sono controllati da diversi superiori, ciascuno dei quali si occupa di un aspetto particolare del lavoro per il quale ha sviluppato una specifica competenza. Completano il quadro degli strumenti dell’OSL la definizione di obiettivi di produttività, l’addestramento per raggiungerli e un sistema di incentivi monetari legato al loro conseguimento. L’OSL si presenta dunque come una costruzione teorica diretta ad affermare il primato assoluto dell’organizzazione d’impresa su qualsiasi altra componente sociale che vi lavora. Un primato che trova la sua base di legittimazione nel concetto di one best way, ossia nel presupposto secondo il quale per ogni problema esiste sempre una e una sola soluzione ottimale, che può essere raggiunta con adeguati metodi di ricerca scientifica.
A Taylor e alle applicazioni dell’OSL, che spesso però si sono limitate all’analisi scientifica del lavoro e alla conseguente specializzazione delle mansioni, sono state mosse molte critiche: mancanza di motivazioni diverse dal denaro, scarsa o nulla considerazione della dimensione sociale del lavoro, parcellizzazione dei compiti e quindi trattamento dei dipendenti come macchine, sfruttamento dei lavoratori attraverso l’intensificazione dei ritmi.