GUIDI, Tegrimo
Fu uno degli undici figli (otto maschi e tre femmine) di Guido conte di Modigliana e di Adelasia di Bonifazio conte di Panico. Non è chiaro l'ordine di nascita dei figli, ma è presumibile dal suo percorso biografico che il G. fosse uno dei maschi più grandi; la sua nascita è quindi da collocare fra 1240 e 1250.
Negli anni giovanili fu cresciuto con i fratelli nella classica formazione militare di un nobile feudale e nell'orientamento politico paterno filoghibellino; probabilmente fu insieme col padre in alcune sue azioni politico-militari condotte sia sul teatro romagnolo sia su quello toscano. Nel giugno 1275 col padre e i fratelli militò con i Faentini, i ghibellini romagnoli e i Lambertazzi bolognesi sotto il comando di Guido da Montefeltro nella battaglia presso il ponte S. Procolo in cui vennero sconfitti i guelfi bolognesi e romagnoli; sempre con il padre e i fratelli accolse a Faenza, poco dopo, l'inviato di Rodolfo d'Asburgo, cui i conti di Modigliana giurarono fedeltà e sostegno in vista di una sua discesa in Italia per l'incoronazione a imperatore.
Nel primo semestre del 1277, quando il fratello Ruggero era podestà a Faenza, il G. scese nella città col fratello Fazio e con i loro uomini per appoggiarlo. I tre conti guidarono gli armati di Faenza che, con quelli di Forlì e con gli uomini condotti da Guido Novello Guidi, ai primi di giugno consentirono a Guido da Montefeltro di sconfiggere nuovamente Bolognesi e guelfi emiliani presso Bagnacavallo.
Probabilmente il G. insieme con Ruggero e Fazio partecipò con i ghibellini faentini nel novembre alla presa del castello di Civitella presso Galeata effettuata da Guido Novello e dal Montefeltro; azione che spinse allora Guido Salvatico Guidi di Dovadola, che con milizie fiorentine veniva in aiuto ai fuorusciti guelfi di Forlì, a ripassare rapidamente l'Appennino. Nelle pause degli scontri della guerra di fazioni in Romagna il G. sembra ritornare sempre al castello di Modigliana di cui pare essere in questo periodo il principale custode a nome del padre e dei fratelli. Nel maggio 1278 un esercito condotto da Maghinardo da Susinana e composto dai ghibellini faentini e dai Lambertazzi fuorusciti da Bologna passò appunto da Modigliana dove si riunì con il G. e una gran quantità di suoi uomini a piedi, probabilmente proprio di Modigliana e vicinanze, per dirigersi a spezzare l'assedio che le milizie bolognesi avevano posto al castello di Piancaldoli.
Nel 1280 con il padre e i fratelli accettò di firmare una pace promossa da papa Niccolò III che tuttavia doveva rivelarsi effimera. Infatti, sempre con padre e fratelli nel 1282 partecipò a un nuovo accordo con i rappresentanti pontifici in Romagna che prevedeva, per poter conservare beni, possessi e diritti in Romagna, di passare a militare nelle schiere del legato pontificio contro Guido da Montefeltro e di lasciare temporaneamente come garanzia Modigliana nelle mani di Guido Salvatico di Dovadola. La sconfitta riportata dall'esercito papale a Forlì, nonostante il tradimento dei conti di Modigliana, contribuì forse a far fallire l'accordo con la Chiesa. Il nuovo legato, per di più, contravvenendo a quanto fissato, aveva preteso che i conti si ritirassero per un periodo lontano da Modigliana e dalla Romagna. Solo alcuni dei fratelli accettarono l'imposizione papale: il G. fu tra questi in quanto lo vediamo nel 1284 ritiratosi ad amministrare i domini del padre in Val d'Ambra, nel Valdarno superiore. Inseritosi nell'ambiente del ghibellinismo aretino, egli appoggiò forse il colpo di mano del vescovo Guglielmino degli Ubertini nel 1287 e così, dopo che gli Aretini ebbero preso Chiusi nel febbraio 1288, vi fu insediato come podestà con l'incarico di portare tale centro in guerra contro Siena e Montepulciano che aderivano alla Lega guelfa. Continuando a rimanere fra le file dei ghibellini che da Arezzo minacciavano Firenze - ai quali si erano uniti Buonconte da Montefeltro e Guido Novello - il G. partecipò nella schiera aretina alla battaglia di Campaldino nel giugno 1289.
Dopo la sconfitta dei ghibellini il G. non sembra essere tornato subito in Romagna, ma piuttosto parrebbe aver fissato la sua dimora principale nel castello di Porciano in Casentino dove erano rimasti i giovani figli del fratello Corrado - morto intorno al 1289-90 - Amerigo e Ranieri, alternando soggiorni nei castelli di San Godenzo e San Bavello dove come principale referente della famiglia stava il fratello Gualtieri. Nell'estate 1291 il G., insieme col fratello Tancredi e con i due giovani nipoti, venne condannato dal Comune di Firenze per avere, stando in Porciano, non solo depredato e catturato un mercante di Ancona che transitava nel vicino territorio fiorentino, ma anche irriso i messi fiorentini giunti a protestare per l'accaduto maltrattando e imprigionando lo stesso mercante in loro presenza. La pena inflitta ai conti fu, oltre al bando da Firenze, la confisca dei beni nel territorio fiorentino e una multa di 10.000 lire, pena peraltro mai attuata.
Non è chiaro quando il G. sia tornato in Romagna e se abbia preso di nuovo parte alla lotta fra fazioni, ma è probabile che abbia ripreso a giocare un ruolo politico nella regione. Nel 1299, infatti, dopo la pace fra Comuni e signori ghibellini e la Chiesa, fu nominato podestà di Faenza dal legato pontificio.
Nello stesso periodo veniva a chiudersi anche una guerricciola fra rami della famiglia - probabilmente per ragioni patrimoniali, ma forse anche a causa della morte in uno scontro del conte Federico - che aveva visto coinvolti i conti di Modigliana contro gli eredi di Guido Novello. L'accordo di pacificazione fu sancito dalle nozze del G. con Giovanna, figlia di Federico, per le quali il G. otteneva nel febbraio 1300 una specifica dispensa papale. In seguito egli sembra essere tornato a stabilirsi in Toscana, spostandosi fra San Godenzo e Porciano e creando un legame di amicizia e protezione nei riguardi di Guido Novello il Giovane, fratello di Giovanna.
A San Godenzo nell'aprile del 1302 il G. con i fratelli Gualtieri, Ruggero e Tancredi inviò messi a re Carlo d'Angiò per confermare gli accordi di pace. Sempre a San Godenzo partecipò molto probabilmente anche al convegno del giugno 1302 degli esuli fiorentini ghibellini e guelfi bianchi con i signori del Valdarno per condurre azioni contro Firenze.
Nel contempo provvedeva anche a riorganizzare i propri beni, acquistando fra 1302 e 1306 beni e diritti dai conti di Romena e dai nobili del castello di Santa Fiora dopo aver precedentemente investito, nel 1301, considerevoli somme nei banchi fiorentini dei Mozzi e dei Cerchi (ma poteva trattarsi anche di trasferimenti di capitali destinati a sostenere le iniziative militari di ghibellini e guelfi bianchi).
Alla venuta in Italia nel 1310 dei messi di Enrico VII di Lussemburgo, che intendeva scendere a Roma per ricevere la corona imperiale, li accolse a San Godenzo insieme col fratello Tancredi. A loro si unirono poi anche Ruggero e Ildebrandino e tutti promisero il loro appoggio oltre a rinnovare il giuramento di fedeltà. Tuttavia quando Enrico VII fu in Toscana solo Tancredi lo seguì a Roma per l'incoronazione - insieme con Aghinolfo Guidi di Romena e Guido Novello il Giovane - e poi nell'assedio di Firenze. Al contrario il G. e gli altri, forse prevedendone la sconfitta, non si unirono al suo esercito, e in seguito inviarono per di più soccorsi alla città assediata.
Il diploma imperiale concesso a Tancredi nel 1313, con cui Enrico VII infeudava a lui i beni di Ildebrandino appena morto e vari altri feudi dei conti di Modigliana che non gli erano stati fedeli, provocò una guerra familiare fra Tancredi e i suoi figli da un lato e Ruggero e il G. con i suoi figli dall'altro, ognuna delle due parti con molteplici aderenti pronti a saccheggiare e a far bottino.
La difesa militare delle ragioni del G. e dei figli peraltro fu sostenuta principalmente dal conte Guido Novello il Giovane, forse anche perché il G., ormai anziano per scontri e scorrerie, era tornato in Romagna a svolgere nuovamente un ruolo di mediatore.
Dopo aver fatto accordare nel castello di Premilcuore gli Ordelaffi con i Calboli in modo da poter insieme far fronte alla famiglia degli Orgogliosi, stava preparandosi a fornire aiuti per consentire loro di prendere Forlì quando, nel giugno 1315, morì.
Ai numerosi figli Luigi, Fiore, Enrico, Guido Domestico, Adelasia, Primavera, Smeraldo (non sappiamo se avuti tutti da Giovanna) il G. lasciava una situazione non invidiabile. La guerra familiare stava andando male e Guido Novello il Giovane, che aveva assunto la loro tutela, fu costretto a riscattarli dalla prigionia e in seguito a trattare una pace che salvava ben poco dei beni del padre.
Fonti e Bibl.: Petrus Cantinellus, Chronicon, a cura di F. Torraca, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XXVIII, 2, pp. 20, 24, 26 s., 90 s.; Delizie degli eruditi toscani, VIII (1777), pp. 115, 174, 180; R. Davidsohn, Forschungen zur Geschichte von Florenz, III, Berlin 1901, p. 284; G. Villani, Nuova cronica, a cura di G. Porta, I, Parma 1990, pp. 198, 266, 614 s.; V. Ragazzini, Modigliana e i conti Guidi, Modigliana 1921, pp. 26, 50, 96 s., 108, 111 s.; R. Davidsohn, Storia di Firenze, Firenze 1956-68, ad ind.; A. Vasina, I Romagnoli fra autonomie cittadine e accentramento papale nell'età di Dante, Firenze 1964, p. 412; E. Sestan, Dante e i conti Guidi, in Id., Italia medievale, Napoli 1968, p. 350; Id., I conti Guidi e il Casentino, ibid., p. 373; R. Albertoni, I conti Guidi da Porciano, in Il castello di Porciano in Casentino, a cura di G. Vannini, Firenze 1987, pp. 34 s.; P. Pirillo, Due contee e i loro signori: Belforte e il Pozzo tra XII e XV secolo, in Castelli e strutture fortificate nel territorio di Dicomano in età medievale, Firenze 1989, pp. 27 s., 51, 65, 68, 80; M. Bicchierai, Il castello di Raggiolo e i conti Guidi, Montepulciano-Raggiolo 1994, pp. 92, 94 s.; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v.Guidi di Romagna, tav. X.