ZAMBRASI, Tebaldello (Tibaldello)
Figlio di Garatone degli Zambrasi, appartenente a una potente famiglia di Faenza (forse di origine consolare), nacque in un anno imprecisato della prima metà del Duecento.
Non ci è noto il nome della madre né quello del nonno paterno e materno. Ebbe un fratello, di nome Zambrasino, che fu frate gaudente. Gli Zambrasi erano facoltosi proprietari fondiari: sono attestati beni di Tebaldello a Cassanigo (1253) e a San Severo (1269) a nord di Faenza. Del loro patrimonio si occupava un gastaldo (1267).
Nel 1249 Zambrasi, ghibellino (ancorché ondivago e caratterizzato, più che dallo spirito di appartenenza ad un gruppo, da un’indole ambiziosa, impulsiva e inaffidabile, incline alla vendetta), postosi a capo di uno schieramento accanitamente ostile ai guelfi Manfredi, diede vita a ripetuti e violenti tumulti di piazza a Faenza sedati soltanto dall’intervento del locale podestà e del cardinale Ottaviano Ubaldini, allora ufficialmente in missione di pace in Romagna per conto della S. Sede ma in realtà per tentare di assoggettarla. Per molti anni mancano notizie di Zambrasi, che torna però alla ribalta nel 1274. In tale anno, certamente non da solo e sempre in odio ai Manfredi, favorì verosimilmente l’entrata in Faenza da parte dei forlivesi, nettamente schierati su posizioni filoimperiali o ghibelline, e dei Lambertazzi rifugiatisi nella città liviense dopo la loro prima cacciata da Bologna.
L’episodio risulta tuttavia poco chiaro e di ardua ricostruzione. Salimbene de Adam, che all’epoca abitava a Faenza, afferma di avere conosciuto e ripetutamente visto Tebaldello, vir pugnator, che per ben due volte tradì la sua città; ma il cronista parmense potrebbe aver enfatizzato. Altri in effetti hanno ritenuto che questa vicenda del 1274 sia una proiezione/duplicazione retroattiva di quanto accadde nel 1280, a maggiore damnatio memoriae del protagonista.
Furono gli eventi del 13 novembre 1280 a costituire il punto di non ritorno della vita di Zambrasi. Nottetempo egli aprì la porta imolese di Faenza alle forze di una coalizione guelfa composta da Geremei bolognesi, Manfredi in precedenza messi al bando, Ravennati e Imolesi. Fra costoro vi era anche il fresco genero di Tebaldello, Tano di Ugolino dei Fantolini. Gli Accarisi (faentini e ghibellini), così come i Lambertazzi bolognesi fuorusciti e rifugiatisi da tempo entro le mura di Faenza vennero cacciati e uccisi.
Secondo il colorito e risentito resoconto del cronista faentino contemporaneo Pietro Cantinelli, si trattò di una vera strage, e di gravi devastazioni. I vincitori non risparmiarono i bambini e distrussero diversi luoghi di culto; gli scampati si rifugiarono a Forlì. Le parole di Cantinelli diedero la stura a una successiva, ampia serie di narrazioni infamanti nei confronti di Zambrasi, e la risonanza fu notevole in tutte le cronache contemporanee. Ciò ispirò pochi anni dopo allo stesso Dante i celebri versi dedicati al faentino, dannato nel secondo girone del nono cerchio infernale e riverso nel ghiaccio dell’Antenora come «colui ch’aprì le porte quando si dormìa» (Inferno, XXXII, 122-123). Anche i commentatori di Dante si posero sulla stessa strada, e tra essi spicca Benvenuto da Imola autore di una tetra caratterizzazione fisionomica di Zambrasi.
Non possono essere esclusi, come motivazione del gesto, contingenti episodi (provocazioni e dispetti, furti, ecc.) legati al disagio sociale e alle tensioni indotte dalla presenza intra moenia di una cospicua comunità di esuli bolognesi Lambertazzi, ma va tenuta in conto anche l’insofferenza e la frustrazione individuale di Zambrasi, incapace, durante il periodo di assenza dei nemici Manfredi, di raggiungere quelle posizioni di preminenza cui la sua ambizione lo spingeva. Inoltre, sembra certo che egli avesse intrecciato relazioni con la guelfa Bologna già prima del 13 novembre 1280. In ogni caso, fu a Bologna che Zambrasi riparò con la famiglia, conseguendo anche il diritto di cittadinanza (26 gennaio 1282).
Le conseguenze dell’azione di Tebaldello non restarono circoscritte all’ambito strettamente locale perché i rapporti di forza nella lotta politica che allora divampava con particolare virulenza in Romagna fra filoimperiali e filopapali, e appena due anni dopo che la provincia ex-esarcale era passata con Bologna sotto la sovranità papale, ne vennero non poco condizionati. Lo schieramento filoimperiale o ghibellino, guidato dal prestigioso Guido di Montefeltro, dovette accusare la perdita non certo irrilevante per i suoi disegni strategici di una città come Faenza -mai più riconquistata- che costituiva una sorta di antemurale a difesa di Forlì, obiettivo primo degli attacchi delle forze guelfe. Né Guido di Montefeltro, nonostante ripetuti tentativi, fu più in grado, da Forlì, di riprendere la vicina Faenza.
L’esistenza di Zambrasi volgeva ormai al termine. La morte per lui giunse, in battaglia, il 1° maggio 1282 in quel dantesco «de’ Franceschi sanguinoso mucchio» (Inferno, XXVII, 43-44) in cui le forze papali guidate dal rettore provinciale e capitano generale papale Jean d’Eppe (Giovanni d’Appia) coadiuvate dai loro alleati bolognesi e da contingenti franco-provenzali mandati dal meridione da Carlo I d’Angiò vennero pesantemente sconfitte dai filoimperiali di Guido di Montefeltro.
Secondo Salimbene e Cantinelli, in quella circostanza oltre a Zambrasi persero la vita altre rilevanti figure della politica romagnola e bolognese di quegli anni come Taddeo da Montefeltro, Guido Accarisi, Guido Malabocca, Fantolino di Ugolino dei Fantolini, Tommaso di Mezzo dei Manfredi, Cornazio dei Corradini da Ravenna, Guglielmo Scannabicchi, Virundo degli Asinelli e tanti altri soprattutto di parte filopapale.
A Zambrasi nacque, da moglie sconosciuta, una figlia, chiamata Zambrasina, che egli, dotandola riccamente, diede in sposa il 29 aprile 1280 a Tano figlio di Ugolino di Fantolino di Cerfugnano (oggi Zerfognano, in zona appenninica) e che, poco dopo la morte dello stesso Tebaldello, fu presa sotto la protezione del Comune di Bologna.
Faenza, Biblioteca comunale Manfrediana, Schedario G. Rossini, Soggetti, A-Z, Z, ad vocem Zambrasi, Tebaldello; Cronologico, vol. 8, 1245-1278, nn. 55, 147, 196, 467, 510; vol. 9, 1279-1300, nn. 34, 42 s., 44, 45, 46 s., 48. Inferno, XXXII, 122-123; Annales Parmenses, in Annales et notae Parmenses et Ferrarienses, a cura di. Ph. Jaffé, in MGH, Scriptores, XVIII, Hannoverae 1863, p. 689; Benvenuto de’ Rambaldis de Imola, Comentum super Dantis Aldigherij Comoediam, a cura di G.F. Lacaita, II, Florentiae 1887, pp. 514 s.; Petri Cantinelli Chronicon (aa. 1228-1306), a cura di F. Torraca, in RIS2, XXVIII, 2, Città di Castello 1902, pp. 41, 43-45; Bernardino Azzurrini, Liber Rubeus, in Chronica breviora aliaque monumenta faventina, a cura di A. Messeri, ibid., XXVIII, 3, Città di Castello-Bologna 1905-1921, I, pp. 119 s.; II, pp. 225 s.; Annales Caesenates, a cura di E. Angiolini, Roma 2003, pp. 36 s.; Vincenzo Carrari, Istoria di Romagna, a cura di U. Zaccarini, I, Dall’età preromana all’età di Dante, Ravenna 2007, pp. 365-367, 390; Salimbene de Adam, Cronica, cura di G. Scalia, Parma 2007, vol. II, pp. 1028-1031, 1410-1414; Patricii Ravennatis Cronica, a cura di L. Mascanzoni, Roma 2015, p. 40. G.C. Tonduzzi, Historie di Faenza, Faenza 1675, pp. 314-316; G.M. Valgimigli, Tebaldello Zambrasi, in Alcuni scritti, I, Faenza 1878, pp. 85-128; F. Pellegrini, Il Sirventese dei Lambertazzi e dei Geremei, in Atti e Memorie della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, s. 3, IX (1890-1891), pp. 68-71, 185-186; A. Messeri - A. Calzi, Faenza nella storia e nell’arte, Faenza 1909, p. 72; G. Zaccagnini, Personaggi danteschi in Romagna, in Giornale dantesco, XXVI (1923), pp. 8 ss.; Id., Personaggi danteschi a Bologna e in Romagna, in Atti e Memorie della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, s. 4, XXIV (1933-1934), pp. 38-43, 53-55; A. Vasina, I Romagnoli fra autonomie cittadine e accentramento papale nell’età di Dante, Firenze 1965, pp. 106, 122-124, 145; J. Larner, Signorie di Romagna. La società romagnola e l’origine delle Signorie, Bologna 1972, pp. 66, 88, 103, 131; A. Vasina, Zambrasi, Tebaldello, in Enciclopedia Dantesca, V, Roma 1976, pp. 1162 s.; M. Randi, Dal Comune alla Signoria. I primi anni della «dulcissima gens manfreda», in Storia di Faenza. Dalla preistoria all’anno Duemila, a cura di G. Albonetti, Cesena 2018, pp. 107 s.