tecniche antistress
Tecniche psicologiche e comportamentali, di origine orientale e occidentale, di varia epoca storica, che si propongono di porre sotto controllo la risposta di stress, la quale, entro limiti fisiologici, è essenziale alla vita, mentre agisce da rilevante fattore di malattia se va oltre in intensità e durata.
La reazione di stress comporta una variazione rilevante di molti sistemi (nervoso, endocrino, immunitario, metabolico, circolatorio) che mette in condizione l’organismo di affrontare al meglio la situazione che ha originato la reazione medesima. Come conseguenza dell’aumento degli ormoni dello stress (cortisolo, adrenalina, noradrenalina) e di altri collegati (vasopressina, ossitocina, oppioidi endogeni, ormoni sessuali), il cervello è più attivo e attento, i muscoli maggiormente irrorati e riforniti di substrati energetici, il sangue più ricco di sostanze utili a contrastare il dolore e a riparare eventuali ferite. In questo senso «lo stress è l’essenza della vita » come sosteneva Hans Selye. I problemi sorgono quando lo stress è molto potente (per es., un trauma) o dura nel tempo e, soprattutto, quando viene interpretato e vissuto come una fonte di preoccupazione. Sul cervello, si ha la prova che l’eccesso di cortisolo causa apoptosi (➔) nell’ippocampo, danneggiando un sistema cerebrale chiave per la memoria, la cognizione e la regolazione neurofisiologica. Sul sistema immunitario, si ha la prova che lo stress cronico sposta la reattività del sistema su una polarità (cosiddetta Th2) inadatta a contrastare patologie infettive o neoplastiche (➔ psiconeuroendocrinoimmunologia). Infine, studi dimostrano che lo stress è correlato a disturbi dell’umore (ansia e depressione) e che in queste condizioni aumenta la produzione di sostanze infiammatorie.
A partire dagli anni Novanta del 20° sec., numerosi studi controllati si sono posti l’obiettivo di misurare efficacia e sicurezza delle t. a. in ambito sanitario e ospedaliero. Da questi studi è emersa l’evidenza che la partecipazione a programmi di gestione dello stress ha effetti positivi nella riduzione di ansia e depressione, nella ipertensione e in generale nella fisiologia cardiovascolare, nel miglioramento del profilo immunitario e della qualità della vita di soggetti sani nonché di pazienti con gravi malattie, come tumori e malattie autoimmuni. Inoltre, le tecniche di imaging cerebrale funzionale (➔), applicate a soggetti allenati all’uso delle t. a., hanno dimostrato modificazioni significative nei circuiti cerebrali dell’attenzione, di controllo della reazione di stress e del dolore. Anche il sistema immunitario appare positivamente influenzato dall’uso prolungato delle t. a. migliorando, nei soggetti allenati, il controllo della risposta infiammatoria. Si pensa che i cambiamenti fisiologici indotti dalle t. a. siano all’origine dei documentati effetti clinici sopra ricordati. Infine, un buon controllo della risposta di stress presuppone e porta con sé un miglioramento nei comportamenti consapevoli e in generale negli stili di vita, con positive ricadute sulla salute.
Numerose sono le metodiche di derivazione orientale e occidentale e, per così dire, mista. Le occidentali più note e usate sono: il training autogeno (➔) elaborato negli anni Venti del 20° sec. dallo psichiatra tedesco Johannes H. Schultz; il rilassamento muscolare progressivo che, negli stessi anni, venne proposto nel mondo anglosassone da Edmund Jacobson dell’Università di Chicago; il biofeedback diffuso negli anni Settanta e Ottanta sia negli USA sia in Europa. Il rilassamento muscolare progressivo presenta delle forti somiglianze con il training autogeno, ma è centrato sull’addestramento alla percezione della tensione e del rilassamento muscolare. Negli anni Sessanta la tecnica, per opera di Joseph Wolpe, è diventata parte integrante della psicoterapia cognitivo-comportamentale. Il biofeedback, ossia il retrocontrollo biologico, è una metodica che, attraverso una strumentazione elettronica, consente al soggetto di prendere consapevolezza dell’andamento di alcune funzioni fisiologiche, per es. la pressione arteriosa, con l’obiettivo di controllarle. Dopo l’entusiasmo degli anni Settanta, una revisione accurata degli studi ha concluso che gli stessi risultati si possono ottenere usando altre metodiche di rilassamento o psicoterapeutiche che non richiedono attrezzatura elettronica. Dalla fine della Seconda guerra mondiale, in Occidente si è avuta una larga diffusione di t. a. di derivazione orientale. Lo yoga, che è stato la prima disciplina orientale a diffusione di massa, ha preso sostanzialmente due vie: lo hatha yoga (spesso identificato tout court come yoga) e la meditazione, anche se non mancano esperienze unitarie. Con hatha yoga si intende una metodica rilassante centrata su posizioni del corpo e sul controllo del respiro. Le tecniche meditative invece combinano un approccio cognitivo centrato sulla filosofia orientale che, a seconda delle scuole, può essere di tipo buddhista, taoista o induista, nonché su tecniche di concentrazione anche su immagini (i cosiddetti mandala), di visualizzazione, di ripetizione di parole o frasi (i mantra) per lo più estratte dai testi classici. Negli ultimi decenni si assiste a un crescente utilizzo delle tecniche meditative, opportunamente adattate al contesto occidentale, all’interno di programmi di psicoterapia individuale e in gruppi di persone in salute nonché in contesti sanitari e ospedalieri.