Vedi TEBE Ftie dell'anno: 1966 - 1973
TEBE Ftie (Θήβαι αἱ Φϑιώτιδες, o anche αἱ ᾿Αχαΐδες, più tardi anche Θῆβη; Thebae Phtiae, o Phtiotides, o Phtioticae)
Capitale della Ftiotide, presso il moderno villaggio di Akitse, confinante con i territorî di Demetrias, Phaerae e Farsalo, la più importante città della Tessaglia marittima fino alla fondazione di Demetrias.
Filippo V, dopo averla conquistata (217 a. C.) ne mutò il nome in Filippopoli, ma per breve tempo, poiché dopo la sconfitta di Filippo a Cinoscefale T. ritornò agli Etoli e riprese il nome antico (197 a. C.). Nel 189-188 a. C. cadde nelle mani dei Romani che l'aggregarono alla Tessaglia. Fu particolarmente fiorente nella seconda metà del IV sec. a. C., quando incorporò i territori delle prossime Filace e Piraso, e nei primi secoli dell'èra cristiana fu, con Larisa il più antico vescovado della Tessaglia. Venne abbandonata nel IX sec. al tempo delle invasioni barbariche. Non si sa come il nome pregreco di T. giunse nella achea Ftiotide; assente dal Catalogo delle Navi (Iliade) è attestato per la prima volta nel IV sec. a. C. e compare sulle monete appena al tempo di Demetrio, ma non è da escludere che fosse portato dall'abitato fin dall'età arcaica.
Le rovine della città antica furono riconosciute dal Leake su un dorso montuoso a quattro cime e sulle sue pendici meridionali ed orientali. Gli scavi, iniziati nel 1907 dall'Arvanitopoullos e proseguiti fino ai nostri giorni, hanno portato al riconoscimento di nove strati succedutisi dall'età neolitica a quella bizantina.
L'abitato più antico (I strato) occupa la cima occidentale della città; è uno dei più importanti della Tessaglia e fra i pochi di quest'epoca nella regione collocati su un'altura. Esso è rappresentato da una ceramica dipinta tipo Dimini B 3 α e termina con tracce di incendio. A questo seguono altri due strati (il secondo e il terzo), dell'Età del Bronzo (???SIM-44???1 γ e ???SIM-44???2), ma con utensili in pietra e osso, una ceramica ornata di graffiti riempiti di colore bianco (analoga a quella di Petreny in Bessarabia) e altra lucida, rossa con linee bianche e resti di una piccola casa quadrangolare di cui si conserva ancora lo zoccolo di un lato lungo (m 9 85) in piccole pietre e fango. Ad essa appartengono anche due basi in pietra per colonne lignee. A tale abitato, distrutto dal fuoco, ne succede un quarto, esponente di una cultura molto rozza, con frammenti di ceramica monocroma (???SIM-44???3) di tipo minio (v. orchomenos), un idolo in forma umana e un sepolcro in pietra con scheletro rannicchiato. Il quinto strato attesta un modesto insediamento miceneo (Tardo Minoico III) mescolato con il sesto strato geometrico e arcaico e questa continuità è indizio di un abbandono secolare del sito. Allo strato geometrico appartiene già un tempio arcaico con due colonne in antis e l'elevato presumibilmente in fango e legno; di esso si conserva il lato E con tre gradini e tracce degli altri lati. Le dimensioni erano m 9,30 × 11,45. Lo si è identificato con il tempio di Atena Poliàs di cui parlano le fonti; provengono da esso doni votivi, figurine in terracotta di una divinità con un capriolo, fibule e anelli bronzei e cocci geometrici e protocorinzi. A un rifacimento di questo tempio, nel quale furono utilizzati elementi architettonici più antichi, appartengono una tegola templare con iscrizione dubitosamente integrata Πολιάδος elementi architettonici più tardi (settimo strato: ellenico ed ellenistico).
L'acropoli di età protostorica occupava il colle più orientale ed era circondata da un muro ciclopico in blocchi di pietra locale grigia e bruna di m 2 × 1 circa. Secondo alcuni all'inizio (Stählin), secondo altri alla fine (Scranton) del IV sec. la città alta e quella bassa furono munite di mura costruite in blocchi irregolarmente trapezoidali a duplice paramento e nella tecnica dell'emplecton e in un materiale che varia dal calcare, all'arenaria, alla breccia. La parte superiore era probabilmente in fango. Le mura sono fornite di torri (se ne riconoscono ancora una quarantina) che hanno una larghezza di 6-7 m e agli angoli rinforzi; la maggior parte di esse interrompono la facciata esterna ed il riempimento e sono legate alla parte interna del muro. A S è conservata la sostruzione di una scalinata che portava al cammino di ronda. L'Arvanitopoulios aveva notato sulle pendici S dell'altura mura di età giustinianea, ma secondo Sotiriou si tratta di opere di età romana (ottavo strato della città). Entro il perimetro delle mura (2400 m) la città si distribuiva su varie terrazze naturali alcune delle quali sono rinforzate da muri di sostegno. Nella città bassa, in un avvallamento del terreno, era collocato il teatro, un portico che aveva un atrio probabilmente con colonne lignee e sul dietro delle botteghe, le fondamenta di un tempio, edifici del IV-II sec. a. C. e abitazioni, ove sono stati rinvenuti frammenti di skỳphoi megaresi del tipo cosiddetto omerico.
La T. paleocristiana (nono strato della città) sorse ad oriente di quella antica, presso il preistorico colle di Pyrasos e fino al mare (moderno villaggio di Nea Anchialos). Ad essa appartiene un vasto complesso edilizio del V-VII sec. d. C. esplorato negli scavi di questi ultimi decenni, condotti sempre dalla Società Archeologica greca e diretti da G. A. Sotiriou.
La maggior parte dei ritrovamenti è conservata al museo di Volo.
Bibl.: D. Levi, in Enc. Ital., s. v.; F. Stählin, in Pauly-Wissowa, V A, 1934, cc. 1582-1593, s. v. Thebai; F. Stählin, in Ath. Mitt., XXXI, 1906, pp. 5-10; W. Vollgraff, in Ann. Brit. Sch., XIV, 1907-8, pp. 224-225; A. S. Arvanitopoullos, in Πρακτικά, 1907, pp. 161-169; id., ibid., 1908, pp. 163-201; G. Kip, Thessalische Studien, Halle 1910; B. V. Head, Historia numorum, Oxford 1911, p. 310; A. J. Wace-M. S. Thompson, Prehistoric Thessaly, Cambridge 1912, pp. 166-169; F. Stählin, Das hellen. Thessalien, Stoccarda 1924, pp. 171-173; G. Sotiriou, in ᾿Εϕ ᾿Αρχ., 1929, cc. 1-158; id., in Πρακτικά, 1929, pp. 63-68; 1930, pp. 30-35; 1931, pp. 37-43; 1933, pp. 46-57; 1934, pp. 58-66; 1935, pp. 52-69; 1936, pp. 57-67; 1937, pp. 53-58; 1938, pp. 49-52; 1939, pp. 53-60; 1940, pp. 18-22; 1954, pp. 143-152; G. de Jerphanion, in Atti Pont. Acc., S. III, Mem., vol. III, fasc. IV, 1932-33, pp. 117-122; H. D. Hansen, Early Civilisation in Thessaly, Baltimora 1933; R. L. Scranton, Greek Walls, Cambridge 1941, pp. 84-85; 169; 185; A. Orlandos, ῾Η ξυλόστεγος παλαιοχρ. Βασιλική, Atene, I, 1952-1956; id., in Ergon, 1955, pp. 40-44; 1960, pp. 61-67; 1961, pp. 60-66; 1962, pp. 48-55; E. Stassinopoulo, in Riv. Arch. Crist., XXXI, 1-2, 1955, pp. 101-102; XXXII, 1-2, 1956, pp. 94-95.