TEGALLIANO, Marcello detto Tegalliano
– Nato nella seconda metà del VII secolo, di lui si ignorano sia gli ascendenti che il luogo di nascita, mentre il cognome con cui è convenzionalmente ricordato è un’invenzione dei cronisti tardotrecenteschi Nicolò Trevisan ed Enrico Dandolo, seguiti dai genealogisti di epoca moderna, secondo i quali egli sarebbe stato anche il capostipite delle famiglie Fonicalli e Marcello.
Le notizie sono estremamente scarse e tarde. Il cronista Giovanni Diacono – che scriveva poco dopo l’anno Mille, a quasi tre secoli di distanza – ne faceva il successore del primo doge di Venezia, quel Paulicio (o Paoluccio) che sarebbe stato eletto da un’assemblea popolare radunatasi a Eraclea (in seguito denominata Cittanova), allora capitale del Ducato, al tempo dell’imperatore Anastasio II (713-715). Invece il doge trecentesco Andrea Dandolo nella sua Chronica extensa – fonte ritenuta solitamente più attendibile per quanto riguarda i riferimenti cronologici rispetto a Giovanni Diacono – collocava l’elezione di Paulicio al 697; accettando quest’ultima ipotesi di datazione come più probabile e poiché entrambi gli autori hanno attribuito a Paulicio un governo di venti anni e sei mesi, la data della sua scomparsa sarebbe da collocarsi nel 717.
La storicità dei primi due presunti dogi è stata però messa in forte dubbio dalla storiografia moderna. In particolare Roberto Cessi ha sostenuto che il primo vero doge sia stato il successore di Marcello, Orso (o Orso Ipato), eletto nel 726 dalla popolazione venetica sollevatasi contro la dominazione bizantina a seguito della politica fiscale e religiosa di Leone III Isaurico (717-741). Paulicio è identificato dallo studioso, sia pure in maniera ipotetica, con Paolo, esarca di Ravenna (724-727), mentre a Tegalliano, qualificato sempre dalle fonti documentarie come magister militum e mai come dux, è riconosciuta la probabile appartenenza alla gerarchia bizantina del Ducato veneziano.
Un’interpretazione più recente, proposta dapprima da Carlo Guido Mor e poi ripresa da Stefano Gasparri, ha ipotizzato invece che Paulicio sia stato un duca longobardo di Treviso e ha visto in Tegalliano il suo interlocutore di parte veneziana. D’altra parte, sebbene il magister militum fosse propriamente un grado militare, era possibile che un ufficiale con questo titolo svolgesse occasionalmente le funzioni di duca, cioè di governatore posto a capo di una provincia come era allora il Ducato venetico.
Comunque sia, Tegalliano è menzionato per la prima volta con sicurezza nel pactum Lotharii, un trattato stipulato nell’840 fra l’imperatore Lotario I e il doge Pietro Tradonico allo scopo di regolare i rapporti fra gli abitanti del Ducato e quelli del Regno italico. In un paragrafo di questo accordo si fa infatti espresso riferimento a una delimitazione dei confini fra l’allora Regno longobardo e il Ducato veneziano limitatamente al territorio di Cittanova avvenuta al tempo di Liutprando (712-744) tra il duca Paulicio e il magister militum Marcello, la cosiddetta terminatio liutprandina, successivamente confermata da Astolfo (749-756) e ancora valida al tempo di Lotario.
Giovanni Diacono conosceva il pactum Lotharii attraverso il rinnovo dello stesso concesso dall’imperatore Ottone II nel 983 e, ancor più, tramite un praeceptum di Ottone III del 992, un diploma del medesimo sovrano del 995 rilasciato su istanza del doge Pietro II Orseolo presentata dallo stesso cronista, e il testo di un placito tenutosi a Verona nel 996, nell’ambito di una vertenza fra il vescovado di Belluno e il Ducato veneziano relativa ai confini di Cittanova. Da questi documenti egli ricavò i nomi di Paulicio e Marcello, indicandoli come i primi due dogi di Venezia, seguito in questo asserto da Andrea Dandolo e dalla successiva storiografia veneziana.
Al di là di questo, non è pervenuto alcun ulteriore ragguaglio circa l’attività di Tegalliano. Durante il suo governo si riacutizzò tuttavia la mai sopita vertenza fra la sede vescovile gradense (in territorio bizantino) e quella aquileiese (in territorio longobardo), perché entrambe pretendevano di essere l’unica legittima continuatrice del titolo patriarcale aquileiese e dei suoi relativi diritti. Il problema non era solo di natura religiosa, ma interessava pure la sfera temporale, riguardando anche i territori sui quali si sarebbe dovuta esercitare la giurisdizione ecclesiastica dei rispettivi presuli, con il rischio di turbare l’equilibrio dei rapporti longobardo-bizantini.
Nel 723 tuttavia il vescovo di Aquileia, Sereno, fu ammonito da papa Gregorio II a non intervenire in territori soggetti al vescovo di Grado, Donato, eletto alla sua carica nel 717, lo stesso anno in cui Tegalliano avrebbe preso il potere. Donato protestò presso il pontefice, il quale rivolse una lettera, sulla cui attendibilità esistono tuttavia non pochi dubbi, ai vescovi della provincia ecclesiastica della Venezia e Istria, con la quale richiamava con energia il presule aquileiese al rispetto dei diritti altrui.
Nella versione di quest’ultimo documento inserita per esteso nella cronaca di Andrea Dandolo risulta indicato fra i destinatari, oltre ai vescovi suddetti, anche il magister militum Marcello, qualificato con il titolo di duca, ma il cui nome fu evidentemente interpolato in maniera surrettizia per conferire una maggiore valenza all’atto stesso.
Tegalliano sarebbe morto nel 726, dopo aver retto il Ducato per nove anni. Secondo Dandolo, venne sepolto a Eraclea come Paulicio. Gli subentrò Orso, il primo doge eletto autonomamente dai venetici.
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