Tecniche del corpo
Per tecniche del corpo si intende, in senso ampio, tutto ciò che il corpo rende possibile in termini di movimento delle membra, di muscolatura, di articolazioni, di capacità di prensione e di manipolazione, di capacità organiche e di espressività generale, nella vita quotidiana o in situazioni estreme, nella comunicazione, nell'arte, nelle attività ludiche o nella sessualità. Lo studio delle tecniche del corpo, inaugurato nel 1936 da M. Mauss, si pone come obiettivo non soltanto di censire questa vasta gamma di attività e di pratiche, ma anche di valutare la variabilità e il significato dei gesti, delle posture, degli atteggiamenti nelle diverse epoche storiche e nei diversi contesti geografici e culturali. Si può inoltre intendere per tecnica del corpo l'arte di addestrare il corpo umano, in tutte le numerose forme che le diverse società e tradizioni hanno messo in atto, allo scopo di educare gli individui, di conformarli a mode o consuetudini oppure di ottenere prestazioni particolari.
La nozione di tecnica presuppone la concezione del corpo come strumento, la possibilità di usare il proprio corpo come un utensile. Nella definizione di M. Mauss (1936), il corpo è "il primo e il più naturale strumento dell'uomo [...] oggetto tecnico e nello stesso tempo mezzo tecnico" (trad. it., p. 392). Questa nozione è in parte viziata filosoficamente. La distinzione operata da R. Descartes, nel Seicento, tra res cogitans e res extensa, ossia tra un soggetto pensante e un corpo ridotto allo statuto di oggetto, che la coscienza deve guidare e amministrare, ha profondamente influenzato la visione del mondo e la terminologia dell'Occidente. M. Merleau-Ponty, nel suo tentativo di correggere questa reificazione del corpo, ha mostrato come esso costituisca invece "l'involucro vivente delle nostre azioni", il veicolo del nostro 'essere al mondo' e il principale mediatore del nostro rapporto con la realtà (Bonomi 1967, p. 35). Ciascun corpo è una particolare 'apertura al mondo'. L'esperienza del corpo non può essere che vissuta nell'originaria indistinzione tra la dimensione organica e quella psichica. Conseguentemente, le possibilità e la versatilità del corpo umano vanno viste come i modi molteplici attraverso i quali i soggetti sono riusciti a modellare e a diversificare la loro 'presa' sulla realtà. In questo senso, ogni particolare tecnica del corpo agisce in una rete di relazioni con il mondo esterno e al punto di intersezione dei diversi piani: fisico, psichico, sociale e culturale. Laddove l'intervento della società sui corpi appare rigidamente organizzato e le convenzioni sono particolarmente pressanti, il corpo entrerà in uno stato di coercizione e non tarderà a opporre la propria resistenza. Se l'idea di modellare la condizione del corpo umano data dalla natura è universale, le tecniche adottate risultano efficaci soltanto se la 'misura' naturale del corpo non viene oltrepassata. La prima e la più fondamentale tecnica del corpo, nel processo di formazione che dagli Ominidi ha condotto a Homo sapiens, è la posizione eretta. Come ha mostrato E. Morin (1973), essa non può essere il risultato di uno sviluppo lineare, ma va vista come una complessa morfogenesi, convergenza e intreccio di fattori genetici, ecologici, pratici, cerebrali, sociali e culturali. La posizione eretta libera la mano dal compito della locomozione e le consente di acquisire nuove capacità. L'opponibilità del pollice sviluppa abilità e precisione nella presa e rende la mano, appunto, uno strumento polivalente. La verticalità e le mani libere a loro volta sollevano la mascella dai compiti che prima era costretta a svolgere. Queste modificazioni si riflettono sulla scatola cranica, che viene alleggerita dalle costrizioni precedenti ed è così pronta ad allargarsi per ospitare un cervello molto più grande. Questa nuova condizione innesca una serie di trasformazioni su tutti i versanti. I predecessori di Homo sapiens cominciano a elaborare una prassi esistenziale completamente nuova, la costruzione di utensili e di armi, l'evoluzione tecnica della caccia, la costruzione di ripari. La caccia nell'ambiente di savana sviluppa le percezioni sensoriali, l'attenzione, l'astuzia, la tenacia, le strategie. L'acquisizione del fuoco rappresenta un altro salto fondamentale. Avendo necessità di utensili per l'accensione, il fuoco è una tecnica extracorporea. Tuttavia, la sua comparsa negli accampamenti dei nostri antenati, circa 500.000 anni fa, innesca importanti modificazioni non solo nella prassi, ma anche nei corpi dei primi umani. Il fuoco rende possibile la cottura dei cibi, di conseguenza la digestione diventa più veloce e più facile. A differenza dei grossi Carnivori, l'uomo rimane vigile anche subito dopo aver mangiato. Il fuoco protegge, crea sicurezza; attorno al focolare i primi gruppi familiari possono dormire sonni tranquilli: una qualità di sonno che forse prima non esisteva, che lascia spazio alla libera espressione dei sogni (Morin 1973). Il fuoco ha particolari valenze simboliche, che hanno profondamente influenzato l'essere umano, anche nella sfera del corpo. Quello che si produce dallo sfregamento di due bastoncini, uno appuntito (maschile) e uno concavo (femminile) è un fuoco 'sessuale'. L'euforia prodotta dallo sfregamento dei bastoncini potrebbe essere, secondo G. Bachelard (1965), all'origine di una tecnica qual è il canto. Si può dunque osservare come l'originaria evoluzione delle tecniche del corpo apra la strada agli utensili e a una nuova tecnologia, e come quest'ultima agisca nuovamente sul corpo, modificandolo e schiudendo in esso tecniche potenziali. La posizione verticale apre anche un nuovo ordine simbolico: l'uomo si trova tra terra e cielo, si guarda intorno, scopre di riuscire a mediare le diverse possibilità offerte dai vari ambienti naturali. Gli esseri umani sono in grado di nuotare, di immergersi, di correre per lunghe distanze, di arrampicarsi sugli alberi; al confronto con altri Mammiferi, riescono a ottenere performance di buon livello in diverse specialità. Corrono abbastanza veloci, possono tirare con molta forza e sostenere grossi pesi; si adattano rapidamente alle diverse altitudini, ai climi torridi o gelidi; possono agire alla luce del giorno o nell'oscurità. Sono in grado di sopravvivere, in assenza di selvaggina, nutrendosi di semi o di radici; l'alta soglia di resistenza permette loro di continuare le attività fisiche o il lavoro anche a stomaco vuoto (Laughlin 1968). La flessibilità del corpo umano consente un'ampia gamma di movimenti e di posture, per cui anche un bambino è già in grado di compiere acrobazie, di danzare, di lottare, di nuotare o di tuffarsi. L'orangutan o altre specie di scimmie sono più agili e acrobatiche degli esseri umani, anche se non possiedono un controllo della mano raffinato come il nostro: per es. per mungere una mucca si richiede una sequenza di accurate pressioni delle dita. Non possiedono un piede specializzato come quello umano per la corsa e per il trasporto di pesi; non riescono a girare la testa velocemente come possono farlo gli esseri umani. L'immagine dell'uomo come animale 'nudo', senza pelliccia, è un pregiudizio. L'idea che gli esseri umani abbiano perso il pelo in seguito all'uso dei vestiti è smentita dall'osservazione degli attuali popoli cacciatori-raccoglitori, che possono essere glabri o irsuti, pur senza vestiti, in ambienti diversi quali le foreste equatoriali o i deserti. La pelle umana, resa spessa e indurita, offre una protezione resistente e una superficie in molti casi più pratica di una pelliccia (Laughlin 1968).
Si deve a M. Mauss, con un saggio del 1936, l'avere dato inizio a un progetto di studio sulla variabilità etnografica delle tecniche del corpo e sulla loro classificazione. Lo stile eclettico e spesso scherzoso di questo testo, tratto da una conferenza pubblica, mette subito in evidenza l'estrema varietà del tema in questione, ma anche il piacere misto a leggero imbarazzo per la novità di questo approccio. Parlando di tecniche del corpo, si è comunque costretti a elencare, e a stupirsi per quanto imprevedibili possano essere, le attitudini del corpo umano e le sue possibilità. Mauss comincia il suo excursus mostrando come possono variare e modificarsi le tecniche del nuoto, oppure come i diversi modi di zappare (e le varie zappe) possono implicare apprendimenti e posizioni del corpo che rendono unica ciascuna tecnica. Inoltre dal modo di camminare, o di tenere le braccia mentre si cammina, si può riconoscere lo stato psichico, l'estrazione sociale e l'appartenenza etnica di una persona. Un triplice punto di vista, fisico, psicologico e sociologico, si rende, secondo Mauss, necessario. L'educazione, l'imitazione infantile dei gesti, l'imitazione delle mode sono fattori che intrecciano la dimensione individuale con quella collettiva. Il modellamento sociale fa riscontro alla libertà e alla creatività individuale. Per questo motivo Mauss decide di utilizzare il termine tecnica, definendola come 'atto tradizionale efficace', nel senso che non differisce dagli atti magici, religiosi e simbolici, ma li comprende. A questa definizione giova anche l'ampiezza del concetto greco di τεχνή, che denota l'arte e dunque le discipline artistiche della danza e della musica, ma anche della ginnastica. Di fronte all'ampiezza di questo campo di ricerca, Mauss (1936) propone una 'tassonomia psicosociologica', sottolineando ancora che l'adattamento a un atto semplice come il bere, la sua dimensione individuale e i suoi caratteri fisici, meccanici e chimici, sono sempre e comunque interrelati con la dimensione collettiva della società e delle forme di educazione. L'autore indica quelli che potrebbero essere i principi di classificazione delle tecniche del corpo, per es. rispetto alle differenze tra i sessi o tra le diverse età. Per un incrocio di fattori somatici ed educativi, alcune attitudini o prestazioni fisiche possono essere diverse per un uomo e per una donna. I bambini si accovacciano normalmente ma, a differenza di altre popolazioni, gli occidentali perdono con l'età adulta la capacità di restare a lungo accovacciati. In Occidente, l'educazione, le posture socialmente accettate, nonché la volontà di far crescere i bambini con le gambe ben dritte, sono tutti fattori che hanno determinato la perdita di questa capacità. Le tecniche del corpo si possono inoltre classificare in base al rendimento. Va cioè sottolineata l'importanza dell'attitudine all'addestramento dei bambini, una sorta di addomesticazione che l'uomo pratica su sé stesso prima ancora che sugli animali. Il corpo dei bambini viene addomesticato e addestrato per ottenere particolari scopi o prestazioni, sportive, militari oppure domestiche. Le diverse forme di educazione fisica si trasmettono di generazione in generazione (Mauss 1936). La rubricazione delle tecniche del corpo può essere strutturata in diversi modi. Mauss propone un metodo 'biografico', secondo le fasi della vita degli individui. Si possono considerare le tecniche della nascita e dell'ostetricia, il variare delle posizioni assunte durate il parto presso le diverse culture (v. nascita); le tecniche di allevamento dell'infanzia: per es. se il bambino viene portato o meno a diretto contatto della pelle della madre, i tempi dell'allattamento, le pratiche di svezzamento ecc.; l'umanità si può dividere in due categorie: coloro che fanno uso delle culle e coloro che le ignorano. Durante l'adolescenza vengono di solito esercitati gli interventi più significativi e modellanti da parte della società sul corpo, dai riti di iniziazione (v.) nelle società tribali, all'addestramento militare o alla ginnastica scolastica. Tra le tecniche della vita adulta, Mauss considera quelle del dormire, della veglia e del riposo, dell'attività e del movimento. Vi è un'umanità che dorme con la testa appoggiata sul cuscino, un'altra che si distende sulle stuoie o direttamente sul terreno. I pastori masai del Kenia sono allenati a dormire in piedi. Vi è un'umanità che riposa sulle sedie e passa gran parte del proprio tempo attorno ai tavoli, e un'altra che pasteggia e conversa sulle stuoie, a gambe incrociate, accovacciata o seduta su piccoli scranni. Nell'Africa nilotica, i contadini possono riposarsi dal lavoro appoggiandosi su una gamba sola. Le tecniche del movimento riguardano l'arte del camminare, gli svariati modi di marciare, correre, danzare, le diverse tecniche di salto, la capacità di arrampicarsi e discendere, i modi di esercitare la forza nello spingere, nel tirare, nel sollevare, nel lanciare, i denti utilizzati come strumenti per tenere ecc. Altre tecniche sono usate per le cure del corpo (lo strofinarsi, il lavarsi, l'insaponatura) con una grande varietà a seconda delle epoche storiche o delle latitudini: per es. lavarsi i denti con uno spazzolino o con un bastoncino, imparare a sputare. Inoltre, si possono citare i diversi modi di espletare i bisogni fisiologici, oppure il mangiare con le mani o con le posate, infine tutti i modi di fare l'amore. Mauss (1936, trad. it., pp. 309-409) intende semplicemente indicare alcuni filoni di ricerca: il suo intervento non può che concludersi con una sempre più concitata elencazione. Le considerazioni finali riprendono il tema di fondo: per ognuna delle tecniche del corpo siamo di fronte a un fenomeno biosociologico. Ciò che, per es., accomuna le iniziazioni tradizionali con i processi di crescita nelle società industriali è soprattutto l'educazione ad avere 'sangue freddo', dignità per il proprio corpo, presenza di spirito. L'educazione consiste soprattutto nell'addestramento al controllo e all'inibizione dei movimenti disordinati del corpo, l'esercizio a dare risposte sempre coordinate rispetto agli stimoli esterni oppure alle proprie emozioni. L'intervento di Mauss si chiude con un accenno all'inesauribile filone offerto dalle tecniche del corpo orientali, e all'influsso che già a quell'epoca cominciava a profilarsi.
Nella classificazione di Mauss alcuni ambiti di ricerca si trovano a malapena segnalati. A. Leroi-Gourhan (1964) ha individuato un aspetto importante delle tecniche artistiche, in particolare dell'acrobazia e della danza, ovvero la loro capacità di interrompere il ritmo quotidiano delle posizioni del corpo nello spazio. Le tecniche del corpo possono dunque non soltanto adeguarsi ai modelli sociali, ma anche in una certa misura trasgredirli, improvvisare e sorprendere l'ordine costituito, inventando nuovi modi di muoversi o di ballare; il confine tra libertà e disciplina non è posto in modo netto. Dai tempi dell'intervento di Mauss il panorama si è straordinariamente modificato. La diffusione di tecniche del corpo derivate da tradizioni orientali o a esse ispirate è attualmente assai ampia. Questo fenomeno ha determinato da una parte il moltiplicarsi delle conoscenze e delle concezioni del corpo; dall'altra l'assemblaggio di culture e di tradizioni eterogenee tra loro, per la produzione di un 'feticcio culturale' che l'Occidente ha proiettato sull'Oriente. Molta popolarità hanno avuto le tecniche orientali di difesa personale. Palestre di arti marziali cinesi, giapponesi, vietnamite sono oggi disseminate in ogni metropoli come in ogni città di provincia dell'Europa e dell'America. Anche l'orizzonte delle tecniche mediche e terapeutiche si è enormemente ampliato. A quelle classiche di rianimazione, di pronto soccorso ortopedico e dei vari esami manuali, visivi e auditivi, che i nostri medici possono operare senza uso di strumenti, si è aggiunta negli ultimi decenni del 20° secolo una proliferazione di tecniche delle più diverse origini: massaggi, digitopressione, riflessologia plantare, iridologia, pranoterapia ecc. Si tratta di tecniche che intervengono 'meccanicamente', su punti precisi del corpo, ma secondo una concezione completamente diversa e considerando il corpo come un sistema di corrispondenze. Una tecnica diagnostica come, per es., l'iridologia è in grado di stabilire dall'osservazione dell'iride la salute dell'intero organismo. La pranoterapia e il reiki si basano su principi ancora diversi, quali l'imposizione delle mani, senza entrare in contatto con il corpo del paziente, e la capacità del terapeuta di trasmettere anche a distanza flussi energetici di natura mistica. I confini tra medicina e spiritualità, tipici della razionalità occidentale, sono qui oltrepassati. Il rapporto tra corpo e spirito viene espresso in termini che riecheggiano le tradizioni filosofiche, mediche e religiose del taoismo, dell'induismo o del buddhismo. Anche la fisioterapia ha ricevuto un nuovo impulso, così come le tecniche di terapia attraverso il movimento del corpo (kinesiterapia, psicomotricità) o attraverso il rilassamento, quali il training autogeno o lo yoga. Il taiji quan, disciplina di derivazione taoista, praticata attualmente come ginnastica nazionale cinese, può essere considerato una sorta di yoga in movimento. Venne originariamente concepito come arte marziale (il termine quan significa combattimento a mani nude; taiji sta per culmine supremo), che si poneva l'obiettivo di sorprendere l'avversario con una rappresentazione di forza interiore più che di forza fisica. Il termine culmine supremo rimanda alla concezione del corpo come microcosmo, tipica del taoismo. L'alto livello di perfezione e di grazia dei movimenti del taiji quan corrisponde a un processo di trasformazione interiore. Il raggiungimento di un'assoluta inintenzionalità dei gesti, corrisponde al lasciare agire attraverso il proprio corpo il principio vivificatore del cosmo, cioè il Tao (Pottier 1991).
Il taiji quan è la punta dell'iceberg di un complesso molto importante di tecniche del corpo della tradizione taoista. Si può dire che il taiji quan e lo yoga rappresentano le discipline del corpo più antiche dell'umanità, e anche quelle che sono attualmente più diffuse sul pianeta. Le tradizioni alle quali fanno riferimento sono profonde e stratificate. Si tratta infatti di filosofie e insieme di vie religiose elaborate a partire dal corpo umano, che si sono modificate nel corso della loro lunga storia, a seconda delle diverse scuole e interpretazioni. Secondo la concezione taoista (in auge attorno al 5°-4° secolo a.C.), tutti gli esseri viventi sono animati da un soffio primordiale che circola nell'Universo. Il soffio costituisce una sostanza unica, che pervade sia la materia sia lo spirito. L'adepto taoista deve apprendere a 'nutrirsi' di questo soffio e a farlo circolare nel proprio corpo, come all'interno di un piccolo universo. In questo modo, al momento della morte il corpo diventerà leggero e incorruttibile, e potrà elevarsi al cielo per divenire immortale. Per giungere a questo scopo i taoisti elaborarono una serie di tecniche del corpo, di tipo dietetico, respiratorio e sessuale: così nella respirazione si cercava di 'ingoiare' il soffio vitale e di trattenerlo all'interno dell'organismo, come nelle pratiche sessuali si cercava di bloccare l'eiaculazione, per impedire che l'essenza vitale contenuta nello sperma andasse dispersa. In questo modo i taoisti si rappresentavano una sorta di orgasmo interno, che faceva refluire l'essenza vitale attraverso il corpo, canalizzandola lungo il midollo spinale (Schipper 1982). La tradizione delle tecniche del corpo induiste sembra essere ancora più antica di quella cinese. Lo yoga (v.) rappresenta probabilmente una sintesi tra le concezioni vediche, elaborate dai popoli di lingua indoeuropea attorno al 15° secolo a.C. e il substrato delle pratiche ascetiche ed estatiche della civiltà della valle dell'Indo, fiorita tra il 2500 e il 1200 a.C. Il sistema yogico si trova esposto in un trattato del 200 a.C., attribuito a Patanjali. Secondo i principi filosofici che Patanjali desume dall'ortodossia brahmanica, e in particolare la concezione dualistica della samkhya, la materia e lo spirito sono due sostanze eterne, ma completamente distinte. Il divenire e la sofferenza sono prodotti dalla loro unione illusoria. Per liberarsi da questa condizione e attingere alla natura indipendente dello spirito, l'uomo deve innanzitutto modificare il proprio stato di coscienza, interrompendo il flusso degli atti psichici che sono alla fonte dell'illusione. Per questo lo yoga ha elaborato una serie di tecniche di concentrazione e di meditazione. Patanjali distingue otto livelli di apprendistato: l'osservazione dei principi morali universali, fra cui l'astinenza sessuale; gli obblighi, fra cui le pratiche di igiene e di purificazione del corpo, l'ascesi e lo studio delle dottrine metafisiche; le posture (asana), che puntano a raggiungere la massima stabilità e immobilità del corpo, per poter fermare le fluttuazioni della coscienza; la respirazione (pranayama), per rallentare e armonizzare gli atti respiratori; l'annullamento dei sensi convenzionali, per rendere possibile la contemplazione delle cose nella loro reale essenza; infine due pratiche di meditazione: la concentrazione focalizzata su un punto o su un oggetto particolare, per giungere al trascendimento del rapporto tra soggetto e oggetto, e la meditazione dhyana, definita come corrente di coscienza unificata, attraverso la quale è possibile giungere all'ultimo livello, il samadhi. Etimologicamente, samadhi significa "raccoglimento, completezza dello spirito", così come yoga deriva dalla radice yug, che significa "mettere il giogo, collegare, applicare", e metaforicamente "unire lo spirito ai pensieri, unione e comunione". Attraverso il samadhi, gli yogin annullano completamente il loro stato di coscienza ordinario, giungendo alla liberazione (mukti; Pottier 1991). Attorno al 4° secolo a.C., nella regione dell'Assam (India settentrionale) prese vita un'altra tradizione, quella tantrica, all'incrocio tra induismo, buddhismo e giainismo. Essa sviluppò una nuova importante scuola di yoga, lo hathayoga, che ha avuto successivamente una grande diffusione. Lo yoga tantrico presuppone l'apprendimento di insegnamenti esoterici, e dunque deve passare attraverso forme di iniziazione e di guida da parte di un maestro (guru). Oltre alle pratiche preliminari di igiene e di purificazione, lo hathayoga mira a trasformare la sostanza del corpo fisico in 'corpo sottile', attraverso cui è possibile sviluppare poteri straordinari (siddhi) di natura magica. La fisiologia tantrica individua sette 'aperture' del corpo all'energia vitale, i chakra. L'energia vitale (allo stesso modo che nel taoismo) è rappresentata come un soffio, e circola all'interno del corpo umano attraverso dei sottili canali, le nadi. Le dieci nadi più importanti (alcuni testi ne contano fino a 300.000) si incrociano e confluiscono nella narice destra e sinistra, in corrispondenza del chakra superiore (presso la fontanella del cranio), nell'occhio destro e sinistro, nelle orecchie, nella bocca, in corrispondenza del sesso e dell'ano. I chakra si trovano: alla base della colonna vertebrale; presso l'ombelico; nella zona del cuore; sulla gola; sulla fronte, tra i due occhi; al di sopra della testa. L'esercizio principale dell'hathayoga consiste nel 'risvegliare' la Kundalini, divinità femminile che rappresenta l'energia cosmica in forma di serpente, e farla 'risalire' attraverso i chakra, per mezzo di tecniche che bloccano temporaneamente la respirazione e per mezzo di particolari asana. Le pratiche sessuali rituali rappresentano invece l'unione mistica tra il principio maschile (Shiva) e quello femminile (Shakti) dalla quale il mondo stesso ha origine (Pottier 1991). Un aspetto specifico della disciplina tantrica sono le tecniche di visualizzazione. L'iniziato deve riuscire a costruire un'immagine mentale della divinità, che corrisponda il più possibile alle raffigurazioni dei testi sacri. In modo analogo i taoisti cercavano di visualizzare l'interno del proprio corpo. Troviamo dunque sia nella tradizione cinese che in quella indiana una medesima attenzione alle tecniche che riguardano la concentrazione mentale, la respirazione e la sessualità. Tra lo yoga e il taiji quan esiste tuttavia una differenza di fondo, di ordine filosofico. Gli esercizi di yoga tendono a fermare i movimenti del corpo, a interrompere il normale assetto percettivo, perché l'anima si possa liberare da un'esistenza fisica e un divenire considerati illusori. Nel taiji quan invece il corpo e lo spirito formano un tutt'uno, il corpo viene messo in costante movimento, a rappresentare il flusso del divenire (Pottier 1991). Tecniche del corpo di tipo mistico si trovano anche nella tradizione islamica, e particolari posture per la meditazione vi erano anche nel cristianesimo d'Oriente. I mistici sufi sincronizzano la respirazione alla recitazione delle formule sacre, per raggiungere la concentrazione spirituale. Con movimenti circolari ripetuti, girando vorticosamente su sé stessi e fissando un punto sulla palma della propria mano, i danzatori dervisci raggiungono una specie di estasi controllata. La ripetizione di formule sacre, che siano mantra tibetani, canti sciamanici, preghiere islamiche o rosari cristiani, può provocare un'alterazione della quantità di ossigeno nel sangue e indurre stati estatici. M. Éliade ha sottolineato il carattere di tecniche dell'estasi, delle pratiche e delle iniziazioni sciamaniche nelle varie aree geografiche. Anche la pratica del digiuno nelle iniziazioni sciamaniche nordamericane può considerarsi una tecnica del corpo mistica. Andrebbero infine prese in esame tutte quelle forme 'paranormali' di tecniche del corpo, quali la levitazione, l'arresto temporaneo volontario delle funzioni corporee (bradicardia, catalessi), la resistenza straordinaria al dolore, la pratica di camminare sulle braci ardenti. Su tutte queste pratiche le culture tradizionali, in modo particolare quelle dell'India, offrono abbondante documentazione. Di fronte a questi fatti, così distanti dai principi della nostra razionalità, gli scienziati occidentali mantengono una posizione di riserbo e scetticismo.
bibl.: g. bachelard, La psychanalyse du feu, Paris, Gallimard, 1965 (trad. it. L'intuizione dell'istante. La psicoanalisi del fuoco, Bari, Dedalo, 1973); a. bonomi, Esistenza e struttura. Saggio su Merleau-Ponty, Milano, Il Saggiatore, 1967; m. éliade, Le chamanisme et les techniques archaïques de l'extase, Paris, Payot, 1951, 19682 (trad. it. Roma, Edizioni Mediterranee, 1974); id., Le yoga. Immortalité et liberté, Paris, Payot, 1954 (trad. it. Milano, Rizzoli, 1999); p. huard, m. wong, Chine d'hier et d'ajourd'hui. Civilisation, arts, techniques, Paris, Horizons de France, 19723 (trad. it. Tecniche del corpo, Milano, Mondadori, 1993); w.s. laughlin, Hunting: an integrating biobehavior system and its evolutionary importance, in Man the hunter, ed. R. Lee, I. De Vore, Chicago, Aldine, 1968; a. leroi-gourhan, Le geste et la parole, Paris, Michel, 1964 (trad. it. Torino, Einaudi, 2 voll., 1977); h. maspero, Le taoïsme et les religions chinoises, Paris, Gallimard, 1971; id., Il soffio vivo, Milano, Adelphi, 1985; m. mauss, Les techniques du corps [1936], in id., Sociologie et anthropologie, Paris, PUF, 1950 (trad. it. in id., Teoria generale della magia e altri saggi, Torino, Einaudi, 1965); m. merleau-ponty, Il corpo vissuto, ed. it., a cura di F. Fergnani, Milano, Il Saggiatore, 1979; e. morin, Le paradigme perdu. La nature humaine, Paris, éditions du Seuil, 1973 (trad. it. Milano, Feltrinelli, 1994); r. pottier, Le corps et l'esprit: la maîtrise du corps, in Histoire des moeurs, éd. J. Poirier, 2° vol., Paris, Gallimard, 1991, pp. 415-82; k. schipper, Le corps taoiste, Paris, Fayard, 1982 (trad. it. Roma, Ubaldini, 1983).