Tecnologia
di Francesco Jovane
In una visione molto vasta, il termine definisce sia lo strumento che consente la soluzione di problemi di varia natura, sia la tecnica che combina risorse per conseguire specifici risultati, quali la realizzazione di un prodotto, la risoluzione di un problema, la risposta a esigenze/desideri, ma anche l'attività che forma o cambia una cultura. In un ambito più accademico la t. viene definita come la disciplina che studia i metodi e i mezzi atti a trasformare i materiali grezzi in prodotti finiti, nonché lo studio della tecnica e delle sue applicazioni e l'entità intermedia tra scienza e tecnica. In settori specifici, in particolare l'antropologia culturale, la t. è l'insieme delle attività materiali sviluppate dalle varie culture per valorizzare l'ambiente ai fini dell'insediamento e del sostentamento. Tenuto conto degli studi emergenti, si può definire, in termini generali, la t. quale l'entità costituita da specifiche t. abilitanti, processi di trasformazione (naturali e artificiali) integrati in relazione all'obiettivo da perseguire e al paradigma di riferimento, capace di effettuare trasformazioni (di specie, spazio e nel tempo) nel mondo naturale (animato e inanimato) e degli artefatti, nell'ambito dei loro cicli di vita (dalla progettazione alla dismissione/riciclo) e finalizzata alla realizzazione/gestione di prodotti o servizi, processi, organizzazioni e relativi business models, operante coerentemente con il contesto generale, natura, economia, società e tecnologia (NEST). In tale entità ogni tecnologia abilitante è un insieme coordinato, integrato, finalizzato di conoscenze organizzate in tecniche. Le t. abilitanti provengono da esperienza, invenzioni, scoperte, ricerca e sviluppo tecnologico. I processi di trasformazione si fondano sulle t. abilitanti, operano all'interno di contesti specifici, trasformano le qualità del 'fruitore' del processo, uomo o artefatto. I processi di trasformazione integrati in complessi e sistemi presentano un proprio ciclo di vita e i paradigmi, costituiti da complesse combinazioni di processi di trasformazione e di relative t. abilitanti, rappresentano/modellizzano risposte, effettive e potenziali, alle esigenze/potenzialità del contesto generale NEST. L'applicazione della t. presuppone un obiettivo da perseguire e, al tempo stesso, richiede un'organizzazione che la possa implementare e la gestisca. La t. assume, delle caratteristiche specifiche in relazione alle proprie finalità come al contesto generale NEST nel quale opera e il suo ciclo di vita è correlato al processo 'generazione-diffusione-adozione della conoscenza' (GDI-K) e, poi, all'evoluzione del contesto generale NEST. In una sequenza che copre tutta la storia dell'umanità, ossia esperienza, scoperta, invenzione e ricerca costituiscono, così, capacità fondamentali per il processo GDI-K. La sua evoluzione è sempre più caratterizzata da delle specificità disruptive e di convergenza.
Natura, tecnologia e mondo degli artefatti
La Natura, vivente e inanimata, nonché il mondo degli artefatti sono sede di processi di trasformazione di specie, spazio e nel tempo, che sono classificabili come: naturali, naturali integrati da artefatti, artefatti integrati da uomini/biotecnologie, artefatti. La t., così come precedentemente definita, consente di rappresentare i relativi processi di trasformazione come pure le interazioni tra gli stessi. In fig. 1 viene rappresentata la correlazione tra una fase del ciclo di vita dell'uomo (la nutrizione), il ciclo di vita dei relativi artefatti personali (per es., un tavolo ecc.) come quello dei necessari artefatti industriali (macchine e sistemi di produzione). L'esempio riportato, a carattere metodologico, mostra come a un'esigenza, la nutrizione, corrisponda una domanda che 'fluisce' su una filiera incontrando l'offerta degli attori 'competenti'. Se ogni stadio viene 'regolato' dal contesto NEST, la filiera è una catena del valore. Le esigenze - primarie e secondarie - dell'uomo e della società, in termini di beni, di servizi e, infine, di competenze, interessano la sfera fisica e quella immateriale; e sono riconducibili a: nutrizione, divertimento , salute, sicurezza, comfort, istruzione, e mobilità e così via. Le relative catene del valore collegano la domanda (esigenze) alle risposte che vengono fornite dagli 'attori' specifici nell'ambito dei settori, dall'agricoltura all'industria, ai servizi, alla ricerca e formazione (fig. 2). Nella loro funzione di servizio all'uomo, le catene del valore sono caratterizzate da due stadi: da impresa a impresa e da impresa a consumatore. È lungo queste catene - governate a ogni stadio dal contesto generale NEST - che si organizzano i processi di trasformazione e si incontrano e integrano i cicli di vita di uomini, istituzioni, artefatti. Esse sono i loci in cui, a livello concettuale si 'confrontano' i paradigmi della domanda e dell'offerta, e a livello operativo si incontrano esigenze (domanda) e risposte (logica pull) ossia offerta e potenzialità (logica push).
Storia della tecnologia
La prima rivoluzione industriale costituisce uno dei maggiori cambiamenti in termini tecnologici, socioeconomici e culturali della storia dell'uomo. Essa ha inizio in Inghilterra alla fine del Settecento per poi diffondersi, nel corso del tempo, in altri Paesi. Un'economia basata sul lavoro manuale, sull'artigianato viene sostituita da un'economia che si fonda sempre più sulle macchine sulla fabbrica. La rivoluzione industriale inizia con tre innovazioni tecnologiche radicali che interessano rispettivamente il processo di produzione 'industriale' del ferro (forno ecc.), il processo di generazione di energia meccanica per applicazioni industriali (macchina a vapore), i processi di produzione (macchine utensili, macchine tessili ecc.) e un'innovazione organizzativa, la fabbrica. Il suo lungo e articolato percorso può essere ben rappresentato dallo sviluppo dei paradigmi produttivi che sono riportati nella tabella.
Tecnologia e sviluppo
La rivoluzione industriale inglese segna l'inizio di un nuovo paradigma di sviluppo economico, fondato sull'innovazione tecnologica e delle infrastrutture. Il nuovo paradigma viene adottato, progressivamente, da vari Paesi generando una crescita complessiva che, per intensità, per rapidità, per estensione, non trova confronto nella storia dell'umanità. La rivoluzione industriale impatta sul contesto NEST che, conseguentemente, si modifica e incide sulla stessa: si stabilisce così una complessa circolarità che si autoesalta e minaccia la Terra che, da un lato non è un sistema a 'risorse infinite', dall'altro non riesce a metabolizzare tutti i rifiuti della ricca società industriale. Negli anni Sessanta del 20° sec. il Club di Roma promuoveva lo studio The limits to growth, che tendeva a 'indirizzare' verso un nuovo paradigma: lo sviluppo sostenibile. Orientato alla sostenibilità economica, sociale, ambientale, lo sviluppo sostenibile è stato considerato, negli ultimi decenni, l'obiettivo per una nuova rivoluzione industriale, in cui cooperazione per la sostenibilità e competitività si sarebbero coniugate. La globalizzazione ora in atto sta portando a una nuova rivoluzione industriale, nell'ambito della quale i Paesi avanzati di antica e recente industrializzazione - da quelli europei agli Stati Uniti, al Giappone - si confrontano duramente con quelli emergenti per acquisire quote crescenti del mercato globale; i primi si fondano sulle t. medio-alte, gli altri sul basso costo del lavoro. Molte produzioni tradizionali e di media t., nonché servizi, sono stati o sono in corso di trasferimento dai Paesi avanzati a quelli emergenti, a basso costo del lavoro: sia per essere competitivi, sia per inserirsi nel mercato di quei Paesi. Questi ultimi, a loro volta, si stanno muovendo verso t. medio-alte, investendo in ricerca e alta formazione, acquisendo imprese di medio-alta t. nelle regioni avanzate. L'interazione tra le economie dei singoli Paesi, la competizione per le risorse, privilegiano nuovamente il paradigma dello sviluppo economico. I problemi economici, sociali e pure ambientali, drammaticamente emergenti, ripropongono, tuttavia, lo sviluppo sostenibile. Il paradigma portante della nuova rivoluzione tecnologica e industriale dovrebbe, quindi, essere lo sviluppo competitivo e sostenibile: ne siamo ancora lontani. Partendo dalla visione di J.A. Schumpeter (Business cycles, 1939), alla luce di nuovi studi i n corso, si può rappresentare schematicamente la genesi dello sviluppo, economico o sostenibile (fig. 3). Sia lo sviluppo economico, sia lo sviluppo competitivo e sostenibile dipendono, nel contesto NEST, da cicli dell'innovazione (innovation cycles) - fondati su programmi e su iniziative per la ricerca, tra cui piattaforme tecnologiche e altre attività - nonché da cicli economici (business cycles) - fondati su innovazioni infrastrutturali (trunk innovations) e su innovazioni tecnologiche, che operano in cascata. Attività di ricerca e innovazioni tecnologiche costituiscono, rispettivamente, stadio iniziale e finale del processo GDI-K. Questo costituisce il fondamento della nuova economia, quella della conoscenza. Cicli di innovazione e cicli economici risultano, quindi, 'integrati' attraverso il processo GDI-K, che sostiene il ciclo di vita di una tecnologia (fig. 4). Esso coinvolge i settori che vanno dalla ricerca scientifica all'innovazione industriale e interessa prodotti, processi e business models. Gli interessati (detti stakeholders) coinvolti comprendono dalle pubbliche autorità alle università, agli istituti e centri di ricerca, alle imprese, alle istituzioni finanziarie. Premessa la non linearità e la complessità delle azioni interessate, questo schema consente di mostrare il ruolo che le attività di ricerca, sviluppo, innovazione industriale e gli stakeholders interessati possono avere nella promozione e nel sostegno di un paradigma di sviluppo.
Tutto questo va inquadrato nella incipiente rivoluzione tecnologica e industriale a livello globale (RT&I-G). Il processo GDI-K non è lineare. Si realizza con un approccio a rete, che coinvolge gli stakeholders già menzionati. I relativi K-networks operano a livello sopranazionale e tendono al livello globale. Dal canto loro, le industrie si stanno orientando verso prodotti, servizi e processi ad alto valore aggiunto (K-based) e adottano un approccio di open innovation. Si sta creando, così, un mercato globale relativo alla domanda e offerta di K, entro il quale gli stakeholders dovranno competere. La delocalizzazione industriale porta alla nascita, nei Paesi emergenti, quali la Cina e l'India - con elevata presenza di specializzazione/manodopera intellettuale e basso costo - di nuovi istituti e di centri di ricerca che opereranno localmente, ma entreranno poi sul mercato globale della ricerca. Università, istituti e centri di ricerca dei Paesi avanzati - per es., imprese che operano nel processo GDI-K - devono poter approntare appropriate strategie e business models al fine di poter competere nell'emergente mercato della ricerca e dello sviluppo. La competitività e sostenibilità dei K-networks è fondamentale per attuare il paradigma portante della nuova rivoluzione sia tecnologica sia industriale: cioé lo sviluppo competitivo e sostenibile, K-based.
Ricerca, tecnologia e sviluppo. - Rilevanti programmi e iniziative per promuovere e per sostenere l'attività di ricerca e sviluppo - nell'ambito dei processi GDI-K orientati, prevalentemente, allo sviluppo economico - sono stati lanciati negli ultimi decenni dai Paesi avanzati, e più di recente dai nuovi Paesi emergenti. Essi sono stati definiti partendo da scenari, costruiti attraverso attività di previsione e dal percorso che, a fronte di obiettivi da raggiungere, indicavano le attività di ricerca critiche da svolgere nell'ambito dei programmi. Programmi e iniziative hanno interessato - dal livello macro a quello micro, e adesso nano - nuove t. abilitanti, processi di trasformazione e paradigmi, relativi al mondo degli artefatti e a quello naturale. Con riferimento agli artefatti, debbono essere citati i programmi giapponesi, americani ed europei (programmi quadro, iniziativa Eureka, programmi nazionali) che, con varie caratterizzazioni, si sono sviluppati dal paradigma della fabbrica automatica e relativi processi e t. abilitanti, alle nanotecnologie. Particolare rilevanza hanno i programmi quadro (PQ) europei. Ancorché, finanziariamente, costituiscono una frazione modesta dell'investimento totale in ricerca da parte degli Stati membri, essi esercitano una notevole azione guida. I primi sei programmi quadro europei (1984-2006) hanno avuto come obiettivo lo sviluppo sociale ed economico dell'Europa, attraverso: l'integrazione e il continuo potenziamento delle università, istituti e centri di ricerca per realizzare la Europea Research Area (ERA); la promozione e il cofinanziamento di attività di ricerca per lo sviluppo di nuove t. abilitanti, processi, paradigmi capaci di assicurare la competitività dell'industria europea. La necessità di correlare scenari strategici, attività di ricerca da lanciare e l'attivazione dei processi GDI-K sino all'innovazione industriale - al fine di promuovere lo sviluppo economico, sociale, tecnologico - ha portato al lancio delle piattaforme tecnologiche europee. Costituite dagli stakeholders della fig. 4, le piattaforme tecnologiche hanno sviluppato: visioni per il 2020, agende strategiche di ricerca, roadmaps che dovranno guidare, nella fase di implementazione, le attività di ricerca e innovazione degli stakeholders. Esse sono necessarie per rispondere alle sfide della nuova RT&I-G e perseguire l'obiettivo dello sviluppo economico e sociale. Alle sfide portate al manifatturiero europeo - dalla nuova rivoluzione tecnologica e industriale a livello globale - risponde la piattaforma europea Manufuture: promossa dalla Commissione europea, DG Research, essa ha ricevuto notevole impulso dall'Italia.
La missione della piattaforma è quella di contribuire: a una rapida trasformazione dell'industria manifatturiera europea verso prodotti, processi, modelli di business ad alto valore aggiunto K-based; alla innovazione delle infrastrutture di ricerca e formazione che devono guidare e sostenere la trasformazione industriale; alla realizzazione e governance dello spazio di ricerca e innovazione per il manifatturiero europeo. L'industria europea deve, così, passare da una competizione basata sul costo a una competizione fondata sull'alto valore, derivante da ricerca, innovazione e alta formazione. La piattaforma ha prodotto la Manufuture Vision 2020, l'Agenda strategica di ricerca, le Roadmaps. Gli stakeholders si avviano a utilizzarle, nei vari Stati membri, in relazione alle azioni strategiche da compiere connesse all'obiettivo strategico dello sviluppo economico e sociale. La Commissione europea le ha introdotte nei programmi di lavoro del 7° programma quadro. Questi i quattro obiettivi fondamentali: cooperation, ideas, people, capacities, a cui corrispondono programmi di lavoro specifici. In particolare, cooperation - ricerca in collaborazione - interessa aree che vanno dalla salute, ai prodotti alimentari, all'ICT (Information & Communication Technology), alle nanotecnologie, ai materiali, ai processi di produzione, all'energia, all'ambiente, ai trasporti, alle scienze socioeconomiche e umanistiche, alla sicurezza, allo spazio. Nell'area tematica, che copre dalle nanotecnologie ai materiali, ai processi di produzione, saranno cofinanziati progetti di ricerca, di sviluppo e di dimostrazione che contribuiranno alla trasformazione - in termini di innovazione ad alta intensità di K - dell'industria europea, per rispondere alle sfide della nuova RT&I-G, mantenendo i valori culturali e sociali europei espressi nel design, promuovendo e sostenendo la competitività e sostenibilità, a livello globale, del tessuto di ricerca europeo. I programmi quadro europei, iniziativa Eureka, programmi nazionali e attività di RTD (Research & Technological Development) promosse e sostenute, quale parte 'iniziale' dei processi GDI-K, si collocano nell'ambito del ciclo dell'innovazione e contribuiscono, come detto precedentemente, allo sviluppo economico orientato comunque alla sostenibilità.bibliografia
Ch. Singer, Storia della tecnologia, Torino 1996.
A. Feenberg, Tecnologia in discussione. Filosofia e politica della moderna società tecnologica, Milano 2002.
N. Gassman, B.A. Jackson, E. Landree et al., The global technology revolution 2020, Santa Monica 2006.
Unione Europea, 7° Programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico, http://www.cordis.lu.
Piattaforma tecnologica europea Manofuture, http://www.manufuture.org.
Tecnologia nella vita quotidiana
di Francesco Jovane
Esigenze e risposta della tecnologia
È nella vita quotidiana, intesa come la dimensione dell'esistenza in cui gli elementi oggettivi e soggettivi della vita sociale si fondono nel dare forma all'esperienza degli individui che 'discende' poi sul contesto, che si palesano le esigenze e si costruiscono oppure si acquisiscono le risposte.
Le esigenze degli individui interessano sia la sfera fisica, sia quella spirituale. A. Maslow (A theory of human motivation, in Psychological review, 1943), per es., le classifica in maniera piramidale secondo una progressione di bisogni fisiologici (fame, sete ecc.), di salvezza, sicurezza e protezione; di appartenenza (affetto, identificazione), per terminare con bisogni di stima, di prestigio, di successo. Esse costituiscono 'carenze' che l'individuo tende a colmare; nei Paesi a economia avanzata, le esigenze tendono ad aumentare e ad articolarsi in 'geometrie' che dipendono dall'individuo, dal contesto culturale in cui è inserito e dall'evoluzione del contesto generale, riconducibile a natura, economia, società e tecnologia. Facendo riferimento prevalentemente, e non solo, alle esigenze fisiche, si configura così una crescente domanda di servizi cui la t. con i suoi processi e artefatti risponde. È interessante notare che a partire dalla rivoluzione industriale il contenuto di artefatti, dapprima soltanto fisici e ora immateriali, è cresciuto in misura notevolissima: la t. con la sua ubiquità si avvia a costituire l'ambiente per la vita quotidiana.
Housing, mobilità, salute
Esigenze umane e risposte fornite dalla t., nell'ambito della vita quotidiana, sono in rapida evoluzione, così come si ravvisa, per es., in tre domini di fondamentale importanza: housing, mobilità, salute.
Housing. Le esigenze sono, essenzialmente, di duplice natura: quelle individuali interessano dal comfort, alla nutrizione, sicurezza, comunicazione e socializzazione, riposo, rilassamento e divertimento, apprendimento, lavoro; quelle collettive sono ad ampio spettro e in rapida evoluzione. Fra le cause principali di tale fenomeno si possono citare l'accelerazione dei ritmi di vita e la richiesta di efficienza e flessibilità; la crescente necessità di telepresenza e, allo stesso tempo, la difesa della privacy e quella dell'incolumità (per questi aspetti v. riservatezza); l'invecchiamento della popolazione, che richiede il decentramento, nella casa, di funzioni 'mediche' associate alle strutture di cura; la crescente necessità di recupero fisico e intellettuale; la curiosità verso nuove esperienze legate alla t., quale, per es., l'home theater; la sostenibilità economica, sociale e ambientale. Le risposte della t., caratterizzate da continue innovazioni incrementali e significative svolte radicali, investono settori che vanno dalla domotica alle t. dell'informazione, alle telecomunicazioni, all'elettronica di consumo (display intelligenti, sistemi elettronici comunicanti), alle macchine per la salute (sistemi di riconoscimento biometrico, sistemi di monitoraggio ecc.), alle macchine per la cucina, all'arredamento, alle costruzioni, agli ambienti, alla gestione domestica e così via.
Mobilità. - Le esigenze sono di diversa natura: quelle individuali interessano il raggiungimento della destinazione nel modo più rapido, economico, confortevole e sicuro; quelle collettive sono essenzialmente associate alla movimentazione, efficiente e soddisfacente, delle masse; le esigenze sociali sono rappresentate dalla coerenza con le condizioni di sostenibilità economica, sociale, ambientale. L'esigenza di mobilità, nella nostra società, viene soddisfatta con l'impiego di mezzi di trasporto di superficie, sotterranei e aerei, individuali e collettivi; questi costituiscono l'infrastruttura fondamentale di ogni società evoluta e partecipano, in misura determinante, allo sviluppo economico. Il loro crescente impatto ambientale e i consumi energetici associati spingono verso l'adozione di un nuovo modello di sviluppo, ossia lo sviluppo sostenibile. La globalizzazione e la conseguente rapida crescita nella mobilità di persone e di merci, a livello locale, nazionale, e anche internazionale, sta profondamente alterando sia qualitativamente sia quantitativamente le esigenze di mobilità. La t. si trova così a dover supportare risposte di breve-medio e di lungo periodo.
Le risposte di breve-medio periodo devono consentire la gestione efficiente e sostenibile dell'esistente, in una dinamica di continuo cambiamento, combinando trasporto collettivo e trasporto individuale e integrando, al contempo, differenti mezzi, sistemi e reti di trasporto. La t. deve intervenire a livello di 'mezzo di trasporto', inteso come abitazione mobile, assicurando al guidatore indicazioni sulla sua condizione fisica, sulla presenza di ostacoli, sulla traiettoria del veicolo, la collocazione dello stesso nello spazio; ai passeggeri, e in una certa misura al guidatore, acquisizione di informazioni per il lavoro e per l'intrattenimento; al veicolo la gestione ottimale in termini di efficienza, sicurezza, comfort ecc., e il suo 'collegamento/integrazione' nel sistema di gestione del traffico al quale fornirà dati ricevendone ausili per ottimizzare la propria traiettoria. Inoltre, la t. deve operare a livello di integrazione intermodale, coordinando modalità di trasporto differenti secondo logiche di efficienza: la combinazione calibrata di trasporto pubblico e individuale, infatti, può migliorare sensibilmente la qualità degli spostamenti urbani e metropolitani. Infine, a livello di sistema di gestione, è sempre la t. a dover intervenire assicurando la raccolta dei dati rilevanti (attraverso sistemi di sensori, telecamere, personale e così via) e la loro gestione per l'ottimizzazione dei flussi di traffico e la prevenzione degli incidenti: tutto ciò si può attuare monitorando e identificando le situazioni di pericolo per i viaggiatori predisponendo sistemi di intervento immediato. Anche la raccolta dei crediti di pedaggio in modo rapido e veloce segue questa logica. T. informatiche, sistemi di navigazione satellitare (per es., GPS, Galileo) e sistemi di comunicazione mobile costituiscono, senza ombra di dubbio, gli assi portanti della risposta tecnologica.
Alle risposte di lungo periodo compete l'attuazione di svolte radicali per essere coerenti e contribuire allo sviluppo competitivo e sostenibile. La t. dovrà intervenire a livello di mezzo di trasporto per garantire crescente sicurezza e comfort. L'ambiente in cui si muove il viaggiatore dovrà essere confortevole e protettivo e consentire allo stesso di poter eseguire le medesime attività che esplicherebbe normalmente nel tempo non impiegato nel trasporto (lavoro, comunicazione, intrattenimento). A livello di integrazione intermodale, grazie alla t., la velocità di risoluzione del tragitto compiuta tra un punto e un altro della rete di transito dovrà essere progressivamente più bassa, connettendo in maniera efficiente non solo luoghi nevralgici (stazioni, aeroporti ecc.), ma anche i singoli punti (spostamento point to point). L'impatto sulla salute assumerà un ruolo sempre più definito sia per il singolo (sicurezza e salute durante lo spostamento), sia per la collettività non soggetta a spostamenti (inquinamento, rumore, impatto visivo). Infine, a livello di sistema, si renderà necessaria la pianificazione di strategie, da un lato, al fine di rendere più 'leggeri' e 'invisibili' i sistemi di trasporto e, dall'altro, per introdurre 'intelligenza' crescente nella rete di transito, intelligenza che dovrà consentire un'autoregolazione rapida nella gestione dei flussi in movimento, riducendo peraltro le condizioni di pericolo. Fra le t. specifiche emergenti, orientate alle esigenze di lungo periodo, si possono ricordare i nuovi carburanti, i mezzi ecologici, i nuovi sistemi intermodali di trasposto sostenibile, le reti di sensori (anche biometrici), i sistemi di comunicazione mobile real time, i dispositivi incorporati ad alta intelligenza, i display intelligenti.
Salute. - Le esigenze individuali interessano il mantenimento di condizioni fisiche e mentali ottimali (qualità della vita) in relazione a età, contesto nel quale si opera e si vive; quelle collettive riguardano, essenzialmente, il mantenimento delle condizioni di salute delle collettività in conformità di standard internazionali; le esigenze sociali rimandano, tra l'altro, alla disponibilità di presidi di varia tipologia, per assicurare il mantenimento della salute del singolo e della collettività. Tutte queste necessità sono fortemente collegate alle condizioni di vita in cui il singolo opera (estrazione sociale, tipo di lavoro, possibilità economiche ecc.) e determinano la domanda di salute generale.
La risposta individuale si deve configurare in uno stile di vita appropriato, che prevede un'alimentazione appropriata, esercizi fisici, gestione della salute attraverso attività di prevenzione (monitoraggio e consultazione) e cura, anche con impegno finanziario. La risposta sociale alle esigenze individuali e collettive si deve articolare in attività che riguardano prevenzione, cura, assistenza. In particolare la prevenzione, a lungo, medio e breve termine, si attua attraverso l'informazione, il monitoraggio e il pretrattamento, e coinvolge il pubblico in generale, ovvero categorie particolari, e tutti gli attori della filiera: dai medici di base e specialisti, agli enti delegati, alle imprese del settore. Questa attività sta assumendo un crescente valore economico e tende alla personalizzazione: consultazione del medico e anticipazione diagnostica le conferiscono, quindi, sempre maggior rilevanza. La cura, che interessa il breve termine, mira alla guarigione di una malattia o delle conseguenze di un incidente, in ambiente domestico o nell'ambito di un ricovero, di breve periodo. Le attività di cura concernono la diagnosi, il trattamento medico e/o chirurgico, il monitoraggio del paziente, la convalescenza o l'eventuale riabilitazione. È in corso un processo che tende a superare gli attuali limiti di tempo e spazio: la telediagnosi, per es., consente il ricorso a grandi competenze, 'ovunque' esse si trovino, in tempi brevi; l'autodiagnosi, attuata mediante gli appositi kit, consente, dal canto suo, tempestività ed efficienza nell'individuazione delle condizioni di salute. I trattamenti medici e chirurgici, oltre a far ricorso a protocolli continuamente aggiornati, dispongono di presidi nuovi, e sono correlati alla ricerca clinica e farmacologia, alla medicina molecolare, alla bioingegneria e alle nuove metodiche di chirurgia non invasiva. Infine il monitoraggio, fondato sulle nuove t., permette di valutare rapidamente l'evoluzione dei parametri del paziente in relazione alle cure praticate, spesso senza la necessità del ricovero in osservazione.
L'assistenza, che interessa il medio-lungo termine, è diretta ai pazienti lungoconvalescenti, al supporto, nelle funzioni quotidiane, di malati lungodegenti, portatori di handicap e anziani. Per favorire una semiautonomia dei pazienti il monitoraggio a distanza è particolarmente efficace; ausili per l'udito e sensorizzazione di protesi e organi trapiantati operano nello stesso senso. Tra le t. specifiche emergenti che si stanno diffondendo con riferimento a queste tendenze ci sono: i sistemi di telemonitoraggio e telediagnosi portatili; i biosensori per la misura e trasmissione a distanza di parametri fisiologici; la domotica orientata all'assistenza di persone con particolari esigenze; i sistemi di autodiagnosi portatili e non invasivi; le t. di rilascio controllato dei farmaci.
Ambiente per la vita quotidiana
Quanto precede mostra che la t. costituisce, ormai, l'ambiente per la vita quotidiana. Ogni cambiamento della t. ha conseguenze sugli ambiti di tipo naturale, economico, sociale e politico, religioso, culturale. La vita quotidiana attuale si svolge in ambienti nei quali sono presenti gli elementi costitutivi della t. e vengono organizzati nonché gestiti i processi che erogano i servizi di cui abbiamo bisogno. A essi ci correliamo, attraverso 'interfacce': dal computer, al bancomat, all'autobus e così via. L'uso di tali interfacce rende questi processi, spesso estremamente complessi, invisibili o non aperti alla nostra esperienza: la loro presenza, quando familiare e non problematica, data per scontata, costituisce un elemento rassicurante della quotidianità: si pensi, per es., alla facilità dell'utilizzo di denaro all'estero senza necessità del trasporto di cifre spesso consistenti o attraverso sussidi del tipo accrediti, travel-cheques e così via. Tale sicurezza viene compromessa solo quando tali processi smettono di operare in maniera comprensibile e non si pongono essi stessi come ulteriore barriera di accesso ai beni sociali incrementando fattori di stress e di incertezza. Ne sono tipici esempi il blocco automatico dell'autovettura, in cui molte delle funzioni primarie sono gestite da apparati centralizzati, se alcune di tali funzioni appaiono compromesse oppure quando i sistemi di collegamento per l'erogazione automatica del denaro presentano interruzioni di esercizio. In questo ambiente, tuttavia, l'uso crescente di t. sta inducendo comunque effetti di grande rilevanza quali quelli elencati di seguito.
La compressione spazio-temporale, ossia il collegamento sempre più veloce tra luoghi, eventi e persone, precedentemente lontani, grazie alla crescente efficienza dei mezzi di comunicazione e trasporto: questo tipo di processo investe i modi di organizzare quotidianamente la vita e permette di dislocare attività produttive e lavoratori connettendoli in vari modi, costruendo reti di relazioni che vanno al di là dello spazio fisico e consentono un'azione a distanza, ampliando l'insieme di attività e anche di esperienze a disposizione del singolo. La mediatizzazione dell'esperienza si riferisce all'esperienza a cui si ha accesso grazie ai mezzi di comunicazione di massa; ottenuta attraverso l'interposizione dei media, essa diviene dunque un'esperienza immateriale. Principali implicazioni risultano essere il ruolo apparentemente passivo degli attori dell'esperienza, nuove forme di coscienza, distinzione sempre meno netta tra informazioni legate all'esperienza diretta e quelle derivanti dai media. Con l'espressione privatizzazione mobile si intende, da un lato, l'emergere parallelo della tendenza alla mobilità degli individui e all'interconnessione di ambienti, dall'altro, allo sviluppo di unità domestiche sempre più autosufficienti. Ciò avviene in risposta a bisogni di una popolazione che è sempre meno urbana. Principali implicazioni sono il crescente numero di attività e di possibilità a disposizione del singolo nei vari luoghi in cui opera, la dipendenza da servizi e apparati tecnologici estranei al suo controllo, l'inserimento del singolo in reti di relazione sempre più impegnative. Questo avviene, per es., per le comunità virtuali via Internet o per i sistemi di servizi (telefonia mobile, accesso al credito) che trascendono la condizione di accesso individuale (locazione spaziale, cultura, nazionalità).
La superficializzazione degli artefatti indica la progressiva tendenza degli artefatti verso i 'territori' dell'immateriale, della complessità e dell'esteriorità: la fisicità degli oggetti tecnologici appare concentrarsi sulla loro superficie, mentre il principio di funzionamento diviene sempre meno intellegibile. Materiali naturali come legno, cuoio, ferro, che hanno dominato la vita quotidiana dell'uomo occidentale fino alla metà del 20° sec., cedono il posto a nuovi materiali sintetici sempre meno identificabili, quali polimeri, leghe metalliche, materiali compositi e resine, con finiture superficiali realizzate per assumere specifiche proprietà fisiche ed estetiche, peraltro mutabili al variare di segnali elettrici e chimici. Infatti l'introduzione rapidamente crescente delle t. elettroniche e informatiche negli oggetti quotidiani comporta un progressivo trasferimento delle loro qualità e funzionalità dalla forma fisica, ossia il modo in cui si situano nello spazio, al loro comportamento, vale a dire il tipo delle relazioni che stabiliscono con l'uomo: la cassa automatica di una banca, il televisore, il cellulare, il computer sono oggetti che stabiliscono una forma di colloquio, un'interazione assai spesso complessa con l'utente. Contemporaneamente si assiste a una progressiva dissociazione tra l'oggetto e la sua funzione, nel senso che quest'ultima tende a delocalizzarsi attraverso reti telematiche, satelliti, aggiornamenti software, a distribuirsi in servizi che riducono l'artefatto a un contenitore riprogrammabile. Telefoni cellulari, videogiochi, computer, sistemi di posizionamento GPS sono artefatti multifunzionali il cui esercizio è sempre più correlato e dipendente dalle reti alle quali sono interconnessi. Ciò è consentito dallo sviluppo della tecnologia dell'ubiquitous computing.
Gli 'attori' e la nuova vita quotidiana
Con riferimento alle modalità di interazione nella generazione e nell'uso della t. si possono identificare due categorie di attori: i produttori di t., i quali seguono una logica di sviluppo avvalendosi della gestione di frammentate competenze specialistiche; a questo livello la gestione della t. segue criteri strategici (per es., politici, economici) e tali attori rivestono in sostanza un ruolo dominante nella creazione di nuova t. e nella sua fusione in artefatti e quindi, in sostanza, nel trasferimento di t. alla vita quotidiana; i ricettori di t., intesi come collettività la quale usufruisce dei beni tecnologici nell'esistenza di tutti i giorni. La dinamica che regola tale comunità è estremamente complessa e dipende dall'insieme di usi e consumi che la caratterizza. A essa è delegata la responsabilità dell'utilizzo della t. e la creatività nel definire le nuove condizioni di contesto.
L'interazione tra produttori e ricettori di t. implica problematiche di natura sociale e filosofica. In generale la collettività dei ricettori di t. non ha un controllo diretto sulle t., poiché ne acquisisce i risultati allo stato consolidato: questo implica un ruolo passivo rispetto ai produttori di tecnologia. Le variazioni degli usi e dei consumi all'interno della società (in maniera esogena oppure endogena) comportano altresì una mutazione degli scopi per cui la t. viene creata: questo ha un certo impatto 'di ritorno' verso i produttori di t. i quali necessariamente debbono tenerne conto. In definitiva, i produttori assumono il controllo tecnico e la gestione del sapere e dei dispositivi in cui la t. si esplica. Ai ricettori viene riportato invece il mondo di significati per cui la t. viene creata e utilizzata. Come esempio esplicativo del rapporto tra le due categorie può essere preso quello dell, vista sia come oggetto tecnico estremamente complesso, sia come luogo del quotidiano. Al produttore di t. l'abitazione appare come una rete di sistemi elettrici ed elettronici concatenati, un sistema di protezioni meccaniche o, ancora, come un insieme di sistemi idraulici e di ventilazione per lo scambio di materia e calore. All'utilizzatore, che vive all'interno della casa, la dimensione tecnica appare invece parzialmente estranea, pur restando collegata all'ambiente quotidiano in cui vive, e chiara per quanto concerne le funzioni che essa deve svolgere. L'appropriazione della t. domestica da parte dell'utilizzatore resta invece legata strettamente al modo di vivere dell'utilizzatore e a usi e consumi in ambito sociale che possono rivelarsi anche irrazionali e inefficienti da un punto di vista tecnico. Dunque la penetrazione nell'ambiente quotidiano dell'innovazione tecnologica non comporta, come di frequente si teme, un appiattirsi del comportamento umano su atteggiamenti coerenti con la ragione strumentale, ossia la capacità di commisurare un mezzo a un fine attraverso il criterio dell'efficienza. L'uomo accetta tutto questo, ma lo integra mettendo in atto forme di comportamento e di pensiero riequilibranti. Nel rapporto quotidiano con gli artefatti e i processi tecnici si giunge in definitiva a un rapporto duale in cui l'uomo fa uso diffuso di artefatti per i suoi bisogni e modifica al tempo stesso il proprio stile di vita concordemente alle necessità indotte da questo uso.
I rapidi mutamenti del contesto esterno nonché il processo di individualizzazione in atto, vale a dire la responsabilità crescente dell'individuo nella gestione del percorso personale, creano un'incertezza all'interno del mondo umano. In risposta la t. tende ad assumere un ruolo totemico divenendo un punto di riferimento, almeno per quanto riguarda la sicurezza nell'esercitazione delle funzioni. L'individuo si abbandona quindi in maniera fiduciaria al ruolo che la t. svolge e delega un numero crescente di azioni al campo della tecnica: sistemi 'attanti' in cui l'azione viene delegata e distribuita. La conoscenza di tali sistemi, non va oltre l'interfaccia che essi presentano: e ciò a causa della crescente complessità e specializzazione dei saperi necessari per attuarlo. Come aveva sottolineato M. Weber (Il lavoro intellettuale come professione, 19807, p. 19) più di un secolo fa: "Chiunque di noi viaggi in tram non ha la minima idea - a meno che non sia un fisico specializzato - di come la vettura riesca a mettersi in moto [...]. Il selvaggio aveva una conoscenza dei propri utensili incomparabilmente migliore". Ma questa 'fiducia' non è indolore, in quanto ogni intervento degli attori della t. (technology push) incontra resistenze di natura sociale, psicologica, culturale e così via. Solo al termine di questo rapporto conflittuale la t. viene accettata: innovazioni radicali, quali il telefono o l'automobile che rispondono a innegabili esigenze di comunicazione e mobilità, hanno incontrato non pochi ostacoli prima che la loro diffusione divenisse universale. Altri esempi possono essere: il forno a microonde; l'utilizzo delle cinture di sicurezza in automobile; l'innovazione basata sulla conoscenza da parte dell'industria; il nucleare in Italia e così via.
La presenza pervasiva della t. e la sua ubiquità, in relazione a tutti gli aspetti della vita quotidiana, costituiscono dunque caratteri salienti e imprescindibili per la società contemporanea, soprattutto in virtù della qualità della vita che tale utilizzo sembra promettere. Ciò nonostante restano aperte numerose incognite che riguardano: i mutamenti sistemici che l'utilizzo di t. abilita e che in generale non sono prevedibili (sviluppo culturale, distribuzione delle risorse, differenziazione dell'inquinamento, mutazione della coesione sociale); lapparente dell'uomo contemporaneo da vincoli tradizionali e l'insorgere di nuovi vincoli legati alle t. e alla modalità d'uso (gap culturale, barriere economiche); il nuovo ventaglio di attività potenziali a disposizione dei singoli e delle comunità e degli effetti connessi che sono sempre più profondi nella vita degli individui (manipolazione genetica, identità e privacy); llegata a nuove condizioni di vita caratterizzate da innovazione e dinamismo continuo in gran parte dovute alla diffusione di nuove t.; l'interposizione nel corso delle interazioni quotidiane di sistemi attanti che creano nuove forme di relazione e dipendenza attraverso un livello avanzato di servizio. Tutto questo dovrebbe indurre a interrogarci profondamente sugli effetti sistemici che lo sviluppo tecnologico può avere in termini di potenzialità e conseguenze sulla vita dell'uomo. Solo intraprendendo un cammino di decifrazione opportuna la t. può essere intesa come meno rischiosa e incerta. In quest'ottica la promozione di politiche di ricerca volte a uno sviluppo competitivo e sostenibile e al servizio di un modello sociale accettato da tutti appaiono essenziali. Il chiarimento di un ruolo delineato della t. secondo la logica prefigurata può infine riequilibrare il dibattito odierno che è sbilanciato verso le incertezze e i rischi profondi connessi alle t. piuttosto che sulla pianificazione dei risultati e su uno sviluppo misurato di nuove potenzialità.
bibliografia
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O. Da Costa, M. Friedewald, Science and technology roadmapping: ambient intelligence in everyday life, Karlsruhe 2003.
P. Jedlowski, I fogli nella valigia. Sociologia, cultura, vita quotidiana, Bologna 2003.
E. Manzini, F. Jégou, Quotidiano sostenibile: scenari di vita urbana, Milano 2003.
Architettura
di Sergio Pone
Il contenimento dei consumi energetici è diventato, in ambito tecnologico, uno dei pilastri del concetto di sostenibilità, insieme con la necessità di progettare la manutenzione e la dismissione dei fabbricati e con la ricerca sui materiali da costruzione provenienti da catene produttive non inquinanti. E la sostenibilità non può essere considerata solo un paradigma progettuale: è piuttosto un discorso di fondo che accompagna qualsiasi processo produttivo si intenda attivare. In sostanza non si può più pensare di sceglierla; essa è diventata un modo di pensare, una visione del mondo.
Allo stesso modo si può sostenere che l'assemblaggio a secco delle parti di fabbrica si è trasformato da paradigma progettuale in qualcosa di più esteso e generalizzato che sottende e struttura altri paradigmi. La diffusione del costruire assemblato sancisce il passaggio delle attività costruttive da azione approssimativa a processo esatto, in cui strutture progettuali e manageriali possono programmare la successione delle azioni e rispettare esattamente le previsioni fatte.
L'assemblaggio, unito all'esattezza meccanica delle parti di fabbrica e alla precisione dei procedimenti adottati, sottende le azioni costruttive finalizzate al raggiungimento della trasparenza e della leggerezza, ma è anche presupposto indispensabile per realizzare la reversibilità dell'atto tecnico. L'adesione a questo paradigma consente, a sua volta, di pensare alla manutenibilità dell'edificio e quindi alla sostituibilità degli elementi tecnici e ancora alla riciclabilità delle parti dismesse o dell'intera fabbrica, quando questa raggiunge il termine della propria vita; e risulta ancora indispensabile per ottenere la variabilità dell'architettura, conseguibile attraverso la modificazione meccanica o elettronica dello stato di interi subsistemi costruttivi e, ovviamente, incompatibile con la tradizionale immutabilità del costruire a umido.
La t. dell'architettura si rivolge a questo 'grappolo' di paradigmi che ha nell'assemblaggio a secco la sua nuova piattaforma tecnologica, nella sostenibilità la sua nuova piattaforma etica e nelle nuove t. informatiche per la produzione e la gestione del progetto di architettura la sua nuova piattaforma strumentale. La restante parte di questa trattazione sarà articolata cercando di rintracciare, all'interno di edifici realizzati, gli esiti di un positivo incontro tra t. e architettura e, quindi, evidenzierà i casi in cui quest'ultima ha posto alla base del suo operare i paradigmi citati in precedenza.
Trasparenza
Negli ultimi anni la t. ha offerto alcuni dei suoi contributi più significativi nella ricerca della trasparenza. Ma se per molto tempo questa speculazione ha portato inevitabilmente all'utilizzo del vetro, oggi appare in parte invertita la direzione del vettore che unisce paradigma e materiale costruttivo. Gli architetti contemporanei - lasciatasi alle spalle la complessa serie di sperimentazioni che, da P. Scheerbart a P. Rice, ha speculato sui modi e sulle tecniche per realizzare chiusure che non chiudessero, interni aperti sull'esterno e esterni che consentissero di 'guardare dentro' - sembrano più interessati al vetro in quanto materiale che può, ma può anche non essere trasparente. La nuova architettura sembra interessarsi al vetro non tanto per la sua capacità diurna di captare la luce del sole, quanto per la possibilità di emettere luce verso l'esterno nella versione notturna. Da 'non materiale' il vetro, il pan de verre dell'architettura moderna, si è trasformato in una superficie sulla quale incidere ciò che si vuole, è diventato parte di componenti sempre più ricchi dal punto di vista prestazionale e questo è avvenuto soprattutto grazie agli avanzamenti tecnologici della produzione e della lavorazione del materiale di base. Sono infatti in fase di sperimentazione lastre di vetro cosiddette a prestazioni variabili che mutano il loro grado di isolamento termico e visivo in ragione del variare delle condizioni esterne.
Mentre sono già diventati realtà alcuni prodotti che presentano significative varianti del materiale di base e, rispetto al vetro messo a disposizione per W. Gropius e L. Mies van der Rohe, consentono declinazioni nuove e sorprendenti. Il materiale odierno può essere temperato, colorato, acidato, sabbiato, serigrafato, unito in pannelli stratificati con altri vetri o altri materiali, fornendo prestazioni una volta impensabili, sia dal punto di vista fisico-tecnico, sia dal punto di vista espressivo. Paradigmatiche in tal senso sono risultate le applicazioni proposte da Herzog & de Meuron che, nel Roche Pharma Research Institute di Basilea (1998-2000), hanno utilizzato il vetro come materiale di base anche per le chiusure opache serigrafandovi semplici disegni geometrici che riprendono esattamente la trama del materiale (lamiera forata, pannelli di fibrocemento ecc.) che la precede immediatamente nella stratificazione del pacchetto funzionale della facciata. In tal modo si è realizzato una specie di raddoppio della tessitura: il visitatore che si avvicina alla costruzione può cogliere giochi percettivi inediti creati con maestria attraverso la realizzazione di questo raffinato dettaglio. Ancora estremamente significativo è l'utilizzo che gli svizzeri Diener & Diener hanno fatto del vetro colorato nel comporre le facciate del Forum 3 a Basilea (2005): le lastre policrome assumono un nuovo valore espressivo senza compromettere la qualità della luce degli spazi interni che prospettano su queste facciate; così come nella realizzazione dell'Inotera Headquarters costruito a Taipei nel 2004 da Tec Architecture, in cui la facciata in vetro policromo assume le connotazioni di una vera fantasmagoria di colori. Nella ricerca della pietra luminosa, il giovane architetto ungherese Á. Losonczi ha aggiunto, nel 2001, un interessante tassello con l'invenzione di un nuovo materiale: il LiTraCon (Light Transmitting Concrete, calcestruzzo trasparente). Losonczi ha disposto all'interno del conglomerato il 3-4% di fibre ottiche per ottenere muri anche abbastanza spessi dotati di un soddisfacente grado di opalescenza. Il nuovo materiale è oggi disponibile in quantità estremamente limitate, anche per la complessità dei sistemi di lavorazione e l'alto costo di produzione (un pannello di un mq dello spessore di 10 cm costa oggi circa 3000 euro), ma apre sicuramente un settore di ricerca che potrà dare luogo a interessanti sviluppi futuri.
Leggerezza
Sul tema della leggerezza molto è già stato detto e fatto in tutta la seconda metà del secolo scorso; di notevole interesse sono tuttavia anche alcune esperienze costruttive recenti. Tra queste spicca la grande serra dell'Eden Project di N. Grimshaw (Cornwall, 2001), che presenta una serie di cupole intersecantesi tra loro secondo complesse geometrie spaziali, realizzate con esagoni di sottilissimi tubi metallici e tamponate con forme lenticolari composte da un doppio strato di una nuova plastica denominata Etfe, polimero caratterizzato da estrema trasparenza e straordinaria sottigliezza (il suo peso specifico è pari a un centesimo di quello del vetro). Utilizzando lo stesso materiale, la Ove Arup Associates e la compagnia cinese CCDI, insieme allo studio australiano Ptw Architects, hanno progettato il National Swimming Center noto come Watercube che verrà completato in occasione dei giochi olimpici previsti nel 2008 a Pechino e ospiterà le piscine, la pista di pattinaggio e altri spazi polifunzionali. Questo edificio, a forma di parallelepipedo con una superficie di 70.000 mq, sarà coperto da una irregolare successione di bolle di Etfe unite tra di loro; una caratteristica singolare di questo nuovo materiale è quella di essere un combustibile, ma i progettisti sono riusciti a superare i problemi di sicurezza dimostrando che in caso di incendio le bolle di plastica passerebbero direttamente dallo stato solido a quello gassoso disperdendosi nell'aria, senza danno per gli spettatori.
Emblematico è il caso dei costruttori di gridshell, nuova tipologia strutturale dedotta da un'applicazione pilota di F. Otto per la Federal Garden Exhibition di Mannheim (1975): la Mannheim lattice shell. Questo sottilissimo guscio a doppia curvatura, formato da una fitta griglia di assicelle di legno 50x50 mm di sezione, giuntate ogni 50 cm, venne realizzato in collaborazione con l'architetto C. Mutschel e con il gruppo di specialisti dello studio Arup, noti come Structures 3 (E. Happold, I. Liddel e M. Dickson).
Nel 2002 la Edward Cullinan Architects ha realizzato in Inghilterra il Downland Gridshell per il Weald & Downland Open Air Museum di Chichester che riprende il modello elaborato da Otto. La copertura è costituita da un guscio lungo 50 m, largo 12 e alto 10, realizzato con una griglia a doppio strato, formata da assicelle di legno di quercia di 20x40 mm, connesse ogni 40 cm con più di 1000 bulloni. Anche l'architetto V. Hara ha costruito nel 2002 la torre di avvistamento del Korkeasaari Zoo di Helsinki utilizzando la tipologia del gridshell; l'edificio si presenta ancora come una trama intrecciata costituita da aste di legno la cui complessa geometria a doppia curvatura è ottenuta con un tessuto di assicelle da 6x6 cm di sezione, curvate in cantiere e serrate con 600 giunti; questa forma strutturale tessuta utilizza la capacità di deformazione della trama e dell'ordito e si sviluppa attraverso nuovi strumenti di controllo e di progettazione: essa è stata progettata grazie a un modello grafico tridimensionale ottenuto attraverso la scansione 3D dell'omologo plastico in plastilina.
Reversibilità
Ancora a griglia è la tipologia strutturale del padiglione giapponese dell'Expo di Hannover del 2000 che ci consente di introdurre il tema della reversibilità; concepito per essere smontabile e rimontabile altrove, a struttura flessibile, con materiali riutilizzabili, addirittura biodegradabili, è stato progettato da S. Ban con tubi di carta riciclata e lacci di stoffa che tengono in piedi le tre cupole: si tratta dell'edificio di carta più grande del mondo, riciclabile sino all'ultimo componente. In definitiva da questa esperienza, e più in generale da quella dell'intero Expo che includeva architetture riciclabili di T. Herzog e P. Zumthor, si può dedurre che la riciclabilità reale dei prodotti della dismissione degli edifici - di cui la reversibilità è presupposto irrinunciabile - non è prerogativa peculiare di certi materiali da costruzione, bensì un elemento del progetto. Solo a condizione che la riciclabilità sia inserita nel quadro esigenziale originario e fortemente perseguita, essa può diventare un obiettivo ragionevole e uno stimolante 'materiale' per la formazione del progetto architettonico.
La reversibilità, oltre a consentire il riciclaggio del fabbricato e delle sue parti, rappresenta anche una connotazione fondamentale della moderna idea di manutenzione: la conservazione di una qualità costante durante tutta la vita del manufatto, impostata nel passato sul concetto di rigenerabilità degli elementi costruttivi, passa oggi quasi completamente per la sostituibilità delle parti oggetto di degrado con componenti analoghi e nuovi. M. Augé ha osservato che: "l'architettura contemporanea non mira all'eternità ma al presente: un presente, tuttavia, insuperabile. Essa non anela all'eternità di un sogno di pietra, ma a un presente "sostituibile" all'infinito. La normale durata di vita di un edificio può essere oggi stimata, calcolata (come quella di un'automobile), ma è solitamente previsto che a un certo momento un altro immobile lo sostituirà […]. La città attuale è così l'eterno presente: edifici sostituibili gli uni con gli altri ed eventi architettonici, "singolarità" che sono anche avvenimenti artistici concepiti per attirare visitatori da tutto il mondo" (2003; trad. it. 2004, p. 92). Una visione estendibile anche alle parti di edificio che, costantemente sostituite, consentono la conservazione dei livelli di qualità originari dell'opera costruita.
Variabilità. - Il variabile si differenzia dal trasformabile, perché presume un tipo di cambiamento ciclico, bidirezionale e quindi in grado anche di annullarsi ritornando alla configurazione iniziale, un cambiamento, ancora una volta, reversibile. Un edificio variabile, dunque, differisce da uno che si trasforma, in quanto gli effetti della trasformazione sono irreversibili, definitivi e unidirezionali, mentre la variazione è un dato immesso nel progetto originario che punta a ottenere forme non definite una volta per tutte, ma, al contrario, forme sempre mutevoli al mutare delle condizioni esterne. Molti interpretano l'interesse di gran parte degli architetti contemporanei per il tema della variabilità come reazione più o meno consapevole all'angoscia che spesso accompagna la realizzazione di manufatti fissi e immutabili nel tempo, che affermino verità certe e si impongano come dato durevole; ma è probabile che questo interesse sia più semplicemente legato all'aspirazione di attribuire agli edifici un altro tipo di complessità: piuttosto che derivare da ragioni interne, questa complessità si configura come capacità di adattamento nei confronti delle sollecitazioni provenienti dall'ambiente esterno.
L'obiettivo della variabilità è dunque perseguito attraverso due strade principali: la mutazione meccanica e quella mediatica. Con la prima, parti del fabbricato si muovono cambiando la loro posizione nello spazio e consentono all'edificio di assumere conformazioni diverse, mentre con la seconda ciò che muta è solo lo strato superficiale dell'edificio che assume connotazioni diverse grazie a dispositivi elettronici che ne regolano il comportamento.
Prerogativa di alcune architetture variabili del primo genere è la loro capacità di evocare immagini di leggerezza e trasparenza: "ne discendono costruzioni più simili a installazioni che a edifici tradizionali, formate da materiali come, per es., legno, vetro, metallo. Trattandosi per lo più di costruzioni montate a secco sono costituite di componenti che conferiscono all'edificio l'aspetto di un assemblaggio" (P. Nicolin, Architettura "light", in Lotus International, 2000, 105). La rotazione di grandi pareti vetrate, lo scorrimento su binari di parti dell'edificio o la rimozione di alcune barriere, danno luogo a spazi e a possibilità d'uso differenti. Questi edifici variano secondo le esigenze giornaliere o stagionali: in inverno si chiudono su sé stesse, mentre in estate si trasformano in spazi aperti in cui si stabiliscono nuove condizioni di luminosità e di ventilazione.
Il movimento di alcuni componenti crea, in questo modo, una molteplicità di configurazioni spaziali e funzionali che seguono le necessità oppure i desideri degli utenti. Per es., Lacaton & Vassal hanno realizzato nel 1993 a Floirac, nei pressi di Bordeaux, casa Latapie, edificio a pianta rettangolare con un prospetto variabile grazie a grandi pannelli a struttura lignea che chiudono o aprono completamente la facciata e grazie a una coppia di pensiline in lamiera metallica che, ruotando secondo un asse orizzontale, sigillano completamente il prospetto. Nella stessa categoria si colloca l'insediamento residenziale di rue de Suisse a Parigi di Herzog & de Meuron (2000), in cui i due architetti svizzeri hanno disegnato le facciate con una serie continua di pannelli di schermatura in lamiera traforata scura, incernierati tra loro e sospesi a binari orizzontali; quando sono chiusi, l'edificio assume l'aspetto di una grande scatola di lamiera, mentre quando sono aperti, oltre a consentire la visione delle logge degli appartamenti, i pannelli disegnano una sorta di ricamo zigzagante intorno alle aperture.
Il tema della variabilità mediatica coinvolge naturalmente quello della rivoluzione informatica che ha tenuto impegnati gli studiosi di architettura nell'interessante dibattito su tematiche di grande respiro quali la smaterializzazione, l'apparente ossimoro costituito dalla nozione di realtà virtuale nonché sul ruolo che l'architettura assume all'interno di queste nuove dinamiche. Ma nel frattempo sono emerse alcune proposte di applicazione delle logiche informatiche all'architettura e queste proposte coinvolgono ancora la questione della variabilità, rendendo possibili cose fino a poco tempo fa inimmaginabili. Come ha sostenuto P. Virilio, "l'architettura sta diventando un supporto all'informazione, per non dire un supporto pubblicitario in senso lato, un supporto mediatico […]. Il gotico elettronico dei mediabuildings illumina i crocevia - Times Square per esempio - nello stesso modo in cui nella cattedrale gotica le vetrate illuminavano la navata centrale o il presbiterio per raccontare la storia della Chiesa" (From the media building to the global city, in Crossing, 2000, 1). E naturalmente questo supporto può offrire visioni che variano di continuo con la velocità con la quale cambiano le immagini sui nostri display.
Quasi un archetipo di tale variabilità mediatica può essere considerata la Torre dei venti costruita da T. Ito a Yokohama (1986). Il complesso sistema di chiusure esterne prevede una pelle di lamiera di alluminio traforato e dei corpi luminosi la cui luce cambia di colore e intensità al modificarsi del vento e al variare delle condizioni del traffico e delle sue emissioni. L'edificio funge da sensore della situazione che si determina al suo intorno.
Altrettanto significativa la realizzazione di P. Cook e C. Fournier il Kusthaus Graz in Austria (2003), dove l'involucro del museo è stato concepito collocando, dietro a una chiusura realizzata in lastre di metacrilato, una grande quantità di piccole sorgenti luminose poste a intervalli regolari. Le lampade, dal tramonto in poi, sono comandate da un particolare sistema informatizzato che compone suggestive e pallide immagini bicromatiche.
Nel campo della variabilità mediatica dell'architettura le poche opere realizzate oggi non sono sempre sostenute da una chiara visione delle potenzialità formali connesse alle nuove t. e, come spesso avviene nella fase in cui si sperimentano nuove tecniche e si esplorano le loro potenzialità espressive, il risultato architettonico può essere in parte deludente; ma ciò non consente di delegittimare l'opera di chi, animato da spirito sperimentale, percorre con coraggio le strade dell'innovazione tecnologica con l'obiettivo di far fare alla disciplina significativi passi in avanti. È in questo atteggiamento sperimentale e in questa aspirazione all'innovazione che la t. dell'architettura riconosce alcune delle sue radici più profonde e si trova a manifestare il suo impegno nel ruolo di pungolo, da affiancare a quello, storico, di coscienza critica che richiama l'architettura al suo compito di concreta modificazione dell'esistente.
bibliografia
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