TEATE MARRUCINORUM (v. vol. Il, p. 550, s.v. Chieti)
Chieti sorge su un sistema collinare abitato sin dall'età eneolitica, come documentano i materiali rinvenuti nei grandi lavori di sbancamento condotti negli anni tra le due guerre. La logica insediamentale è chiarita dalla posizione del sito a controllo del corso dell'Aterno, dalle gole di Popoli fino al porto canale di Pescara, coincidente con il confine settentrionale dell'area occupata dai Marrucini.
Tombe dell'Età del Ferro dislocate sui percorsi di collegamento locale fanno pensare ad agglomerati sparsi che in un momento ancora indefinibile devono aver originato un unico insediamento urbano.
Già nel III-II sec. a.C. il sito è caratterizzato dalla presenza di due complessi cultuali di assoluto rilievo nel panorama regionale coevo. Sull'acropoli («Civitella») e nell'area intervalliva centrale sorgevano due santuari decorati con terrecotte architettoniche che trovano confronti nella produzione delle botteghe ellenizzanti attive a Roma e a Luni, Bolsena, Monterinaldo. Una nuova campagna di restauri e rilievi dei complessi frontonali ha portato - per quanto riguarda il materiale trovato nello scarico votivo della «Civitella» - all'individuazione di almeno tre edifici. Il maggiore era caratterizzato dalla presenza dei Dioscuri rappresentati al centro in costume orientale come Cabiri e accompagnati da alcune divinità tra cui Eracle, Ares, Artemide, Atena, Afrodite. Il frontone era completato da un fastigio traforato che si inseriva nelle lastre di sima; a contatto con le lastre frontonali era un pregevole rilievo vegetale realizzato a stecca. Il secondo frontone con Muse e il terzo sono ancora in corso di studio.
Del complesso si sono rinvenute parti delle fondazioni risparmiate dai lavori infrastrutturali ed edilizî che hanno sconvolto la collina dell'acropoli di Teate.
Probabilmente i tre edifici, facenti parte di un progetto architettonico unitario, erano affiancati con la fronte verso la città, sulla serie di muri a sacco ora parzialmente visibili. Gli edifici furono livellati e le decorazioni depositate poco più a valle quando, in età cesariana, fu costruito un portico a sostruzione della collina. È attribuibile alla fase più antica anche un portico con funzioni analoghe a quello costruito nel I sec. a.C., con numerose antefisse recanti una figura di Ercole seduto.
Nell'area centrale un santuario, caratterizzato già nella fase italica da un pozzo sacro e da due templi gemelli in opera quadrata di travertino locale, era decorato con serie di terrecotte a matrice del tutto analoghe a quelle rinvenute alla «Civitella», ma anche con antepagmenta di tipo inedito o con raffigurazioni di mostri marini. Un frammento di grandi dimensioni è attribuibile forse a una statua di culto (Cerere?).
Nel corso degli anni '30 fu eseguito lo sbancamento della collinetta che limitava il lato orientale dell'area forense, che tra la seconda metà del I sec. a.C. e l'inizio del successivo era stata costruita tramite la creazione di una galleria in calcestruzzo dalla particolare pianta a L, realizzata obliterando una precedente costruzione in opera quadrata. Non è ancora del tutto definibile la planimetria originale e la funzione delle numerose strutture in opera quadrata (il cui uso è piuttosto inconsueto in ambito regionale) presenti in tutta l'area forense inglobate nelle costruzioni giulio-claudie, ma ne è certa la destinazione sacra sin dalle sue fasi più antiche.
Aree di necropoli utilizzate dal IV al I sec. a.C. sono state individuate a più riprese e parzialmente recuperate in diverse zone. Le più estese e più lungamente utilizzate furono quella di S. Anna a N, relativa alla viabilità di collegamento con il porto sull'Aterno, e l'altra di Mater Domini, a O sulla strada di accesso proveniente dall'entroterra marrucino. La più antica sepoltura (V-IV sec. a.C.) sarebbe stata rinvenuta sulle pendici della «Civitella» nelle adiacenze di un percorso che fu poi ricalcato dalla Via Valeria proveniente da Roma. Tutti questi dati relativi alle fasi precedenti l'istituzione del municipium non possono che suggerire che i due complessi, l'uno legato all'acropoli, l'altro a un pozzo sacro, erano inseriti in un tessuto residenziale di edilizia minore che ebbe comunque forma organizzata e dignità monumentale intorno alla metà del I sec. d.C. Le comuni vicende dei due nuclei, l'impianto dei templi e la loro decorazione nella seconda metà del II sec. a.C., la monumentalizzazione scenografica in età tardo-repubblicana e il coinvolgimento di ambedue le aree nelle grandi opere di rifacimento edilizio del nuovo centro romano sembrano documentare un'univocità strategica, da attribuire a una sola guida politica. Il fiorire a T. in età medio-ellenistica di una classe dirigente di tradizione italica, portatrice di ideologie religiose e interessi culturali e artistici propri della romanizzazione, pone problemi storici non irrilevanti sull'ambiente italico e sul grado di assimilazione di modelli urbani anche in ambienti dove il rapporto con Roma non è del tutto documentato. È evidente che vanno ripensati per questo periodo i rapporti tra l'Urbe e le comunità italiche alleate in un quadro culturale in cui la periferia non è così subalterna al potere centrale, che invece si arricchisce degli apporti esterni mediati dagli Italici provenienti dall'Oriente.
In definitiva la ricca committenza dei complessi decorativi, relativa alle aree cultuali dell'acropoli e dei tempietti, si inserisce in una comunità fortemente legata all'esperienza ellenistica, predisposta ad accogliere funzionalmente e formalmente i modelli urbani. Il gusto eclettico di queste classi emergenti non viene però completamente recepito dalla cultura artistica locale, che riproduce i modelli con scarsa perizia tecnica.
I Marrucini, alleati di Roma dal 304 a.C. e protagonisti nella battaglia di Ascoli Satriano (279 a.C.) contro Pirro (Dion. Hal., XX, 1, 5), presero parte con gli Italici alla battaglia di Canne (Sil., VIII, 519); le fonti ricordano un invio di volontari a Scipione in partenza per l'Africa nel 205 a.C., mentre un riferimento più diretto a T. si conserva nell'episodio di eroismo dei due fratelli Herius e Pleminius morti durante la battaglia di Zama per mano di Annibale (Sil., XVII, 451-471). Nel periodo in cui vennero decorati i santuarî di T. viene ricordata la partecipazione alla battaglia di Pidna (Liv., xliv, 40, 5) di una valorosa cohors Marrucina tra le file dell'esercito romano comandato da L. Emilio Paolo.
Il foedus con Roma che aveva fortemente influenzato per quasi due secoli gli atteggiamenti culturali degli uomini migliori del populus marrucino, venne rotto con la guerra sociale; anche in questo caso la preminenza delle famiglie aristocratiche di T. appare chiara: tra i comandanti dei ribelli figura in primo piano Asinius Herius praetor Marrucinorum (Liv., Perioch., 72). La gens Asinia è già presente nel senato romano nel 40 a.C., a riprova della tradizionale alleanza che legava ormai le élites marrucine a Roma.
All'opera di evergetismo degli Asinii si deve certamente la strutturazione urbana di Chieti, di cui rimangono scarsi elementi caratterizzati soprattutto dall'uso dell'opera reticolata. Ciò che meglio esemplifica la temperie culturale di questo momento è la pregevole testa-ritratto di sacerdote proveniente dall'area funeraria di S. Anna. Nella prima metà del I sec. d.C. furono poste le basi urbanistiche (p.es. le infrastrutture idriche opera di Asinio Gallo) della monumentalizzazione che nel corso del secolo cambiò completamente l'aspetto formale della città. Il materiale epigrafico documenta l'importante rinnovamento edilizio di T. alla metà del II sec. d.C.: restauri alle opere idrauliche e rifacimenti di antichi edifici (le terme) affiancano i dati archeologici relativi alle nuove realizzazioni. La fase edilizia caratterizzata dall'uso dell'opera reticolata bicroma con ricorsi di spessi laterizî, utilizzata soprattutto negli interventi pubblici, conferma l'attuazione nel corso di più anni e a opera di maestranze diverse di un progetto unitario che coinvolse teatro, anfiteatro, area forense e opere inerenti la viabilità secondaria.
La struttura del teatro presenta ripensamenti del progetto iniziale, modificato in pochi anni per ampliare con la summa cavea l'impianto originario, con la revisione del sistema di accesso verso l'attuale Porta Napoli.
L'anfiteatro rinvenuto di recente nell'area della «Civitella» fu probabilmente realizzato immediatamente dopo la costruzione del teatro, come suggeriscono la posizione e alcuni particolari costruttivi. Anche in questo caso fu prima realizzata la struttura dell'edificio per spettacolo vero e proprio e poi il suo invito verso il centro-città: una sorta di piazza ricavata con lo sbancamento e l'adeguamento delle pendici dell'acropoli. Il progetto dell'anfiteatro si basava anch'esso su un sistema di muri di fodera, di sostruzione agli sbancamenti realizzati per ricavare l'incavo dell'arena. Gli ingressi, l'uno collegato alla viabilità esterna da S e l'altro decisamente puntato verso la viabilità urbana, sono costruiti in trincea. Non sono state rinvenute tracce della summa cavea che doveva essere, visti gli elementi strutturali, in legno. Un embrione di sistemi idrici a servizio delle attività ludiche è forse da leggere nel complesso di cisterne e cunicoli sottostanti gli ingressi. Mancano, sicuramente a causa della particolare geomorfologia del sito, gli ingressi sull'asse minore dell'anfiteatro: al loro posto è ancora leggibile uno dei due suggesta. Parte dell'originaria decorazione applicata è stata rinvenuta in posizione di crollo ai piedi del podio: si tratta di lastre di pietra con bordo arrotondato e cornice con gola rovescia al punto di spiccato.
La costruzione dell'anfiteatro è stata recentemente attribuita a Sex. Pedius Lusianus Hirrutus, personaggio illustre rientrato in patria dopo aver ricoperto importanti cariche alla metà del I sec. d.C. La struttura fu quasi integralmente spogliata prima del VII sec. d.C. quando, a seguito del crollo della struttura di accesso, fu sigillata una situazione d'uso dell'area a fini cemeteriali. Le tombe, allineate secondo l'andamento dei muri e sotto il livello di calpestio, erano prive di corredo, a eccezione di una in cui è stato rinvenuto un pettine in osso di un tipo di tradizione longobarda che fornisce un interessante terminus post quem. Del monumento si perse completamente memoria, e al suo posto, nella storia urbana di Chieti, documentabile a partire dal '700, troviamo un'area aperta destinata al gioco.
Dati nuovi sulla storia dell'edilizia privata sono recentemente emersi dalla ristrutturazione di edifici affacciantisi su Corso Marrucino, dove sono stati rinvenuti lacerti di strutture in opera incerta e resti di pavimenti mosaicati dai caratteristici motivi a cancello, a piccoli disegni su fondo scuro databili intorno all'inizio del I sec. a.C. Il dato rilevante è il loro coordinamento con la viabilità principale di attraversamento urbano.
La sistemazione della viabilità, nel quadro dell'attuazione della pianificazione urbana, comportò nelle fasi protoimperiali l'utilizzo di ambitus tra proprietà confinanti di cui si è recentemente rinvenuto un tratto caratterizzato da un'insegna fittile a palmetta. Un intervento simile nella tecnica, anche se in scala maggiore, è la via tecta conservata nei piani interrati del Palazzo de Majo; percorribile per un buon tratto, è realizzata in opera reticolata con ricorsi di laterizio, con andamento digradante verso valle. La funzione è chiarita dal percorso di una rete di infrastrutture idriche, riferibili a più fasi, localizzate sotto il livello pavimentale.
A un momento successivo vanno riferiti alcuni interventi pubblici caratterizzati dall'opera laterizia di spessi mattoni. Sono in parte ambienti ipogei di cui uno particolarmente imponente (m 30 x 65) è localizzato sotto il Palazzo della Provincia. Caratterizzato da una fitta pilastratura in mattoni, è allineato con uno dei lati lunghi sull'asse di attraversamento urbano nel suo tratto più prossimo alla porta settentrionale; questa posizione potrebbe chiarirne la funzione mercantile anche in relazione allo spazio soprastante, interpretabile come piazza pubblica.
Sul versante orientale fu costruito un edificio termale che ebbe un'importante fase di decorazione all'inizio del II sec. d.C., in accordo a quella che sembra essere una tendenza dei centri costieri abruzzesi (Teramo, Atri, Penne, Vasto) coinvolti in una fase di ripresa edilizia riguardante proprio le terme. È recente l'acquisizione del dato planimetrico dell'ingresso meridionale ricavato sul bordo di un corso d'acqua, sistemato appositamente e successivamente canalizzato.
Della città tardoantica conosciamo pochissimo: alcuni ambienti privati in opera vittata documentano la continuità d'uso delle strutture precedenti che vengono smontate e trasformate in abitazioni, continuando la tradizione residenziale del quartiere prossimo al foro.
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(A. Campanelli)