TEBE (Θῆβαι; Thebae)
1°. - In Alto Egitto, è città ignota alla più antica storia egiziana. Portata in primo piano dalle dinastie che attorno al XX sec. a. C. ricostituirono l'unità egiziana spezzatasi alla fine del Regno Antico, restò da allora città regale per lungo tempo: fu, in particolare; la capitale del regno durante il periodo della maggior potenza mondiale dell'Egitto, durante la XVIII dinastia (1580-1320 a. C.) che di T. è originaria. Un po' diminuita nella sua importanza politica durante la XIX e la XX dinastia (1320-1085)- che favoriscono accanto a altre città, Memfi e Tanis- cessa di essere sede regale con la XXI dinastia, e assume da allora, in varie forme, il carattere di una città aggregata al resto dell'Egitto secondo varie formule politiche, ma con un costante riconoscimento del suo speciale carattere di città sottomessa innanzi tutto al suo dio, Amon.
Anche in tali condizioni T. rimase una delle maggiori città dell'Oriente antico, e perfino il sacco assiro di Assurbanipal non ne compromise definitivamente la vitalità, anche se la spogliò di molti dei suoi tesori. Fu in epoca tolemaica che l'atteggiamento della città, palesemente ed attivamente ostile ai sovrani stranieri e centro di fermento nazionalistico, spinse le cose al punto che nell'84 a. C. T. fu non solo saccheggiata, ma addirittura distrutta. Essa si spezzò così in una serie di villaggi attorno a quelli che erano stati i centri della vita religiosa, e in tale forma si può dire che la città sussista ancor oggi. L'essere stata il centro più importante dell'Egitto per tutto il tempo del maggior splendore del paese ha fornito T. di una vastissima serie di monumenti; e mentre la città rivale, Memfi, ha visto sorgere al suo fianco le capitali dell'Egitto islamico che han distrutto i resti dell'antico centro urbano, T. è stata relativamente protetta dallo stesso abbandono in cui è caduta tutta la regione. C'è qui, perciò, il più ampio, ricco e vario campo di rovine di tutto l'Egitto. Esso si stende sui due lati del Nilo, e comprende fondamentalmente due classi di monumenti: templi e tombe. È ben noto che questi sono gli edifici che per gli Egiziani avevano carattere di perpetuità, e che quanto era connesso con la vita quotidiana (edifici di abitazione, uffici privati e pubblici, luoghi di riunione e di commercio, magazzini, perfino palazzi regali) era in genere costruito con materiale estremamente deperibile: leggere incastellature di rami, tende, costruzioni in mattoni crudi, che sono facilmente sparite senza lasciar traccia. Non ci è perciò possibile, in pratica; ricostruire che ben poco circa la topografia della città in funzione di uno studio urbanistico. Resta notevole il fatto che il complesso abitato fosse spezzato in due da un corso d'acqua come il Nilo, che non era valicabile da ponti. Le due parti della città avevano diverso carattere: mentre la metà a occidente del Nilo era fondamentalmente connessa con il mondo della necropoli (le tombe dei privati e dei sovrani, e i templi funerari di questi ultimi), la metà orientale gravitava attorno al santuario di Amon. I monumenti della riva E, pertanto, sono di regola complessi e sono venuti crescendo attorno a nuclei originari cui i singoli sovrani hanno aggiunto nuovi edifici e nuovi elementi a testimonianza della loro pietà. I monumenti della riva O, invece, legati ogni volta a un culto funerario, non consentono, di regola, ampliamenti o modifiche, chè ogni sovrano non amplierà templi (e tanto meno tombe) altrui, ma ne costruirà a suo proprio nome e nel suo proprio interesse di nuovi e indipendenti. Avverrà anche, così, che la riva occidentale conserverà monumenti più antichi: nessuno avrà ragione di manometterli per ingrandirli. E infatti a Deir el-Baḥrī (v.) c'è un complesso funerario di due Mentḥotpe della XI dinastia, e là attorno una necropoli civile della stessa epoca, aggruppata attorno alla tomba regale, secondo lo schema menfita. La XII dinastia, che trasporta a N le sue necropoli regali, praticamente non ha lasciato resti a T.: proprio perchè ha lavorato al tempio di Amon a Karnak (Tebe E), e il santuario è andato distrutto nei successivi ampliamenti, lasciando solo esigui resti di fondazioni. Un elegantissimo chiosco dell'inizio della XII dinastia è stato in antico abbattuto e riadoperato come materiale di riempimento in più tarde costruzioni: oggi è stato ricostruito, ma non fa più parte di nessun organico complesso templare. Con la XVIII dinastia si ha la prima sistemazione definitiva del nucleo di Tebe E (le odierne Karnak e Luxor). L'edificio più imponente è il tempio di Amon a Karnak, che sorge, come si è detto, su un distrutto santuario della XII dinastia, ma si sviluppa in un intricato groviglio di aggiunte e di costruzioni che in taluni casi addirittura raggiungono e incorporano edifici più antichi originariamente indipendenti, i quali si trovano così incastonati in un nuovo piano, e mutano di significato. Una descrizione minuta del tempio non è qui certo opportuna: si tratta comunque di un sacrario (oggi praticamente perso) davanti al quale è una serie di camere a colonne (ipostile, v.) e di piloni (v.), divisi ogni tanto da stretti cortili. Sono sei piloni, ognuno dei quali deve essere di proporzioni maggiori di quelli che lo seguono: quello più vicino al santuario ha una fronte di circa 50 m, quello che ha oggi funzione di facciata è lungo 113 m. Assai presto l'opera di ampliamento ha significato l'obbligo di attuare costruzioni colossali: l'interesse non poteva essere concentrato sul sacrario, che praticamente non è stato rinnovato e dietro il quale Thutmosis III ha suggellato lo spazio a disposizione edificandovi un tempio a celebrazione del suo giubileo. Così lo sfogo è stato consentito solo negli elementi pubblici dell'edificio: e certo non senza un certo peso dei motivi di propaganda politica. La scarsa duttilità del piano del tempio egiziano non lascia agli architetti molte possibilità di scelta: i successivi sovrani debbono costruire con sempre maggiore grandiosità, spinti dalla logica stessa delle proporzioni generali. I sovrani della XXI-XXII dinastia hanno iniziato il maggior pilone, che non fu mai compiuto, ma che nello stato attuale è di epoca tolemaica: non sono certo sovrani particolarmente doviziosi nè particolarmente interessati a cose tebane (chè anzi risiedono a Tanis), ma essi non possono concepire che su questa scala, così come l'etiope Taharqa è costretto a costruire un chiosco le cui colonne sono maggiori di quelle della retrostante sala ipostila di Ramesses II. Tale inevitabilità di struttura è anche la giustificazione di questo immenso complesso templare, e quel che dà in certo modo unità a partiti architettonici fra loro così lontani; come il mirabilmente elegante ed equilibrato cortile di Thutmosis III con i suoi pilastri a decorazione araldica e la grande sala ipostila compiuta da Ramesses II con le sue 134 colonne, il suo soffitto a 23 m d'altezza, la sua superficie di 102 × 53 m e la sua ricchezza fastosa di esperienza spaziale. L'altro grande tempio di Amon, cui quello di Karnak era riunito da un viale largo 6 m e fiancheggiato da sfingi criocefale, ha incorporato i resti di un edificio di Thutmosis III: ma nella sua attuale forma è opera di pochi sovrani. Ad Amenophis III (XVIII dinastia) si deve il tempio vero e proprio, con la sua chiarissima impostazione di pianta e l'importanza data alle colonne, numerose, agili, ben diseguate, che seguono in doppia fila i muri del cortile, più largo perciò che non la retrostante sala ipostila. Una lunga sala a tre navate, anch'essa a colonne, fu compiuta verso la fine della dinastia, e Ramesses II, non molto dopo, costruì un cortile con doppia colonnata, obliquo rispetto all'asse delle parti più antiche del tempio. È questo un complesso in cui i vari architetti hanno saputo intendere il senso dell'opera che erano chiamati a completare, e in cui l'unità è assai più sensibile che non nel tempio di Kamak. Alla XVIII dinastia si dovevano templi della riva occidentale (funerarî), oggi distrutti. Resta, colossale reliquia di quello di Amenophis III, la coppia delle statue che decoravano il pilone e che gli antichi dissero statue di Memnone (altezza m 17,90); e, soprattutto, quello più antico della regina Ḥshepsowe a Deir el-Baḥrī (v.), qualche km più a N. La XIX dinastia ha il tempio di Kamak di Sethos I e soprattutto il cosiddetto Ramesseo, il tempio funerario di Ramesses II dove le statue colossali, i rilievi storici che riempiono intere pareti senza divisione in registri, i pilastri con telamoni offrono, per quel che è ancora conservato, un esempio mirabile della fastosità pittoresca dell'architettura del tempo. Di queste tendenze la dinastia seguente dà esempio in uno dei templi meglio conservati della regione, quello di Medīnet Habu (v.) di Ramesses III. Oltre a questi, una folla di templi minori, spesso assai interessanti e degui di menzione, si scalano fra la XVIII dinastia e l'età tolemaica: ma non si può qui farne altro che il nome. A Thutmosis III e ad Amenophis III si deve il tempio di Mut signora di Ašheru, e al secondo di questi sovrani il tempio di Montu ivi presso. Al primo invece risale il nucleo di un tempio di Ptaḥ. Un piccolo tempio di Sethos I è rimasto chiuso nel primo cortile del grande tempio di Karnak, e incorporato nel muro di cinta dello stesso complesso è restato un pregevolissimo tempio di Ramesses III. A questo sovrano si deve, a Karnak stessa, un tempio di Khonsu che è il più classico esempio di pianta templare canonica. All'età tolemaica si ascrivono, oltre a cappelle di santuari di Karnak e Luxor, un tempietto di Ipet a Karnak (Tolemeo Evergete II) e quello di Deir el-Medīneh perfettamente conservato e di singolare eleganza. Da ricordarsi, inoltre, il materiale architettonico in frammenti che proviene da un distrutto tempio di Aton (v.). Assai importanti sono le necropoli tebane. A parte quelle regie (v. valle dei re; valle delle regine), quelle civili comportano varie centinaia di tombe, dal Medio Regno in poi, scavate nella roccia e con pareti in genere decorate di pitture su una mano di stucco bianco. In contrapposto con la povertà dei temi delle tombe regali, le tombe dei privati danno amplissima notizia dei casi della vita quotidiana, della biografia del titolare della tomba, e con una policromia assai semplice e un disegno rapido e sicuro esprimono il brio narrativo dei pittori egiziani- per la maggior parte del Nuovo Regno. La fermezza disegnativa, la cura dei particolari e la delicatezza dei tratti fisiognomici sono elementi che si incontrano nella XVIII dinastia e che, nelle tombe più tarde, cedono a un più vivace snellirsi delle linee di profilo e ad un trattamento più impressionistico del colore. Inutile tentare di dar notizia del materiale archeologico proveniente da T. e custodito nei varî musei: come è il campo di rovine più imponente dell'Egitto, così T. è anche il luogo di provenienza di una altissima percentuale delle antichità egiziane pervenuteci. Una analisi di certe qualità comuni a tale materiale potrebbe forse indicare certe costanti di un gusto locale: ma il carattere accentrato della civiltà egiziana, il probabile confluire a T. di artisti di tutte le provenienze rendono per ora assai rischioso un tentativo in questo senso.
Bibl.: L'infinita mole di pubblicazioni relative a T. è raccolta in Porter Moss, Topographical Bibliography of Ancient Egyptian Hieroglyphic Texts, Reliefs and paintings, I, The Theban Necropolis, Oxford 1927; II, Theban Temples, Oxford 1929; H. Kees, in Pauly-Wissowa, V A, 1934, cc. 1553-1582, s. v. Thebai.
Deir el-medīneh. - È il nome moderno di una parte della necropoli tebana che fu il centro abitato dagli operai addetti ai lavori delle tombe regali durante il tardo Nuovo Regno (v. vol. ii, fig. 543).
Da Deir el-Medīneh proviene una folla di documenti papiracei e di ostraka che ci permettono di stabilire da chi fosse costituita la popolazione, quali fossero le sue capacità economiche, culturali, religiose. Intere genealogie di famiglie si possono ricostruire, e scorci di biografie di singoli personaggi anche di umile condizione. Forme religiose popolari- ignote per altre parti dell'Egitto- qui sono esplicitamente testimoniate (società cultuali private, forme di pietà diretta, ex voto e racconti di miracoli); esercitazioni su ostraka ci mostrano l'attività della scuola, così letteraria come figurativa; registri e giornali ci dan notizia del lavoro e della preparazione delle tombe regali.
Su questo fondo di documentazione è tanto più prezioso l'aver potuto identificare la pianta del villaggio operaio (uno dei rarissimi che conosciamo dell'Egitto antico). Si tratta di case assai modeste, con un grande vano di entrata e una più piccola camera privata. Una cucina, e talvolta una terrazza e una cantina, completavano l'alloggio. Le case danno su vie che risalgono la collina; manca, però, la perfetta sistemazione urbanistica del villaggio operaio di Kahun: ma, mentre là si tratta piuttosto di acquartieramenti, costruiti tutti in una volta e d'autorità, qui si ha un villaggio vivo e vero. Connessa con il villaggio è una necropoli- datata in gran parte alla XIX e XX dinastia. La tomba tipica comporta una cappella a vòlta sormontata da una piccola piramide (oggi di regola distrutta) e un ipogeo con decorazione dipinta di argomento mitico-funerario.
In età tolemaica a Deir el-Medīneh fu eretto un piccolo tempio a Ḥatḥōr e Maat: esso consta di una modesta ipostila (a due colonne), di un vestibolo e di un triplice sacrario. Una scala porta sulla terrazza. Notevole la conservazione delle dipendenze entro le mura di cinta del tèmenos (magazzini e alloggiamenti adoperati in età cristiana come base per un convento che ha dato il nome alla località).
Bibl.: E. Schiaparelli, La tomba intatta dell'architetto Cha nella necropoli di Tebe, Torino 1927; B. Bruyère, Rapport sur les fouilles de Deir el Médineh, 1922-1951, Il Cairo 1924-1953.