Telecomunicazioni
di Antonio Gigli e Paolo de Ferra
SOMMARIO: 1. Premessa. □ 2. Tecniche della prima metà del secolo: a) ingegneria del sistema telefonico; b) apparecchi telefonici e linee d'utente; c) tecniche di commutazione; d) tecniche di trasmissione; e) tecniche per il servizio telegrafico. □ 3 L'evoluzione in atto: a) tecniche di trasmissione; b) tecniche di commutazione; c) tecniche per la teleinformatica; d) tecniche per il servizio telegrafico. □ 4. Tendenze di sviluppo: a) integrazione delle tecniche telefoniche; b) condizioni per lo sviluppo; c) integrazione dei servizi numerici; d) altri servizi. □ 5. Problemi del momento: a) problematica della trasmissione; b) problematica della commutazione; c) sincronizzazione della rete; d) problemi di introduzione; e) prospettive avanzate; f) implicazioni sociali e conclusioni. □ 6. Orientamenti bibliografici. □ Bibliografia.
1. Premessa.
La spinta ideale a comunicare con il prossimo, superando le distanze fisiche, è antica quanto l'uomo e ne segna la civiltà. Nel corso dei secoli, i progressi delle tecniche di telecomunicazione hanno contribuito in misura non certo trascurabile all'evoluzione delle forme associative dell'umanità, evoluzione che va generando organizzazioni sociali sempre più raffinate e complesse. Ciò è particolarmente vero per quest'ultimo secolo, in cui la disponibilità di telecomunicazioni è diventata un bene fondamentale, indispensabile e condizionante per il mantenimento dell'efficienza della società e per il suo progresso.
Di fronte a un'umanità in crescente aumento, la problematica del XX secolo sembra risiedere in gran parte nella difficoltà di disporre in misura adeguata di due tipi di beni fondamentali: gli uni sono legati alla limitatezza delle risorse, e sono ad esempio l'energia, l'acqua, il cibo; gli altri sono direttamente connessi con l'addensamento umano e sono ad esempio la circolabilità urbana, la garanzia dell'intimità, la salute. A prima vista, un tal genere di problemi non sembrerebbe riguardare l'area delle telecomunicazioni, se non indirettamente. Per esempio, si sa che una certa quantità di energia è pur sempre indispensabile per la produzione e l'esercizio delle apparecchiature di telecomunicazioni; quindi se mancasse totalmente l'energia, mancherebbero totalmente le telecomunicazioni.
Il legame fra la suddetta problematica e le telecomunicazioni appare però ben più stretto quando se ne approfondisce l'esame. Appare infatti sperabile che, attraverso ulteriori progressi nel campo delle telecomunicazioni, si possano ottenere risultati che restituiscano in qualche forma alcuni dei beni fondamentali o consentano di distribuirli meglio. È evidente, per esempio, che per molti versi l'impiego delle telecomunicazioni riduce la richiesta di trasporti.
In generale, quanto più estesa, capillare, varia ed evoluta sarà la disponibilità di telecomunicazioni, tanto maggiore sarà il beneficio potenziale derivabile per l'organizzazione e la vita della società umana. Il beneficio non si realizza solamente nel ridurre le richieste di energia per applicazioni meno evolute (come i mezzi di trasporto), ma un adeguato sviluppo delle telecomunicazioni potrà consentire agli uomini maggiore efficienza, maggiore informazione, maggiore libertà dai vari e non certo indifferenti vincoli dell'attuale società.
L'umanità comunica principalmente per mezzo della voce e dei segni, che sono percepiti rispettivamente attraverso l'udito e attraverso la vista. Nell'antichità la parola e il gesto costituirono gli unici mezzi per comunicare, e lo sono ancor oggi nelle società primitive e nell'infanzia. Inoltre, per l'uomo non vi fu alcuna pratica possibilità di comunicare a distanza, fuori dalla portata della vista e dell'udito, fino al periodo storico, cioè fino all'uso della scrittura. Un codice simbolico adatto a supporti concreti come l'argilla, il papiro, la cera, costituì il primo mezzo non solo per tramandare l'informazione nel tempo, ma anche per trasportarla nello spazio, cioè per comunicare a distanza.
La scrittura contiene evidentemente una quantità di informazione minore rispetto alla riproduzione fedele di parole pronunciate, in quanto non riproduce le caratteristiche della voce (ampiezza, tono, timbro, cadenza), ma riporta soltanto l'informazione essenziale ivi contenuta. Altre riduzioni d'informazione possono derivare dalla maggiore laboriosità dello scrivere rispetto al parlare, e il fenomeno si accentua quando intervengono fattori di costo a limitare la lunghezza dello scritto. Tuttavia, la degradazione più grave che il trasporto meccanico della parola scritta introduce nei riguardi dell'interscambio di informazioni è costituita dai tempi necessari per il trasporto delle informazioni stesse. Questi tempi costituiscono inevitabilmente un ostacolo insormontabile a ogni possibilità di colloquio, cioè di scambio di informazioni ‛in tempo reale'.
Come esempi di sistemi escogitati nel passato per superare la lentezza di propagazione dell'informazione insita nel suo trasporto meccanico è classico citare diversi tipi di comunicazione ottica per mezzo di fuochi e fumate aventi significati simbolici. Questi telegrafi ottici vennero impiegati fin dall'evo antico, sebbene soltanto per i limitati periodi corrispondenti alla massima floridezza di qualche civiltà, come quella cinese, greca, cartaginese o romana. Un sistema di dimensioni imponenti fu appunto quello della rete imperiale romana, con torri di segnalazione disposte a intervalli regolari in un'unica linea, lunga migliaia di chilometri, disposta tutt'attorno al bacino del Mediterraneo. Sistemi di questo genere furono in grado di trasportare informazioni, di norma governative o militari, con una considerevole velocità. Il tempo di trasporto dell'informazione viene infatti ridotto, con tali sistemi, alla somma dei tempi di ripetizione dei segnali nelle stazioni intermedie. Si evidenzia però, a fronte dell'aumentata velocità rispetto al trasporto meccanico, sia la laboriosità della trasmissione delle informazioni, sia l'estrema ‛sottigliezza' del mezzo trasmissivo. Questo infatti è in grado di trasportare con una certa velocità i segnali elementari ma non può trasmettere più di un segnale elementare per volta. Nonostante tali limitazioni e nonostante il fatto che il funzionamento era garantito soltanto col bel tempo, il telegrafo ottico costituì fino al secolo scorso il mezzo di telecomunicazione più efficiente. Vari espedienti vennero impiegati per aumentare la portata di informazione del mezzo, aumentando sia il numero dei segnali elementari sia la velocità di ripetizione. Si attribuì anche ai singoli segnali elementari il significato di frasi prestabilite scelte fra le più comuni, operando così una considerevole riduzione di ridondanza dei messaggi.
Un sistema fra i più estesi e perfezionati fu il telegrafo Chappe, che venne introdotto in Francia per informazioni governative all'inizio del secolo scorso e, successivamente, in vari altri paesi. Alla metà dello stesso secolo la rete Chappe copriva in Francia circa 5000 km di linea, collegando 29 città. In Italia la rete era estesa a Torino, Milano, Mantova e Venezia. I segnali elementari erano 196; il codice era differente da paese a paese e segreto per motivi di sicurezza. La distanza fra due stazioni ripetitrici era di circa 10 km; il tempo di ripetizione era intorno a 10 secondi per stazione, consentendo così di superare la distanza di 1 000 km in circa un quarto d'ora. Il personale era di circa 6 operatori per stazione.
Il telegrafo ottico fu sostituito non appena divenne disponibile quello elettrico, le cui prime linee comparvero sia in Europa sia in America intorno al 1840. Il sistema elettrico presentava evidentemente il fondamentale vantaggio di eliminare il forte impegno di personale necessario per il telegrafo ottico, che ne aveva sempre limitato l'uso ai soli scopi di Stato. Con il telegrafo elettrico hanno inizio i servizi di telecomunicazioni per uso pubblico.
Numerosi sistemi di telegrafo elettrico, generalmente con più fili fra apparecchio e apparecchio, furono escogitati nella prima metà dell'Ottocento e in alcuni casi anche messi in servizio, per esempio a uso di qualche società ferroviaria lungo il percorso dei binari. Il grande sviluppo delle reti telegrafiche ebbe peraltro inizio nella seconda metà dell'Ottocento, impiegando nella grande maggioranza dei casi l'apparecchio Morse con un unico filo di linea. Nella versione elementare dell'apparecchio Morse il terminale di una pila viene collegato da un operatore alla linea mediante un tasto, per impulsi brevi o lunghi secondo un codice semplice e universalmente conosciuto. All'altro estremo, per effetto degli impulsi di corrente provenienti dalla linea, un e elettromagnete aziona una punta scrivente contro un nastro di carta che è mosso da un congegno a orologeria.
Numerosi perfezionamenti resero possibile lo sviluppo del servizio telegrafico: principalmente sono da citare i sistemi per consentire una migliore utilizzazione dei mezzi trasmissivi e gli svariatissimi sistemi per ottenere automaticamente all'estremo d'arrivo la messa in chiaro dei messaggi trasmessi. Tra i primi è da citare il sistema duplice che consente di comunicare contemporaneamente nei due versi dello stesso circuito fisico, e così pure i diversi sistemi di multiplazione atti a consentire sul medesimo mezzo fisico la trasmissione contemporanea di più messaggi. Tra i secondi sono notevoli sia il telegrafo Hughes sia quello Baudot, con i relativi codici. In ambedue i casi il meccanismo di ricezione aziona una ruota provvista di caratteri a stampa, che viene posizionata carattere per carattere sulla base dei segnali in codice che percorrono la linea, in modo da scrivere in chiaro su un nastro di carta il messaggio trasmesso.
Con tecniche di questo livello, il servizio telegrafico comprendeva, all'alba del Novecento, 160.000 apparecchi, allacciati a una rete pubblica mondiale completamente interconnessa e costituita da quasi un milione e mezzo di chilometri di linee su palificazione e di cavi sottomarini.
Nella seconda metà dell'Ottocento si ebbe, oltre a un consistente ed esteso sviluppo della rete telegrafica pubblica, anche la nascita delle prime applicazioni telefoniche. Come già per il telegrafo, anche per questo nuovo mezzo di telecomunicazione, dopo un breve periodo di diversi esperimenti più o meno paralleli, fra cui notevole è il telefono di Meucci, un unico brevetto costituì la base per tutti gli ulteriori sviluppi. Esso fu quello ottenuto da Bell nel 1876. In tale apparecchio la lamina microfonica, vibrando per effetto del suono da trasmettere, fa variare corrispondentemente la riluttanza di un circuito magnetico. Un avvolgimento elettrico accoppiato al magnete è collegato da un lato a una pila e dall'altro alla linea. Le variazioni di riluttanza del circuito magnetico inducono sull'avvolgimento accoppiato e sulla linea una pulsazione di corrente della stessa frequenza della vibrazione della lamina. All'altro estremo la linea è collegata a un corrispondente elettromagnete e il circuito si chiude a terra. Per effetto della corrente, l'elettromagnete fa vibrare la lamina ricevente, che riproduce il suono originale.
La caratteristica fondamentale che distingne il telefono dal telegrafo è quella di consentire una diretta e immediata corrispondenza fra due persone, senza codifica e quindi senza alcuna pratica riduzione dell'informazione vocale (frequenza, tono, intensità, cadenza) e senza i ritardi nel trasporto dell'informazione che renderebbero altrimenti impossibile il colloquio.
Il telegrafo richiede, per la sua complessità, la presenza di operatori e rende necessaria l'istituzione, nelle diverse località, di uno o più uffici telegrafici presso i quali il mittente si reca occasionalmente per spedire l'informazione in partenza e dai quali l'informazione in arrivo viene recapitata al domicilio del destinatario. Il telefono, invece, non richiedendo per la sua semplicità la presenza di operatori intermediari, rende possibile l'installazione degli apparecchi a domicilio degli utenti e un impiego molto frequente degli apparecchi stessi. Ne deriva una richiesta potenziale di collegamenti dello stesso ordine di grandezza della popolazione umana. Per tali motivi, e sebbene nei primi tempi l'interesse all'allacciamento fosse, per il potenziale utente telefonico, limitato dalla scarsità di possibili corrispondenti con cui comunicare, il ritmo di incremento del servizio fu subito considerevole. Nel 1880, quattro anni dopo la sua invenzione, il telefono contava già 33 mila apparecchi, che divennero 420 mila nel 1890 e quasi 2 milioni alla fine dell'Ottocento. Di questi, oltre il 50% negli Stati Uniti e oltre il 40% in Europa.
2. Tecniche della prima metà del secolo.
Agli inizi di questo secolo i due servizi, telegrafico e telefonico, si trovavano in due fasi diverse di sviluppo. La telegrafia, sostanzialmente interurbana, era estesa su tutto il mondo con una rete efficiente anche se sottile e con modalità di servizio stabilmente consolidate. A partire dal 1900 i traffici e la rete si ingrandirono (da 300 milioni di telegrammi nel 1900 a 1200 milioni nel 1975). L'incremento non risultò ingente, soprattutto se rapportato a quello di altri servizi. Soltanto negli ultimi decenni l'impiego della telescrivente e della commutazione automatica ha aperto un nuovo, anche se limitato, sbocco alla telegrafia con il servizio telex.
Per converso la telefonia, confinata inizialmente entro ambiti quasi esclusivamente locali, era destinata a diventare nello stesso periodo, attraverso un imponente sviluppo quantitativo e qualitativo, il principale e più diffuso servizio di telecomunicazioni. Il numero degli apparecchi telefonici passò dagli iniziali 2 milioni agli attuali 400 milioni. Parallelamente, la portata della trasmissione di buona qualità si accrebbe fino alle massime distanze mondiali. L'accrescimento dei traffici fu accompagnato dalla posa di mezzi trasmissivi economici, di potenzialità, capillarità e livello evolutivo oltremodo superiori a quelli impiegati per il traffico telegrafico. Si giunse quindi al momento in cui convenne riferirsi, per il servizio telegrafico, agli impianti e, particolarmente, ai mezzi trasmissivi della telefonia. Tale tendenza è tutt'oggi in atto, e sembra anzi accentuarsi e allargarsi ad altri servizi che vengono attratti dalla grande rete di telecomunicazione telefonica. Per tali motivi è apparso consigliabile - nella stesura di questo testo che deve trattare dell'insieme di tutti i servizi bidirezionali di telecomunicazioni - considerare dapprima il processo evolutivo che si è verificato per le tecniche telefoniche: dovrebbe cosi risultare più agevole considerare in seguito, una volta delineate le grandi linee del disegno, l'evoluzione delle tecniche particolarmente dedicate alla telegrafia e, più in generale, agli altri servizi.
Per quanto riguarda poi l'andamento con cui i progressi tecnologici e tecnici si sono susseguiti nel corso del secolo, è sembrato decisamente opportuno distinguere l'attuale epoca dell'elettronica allo stato solido (cioè dei transistori), della cibernetica e della teoria dell'informazione dall'epoca precedente dominata dalle tecnologie elettromeccaniche e dalle valvole termoioniche. Come confine tra le due epoche è stato convenzionalmente scelto il 1950: per tale motivo, gli sviluppi che vengono considerati nel presente capitolo sono limitati a quelli verificatisi entro la prima metà del secolo.
a) Ingegneria del sistema telefonico.
Dalle origini a oggi l'ingegneria fondamentale del sistema telefonico non è mutata. Infatti, tanto negli impianti di tipo primitivo quanto in quelli dei giorni nostri, gli elementi costitutivi della rete e le rispettive funzioni sono rimasti i medesimi, e sono: a) gli apparecchi telefonici, per convertire l'energia meccanica della voce in segnali elettrici, e viceversa; b) le linee di utente, per trasportare tali segnali fra l'apparecchio e la centrale; c) le centrali di commutazione (v. fig. 1), per connettere a ogni comunicazione la linea chiamante con quella chiamata; d) le linee di giunzione, per interconnettere fra loro le centrali. La filosofia di base del sistema si è articolata, fin dall'inizio, nei seguenti punti.
1. Impiego di centrali di commutazione. Il preciso scopo delle centrali è quello di connettere elettricamente, per la durata di ogni comunicazione, la linea dell'utente chiamante con quella dell'utente chiamato (commutazione di circuito). Conseguentemente, per ogni comunicazione risulta necessario che un'informazione di selezione venga inviata dal chiamante alla propria centrale, per indicare di volta in volta la linea che deve essere chiamata. Se tale linea è allacciata a un'altra centrale, l'informazione di selezione dev'essere trasmessa sul collegamento dalla centrale di origine a quella di destinazione. Risolvere problemi di commutazione implica quindi non soltanto allestire e disporre contatti elettrici adeguati all'interconnessione di linee e di giunzioni, ma anche risolvere problemi relativi ai comandi di azionamento e di rilascio di tali contatti e alla segnalazione che determina i comandi stessi.
2. Concentrazione dei traffici. Ragioni tecnico-economiche, che tengono essenzialmente conto del basso traffico specifico caratteristico dei normali apparecchi telefonici (pochi minuti per ogni ora), consigliano generalmente di rendere disponibile agli utenti un numero di vie di comunicazione molto minore del numero degli utenti stessi. Perciò, oltre alla funzione di distribuzione del traffico (suo istradamento verso una certa centrale), la commutazione comprende anche una funzione di concentrazione del traffico nella centrale di origine e una funzione di riespansione nella centrale di destinazione (v. figg. 2 e 3).
3. Struttura ottimale della rete. Il numero delle centrali viene determinato sulla base dell'equilibrio tecnico-economico fra la convenienza di accorciare le linee d'utente e la convenienza opposta di concentrare i traffici a gruppi di utenti sufficientemente consistenti.
Nelle reti telefoniche all'inizio del secolo gli apparecchi in uso erano già alquanto perfezionati rispetto a quello del brevetto originale di Bell, sia per l'impiego di microfoni a carbone, sia per l'aggiunta di dispositivi di chiamata in partenza e in arrivo (manovella e soneria). Le linee fra utente e centrale erano normalmente costituite da due fili aerei di bronzo, oppure da uno solo con ritorno a terra. Le centrali erano manuali, cioè costituite da tavoli di commutazione serviti da operatrici (v. fig. 4). Ciascun tavolo era munito: di terminazioni singole d'utente (indicatori di chiamata, boccole d'accesso alle linee); di organi di commutazione (cordoni flessibili muniti di spine e di contatti di sezionamento); di circuiti d'operatrice (cuffia, inviatore di chiamata). La funzione di commutazione era svolta dai cordoni, quella di comando dalle operatrici, quella di segnalazione dalle correnti di chiamata in linea e dai colloqui delle operatrici con gli utenti e fra loro. Il numero dei cordoni per posto di lavoro (una decina) era determinato dalla capacità dell'operatrice di servire un massimo di una decina di comunicazioni contemporanee (ciò corrisponde alla concentrazione del traffico di una cinquantina di utenti). Per reti di potenzialità superiore il numero dei posti di lavoro era corrispondentemente maggiore.
Le giunzioni fra una centrale e l'altra, dimensionate in base agli interessi di traffico, erano costituite da conduttori aerei, generalmente su palificazioni. Il diametro dei fili era diverso a seconda della lunghezza dei collegamenti, per limitarne l'attenuazione; erano cosi superabili distanze anche di un migliaio di chilometri. Elevati costi, sia come impianto sia come esercizio, determinavano però la necessità di code di attesa delle comunicazioni per poter sfruttare pienamente le linee, e tariffe elevate, per cui nella pratica la grande maggioranza delle comunicazioni rimaneva contenuta nel raggio delle distanze brevi.
La situazione della telefonia all'inizio del secolo può, quindi, essere riassunta come segue: le linee d'utente erano singole e costose, sia come impianto sia come esercizio; le centrali di commutazione si basavano sul servizio manuale, avevano impianti semplici e poco costosi; molto costoso, invece, era l'esercizio; i circuiti interurbani erano rari e di costo specifico elevato.
Nell'esaminare di qui in avanti l'evoluzione delle tecniche telefoniche dal 1900 al 1950 va messo in rilievo che, a fronte del mantenimento della filosofia ingegneristica di base, l'imponente espansione quantitativa del sistema ha determinato e accompagnato in tale periodo notevoli modifiche strutturali degli impianti. L'evoluzione si realizzò, per le linee d'utente, principalmente con l'adozione di cavi sotterranei e, per i circuiti interurbani, con l'adozione di cavi, di amplificatori e di apparecchiature sempre più sofisticate, aventi il duplice scopo di migliorare le caratteristiche trasmissive e di abbassare i costi specifici dei singoli circuiti.
Ma la più profonda mutazione evolutiva della natura stessa del servizio fu determinata dal processo di automatizzazione, dapprima in ambito urbano e successivamente in aree sempre più estese; ciò implicò la sostituzione delle centrali manuali con centrali automatiche sempre più complesse che, per i loro elevati costi d'impianto, costituiscono oggi una voce primaria nei costi di investimento degli enti gestori e nell'impegno di personale dei laboratori di sviluppo (non a caso, quindi, un'adeguata parte delle prossime pagine sarà dedicata al tema della commutazione).
b) Apparecchi telefonici e linee d'utente.
Fra il 1900 e il 1950 l'evoluzione degli impianti di utente si realizzò principalmente con l'adozione di apparecchi telefonici automatici e di linee sotterranee in cavo. Per gli apparecchi, un primo progresso venne ottenuto con il passaggio dal tipo BL (batteria locale) al tipo BC (batteria centrale) in cui l'alimentazione microfonica è fornita dalla centrale, risparmiando cosi il periodico e costoso ricambio delle pile a secco a domicilio dell'utente. Diventò così anche possibile rilevare in centrale, mediante semplici relè percorsi dalla corrente di alimentazione, gli stati di sgancio e di riaggancio degli apparecchi, realizzando un sistema di chiamata e di supervisione, cioè di colloquio utente-centrale = uomo-macchina, ben più semplice ed efficace di quello con generatore a manovella. Ma la più importante evoluzione di tale colloquio, correlata all'automatizzazione del servizio, fu costituita dall'introduzione del disco combinatore. Attraverso l'azionamento di tale ben noto dispositivo, vengono comunemente inviate in linea cifra per cifra tante brevi interruzioni della corrente di alimentazione quanto è il valore della cifra stessa: ad esempio per la cifra 8 vengono inviati 8 impulsi di apertura (la cifra 0 corrisponde però a 10 impulsi).
Per quanto riguarda le linee di utente, i fili aerei furono progressivamente sostituiti con cavi, generalmente interrati, che presentano vantaggi d'impiego per i minori ingombri e le migliori protezioni, e soprattutto sono più economici in seguito alla produzione automatica in fabbrica e alla ripartizione dei costi fissi fra un gran numero di circuiti componenti. Fra l'altro, la sostituzione si dimostrò utile anche per il mantenimento dei valori ambientali, particolarmente nelle zone dove i collegamenti si infittiscono, cioè in prossimità delle centrali. Normalmente, in un cavo telefonico i conduttori sono molto numerosi, di rame nudo e distanziati fra loro da striscioline di carta. L'isolamento è garantito dall'aria secca contenuta fra un conduttore e l'altro. L'interno del cavo è ermeticamente isolato dall'umidità esterna dalla guaina del cavo, che è in piombo. Con adeguate tecnologie si è riusciti a contenere la dimensione di un cavo di grande potenzialità da 2400 coppie (cioè 4800 conduttori del diametro di 0,4 mm ciascuno) entro il diametro di 80 mm, guaina compresa.
c) Tecniche di commutazione.
La conversione delle centrali di commutazione dal servizio manuale a quello automatico fu inizialmente motivata da una ricerca di riservatezza e di segreto, ma ne derivarono anche importanti miglioramenti di prestazioni, particolarmente in termini di maggiore velocità di formazione dei collegamenti. L'automatizzazione del servizio telefonico fu essenziale per lo sviluppo delle telecomunicazioni in generale e può essere riconosciuta soprattutto come una manifestazione di progresso, in quanto ha alleviato gli operatori da compiti banali e ripetitivi che possono più convenientemente essere eseguiti da macchine.
Commutazione a comando diretto. - Il primo sistema automatico venne sviluppato agli inizi del Novecento dall'americano A. B. Strowger, impiegando quel tipico selettore a 10 livelli in sollevamento e 10 uscite in rotazione, il cui concetto è ancor oggi alla base di numerosi impianti (v. fig. 5). Questo selettore può funzionare sotto l'azione diretta degli impulsi elettrici provenienti dal disco combinatore dell'utente chiamante. Alla prima cifra ricevuta la parte mobile viene sollevata in corrispondenza di uno fra i 10 possibili livelli e, alla seconda cifra, essa viene ruotata in corrispondenza di uno fra i 10 possibili passi di quel livello. Il selettore presenta quindi 100 passi in uscita, cioè dà la possibilità di raggiungere fino a 100 utenti corrispondenti con numerazione decadica a 2 cifre.
Le funzioni logiche e di memoria relative alla segnalazione e al comando, cioè alla formazione, tenuta e abbattimento dei collegamenti, sono svolte di norma, oltre che dai selettori stessi, da gruppi di relè elettromagnetici che li accompagnano (v. fig. 6). I relè funzionano su base binaria, essendo in grado di assumere ognuno due possibili stati: di azionamento o di rilascio. Con N elementi binari possono essere distinte, almeno in teoria, F = 2N differenti situazioni logiche o fasi di funzionamento.
Una centrale elementare è costituita da un solo stadio di selezione, quello dei selettori di linea o SL, e ha la potenzialità di 100 numeri. Per motivi di economia (concentrazione dei traffici), conviene che i selettori di linea non siano 100, ma 10; ognuno di essi viene associato rigidamente e simmetricamente a un altro selettore (come le due spine di un cordone). Quest'altro selettore ha la funzione di cercatore di chiamata, o CC, cioè di raggiungere automaticamente la linea chiamante appena il chiamante sgancia. L'insieme dei due selettori associati è chiamato ‛cordone'. È evidente l'analogia funzionale di tale centrale con un centralino manuale a 10 cordoni. Sotto l'aspetto della segnalazione, per esempio, l'annuncio ‟che numero desidera?" viene sostituito dal tono di centrale (•−•−) che è, appunto, un invito a ‛dire' il numero per mezzo del disco combinatore (v. fig. 7C).
Con i medesimi selettori possono essere inseriti anche altri stadi di selezione, con funzioni di distribuzione: I SG, cioè primi selettori di gruppo, II SG, ecc. Si possono cosi costituire centrali di potenzialità sempre maggiore. A ogni stadio che s'inserisce in più, aumenta di un'unità il numero delle cifre da formare e si decuplica la potenzialità P della centrale. Detto g il numero degli stadi di selezione di gruppo, si ha: P = 10g • 100. Infatti, ogni stadio di selezione di gruppo accede a 10 livelli, mentre lo stadio di selezione di linea accede a 100 utenti (v. fig. 7, D ed E).
Centrali a registro. - Vari perfezionamenti furono realizzati successivamente al sistema Strowger, sempre sulla base del funzionamento comandato direttamente dal disco d'utente verso i selettori man mano raggiunti. Altri sistemi, invece, furono sviluppati su basi diverse, con selettori svincolati dal sistema decadico, cioè con numeri L di livelli e u di uscite per selettore generalmente diversi da 10 e rispettivamente da 100, con formula generale: P = Lgu. In tali sistemi, il numero u delle uscite per selettore assunse di volta in volta valori ottimali diversi dipendenti dalle tecnologie impiegate e tendenti a minimizzare il costo complessivo della commutazione (v. fig. 8). Fra gli altri si ebbero sistemi (ancor oggi in esercizio) con selettori a 500 uscite divise in 25 livelli. In questi, per esempio, centrali con un solo stadio di selezione di gruppo hanno la potenzialità di 251 × 500 = 12.500 utenti. Con tali centrali non può più esistere un funzionamento ‛a comando diretto', ma diviene necessaria una funzione di traduzione fra la numerazione esterna (decadica) del disco combinatore e la numerazione interna (per esempio venticinquesimale) della centrale. Tale funzione viene di norma svolta da appositi circuiti chiamati ‛registri' (v. fig. 9).
In una centrale a registro (v. fig. 10), quando un utente sgancia per chiamare, la sua linea viene collegata non soltanto a un cordone (CC-I SG) ma anche a un registro. Il registro invia al chiamante il tono di centrale, riceve il numero formato, lo traduce, comanda il posizionamento dei selettori e, ancor prima che la comunicazione abbia inizio, si discollega da quel cordone ritornando a disposizione per altri cordoni e per altre chiamate. È evidente lo stretto parallelismo con i compiti dell'operatrice di una centrale manuale. Il principio adottato è quello di centralizzare le funzioni di logica e di memoria in appositi organi, che vengono fatti intervenire per il tempo strettamente indispensabile allo svolgimento delle loro funzioni. L'economicità del metodo risiede nella ripartizione del costo degli organi necessari per funzioni complesse fra una gran quantità di comuni organi di linea.
Centrali a marcatori. - La centralizzazione delle logiche e delle memorie ebbe ottime applicazioni particolarmente nei sistemi con multiselettori a coordinate. L'applicazione massiccia di tali sistemi ebbe inizio negli anni quaranta ed è ancora quella effettivamente in atto in numerosi paesi. Il pregio fondamentale risiede nell'abbandono dei selettori a movimenti macroscopici con contatti striscianti e nell'adozione, invece, di contatti non striscianti, come nei relè. Gli inconvenienti dello strisciamento consistevano nel mai realizzato compromesso fra le caratteristiche elettriche dei contatti, le carattenstiche di resistenza all'usura e i costi, e risultavano in definitiva nella necessità di un'onerosa manutenzione.
La ragione economica dei multiselettori a coordinate risiede nel compattamento di n selettori con u uscite ciascuno in un unico apparato, prevedendo non n × u magneti di azionamento (come in una soluzione a relè), ma solo n + u magneti, orizzontali e verticali, meccanicamente integrati e atti a individuare, di volta in volta, il punto di accoppiamento da azionare. La nuova tecnologia impose una nuova ricerca del valore ottimale del numero u di uscite per selettore, che può considerarsi compreso fra 20 e 60. La presenza di selettori così piccoli implica però che ciascuno stadio di selezione debba essere costituito da due o più sottostadi in cascata, da posizionare contemporaneamente (v. fig. 11). Ciò si ottiene attraverso l'impiego di un organo centralizzato, chiamato marcatore, le cui funzioni sono: a) connettersi all'entrata in fase di richiesta di formazione di un collegamento; b) ricevere dal registro a monte l'informazione numerica relativa al livello richiesto; c) individuare, fra le uscite che appartengono a tale livello e sono raggiungibili da quell'entrata, quelle libere; d) scegliere una di tali uscite e posizionare corrispondentemente i selettori dei diversi sottostadi; e) liberarsi, rendendosi disponibile per la formazione di altri collegamenti. È da notare come in queste centrali moderne, con registri e marcatori e altri organi centralizzati (v. fig. 12), le funzioni di comando della formazione dei collegamenti sono tutte svolte da organi concentrati. I selettori costituenti la rete di connessione appaiono come una grande massa passiva sotto i comandi di pochi organi intelligenti, ben diversamente che nei sistemi precedenti, in cui ogni selettore era dotato di una propria logica di comando. Alla rete di connessione rimangono ora soltanto poche e semplici funzioni logiche, relative al collegamento già formato (risposta, riaggancio, disconnessione).
Il fondamento economico dei marcatori, organi complessi e costosi formati da parecchie decine di relè, consiste nel poterne ripartire i costi fra un gran numero di entrate nello stadio. Infatti, in grandi linee, il numero delle entrate servibili è inversamente proporzionale al tempo per cui un marcatore rimane impegnato per ogni comunicazione. A sua volta, il tempo di impegno è costituito essenzialmente da tre addendi, e cioè il tempo di ricezione dei segnali numerici (provenienti dal registro), il tempo di esecuzione delle funzioni logiche e il tempo di posizionamento dei selettori. L'ingegneria del sistema a marcatori richiede che tutti e tre tali tempi siano per quanto possibile contenuti; ciò si ottiene rispettivamente adottando sistemi di segnalazione veloci (intorno ai 100 millisecondi per cifra al posto del secondo e più per cifra tipico dei codici impulsivi); costituendo i marcatori con elementi tecnologici a bassi tempi di azionamento; impiegando selettori veloci (poche decine di millisecondi per ogni posizionamento). Finché si rimase nel campo delle tecnologie elettromeccaniche, il limite raggiungibile fu quello di un marcatore ogni circa cento entrate. Un'accelerazione ulteriore dei tempi di funzionamento si rese praticamente possibile soltanto dopo il 1950, attraverso le tecnologie elettroniche.
d) Tecniche di trasmissione.
Contemporaneamente allo sviluppo delle tecniche di commutazione dai primitivi impianti manuali alle moderne centrali automatiche a marcatori, fra il 1900 e il 1950 si verificò una parallela, imponente evoluzione nel campo dei mezzi trasmissivi. Il sistema a fili aerei su palificazioni in uso all'inizio del secolo appariva limitativo in vari sensi: come portata, per motivi di attenuazione; come potenzialità, per motivi di ingombro e di interferenze (diafonie); come impiegabilità, non consentendo ad esempio il collegamento di isole; come costi, infine, tanto di impianto quanto di esercizio. Il superamento di tali limiti avvenne per passi successivi. In generale, tutta l'evoluzione del campo trasmissivo nel primo mezzo secolo si inquadra su due direttrici fondamentali parallele: 1) evoluzione in senso qualitativo, come ricerca di mezzi in grado di trasportare i segnali con il minimo di degradazione per attenuazioni e disturbi; 2) evoluzione in senso economico, come ricerca di abbassamento dei costi del singolo circuito. L'obiettivo perseguito e raggiunto fu quello di costituire una rete mondiale senza limitazioni, sia rispetto alle distanze copribili, sia rispetto all'ampliabilità, per servire qualsivoglia volume di traffico.
Cavi interurbani. - Il primo passo dovette consistere nella sostituzione dei fili aerei con cavi. Questi, però, presentano caratteristiche di attenuazione, di distorsione e di diafonia nettamente peggiori dei fili aerei, il che inizialmente limitò il loro uso alle sole brevi distanze, cioè ai collegamenti urbani. Un mezzo pratico per ridurre attenuazione e distorsione venne escogitato da Pupin nel 1900 e consiste nell'introdurre apposite bobine di induzione a intervalli fissi lungo il percorso (v. fig. 13). Parallelamente furono perfezionati metodi per ridurre le diafonie, sia attraverso la continua variazione delle posizioni reciproche dei conduttori lungo il cavo, sia attraverso un'estrema accuratezza di fabbricazione e di bilanciamento in opera dei circuiti, per rendere i conduttori il più possibile uniformi fra loro. Si ottennero così cavi interurbani di caratteristiche accettabili, che si diffusero largamente nella prima metà del secolo. La loro portata rimase però sempre limitata, per motivi di attenuazione, entro il raggio di 100 ÷ 150 chilometri.
Amplificazione. - Notevoli passi avanti furono fatti applicando alla telefonia i progressi già acquisiti dalla radiotecnica. Un aspetto particolarmente suggestivo, ma che non fu il principale, è legato all'applicazione diretta della radiodiffusione per comunicazioni transoceaniche ‛a viva voce'. Si aprirono negli anni venti i primi servizi telefonici pubblici via radio, sia fra Europa e America, sia con le principali isole, sia con le navi; ma la scarsità di canali di diffusione e l'elevato costo limitarono tali servizi a casi marginali, seppure importanti. Lo sviluppo principale venne invece indirettamente, con l'adozione in telefonia dei nuovi componenti tecnologici nati per la radio, e in particolare con il massiccio impiego di amplificatori a valvole termoioniche (triodi) su circuiti sia in filo sia soprattutto in cavo.
Un amplificatore telefonico ha essenzialmente la funzione di compensare, con l'immissione di nuova energia, l'attenuazione del tratto di linea che lo precede, o che lo segue. L'elemento classico di amplificazione, il triodo, è però unidirezionale, mentre una linea telefonica è bidirezionale: occorre, perciò, inserire due triodi in parallelo per amplificarla in ambedue i versi. Conseguentemente, si dovette superare il problema di far sì che l'energia proveniente da un lato della linea e amplificata da uno dei due triodi venisse diretta verso l'altro lato della linea (e non tornasse indietro verso l'ingresso dell'altro triodo), e viceversa. L'apposito circuito che soddisfa a questi requisiti è chiamato ‛traslatore differenziale' e viene inserito simmetricamente ad ambedue i lati dell'amplificatore. L'amplificatore viene anche provvisto di filtri adeguati, atti a neutralizzare pure la distorsione armonica introdotta dalla tratta di linea. In tal modo, almeno in prima approssimazione, dopo il passaggio attraverso l'amplificatore è come se la ‛storia' del segnale sulla linea precedente fosse cancellata. Però amplificatori di questo tipo possono essere disposti in cascata lungo una linea a 2 fili in numero illimitato soltanto in teoria. Per ragioni pratiche occorre fare uso, oltre una certa distanza, di linee a quattro fili, in cui il numero degli amplificatori (unidirezionali) può essere realmente molto grande, consentendo così di affrontare un gran numero di tratti di linea successivi, su distanze continentali. Una limitazione alle distanze maggiori fu costituita dal fenomeno dell'eco, dipendente dal tempo di propagazione; essa venne superata con l'impiego di appositi soppressori d'eco. Peraltro, rimasero ancora irrealizzati fino alla seconda metà del secolo i collegamenti sottomarini a lunga distanza.
Alte frequenze. - Il terzo passo evolutivo delle tecniche di trasmissione, che risultò fondamentale sia sotto l'aspetto qualitativo sia sotto quello economico è rappresentato dalla telefonia multipla in alta frequenza. Con questo sistema viene utilizzata pienamente la capacità trasmissiva delle linee aeree e dei cavi, suddividendo il campo delle frequenze trasmissibili in numerose bande della larghezza di 4 kHz, corrispondenti ad altrettanti canali telefonici traslati in frequenza mediante modulazione (v. fig. 14).
Sotto l'aspetto economico i costi della linea, degli amplificatori, ecc., anziché pesare su un solo circuito, possono essere ripartiti fra numerosi circuiti, il cui costo specifico diminuisce. Poiché le apparecchiature terminali presentano costi certo non indifferenti, la telefonia in alta frequenza risulta vantaggiosa soltanto al di là di certi valori di costo della linea, cioè oltre certe distanze (per es. 15 km). Per la medesima ragione, per distanze maggiori è particolarmente conveniente introdurre un gran numero di canali nella stessa linea, nella misura in cui il mezzo lo consente.
Per le linee aeree si ha un limite invalicabile intorno a 150 kHz. Oltre tale valore la linea tende a comportarsi come un'antenna e presenta sia un forte aumento dell'attenuazione, sia la perdita della segretezza. Perciò non è superabile il massimo di 12 canali multiplati, con un impegno di banda di 12 × 4 = 48 kHz per ciascun verso di trasmissione. Per i cavi normali (non pupinizzati, poiché la pupinizzazione ha l'effetto di un filtro passa-basso che taglia le alte frequenze) non esiste un limite di frequenza invalicabile. D'altra parte, però, al crescere della frequenza crescono sia l'attenuazione, ossia il numero degli amplificatori intermedi necessari, sia la diafonia tra i conduttori, ossia l'interferenza tra i canali. Con le tecnologie disponibili prima del 1950 l'optimum tecnico-economico era di circa 12 canali, come per le linee aeree. Questi limiti furono poi largamente superati e la telefonia multipla in alta frequenza fu quindi ben più pienamente applicata, con l'impiego di due nuovi e potenti mezzi portanti: i cavi coassiali e i ponti radio a microonde; ma tali mezzi, sebbene inventati nella prima metà del secolo, iniziarono a diffondersi largamente appena intorno al 1950.
e) Tecniche per il servizio telegrafico.
Per quanto riguarda gli sviluppi evolutivi della telegrafia nella prima metà del Novecento, giova rammentare che il segnale telegrafico, contrariamente a quello telefonico, è per sua natura numerico. Più in particolare, esso è binano, cioè rappresentabile con cifre zero e uno; infatti, gli stati elettrici che la linea può presentare a un certo istante sono soltanto due: ‛non segnale' oppure ‛segnale' (v. fig. 15). Di conseguenza, non ci furono per la trasmissione telegrafica primitiva vincoli stringenti come per la trasmissione telefonica, nel senso di dover evitare ogni deformazione del segnale e ogni disturbo: fu sufficiente, invece, anche su linee di cattiva qualità, riconoscere a opportune distanze il segnale e rigenerarlo, reintegrandolo con ciò pienamente. Fu quindi possibile l'impiego, per la telegrafia, di una rete di caratteristiche ben più modeste rispetto a quella telefonica. I segnali telegrafici poterono essere trasmessi soddisfacentemente alle massime distanze attraverso semplici linee aeree unifilari. Distanze notevoli poterono essere coperte anche con cavi, seppure con qualche difficoltà legata alla distorsione degli impulsi nel tempo. Già nel 1858 fu possibile la posa del primo cavo telegrafico attraverso l'Atlantico, mentre si rese necessario attendere un secolo, fino al 1956, prima di poter risolvere i corrispondenti ma ben più gravosi problemi dei cavi telefonici transoceanici.
Anche nel campo delle comunicazioni via radio, le prime applicazioni all'inizio di questo secolo, basate sulle esperienze di Marconi e di altri (Hertz, Popov), furono orientate verso la telegrafia, con apparecchi di grande semplicità. È dell'anno 1900 l'installazione su un piroscafo del primo impianto civile di quella telegrafia senza fili che tanta importanza ebbe soprattutto nelle comunicazioni attraverso il mare. Fra l'altro, si completò così per la prima volta la copertura del globo con una rete di telecomunicazione. La scarsa potenzialità della rete mantenne però costantemente elevati i costi specifici di impianto e di esercizio dei suoi singoli circuiti.
A fronte di tale situazione della telegrafia, relativamente statica come consistenza e poco stimolante per ulteriori evoluzioni, intervenne nel corso di questo secolo l'imponente espansione della telefonia, con tecniche raffinate e utenze e circuiti più numerosi di vari ordini di grandezza. La presenza di mezzi trasmissivi telefonici sempre più capillari e potenti rese così conveniente che il telegrafo rinunciasse in gran parte dei casi a una propria rete separata e si appoggiasse alla rete telefonica. Conseguentemente, la linea di un apparecchio telegrafico è oggi frequentemente costituita da un doppino di tipo telefonico e i circuiti telegrafici sono ricavati da circuiti di tipo telefonico.
Tenuto presente che gli impulsi telegrafici usuali hanno la durata di 20 millisecondi o più, essi possono venir trasmessi correttamente attraverso la modulazione (in ampiezza oppure in frequenza) di una portante, impegnando una banda di appena 120 Hz. Un sistema in uso pev linee di utente è quello di impegnare per un canale telegrafico la banda compresa tra 1440 e 1560 Hz, che viene sottratta alla telefonia senza però provocarne un apprezzabile peggioramento di qualità. Più frequentemente un circuito telefonico viene interamente dedicato alla telegrafia. Questo procedimento cosiddetto della telegrafia armonica è simile, sia come principio, sia come fondamento economico, a quello della telefonia multipla in alta frequenza e consente di allocare in un circuito telefonico 24 canali telegrafici. La banda di tali canali equivale alla banda utile di un canale telefonico (360 ÷ 3240 Hz) e, una volta immessa nel sistema trasmissivo telefonico, ne segue le vicende: modulazioni, multiplazioni, amplificazioni in bassa e in alta frequenza, ecc., fino alla restituzione all'estremità lontana dove sono collocate le apparecchiature di telegrafia armonica corrispondenti.
Oltre alla telegrafia senza fili e alla telegrafia armonica, altri due passi evolutivi furono fatti nella prima metà di questo secolo: l'impiego della telescrivente e l'automatizzazione del servizio telegrafico.
La telescrivente presenta, rispetto ai precedenti sistemi, il vantaggio di una tastiera del tipo macchina per scrivere: non occorrendo né la conoscenza del codice né l'adattamento a un dato ritmo da parte dell'operatore, questi può essere un normale dattilografo. Tutte le macchine telescriventi impiegano in trasmissione e in ricezione un unico codice. Esso è l'alfabeto telegrafico internazionale n. 2, in cui ciascun carattere (lettera o cifra) viene trasmesso con un segnale costituito da 7 elementi. Di questi, il primo e il settimo hanno funzioni rispettivamente di avviamento e di arresto e gli altri 5 sono variabili e consentono quindi 25 = 32 combinazioni (di cui due servono al passaggio a lettere e al passaggio a cifre). Sotto l'aspetto della velocità, poiché i primi 6 elementi di ciascun segnale hanno la durata di 20 millisecondi e il settimo è di 30 millisecondi, la durata di ciascun segnale è di 150 millisecondi. Le telescriventi sono, perciò, in grado di funzionare anche al ritmo di un buon dattilografo, che è di 5-6 battute al secondo. Inoltre, la stampa dei caratteri avviene su foglio, analogamente alle normali pagine dattiloscritte.
L'introduzione delle telescriventi, e fondamentalmente l'adozione per esse di un codice normalizzato, costituirono la condizione fondamentale per l'automatizzazione del servizio. Va tenuto presente che, per la telegrafia, commutazione manuale non significava interconnessione tra due circuiti, ma ricezione dell'intero testo e successiva ritrasmissione verso la destinazione. Ne conseguivano a ogni transito notevoli ritardi, oneri di personale ed errori, che vengono tutti convenientemente evitati con l'automatizzazione. Il servizio automatico si realizza impiegando centrali di tecniche simili a (anzi generalmente derivate da) quelle della commutazione telefonica. Anche la struttura delle due reti diviene simile, fatte salve le inevitabili diversità e principalmente quella dimensionale. La segnalazione è differente, sia perché sono differenti i significati dei segnali che interessano, sia perché nella rete telegrafica è possibile e conveniente impiegare per la segnalazione il medesimo alfabeto normalizzato impiegato per la comunicazione.
L'automatizzazione della rete ha consentito anche di realizzare un nuovo servizio: il telex. In esso la telescrivente è installata non presso il gestore del servizio ma presso l'utente (generalmente un ente o una ditta) che provvede con proprio personale all'invio dei messaggi. Nonostante i numerosi vantaggi, l'elevato costo di impianto e di esercizio delle apparecchiature singole d'utente (telescrivente, linea, terminazione in centrale) limita l'impiego del telex a utenti con traffico sufficientemente elevato. In confronto con l'utenza telefonica il rapporto è, nel mondo, di qualche per mille.
3. L'evoluzione in atto.
La metà del XX secolo è segnata da due eventi fondamentali: 1) l'enunciazione della moderna ‛teoria dell'informazione', avvenuta nel 1948-1949 a opera di N. Wiener e C. E. Shannon; 2) l'invenzione del transistore, avvenuta nel 1947 nei laboratori Bell degli Stati Uniti. Sotto l'aspetto scientifico il Wiener, rivolgendo la propria attenzione ai controlli automatici, dava inizio alla ‛cibernetica', la cui importanza nel campo dei calcolatori è universalmente nota. Meno divulgate, ma più particolarmente importanti per le telecomunicazioni furono, però, le opere di Shannon che, esprimendo in termini probabilistici le definizioni di segnale e di rumore interferente sui canali di comunicazione, diedero una sistemazione scientifica al concetto intuitivo di trasmissione dell'informazione (v. fig. 16). La nuova teoria impresse una svolta decisiva all'evoluzione delle telecomunicazioni e costituisce tuttora riferimento e strumento nello svilupo della tecnica (v. informazione: Trattamento e trasmissione dell'informazione). Per converso, sotto l'aspetto industriale, né le teorie di Shannon né quelle di Wiener avrebbero potuto trovare quell'applicazione che hanno avuto, senza l'invenzione del transistore. Come in altri campi, anche in quello delle telecomunicazioni l'interattività fra la ricerca scientifica e lo sviluppo industriale provocò un duplice effetto. Da un lato furono poste le premesse per l'evoluzione di quella tecnologia che va sotto la definizione generale di ‛elettronica allo stato solido', con i suoi formidabili vantaggi soprattutto in termini di sicurezza di funzionamento, di costo e di compattezza di componenti e di circuiti (v. fig. 17). D'altro lato, da un processo che ancor oggi continua, scaturirono nuove e sempre più avanzate e convenienti generazioni di apparecchiature di trasmissione, di commutazione, di trattamento della segnalazione e di comando. Tenuto conto di ciò, è sembrato opportuno considerare in questo capitolo l'evoluzione svoltasi tra il 1950 e il 1975, e dedicare i successivi capitoli 4 e 5 alle sue proiezioni per l'ultimo quarto di secolo, ancora in corso.
a) Tecniche di trasmissione.
L'avvento dei componenti elettronici allo stato solido ha reso anzitutto possibili notevoli miglioramenti tecnici nei sistemi trasmissivi preesistenti, che oggi si dicono analogici. In tale ambito vennero sviluppate apparecchiature transistorizzate sostitutive di tutte le apparecchiature a valvole. Ma è soprattutto da rilevare che il transistore ha costituito l'elemento nuovo e indispensabile per una profonda modifica che è tuttora in atto, secondo indirizzi non analogici ma numerici, e che riguarda l'intera impostazione sistemistica delle reti di telecomunicazioni.
Evoluzione dei sistemi analogici. - Come appena accennato, il passaggio dalla tecnologia a tubi termoionici a quella a transistori ha permesso di realizzare apparecchiature trasmissive più affidabili, più compatte e aventi una dissipazione termica limitata. Per dare un'idea della misura di tale fatto, valga un solo esempio, nel campo delle apparecchiature per telefonia multipla in alta frequenza nel volume di un telaio standard di 600 × 2600 × 225 mm è possibile allocare, con la tecnologia a tubi, un sistema di 12 canali telefonici multiplati, e 25 di tali sistemi con la tecnologia allo stato solido, per un totale di 300 canali, lasciando sostanzialmente immutato il consumo complessivo del telaio stesso. Gli stessi progressi si sono fatti sentire non solo per il servizio telefonico ma anche per il servizio telegrafico, e ciò sia direttamente, per l'ammodernamento delle apparecchiature di telegrafia armonica, sia indirettamente, come conseguenza dell'evoluzione della rete telefonica usata come supporto.
Per quanto riguarda i mezzi portanti della trasmissione in generale, si è già detto che a dar vita alla vasta diffusione della telefonia sulle lunghe distanze a partire dagli anni cinquanta furono i cavi coassiali e i ponti radio a microonde. Essi costituiscono oggi le dorsali a lunga distanza delle grandi reti nazionali e continentali. Si può anzi ben dire che la buona qualità trasmissiva, assieme al costo relativamente basso dei sistemi in alta frequenza su tali portanti, costituirono la condizione determinante per la successiva piena automatizzazione del servizio telefonico, cioè per lo sviluppo della teleselezione da utente su scala nazionale, internazionale e intercontinentale. Ambedue i mezzi ebbero già impieghi tecnicamente validi in associazione con apparecchiature a tubi termoionici. Per il cavo coassiale ebbe, per esempio, larga diffusione il sistema con conduttori di diametro interno/esterno di 2,6/9,5 mm e con amplificatori a larga banda eseguiti con tecnologia a tubi termoionici e distanziati con passo di amplificazione di 10 km. In una coppia di coassiali di questo tipo (un cavo per verso) possono essere allocati fino a 960 canali telefonici (cioè di banda 4 kHz) poiché la larghezza di banda complessiva del sistema è di circa 4 milioni di hertz (~ 4 MHz). L'impiego di apparecchiature transistorizzate e in particolare l'adozione di più numerosi amplificatori a larga banda intermedi, di minore consumo e telealimentati, consentono oggi di trasmettere con il medesimo portante una banda complessiva alquanto più larga. Sono infatti attualmente in servizio sistemi con passo di amplificazione di 4,5 km e 2700 canali e sistemi con passo di 1,5 km e 10.800 canali.
Per quanto attiene ai ponti radio, è noto che essi funzionano a frequenze altissime (VHF, UHF e SHF), che presentano proprietà di propagazione prossime a quelle della luce e possono essere concentrate da appositi proiettori (paraboloidi) in angoli solidi molto sottili, minimizzando l'attenuazione e la dispersione Anche per questi mezzi si è avuto il progressivo passaggio alla moderna tecnologia dello stato solido, che, negli impianti più recenti, ha potuto essere adottata anche per l'ultimo stadio di potenza degli amplificatori, ottenendo vantaggi sotto i profili dell'affidabilità, degli ingombri e dei consumi, oltre che del rapporto segnale/rumore. Anche sotto l'aspetto della potenzialità i ponti radio a microonde continuano a offrire un'efficiente alternativa ai cavi coassiali. Per esempio, la gamma intorno a 7 GHz può essere canalizzata fra 6,44 e 7,10 GHz in 16 fasci herziani contigui facilmente separabili, ognuno dei quali in grado di allocare una banda di 12 MHz, corrispondente a 2700 canali.
In definitiva, attraverso cavi coassiali e ponti radio, in concomitanza con l'impiego di apparecchiature transistorizzate, si è potuto ottenere un imponente aumento della capacità (in circuiti) dei singoli mezzi portanti, seguendo quella motivazione tecnico-economica che spinge a frazionare i costi delle linee fra il maggior numero di canali. Ultenori aumenti di capacità dei portanti analogici non sono da escludere per il futuro, ma sembrano improbabili, anche perché al sempre più esasperato frazionamento dei mezzi corrispondono altrettanto esasperate prescrizioni in termini di filtraggio, di equalizzazione, di regolazione. La necessità di base di questi sistemi è infatti quella di evitare lungo ogni tratta l'introduzione di deformazioni del segnale e di disturbi, che nelle tratte successive risulterebbero non distinguibili dal segnale stesso.
Parallelamente, sotto il profilo tecnologico, è da rilevare un'ulteriore evoluzione in atto, tendente a demandare a un unico componente (circuito integrato) funzioni sempre più complesse. Particolarmente interessante è la tecnologia dei circuiti ibridi, che consiste nel realizzare gli elementi passivi del circuito mediante deposito di materiale conduttore su una base ceramica, e nel collocare poi direttamente su questa base i semiconduttori costituenti gli elementi attivi; gli elementi passivi possono essere unicamente resistenze e capacità, con l'esclusione delle induttanze (v. fig. 18). Ma è pure da rilevare che le prospettive di tale evoluzione appaiono limitate infatti, finché l'impiego è riferito alla trasmissione in forma analogica, non è possibile sfruttare a pieno i bassi tempi di funzionamento propri dei circuiti integrati utilizzando lo stesso componente per più operazioni in parallelo. Sarà chiarito più avanti che le limitazioni indicate, relative sia agli aumenti di capacità dei portanti sia allo sfruttamento dei vantaggi potenziali dei componenti integrati, risultano invece superabili con l'adozione di tecniche numeriche anziché analogiche.
Sistemi analogici intercontinentali. - Quello dei sistemi trasmissivi intercontinentali è un ramo della telefonia analogica che merita di essere considerato a parte, sia perché fino a questa seconda metà del secolo il servizio telefonico intercontinentale è rimasto praticamente inconsistente (salvo l'eccezione di pochi canali via etere, con scarse possibilità di estensione), sia perché i costi molto alti dei portanti intercontinentali, una volta realizzati, hanno reso necessaria l'adozione di particolari e raffinate soluzioni tecniche.
Il primo cavo telefonico intercontinentale (TAT-1), della capacità di 36 canali, venne posato fra la Scozia e Terranova e aperto al servizio nel 1956. Esso impiegava amplificatori sommersi realizzati con una sofisticata tecnologia a tubi termoionici, che era stata in quel tempo preferita a quella a transistori, la cui affidabilità era ritenuta ancora insufficientemente sperimentata. In questi ultimi tempi i progressi sono stati molto rapidi, sia dal punto di vista tecnologico (adozione di componenti allo stato solido) sia dal punto di vista della capacità. Nel 1960 venne introdotto sul primo cavo TAT-1 il sistema TASI (interpolazione della fonia ad assegnazione temporale), che permette di raddoppiare sostanzialmente la capacità del mezzo, sfruttando le pause della normale conversazione (v. fig. 19). Il più recente cavo transatlantico (TAT-5), entrato in servizio nel 1970, ha la capacità di 845 canali e il successivo porterà 1840 canali (un cavo di tal genere, MAT-1, è entrato in servizio nel 1974 tra Italia e Spagna).
Parallelamente alla posa di nuovi cavi transoceanici, l'estensione del servizio telefonico intercontinentale si realizza anche col lancio di satelliti per telecomunicazioni. I primi esperimenti ebbero inizio nel 1960 con il satellite Echo I, di tipo passivo e su orbita ellittica. A esso seguirono nel 1962-1963 i satelliti Telstar e Relay, di tipo attivo, ossia forniti di veri e propri impianti ricetrasmettitori, antenne e stazioni di energia; anche questi operavano su orbita ellittica e rimanevano quindi solo a tratti nella zona di visibilità comune alle due stazioni terrestri. Una successiva evoluzione avvenne con i satelliti ‛geostazionari' del tipo Syncom che, percorrendo un'orbita circolare sul piano equatoriale a un'altezza di circa 36.000 km, hanno un periodo di rivoluzione esattamente di 24 ore e appaiono quindi fissi rispetto alla Terra. Sono sufficienti 3 satelliti di questo tipo per coprire una fascia comprendente tutte le zone abitate del globo. La fase sperimentale terminò nel 1965, con il lancio del satellite Early Bird, che assunse successivamente il nome di INTELSAT I. A questo sono seguite successive generazioni di satelliti INTELSAT che, collocati sopra gli oceani Atlantico, Indiano e Pacifico, hanno permesso, insieme ai cavi transoceanici, di adeguarsi al rapido sviluppo del traffico. La capacità dei satelliti più recenti (INTELSAT IV) è compresa fra 6000 e 9000 canali telefonici per satellite. Sull'INTELSAT IV sono installate antenne di due tipi quelle a copertura ‛globale', che hanno un'apertura di 17°, tale da coprire tutta l'area visibile della Terra, e quelle direttive dette ‛con fascio a macchia', che hanno un'apertura di 4,5° e sono regolate in modo da essere puntate verso aree limitate a intensità di traffico elevata (per es. Europa occidentale e Nordamerica). È normalmente impiegato il sistema ‛multidestinazione', secondo il quale ciascuna stazione terrestre trasmette di norma una sola portante, su cui sono allocati i canali destinati a tutti i corrispondenti; in ricezione tutte le stazioni ricevono tutte le portanti ed estraggono i canali che interessano.
L'orientamento attuale prevede, soprattutto per ragioni di sicurezza, che il traffico fra satelliti e cavi transoceanici sia equamente ripartito.
Sistemi numerici. - Nel 1938 venne enunciato da A. H. Reeves un metodo completamente nuovo di trasmettere i segnali telefonici, che prese il nome di modulazione a impulsi codificati (o PCM, dalle iniziali di Pulse Code Modulation). Esso consiste essenzialmente nel trasmettere in linea il segnale, anziché sotto forma analogica, sotto forma di sequenza di numeri esprimenti i valori man mano assunti dal segnale stesso agli istanti t1 , t2 , t3, ecc. I numeri sono trasmessi di norma in codice binario, per esempio sotto forma di assenza o presenza di segnale (v. figg. 20 e 21). Nel punto in cui si effettua la conversione del segnale in forma numerica viene introdotta sistematicamente una degradazione del segnale stesso. Per contro, a partire da quel punto si può fare in modo, come già si disse per i segnali telegrafici, che le cifre binarie inviate in linea vengano ricevute all'estremità d'arrivo in forma corretta, grazie all'impiego di un numero sufficientemente elevato di rigeneratori intermedi, in altri termini, vi è la quasi completa immunità nei confronti dei rumori di linea. Appaiono così superabili, a vantaggio della qualità del servizio, gli stringenti vincoli impliciti nella trasmissione analogica e legati al fatto che, in questa, ogni tratto di linea contribuisce con la sua quota di rumore, che non può più essere separata dal segnale.
Per contenere la degradazione sistematica introdotta nel punto di numerizzazione vengono adottati due provvedimenti 1) il campionamento viene effettuato con adeguata frequenza. Si dimostra che la degradazione causata si annulla se la frequenza di campionamento è eguale al doppio della massima frequenza del segnale (per un segnale telefonico la cui frequenza massima è di 4 kHz ciò corrisponde a un prelievo di campioni 8000 volte al secondo, ossia con periodo di 125 μs); 2) si impiega una scala di quantizzazione con un numero N di possibili valori elevato quanto basta a ridurre a valori accettabili il ‛rumore di quantizzazione'. Per un segnale telefonico, tale rumore è reso inavvertibile per qualunque condizione di rete quando N = 256, cioè quando per la codifica sono disponibili 8 elementi binari, ossia 8 bit. In tal modo, la trasmissione del segnale fonico viene a corrispondere alla trasmissione di 8 bit (un ottetto) a ogni periodo di 125 microsecondi, cioè alla frequenza di cifra di 64.000 bit al secondo (64 kbit/s). Ragioni tecniche (capacità del più comune portante telefonico, la coppia di conduttori in cavo, di trasmettere frequenze di cifra alquanto superiori) e ragioni economiche (necessità di frazionare fra molti canali il costo dei codificatori) fanno sì che la telefonia numerica sia sempre multipla (v. fig. 22). Il raggruppamento di base (primario) comprende 30 canali utili più due di servizio e la sua frequenza di cifra in linea è quindi di circa 2 milioni di bit al secondo (~ 2 Mbit/s).
Sebbene la trasmissione numerica fosse stata ideata, come si disse, negli anni trenta, fu però necessario attendere fino all'invenzione del transistore perché i suoi principî teorici potessero trovare applicazioni pratiche sotto forma di apparecchiature di buona affidabilità, di consumo e spazio contenuti e di costo competitivo (v. fig. 23). I primi sistemi PCM entrarono, quindi, in servizio solo all'inizio degli anni sessanta; ebbe inizio così una graduale penetrazione di mezzi numerici nella rete che, superando le difficoltà iniziali dovute alla conversione delle tecniche, è pienamente in atto nel momento attuale.
Sono state frattanto sviluppate anche apparecchiature di multiplazione di ordine superiore al primo: per esempio quelle di secondo ordine raggruppano quattro sistemi primari a 2 Mbit/s, trasmettendo quindi su un unico portante 120 canali utili alla frequenza di cifra di circa 8 Mbit/s. Tali multiplatori sono totalmente di tipo numerico, cioè trattano il segnale esclusivamente nella forma già codificata. In effetti, i sistemi numerici appaiono alquanto favoriti dalla possibilità di sfruttare completamente l'elevata velocità di funzionamento dei componenti elettronici, utilizzando lo stesso componente a divisione di tempo per più operazioni in parallelo: per esempio, nel codificatore, un unico circuito è sufficiente per effettuare ciclicamente, in successione temporale, la quantizzazione e la codifica relative a tutti i 30 ingressi. Anche operazioni fin qui tradizionalmente analogiche, come funzioni di filtraggio per il riconoscimento della presenza di una frequenza, possono essere effettuate da un unico organo numerico, a divisione di tempo, direttamente su segnali PCM. Anche in prospettiva, l'evoluzione dei sistemi numerici e quella tecnologica appaiono procedere di pari passo: da un lato si prevede che la tecnologia metta a disposizione componenti integrati numerici (cioè a due stati) di velocità sempre maggiori; dall'altro, i sistemi numerici tendono ad avere capacità sempre maggiori e di conseguenza sempre più elevate frequenze di cifra.
b) Tecniche di commutazione.
Nel campo della commutazione, la penetrazione della tecnologia elettronica è stata e rimane tuttora molto più lenta che nel campo trasmissivo, e ciò principalmente per due motivi. In primo luogo, per quanto riguarda le funzioni di connessione, mentre i tradizionali contatti metallici di tipo relè presentano delle ottime caratteristiche elettriche (ossia, sostanzialmente, rapporti elevati fra l'impedenza del contatto aperto e quella del contatto chiuso), la tecnologia a semiconduttori presenta invece ancor oggi notevoli difficoltà nella realizzazione di punti di incrocio di caratteristiche corrispondenti. Ciò ne impedisce le applicazioni pratiche, per ragioni di mutuo disturbo fra comunicazioni contemporanee nell'ambito di grandi matrici di connessione, se non per usi molto limitati (centralini privati, o militari, e così via). In secondo luogo, per quanto riguarda le funzioni di comando, nonostante la particolare attitudine dei semiconduttori a essere impiegati nelle tecniche numeriche e quindi nelle logiche, l'avvento dei componenti elettronici ha trovato davanti a sé problemi considerevolmente più complessi che nel campo della trasmissione. Nella trasmissione, infatti, le apparecchiature costituenti un sistema sono localizzate in punti diversi e ben definiti della rete, e per ognuna di esse risulta relativamente agevole individuare le caratteristiche esterne da prescrivere per un corretto funzionamento dell'intero sistema. Inoltre, ogni apparecchiatura svolge singolarmente un numero di funzioni alquanto ridotto (basti pensare che un sistema PCM a 30 canali può essere contenuto entro un volume di 10 ÷ 15 dm3). Nel campo della commutazione, invece, considerando, per esempio, un autocommutatore a registri e marcatori da 10.000 utenti, esso risulta costituito come un tutto unico, che occupa un locale di oltre un centinaio di metri quadrati; sebbene in esso siano distinguibili le apparecchiature elementari, ciascuna di esse è di norma strettamente interagente elettricamente e funzionalmente con numerose altre apparecchiature dell'autocommutatore stesso. In alcuni casi, la sostituzione di blocchi funzionali elettromeccanici con apparecchiature di tipo elettronico è apparsa economicamente proponibile ed è stata effettivamente eseguita, ma tali casi sono risultati rari, limitati e in genere di scarso vantaggio. La ripartizione ottimale dei compiti propri di un autocommutatore fra diversi blocchi funzionali componenti è in realtà fortemente influenzata dalle tecnologie impiegate. Risulta quindi di norma improponibile la mera sostituzione di un organo elettromeccanico con un organo corrispondente elettronico: occorre invece sviluppare una nuova e diversa architettura dell'intero sistema di commutazione, impostata sulla base della nuova tecnologia.
Per quanto riguarda le logiche di comando degli autocommutatori telefonici, sostanziali vantaggi derivano dai progressi già acquisiti nel campo degli elaboratori. Infatti, considerando globalmente i diversi settori dell'industria elettronica, appare evidente che l'avvento dei semiconduttori per funzioni logiche ha trovato uno sbocco ben più immediato nel campo degli elaboratori. Basti pensare che il progetto del primo elaboratore a transistori fu compiuto nel 1958 e che già nel 1961 il numero degli elaboratori a transistori (cioè della seconda generazione) in funzione era superiore a quello dei preesistenti elaboratori a tubi (della prima generazione). Ciò fu diretta conseguenza del fatto che per gli elaboratori il punto di partenza era una struttura logica molto semplice (seppure sensibilmente più complessa delle precedenti macchine da calcolo) e che le loro prestazioni erano determinate dai loro limiti intrinseci piuttosto che da precise necessità dell'utilizzatore; le prestazioni, in effetti, sono andate evolvendosi in parallelo al progredire delle macchine. Invece, nel caso delle centrali di commutazione, le prestazioni fondamentali richieste agli organi di comando erano non solo note, in quanto realizzate dagli automatismi a relè, e sostanzialmente irriducibili, ma risultavano largamente superiori alla capacità dei primi elaboratori. Fu quindi necessario attendere che gli elaboratori, attraverso un rapido susseguirsi di generazioni, raggiungessero un elevato grado di raffinatezza perché potessero trovare possibile impiego nella corsa alla centralizzazione delle funzioni logiche degli autocommutatori. È da notare che l'impiego degli elaboratori per funzioni di comando comporta un sostanziale cambiamento nel processo di centralizzazione delle funzioni logiche degli autocommutatori, in quanto l'elaboratore è una macchina capace di svolgere in successione (mediante opportuna programmazione) funzioni anche profondamente diverse l'una dall'altra. Venne quindi meno la tendenza, propria delle centrali elettromeccaniche, alla specializzazione degli organi (registri, marcatori, traduttori, ecc.). Per contro, fu esasperato il processo di centralizzazione, passando a un unico organo centralizzato che sovrintende, più o meno direttamente, a tutte le funzioni svolte dall'autocommutatore. Di fatto, al momento attuale, la diffusione di autocommutatori (pur con selettori elettromeccanici) comandati per mezzo di apparecchiature elettroniche può essere considerata come un fatto rilevante soltanto negli Stati Uniti. In tutti gli altri paesi, anche dove si è superata la fase sperimentale, il loro effettivo impiego è ancora assai limilato.
Centrali semielettroniche. - Un sistema di commutazione costituito da una rete di connessione elettromeccanica e da organi di comando elettronici prende il nome di sistema di commutazione semielettronico. In un sistema di tal genere si distingue, inoltre, una rete di trasferimento, parzialmente elettromeccanica e parzialmente elettronica (v. fig. 24), con funzioni di interfaccia fra il comando centrale e la rete di connessione. La rete di connessione è analoga a quella delle più moderne centrali elettromeccaniche e comprende terminazioni d'utente, stadi di commutazione, circuiti di cordone, nonché traslatori per collegamenti con altre centrali secondo vari tipi di segnalazione. Gli stadi di commutazione sono realizzati mediante multiselettori a coordinate, normalmente miniaturizzati rispetto a quelli impiegati nelle centrali di generazione precedente, ovvero mediante matrici di singoli relè, normalmente con contatti protetti in atmosfera di gas inerte. I circuiti di cordone e i traslatori sono alquanto semplificati rispetto a quelli delle centrali elettromeccaniche, in quanto sono ora costituiti essenzialmente soltanto dai circuiti ricevitori e inviatori dei segnali elettrici, poiché tutte le funzioni logiche sono demandate a organi centralizzati.
La rete di trasferimento effettua principalmente l'adattamento fra i numerosi e relativamente lenti organi elettromeccanici costituenti la rete di connessione, da un lato, e, dall'altro, il comando centrale, che è unico e dotato di velocità elettronica. Essa è costituita essenzialmente da dispositivi di supervisione, da dispositivi di comando e da memorie di trasferimento per la trasmissione degli ordini e indirizzi da e verso il comando centrale. I dispositivi di supervisione esplorano frequentemente gli stati elettrici dei fili nelle terminazioni d'utente, nei circuiti di cordone e nei traslatori, per rilevare i cambiamenti di stato vengono cosi riconosciute tutte le richieste di collegamento e di disinnesto, le cifre di selezione inviate direttamente dagli utenti ovvero da altre centrali e in generale tutte le informazioni elettriche costituenti la segnalazione. I dispositivi di comando eseguono sia il posizionamento degli stadi di commutazione sia l'azionamento degli inviatori posti nei circuiti di cordone, nei traslatori ed eventualmente nelle terminazioni d'utente. Le memorie di trasferimento hanno, da un lato, il compito di ricevere dal comando centrale ordini indirizzati di azionamento o di supervisione, e di trasferirli ai dispositivi in indirizzo; dall'altro, di ricevere dai suddetti dispositivi sia i risultati relativi all'attuazione degli ordini sia i dati ottenuti dal processo di esplorazione, e di trasferirli al comando centrale. In tale quadro, l'intera centrale appare come una moltitudine di organi passivi sotto il controllo del comando centrale, che è il cervello del sistema: è quest'ultimo che prende ogni iniziativa, sia per operazioni interne (per es., posizionamento dei selettori), sia per l'invio di segnali in partenza dalla centrale, sia anche per decidere quando è il caso di dar retta a un eventuale segnale in arrivo.
È evidente, per l'estrema centralizzazione delle funzioni intelligenti e per l'estrema velocità di funzionamento dell'organo centrale, l'ulteriore passo evolutivo rispetto alle centrali a registro e alle centrali a marcatori, tipiche delle generazioni precedenti.
Il comando centrale è sostanzialmente, come già si è detto, un elaboratore elettronico. Come negli elaboratori commerciali, in esso sono distinguibili un'unità centrale di elaborazione (CPU), memorie programmi e memorie dati e unità di ingresso/uscita. Anche il funzionamento è analogo: la CPU è costituita da una serie limitata di operatori, che vengono di volta in volta attivati da apposite istruzioni in codice binario provenienti dalla memoria programma. Ciascun operatore è un circuito elettronico in grado di svolgere una certa operazione sopra un limitato numero di operandi; anche questi vengono estratti di volta in volta dalla memoria dati oppure dall'unità di ingresso/uscita, sulla base di apposite istruzioni provenienti dalla memoria programma. È però da notare che negli elaboratori commerciali più comuni, per esempio quelli adibiti a centri di calcolo, le memorie dati contengono di norma delle espressioni numeriche anziché logiche; inoltre, gli operatori delle CPU sono orientati prevalentemente verso operazioni di tipo aritmetico (somme, divisioni, ecc.). Nei comandi delle centrali telefoniche, invece, le memorie dati contengono di norma delle espressioni di stato (stato delle linee d'utente, stato dei circuiti di cordone con indicazione dei dati relativi alla comunicazione: utente chiamante, numero formato, fase del collegamento, lista degli organi impegnati, ecc.); corrispondentemente, gli operatori delle CPU sono organizzati per svolgere di norma delle operazioni logiche anziché aritmetiche (confronti, scelta del primo bit eguale a uno in una parola, in relazione alla scelta di un organo libero e raggiungibile, ecc.) (v. fig. 25).
A parte ciò, e a parte l'estrema complicazione del programma (ossia della lista di istruzioni), negli elaboratori adibiti a comandi centrali sono da rilevare alcune peculiarità di prestazioni e di struttura che li rendono decisamente specializzati. In primo luogo, poiché le centrali telefoniche devono rimanere in servizio ventiquattr'ore su ventiquattro con continuità praticamente assoluta, la presenza di un unico elaboratore non può essere sufficiente; è perciò necessario che il comando centrale sia costituito almeno da una coppia di elaboratori. Di norma i due elaboratori vengono fatti marciare in parallelo: uno come principale e l'altro come riserva calda, cioè continuamente aggiornato sull'andamento dei processi in corso e pronto a intervenire al posto del primo. Notevoli problemi di struttura e di programmazione sono legati alla marcia in parallelo e al rilevamento automatico, tempestivo e sicuro dell'elaboratore difettoso in caso di guasto. In secondo luogo, e per lo stesso motivo, un elaboratore difettoso ed escluso deve essere rapidamente rimesso in grado di funzionare, pur disponendo di personale di manutenzione non altamente qualificato né provvisto di raffinati strumenti. Conseguentemente è necessaria la diagnosi automatica di tutti gli organi per l'individuazione di quello guasto, a livello di poche piastre stampate, al limite una sola. Il personale deve poter sostituire la piastra guasta con una nuova su indicazioni che gli provengono automaticamente dal comando centrale stesso, per esempio via telescrivente. Ciò impone, ovviamente, notevoli oneri sia nei circuiti sia nei programmi. In terzo luogo (ma non ultimo quanto a importanza e oneri) il comando centrale deve operare in tempo reale. Ciò significa che esso deve eseguire con tempestività tutte le numerose funzioni che gli vengono richieste dai diversi segnali provenienti dal mondo esterno. Alcune funzioni devono essere svolte senza indugio (per es. la ricezione di un segnale impulsivo prima che questo scompaia); ma anche le funzioni meno urgenti (come potrebbe essere il rilevamento di uno sgancio da parte di un utente chiamante) non possono essere rimandate nemmeno di un secondo. La funzione di massima precedenza è, ovviamente, il controllo del corretto funzionamento del comando stesso, a evitare che un guasto inquini fulmineamente l'intero sistema. A tal fine è necessario, da un lato, che la velocità di elaborazione sia adeguata alle esigenze del processo, cioè alla capacità della centrale e, dall'altro, che il programma sia suddiviso in segmenti corrispondenti alle diverse funzioni in cui può essere scomposto il processo e che a ogni segmento sia assegnata una classe di priorità a seconda dell'urgenza con cui la funzione deve essere eseguita. La gestione dei diversi segmenti è opera della logica di governo, compresa nell'unità di elaborazione, e di appositi programmi di supervisione che, a intervalli regolari di alcuni millisecondi, attivano i programmi a più alta priorità su comando di un orologio. Terminato il lavoro accumulatosi nel frattempo per i livelli più elevati si passa a quelli inferiori, e così successivamente fino al nuovo comando di interruzione da parte dell'orologio.
Per le ragioni fin qui esposte, gli elaboratori per impiego telefonico risultano, rispetto ai normali elaboratori commerciali, decisamente specializzati. È tuttavia mantenuta in essi quella caratteristica fondamentale che è la flessibilità di fronte alle variazioni di programma, per modifiche o per aggiunte di prestazioni (ovviamente nei limiti della capacità di memoria). Pertanto, una qualunque modifica dei programmi di funzionamento richiede soltanto lavoro di studio (anche se considerevole), ma non l'intervento di personale di installazione nelle centrali in esercizio. Inoltre, la possibilità di aggiungere prestazioni consente di fornire all'utenza nuovi servizi, come ad esempio la possibilità che l'utente stesso ‛informi' la centrale dei propri spostamenti e la centrale trasferisca automaticamente ai nuovi numeri le chiamate dirette al numero originale.
Divisione di tempo analogica. - Già si è detto come nella realizzazione di matrici di connessione a punti di incrocio, di dimensioni adatte alle centrali telefoniche pubbliche, la tecnologia a semiconduttori presenti notevoli difficoltà a diventare competitiva rispetto al tradizionale contatto metallico. Una prospettiva di superamento di tale ostacolo si rende possibile sfruttando nelle reti di connessione, come già si fa nelle logiche di comando, la caratteristica tipica del componente elettronico che è l'elevata velocità di funzionamento. Ciò implica anche per le reti di connessione l'abbandono dello schema convenzionale detto ora ‛a divisione di spazio' per passare a nuovi schemi ‛a divisione di tempo'. Secondo questi schemi i canali telefonici possono essere commutati sia in forma analogica, fondata sulla multiplazione PAM, sia in forma numerica, fondata sulla multiplazione PCM.
La commutazione PAM nella sua forma più semplice (v. fig. 26) consiste nella connessione fra N ingressi e N uscite attraverso un'unica autostrada fonica suddivisa ciclicamente in N intervalli temporali. Ogni intervallo temporale è dedicato all'azionamento di due porte: una porta di prelevamento del campione dal canale in ingresso e una porta di restituzione del campione verso il canale in uscita; il numero delle porte di cui è costituito lo stadio è quindi 2N. In una matrice corrispondente a punti di incrocio in tecnica tradizionale (cioè a divisione di spazio) il numero delle porte sarebbe stato invece N2; l'evidente vantaggio è consentito dall'elevata velocità di azionamento delle porte e cresce all'aumentare di N, ossia all'aumentare della potenzialità dello stadio. Cresce però anche, corrispondentemente, il numero degli intervalli temporali in cui il periodo (di 125 μs) deve essere suddiviso; la capacità massima di uno stadio di tal genere è pertanto determinata dal valore limite della velocità di azionamento che la tecnologia permette di conseguire. Per capacità maggiori vengono costituiti stadi (sia di transito sia d'utente) con più di un'autostrada e con una o più matrici di commutazione i cui punti d'incrocio servono all'interconnessione delle autostrade fra loro. Il caso più semplice è costituito dallo schema detto TST, a tre sottostadi: 1) sottostadio temporale T, di attribuzione di un certo intervallo temporale τk al canale in ingresso; 2) sottostadio ‛spaziale' S per la connessione dell'autostrada cui appartiene l'ingresso con quella cui appartiene l'uscita, nell'intervallo τk; 3) sottostadio temporale T, di attribuzione del medesimo intervallo temporale τk al canale in uscita. Ciascuno dei tre sottostadi è provvisto di una memoria di indirizzamento letta ciclicamente che, per ciascun intervallo, determina le porte da azionare (generalmente più d'una) (v. fig. 27). Si può rilevare che le matrici di commutazione ‛spaziale' così impiegate funzionano esse pure a divisione di tempo in quanto i contatti relativi a una comunicazione, lungi dal rimanere chiusi per tutta la durata della comunicazione stessa, vengono invece azionati a ogni periodo (di 125 μs) soltanto nell'intervallo di tempo dedicato a quella comunicazione. La medesima matrice assume quindi, nei numerosi intervalli temporali in cui il periodo è suddiviso, altrettante configurazioni del tutto indipendenti fra loro, corrispondendo quindi a un ben più costoso insieme di altrettante matrici tradizionali. Pertanto, il vantaggio della divisione di tempo PAM si verifica in ciascuno dei tre sottostadi sotto forma di una considerevole riduzione del numero complessivo delle porte, rispetto alla commutazione tradizionale a divisione di spazio.
Per converso, va tenuto presente che in uno stadio PAM la campionatura con periodo di 125 μs si attaglia a un canale telefonico di banda 4 kHz, mentre in una matrice tradizionale il punto di contatto è di norma trasparente a larghezze di banda ben maggiori. Di conseguenza la rete di connessione, che era nata con la funzione di realizzare connessioni metalliche fra ingressi e uscite disinteressandosi praticamente delle caratteristiche dei segnali che l'attraversano, perde ora la sua caratteristica di assoluta trasparenza.
Divisione di tempo numerica. - La commutazione a divisione di tempo in forma numerica (v. fig. 28) è fondata sulla multiplazione PCM. A centrali di questo tipo possono far capo sia linee analogiche (attraverso co-decodificatori), sia linee numeriche (allacciate direttamente). Una rete di connessione numerica nella sua forma più semplice consiste di una memoria, detta di commutazione, con tante posizioni da 8 bit quanti sono gli ingressi e le uscite. A ogni ciclo di 125 μs i canali depositano ordinatamente nella memoria i rispettivi ottetti e ne estraggono in modo indirizzato gli ottetti depositati dai canali con cui sono rispettivamente in comunicazione. La commutazione è temporale nel senso che gli ottetti vengono commutati parcheggiandoli in memoria fra l'intervallo di tempo proprio del canale in ingresso e l'intervallo di tempo proprio del canale in uscita. In una centrale da 2 000 circuiti la memoria ha la capacità di 2000 × 8 bit; ogni 125 μs essa deve effettuare 4000 operazioni: una di scrittura e una di lettura per ciascuno dei canali. Ciò comporta un tempo di azionamento della memoria di circa 30 nanosecondi (ns), ossia 30 miliardesimi di secondo. Tale valore è vicino all'attuale limite tecnologico. Per capacità maggiori vengono costituiti stadi con più di una memoria e con una o più matrici di commutazione a punti di incrocio. Il caso più semplice è costituito dallo schema detto TST a tre sottostadi: 1) sottostadio temporale T, per la commutazione degli ottetti dall'intervallo τi di ingresso a un intervallo τk di ‛trasferimento interno'; 2) sottostadio spaziale S, per il trasferimento degli ottetti dalla memoria di ingresso a quella di uscita, nell'intervallo τk; 3) sottostadio temporale T, per la commutazione degli ottetti dall'intervallo τk all'intervallo τj di uscita (v. fig. 29).
La rete di connessione non è costituita soltanto dai sottostadi di commutazione T e S e dalle rispettive memorie d'indirizzamento, ma anche da terminazioni di linea PCM, da dispositivi di allineamento, da multiplatori, demultiplatori e da parecchi altri dispositivi più o meno secondari. Tuttavia, trattandosi di dispositivi tutti numerici e perciò facilmente realizzabili con componenti integrati, le dimensioni complessive della rete risultano assai minori di quelle di una rete elettromeccanica corrispondente. Centrali numeriche di transito fra circuiti interurbani sono attualmente in corso di realizzazione industriale in vari paesi. Si valuta che, per tali applicazioni, la somma dei costi della rete di connessione e dei co-decodificatori PCM debba risultare inferiore al costo di qualunque altro tipo di rete di connessione. È da notare particolarmente che, se una centrale numerica effettua la commutazione fra due linee PCM, si possono risparmiare nel nodo i dispositivi di co-decodifica, i cui costi sono alquanto elevati.
Dal punto di vista della qualità, se gli orologi delle centrali ai due estremi di un circuito non sono sincroni, si presenta la possibilità della saltuaria perdita (oppure della doppia lettura) di un ottetto in sede di commutazione; però, con gli orologi già normalmente impiegati, tali inconvenienti sono inavvertibili all'orecchio umano. Invece, il transito effettuato direttamente in forma numerica ha, nel confronto con ogni altra tecnica, il vantaggio di non introdurre nel segnale alcuna degradazione.
Per quanto esposto, appare possibile considerare la commutazione e la trasmissione non come sistemi indipendenti, ma come sottosistemi interallacciati di un unico sistema. Da un lato si impongono così, ad ambedue i sottosistemi, considerevoli vincoli reciproci connessi all'esigenza di assicurare una perfetta compatibilità fra i metodi di trattamento dei segnali impiegati nel processo di trasmissione e quelli impiegati nel processo di commutazione. Ma d'altro lato, in una rete siffatta, che è detta ‛integrata' nelle tecniche di trasmissione e di commutazione, è evitata ogni inutile duplicazione di funzioni fra i due sottosistemi, con evidente aumento della competitività delle tecniche numeriche in generale, sia sotto l'aspetto economico, sia sotto quello qualitativo.
c) Tecniche per la teleinformatica.
Parallelamente all'evoluzione in atto nelle tecniche di trasmissione e di commutazione telefonica, altre tecniche particolari vengono sviluppandosi per le telecomunicazioni da, verso e fra elaboratori. Già si è detto come gli elaboratori rappresentino a tutt'oggi uno dei più evoluti campi di applicazione delle logiche a semiconduttori e costituiscano una spinta fondamentale per l'ulteriore sviluppo di tali tecnologie. Allo stesso tempo, la diffusione e l'evoluzione degli elaboratori non consistono solo in un aumento del numero e della capacità elaborativa dei centri di calcolo: infatti, gli elaboratori vengono oggi dotati non soltanto di terminali locali ma anche di terminali remoti, e ogni sistema di elaborazione diventa così in grado di coprire vasti territori. Inoltre si sente sempre più l'esigenza di interconnettere diversi sistemi fra loro.
Appare evidente come l'informatica a distanza, ossia la teleinformatica, sia condizionata nel suo sviluppo dalle reti di telecomunicazioni esistenti, e in particolare da quella telefonica, per la sua consistenza e capillarità. Ciò porta a promuovere, da un lato, lo sviluppo di apparecchiature complementari per lo sfruttamento dei mezzi di telecomunicazione esistenti e, dall'altro, quando tale sfruttamento non è possibile o conveniente, lo sviluppo di nuovi mezzi sostitutivi. I segnali impiegati nell'informatica sono di regola di tipo binario e vengono chiamati ‛dati'. Con tale termine si intendono sequenze di bit che corrispondono, tramite codici variabili con le applicazioni, sia alle normali lettere e cifre sia a simboli di alfabeti comunque complessi. Per ‛terminali dati' si intendono le sorgenti e/o le destinazioni dei dati; esse possono identificarsi sia con le unità di ingresso/uscita degli elaboratori, sia con altre apparecchiature apposite, le cui caratteristiche possono differire grandemente da caso a caso. Alcuni terminali dati (per es. le telescriventi) sono caratterizzati da una trasmissione intermittente e piuttosto lenta, inferiore a 300 bit al secondo. Altri terminali, che diventano sempre più comuni, hanno una trasmissione senza interruzioni con frequenze di cifra ben più elevate, che vanno in generale fra 600 e 48.000 bit/s. Questi terminali possono disporre di visori, di stampanti veloci, di tastiere, ecc., ed essere specificamente sviluppati per particolari applicazioni (ad esempio per istituti di credito).
Per la telecomunicazione dei dati, a ridosso di ogni terminale viene installata un'apparecchiatura trasmissiva chiamata ‛modem', avente lo scopo di modulare i segnali numerici provenienti dal terminale in modo da renderli trasmissibili a distanza, e di demodularli in ricezione. Sono di impiego generale i modem cosiddetti ‛in banda fonica', che modulano i segnali nella banda di 4000 Hz dei canali telefonici; le velocità normalmente impiegate sono di 600, di 1200 e di 2400 bit al secondo per comunicazioni di tipo bidirezionale contemporaneo (pieno duplice), oppure alternativo (semiduplice). Con l'impiego ditali apparecchiature, numerose applicazioni di teleinformatica sono attualmente realizzate attraverso la normale rete telefonica commutata (v. fig. 30).
Ma certamente, per numerose altre applicazioni la normale e attuale rete telefonica può risultare non altrettanto adatta. In particolare, la velocità di formazione dei collegamenti può costituire un grave ostacolo alla teleinformatica. Ad esempio, mentre per una comunicazione telefonica a lunga distanza della durata di 200 secondi il tempo di 10 secondi per la formazione del collegamento attraverso tutte le centrali e le tratte interessate può apparire sopportabile, poiché costituisce appena un 5% dell'impegno dei circuiti, per un'applicazione dati con durata media della transazione di 2 secondi la stessa tara di 10 secondi può risultare insopportabile, costituendo il 50% del tempo utile. Ben preferibile è allora pensare, per queste applicazioni e sotto questo aspetto, a reti speciali per dati in cui sia impiegato quanto vi è di adatto e di conveniente della rete telefonica (ossia i mezzi trasmissivi) e non impiegato quanto non adatto o non conveniente (ossia le centrali). Sono infatti entrate recentemente in funzione (o sono previste) nei paesi più avanzati e nei collegamenti fra essi reti per dati di vari tipi, classificabili in generale come: 1) ‛reti a commutazione di circuito': sono reti in cui, come in quella telefonica, ogni connessione fornisce l'uso esclusivo di un circuito ai terminali impegnati in una comunicazione, finché la connessione non è liberata. È da notare che, data la natura binaria dei segnali, la commutazione non avviene necessariamente a divisione di spazio. Anzi, nella centrale può addirittura non esistere la stessa rete di connessione, come nel caso della commutazione a transizioni. In questa, durante una comunicazione, il comando centrale CC è informato di ogni transizione da 0 a 1, o viceversa, nella linea da cui provengono i segnali e comanda corrispondentemente il passaggio da 0 a 1, o viceversa, sulla linea a cui i segnali sono destinati; 2) ‛reti a commutazione di pacchetto': sono reti totalmente elettroniche in cui i bit vengono commutati a gruppi, chiamati pacchetti, che contengono in una sequenza fissa i dati, le segnalazioni di indirizzamento e di controllo e le informazioni per il controllo degli errori. Con questo tipo di commutazione i circuiti fra le centrali sono occupati, per una data comunicazione, soltanto per la durata di trasmissione dei pacchetti e non quando il terminale non trasmette dati. Si veda per analogia la fig. 19 sul sistema TASI; come con tale sistema, le reti a commutazione di pacchetto consentono la formazione di connessioni bidirezionali con colloquio in tempo reale. È anche possibile, per la natura della commutazione, effettuare conversioni di velocità, cioè che la rete restituisca i pacchetti a velocità diverse da quelle con cui li ha ricevuti; 3) ‛reti a commutazione di messaggio': sono reti totalmente elettroniche in cui i messaggi di ciascun corrispondente vengono memorizzati nelle centrali e instradati verso i corrispondenti anche in tempo differito nel caso di indisponibilità momentanea dell'utente chiamato, o di circuiti, oppure per usufruire di riduzioni tariffarie; di conseguenza, le comunicazioni sono sempre di tipo unidirezionale. I diversi tipi di commutazione presentano maggiori o minori vantaggi in funzione del tipo di applicazione, delle velocità di trasmissione dei dati, del traffico per utente e della sua distribuzione, delle distanze fra i corrispondenti. Non è finora stato possibile realizzare un tipo di rete conveniente per la generalità degli impieghi.
Un genere molto particolare di rete per dati è la rete dati ‛privata', ossia destinata a uso esclusivo di un ente provvisto di una molteplicità di terminali distanti, interconnessi per mezzo di circuiti presi in affitto dal gestore di telecomunicazioni. Reti di questo genere, dette anche a servizio ‛chiuso' (v. fig. 31) in contrapposizione al normale servizio ‛aperto' di telecomunicazioni, sono alquanto diffuse al momento attuale. Due fattori hanno concorso a determinare tale situazione: da un lato, industrie, banche, ministeri hanno iniziato i propri processi di automazione in assenza di una rete pubblica in grado di dare risposte valide a tutte le esigenze della teleinformatica; dall'altro, ogni singolo ente, nelle proprie realizzazioni, ha tenuto in conto esclusivamente le proprie esigenze interne, trascurando i successivi obiettivi di interconnessione con altri enti. La tendenza dei gestori di telecomunicazioni è, invece, orientata verso l'abbattimento delle limitazioni proprie delle reti chiuse, ossia verso la costituzione di una efficiente e capillare rete di telecomunicazioni che metta a disposizione dell'utenza un servizio bidirezionale commutato, economicamente conveniente, in grado di assorbire la maggioranza delle svariate applicazioni sopra menzionate, garantendo fra l'altro la possibilità di costituire raggruppamenti ‛chiusi' all'interno della rete pubblica.
d) Tecniche per il servizio telegrafico.
Alla luce degli sviluppi della teleinformatica in generale, i servizi telegrafico e telex potrebbero essere considerati sotto qualche aspetto come una mera applicazione di servizio dati, a bassa velocità. Altri aspetti, però, e in particolare la presenza di un alfabeto internazionale unificato, ne giustificano una trattazione separata.
Trasmissione. - Sotto l'aspetto trasmissivo, una delle più interessanti applicazioni (in comune con la teleinformatica) è quella del multiplex numerico di più canali a bassa velocità in unico flusso binario. Per un impiego generale il metodo usato è quello della codifica delle transizioni, ottenuta con l'inviare in linea a ogni transizione un carattere che indica l'istante in cui essa ha avuto luogo e il suo senso (1-0 oppure 0-1). Con questo metodo si riesce a multiplare con distorsione accettabile fino a 16 canali telegrafici in un flusso di 2400 bit/s, a sua volta trasmissibile tramite modem su un normale canale telefonico (v. fig. 32). Ma risultati ben più competitivi nei confronti della telegrafia armonica, sia sotto l'aspetto impiantistico sia sotto quello gestionale, vengono raggiunti quando si tiene conto che i segnali appartengono a un alfabeto normalizzato, in cui ogni carattere ha un formato precisamente definito. In tal caso si può procedere alla codifica dei caratteri, ottenendo di rendere multiplabili in un flusso di 2400 bit/s oltre 50 canali telegrafici, con rigenerazione dei caratteri (v. fig. 33).
Commutazione. - Fino a un certo momento, l'evoluzione tecnologica e tecnica delle centrali telex ha continuato a seguire quella delle centrali telefoniche, anzi ad assumere un ruolo di dipendenza, mutuando per la telegrafia le conclusioni degli sviluppi impostati per la telefonia. In tale quadro sono state sviluppate per il servizio telex centrali semielettroniche, ossia con reti di connessione elettromeccaniche. Ma anche altri sviluppi hanno potuto essere realizzati, soprattutto negli ultimi tempi, su basi diverse da quelle telefoniche, sempre con tecniche elettroniche e spesso sotto la spinta delle esigenze della teleinformatica.
In qualche caso è stata mantenuta la rete di connessione a divisione di spazio, ma realizzata con tecnologie elettroniche, dato che la natura numerica del segnale da commutare lo rende meno sensibile ad attenuazioni e disturbi e consente la costituzione di matrici di dimensioni adeguate. In altri casi la rete di connessione non esiste, come nelle centrali con commutazione a transizioni, di cui si è detto trattando di informatica. Si può anzi dire che le centrali di questo tipo sono state sviluppate con l'intento di costituire una rete telegrafica in grado di accogliere anche il servizio dati a bassa velocità. Per dati a velocità elevata, il comando centrale, sollecitato da ogni transizione, risulterebbe, invece, eccessivamente caricato. Altre centrali sviluppate col medesimo scopo impiegano la commutazione a caratteri, in cui al lato ricezione si riconoscono non le singole transizioni, ma interi caratteri, che vengono commutati verso il lato trasmissione attraverso un'effettiva rete di connessione oppure attraverso il comando centrale. È da notare che, rispetto alla commutazione a transizioni il comando centrale è meno sollecitato a parità di frequenza di cifra. Infine, le centrali a commutazione di messaggio, oltre che essere adatte per applicazioni di teleinformatica, appaiono particolarmente adatte per il servizio telegrafico, le cui comunicazioni hanno la caratteristica di essere unidirezionali e di ammettere ritardi.
4. Tendenze di sviluppo.
Per quanto è stato esposto, le grandi linee lungo le quali sta muovendosi lo sviluppo delle tecniche di telecomunicazione risultano oggi abbastanza definite. Si può anche supporre ragionevolmente che negli anni a venire, pur attraverso nuovi, interessanti e oggi non ancora delineati sviluppi e applicazioni, l'evoluzione continui a procedere senza scostarsi gran che dalle attuali linee generali di indirizzo; sembra perciò cosa lecita esporre di qui in avanti, per estrapolazione, alcune previsioni di sviluppo della tecnica estese a tutto l'ultimo quarto di questo secolo. Si cercherà di fare in modo che ogni previsione risulti sufficientemente motivata. Ma certamente, per quanto seriamente fondata possa essere questa esposizione, tutte le indicazioni che saranno fornite sono destinate a rimanere opinabili, sia genericamente perché si riferiscono al domani, sia in particolare poiché si tratta frequentemente di previsioni derivanti da confronti marginali fra grandezze non molto diverse. È quindi sempre possibile che indirizzi che attualmente appaiono allettanti risultino in definitiva da scartare, e viceversa. Ciò premesso sembra opportuno procedere, in questo capitolo come già nei precedenti, dal servizio telefonico, estendendo poi il campo agli altri servizi di telecomunicazioni.
a) Integrazione delle tecniche telefoniche.
È certo che il processo di penetrazione dei componenti a semiconduttore nella rete telefonica, che si è iniziato con successo negli anni sessanta, non accenna a esaurirsi. Come già si disse, le linee di penetrazione consistono nell'impiego di elaboratori come mezzi di comando; nella numerizzazione dei mezzi trasmissivi; nella numerizzazione dei mezzi di commutazione. Riguardo al primo indirizzo è prevedibile che, prima che il secolo si concluda, cessi completamente in tutti i paesi la produzione di centrali di commutazione elettromeccaniche, e che tutte le installazioni vengano effettuate per mezzo di sistemi con comandi centrali a programma registrato. Dal progresso tecnologico è atteso un aumento della velocità di funzionamento dei componenti e di conseguenza un aumento della capacità elaborativa degli organi di comando, e in definitiva un aumento di economicità. Parallelamente, si prevede un aumento della capacità elaborativa dei comandi centrali, indipendentemente da ulteriori progressi tecnologici, grazie all'impiego di organi periferici di preelaborazione per le funzioni logiche più ripetitive. Una funzione tipica è quella del riconoscimento delle cifre di selezione inviate dall'utente chiamante, in modo che all'elaboratore centrale vengano trasferite le cifre del numero chiamato anziché le informazioni elementari fornite dall'esplorazione dello stato della linea d'utente. Dal punto di vista realizzativo degli organi di preelaborazione, si prospettano come particolarmente interessanti le logiche ‛microprogrammate', basate sull'impiego di memorie a semiconduttori. L'interesse è motivato primariamente dal fatto che l'evoluzione tecnologica va portando riduzioni di costi più sensibili nelle memorie che non nei più tradizionali circuiti combinatori, i cui componenti, detti AND, OR, NAND, ecc., realizzano direttamente le corrispondenti funzioni logiche.
Per quanto riguarda gli altri due indirizzi, numerizzazione dei mezzi trasmissivi e delle reti di connessione di centrale su base integrata PCM, condizioni diverse si presentano a seconda che si considerino i livelli elevati della rete (circuiti interurbani e centrali di transito) oppure i livelli inferiori (centrali e giunzioni urbane). È perciò opportuno che i due argomenti vengano trattati separatamente.
Rete interurbana. - È realistico affermare che la diffusione delle tecniche numeriche e la conseguente affermazione del principio di integrazione sono state fondamentalmente consentite dal fatto che in certi campi della rete interurbana, senza dover attendere condizioni più favorevoli per il futuro, i sistemi trasmissivi numerici risultano di per sé i più economici già al momento attuale. Come già si è detto, l'economicità di tali sistemi risiede nel basso costo delle apparecchiature terminali e il loro campo di conveniente impiego copre già oggi la più gran parte della casistica di distanze e di potenzialità che si presenta in pratica nella rete interurbana. La tab. I mostra il numero di canali telefonici PCM in servizio alla fine del 1973 nelle principali nazioni. È da osservare che il numero riportato rappresenta di norma soltanto una piccola quota della consistenza totale. Per l'Italia, ad esempio, la quota è dell'11%. Ciò è dovuto all'iniziale lentezza della penetrazione delle tecniche numeriche in un ambiente già accuratamente programmato a lungo termine per ampliamenti in tecnica analogica. Tuttavia per gli anni novanta è da prevedere che la totalità dei canali telefonici di nuova installazione sarà di tipo PCM.
Un ulteriore progresso nel campo delle tecniche numeriche è atteso dall'adozione di nuovi mezzi portanti trasmissivi appositamente sviluppati per queste tecniche, con particolare riferimento ai cavi a fibre ottiche. È noto che la fibra ottica, fatta di vetro, ha il diametro dell'ordine del decimo di millimetro (un capello umano) e trasporta un fascio di luce emesso da un dispositivo semiconduttore (LED = diodo emettitore di luce). La luce viene modulata dal segnale numerico d'ingresso in modo da far corrispondere presenza o assenza di luce rispettivamente alle cifre ‛1' e ‛0'. In ricezione un fotodiodo rivela la presenza o assenza di luce e quindi il valore delle cifre binarie trasmesse.
Che cosa potrebbe, ora, frenare questa progressiva diffusione dei mezzi trasmissivi numerici? Evidentemente soltanto lo sviluppo di nuovi mezzi analogici più economici, ma non si può dire che ciò sia probabile. Piuttosto è prevedibile che la diffusione di mezzi trasmissivi PCM venga invece ulteriormente accelerata ed estesa, non appena si renderanno disponibili mezzi numerici di commutazione.
Vari tipi di autocommutatori di transito numerici sono, in diversi paesi, in fase di avanzato sviluppo e alcuni sono già entrati in servizio attivo. La prospettiva è di disporre di sistemi che siano competitivi con quelli elettronici a divisione di spazio anche in presenza di una rete trasmissiva completamente analogica, ossia anche nel caso in cui siano gravati al 100% dalla necessità di apparecchiature di codifica dei segnali telefonici analogici. Va da sé che, una volta raggiunto questo obiettivo, si tenderà a realizzare tutti gli ampliamenti e le eventuali sostituzioni nei nodi interurbani di transito con autocommutatori di tecnica numerica (si veda per la competitività dei sistemi la fig. 34).
Ora, riconsiderando il campo di convenienza dei sistemi trasmissivi numerici, la presenza di una centrale numerica a uno degli estremi di un sistema trasmissivo ha il duplice effetto di rendere praticamente sempre conveniente il sistema numerico nei confronti dei mezzi analogici a bassa frequenza, e di raddoppiare (orientativamente) la distanza limite oltre la quale possono rimanere convenienti sistemi analogici ad alta frequenza. Se ad ambedue gli estremi del sistema sono presenti centrali numeriche, la distanza limite viene (orientativamente) triplicata (v. fig. 35). Di conseguenza è da attendersi che i sistemi trasmissivi numerici risultino competitivi nella rete interurbana praticamente nell'intera fascia di distanze e di potenzialità. In tali condizioni è prevedibile, in definitiva, che siano dovunque superati i vincoli del primo distacco legati alla presenza di un sistema di telecomunicazioni tradizionalmente organizzato su base analogica, e che ampliamenti e sostituzioni nella rete interurbana siano effettuati, in misura rapidamente crescente fino alla totalità, per mezzo di tecniche di trasmissione e di commutazione integrate su base numerica PCM.
Reti locali. - Per quanto riguarda le centrali urbane, in alcuni paesi avanzati sono stati ormai sviluppati, realizzati e messi in servizio pubblico sistemi di commutazione di tipo semielettronico secondo i principi esposti nel capitolo precedente. L'esempio più importante è costituito dagli Stati Uniti, dove dal 1965 vengono installate centrali locali semielettroniche. Per motivi economici tali centrali devono continuare a essere prodotte ancora per un certo tempo e costituiscono quindi un freno a nuovi sviluppi rivoluzionari. In tali paesi si registra, perciò, la tendenza a mantenere le reti locali su basi analogiche e a sviluppare le reti interurbane su basi numeriche.
In effetti, anche a prescindere da tali motivi, la penetrazione delle tecniche numeriche dai livelli alti della rete (circuiti e centrali interurbane) a quelli bassi (reti locali) incontra pesanti difficoltà, derivanti essenzialmente da tre motivi: 1) la voce umana è un segnale analogico; circuiti estremamente semplici (microfono e ricevitore) ne operano la conversione in segnali elettrici analogici trasportabili mediante conduttori metallici a due fili in cavo, che sono per le brevi distanze i più economici mezzi trasmissivi esistenti; 2) uno stadio di concentrazione-espansione numerico provvisto di convertitori analogico-numerici sulle terminazioni d'utente non è economicamente competitivo con una rete di connessione a contatti metallici, al livello tecnologico del 1975, per il gran numero di convertitori necessari; 3) nemmeno per gli stadi di distribuzione (che pur sono in definitiva degli stadi di transito) la commutazione numerica appare oggi in sé competitiva con una rete a contatti metallici in ambiente analogico. Per vari motivi, infatti, nell'ambito della tecnologia a contatti metallici, la commutazione locale risulta alquanto meno costosa di quella dei transiti interurbani. Sotto tali aspetti, la penetrazione delle tecniche numeriche nelle aree urbane dovrebbe rimanere limitata soltanto ai circuiti interurbani che vi fanno capo e, se esiste, alla locale centrale interurbana di transito e alle rispettive giunzioni con le centrali urbane locali.
Ma se, d'altra parte, si guarda all'evoluzione della tecnica, appare probabile che nel giro di pochi anni il secondo e soprattutto il terzo dei punti citati risultino molto attenuati o anche rovesciati. Infatti, è prevedibile per il prossimo futuro sia un consistente abbassamento dei costi della conversione analogico-numerica, attraverso processi d'integrazione tecnologica, sia l'impiego di stadi d'utente con commutazione a divisione di tempo PAM, predisposti alla successiva codifica, oppure direttamente PCM. Sembra quindi lecito prevedere che prima dell'anno 2000 una profonda penetrazione delle tecniche numeriche debba aver luogo anche nelle reti locali. In altre parole, si prevede che le tecniche numeriche si estenderanno in questo quarto di secolo all'intera rete telefonica, e che rimarranno non numerici soltanto gli apparecchi, le linee d'utente ed eventualmente gli stadi di concentrazione-espansione. Da ciò potrà conseguire, fra l'altro, anche una diminuzione (a 1000 ÷ 2000 utenti) della capacità delle centrali locali elementari e quindi un avvicinamento delle centrali all'utenza. Una decisione basilare si riferisce perciò al ‛quando' nei diversi paesi le tecniche numeriche penetreranno nelle aree urbane. In tale quadro, alcuni paesi considerano come molto allettante la prospettiva di poter ‛saltare' la tecnica semielettronica intermedia, ed è anche ben comprensibile che le previsioni esposte non siano confortate ancora da applicazioni negli Stati Uniti, ma da realizzazioni in esercizio e da esperimenti e sviluppi in corso in altri paesi quali la Francia, il Giappone, l'Italia, la Svizzera.
Evoluzione delle prestazioni. - Quali vantaggi deriveranno dall'adozione di una rete telefonica numerica integrata nelle tecniche di trasmissione e di commutazione su base PCM? Una prima risposta si riferisce al piano dell'economia. Considerando l'andamento delle tariffe telefoniche e del valore reale del denaro nei decenni scorsi, si vede che in generale, nei vari paesi, il tasso di incremento delle tariffe è stato inferiore a quello dell'inflazione. Infatti, costanti miglioramenti del sistema hanno finora consentito la progressiva diminuzione delle tariffe in termini reali. Il grado di perfezionamento raggiunto dai mezzi di telecomunicazione analogici fa oggi sembrare ormai chiuso questo processo finché la tecnica analogica sarà mantenuta. Ma è probabile che lo stesso processo possa nuovamente aprirsi attraverso l'integrazione delle tecniche su base PCM. Tale previsione venne espressa per la prima volta da H. A. Merriman, consigliere d'amministrazione per la tecnologia nel Post Office britannico, in un suo scritto sul ‟Financial Times" del 18.1.1975.
Una seconda risposta si riferisce alla qualità del servizio telefonico. Appare evidente che, nella misura in cui saranno sviluppati sistemi telefonici di tecniche numeriche e il territorio sarà coperto da impianti di questo tipo, corrispondentemente il servizio telefonico è destinato a evolversi dall'attuale livello qualitativo verso livelli superiori. Uno degli effetti più sensibili sarà costituito dal miglioramento della qualità trasmissiva, segnatamente per quanto riguarda le comunicazioni attualmente di qualità peggiore. Infatti, la numerizzazione della rete comporta che il segnale venga trasportato in forma numerica e perciò senza degradazioni dall'estremo in cui viene codificato a quello in cui viene decodificato. Ora, nella prospettiva di codificare il segnale a livello della prima centrale di partenza e decodificarlo a livello dell'ultima centrale di destinazione, la qualità trasmissiva appare destinata a un consistente miglioramento. Ciò, da un lato, per la pratica assenza di ogni degradazione sulle tratte numeriche, e dall'altro per l'accorciamento delle tratte analogiche, che si ridurranno alle sole linee d'utente. Va anche considerato che, per l'avvicinamento delle centrali all'utenza di cui già si disse, le linee d'utente risulteranno in vari casi accorciate rispetto a oggi.
Sempre sul piano della qualità l'adozione di sistemi di segnalazione veloci fra centrali consentirà di stabilire le connessioni in tempi molto brevi. Infatti, gli elaboratori di comando delle centrali potranno scambiarsi i segnali fra loro attraverso canali numerici del tipo ‛dati' a 64 kbit/s, e conseguentemente i tempi di segnalazione passeranno dall'attuale ordine di grandezza dei secondi a quello dei millesimi di secondo. Ciò sarà particolarmente apprezzato quando anche l'apparecchio telefonico sarà dotato di un sistema di segnalazione più veloce che non l'attuale disco, cioè sarà provvisto di tastiera a 12 o a 16 tasti. Azionando i tasti vengono inviati in linea dei segnali in banda fonica, che servono a trasmettere istruzioni alle centrali, non solo per la formazione di normali collegamenti telefonici, ma anche per la fornitura di una quantità di prestazioni speciali, o iperservizi, cui si è fatto già cenno trattando delle centrali semielettroniche. Fra questi iperservizi, per esempio, l'indicazione di non voler essere disturbato, o di dirottare le chiamate su un altro numero o su un dispositivo di segreteria. Altri iperservizi possono essere costituiti dalla comunicazione in conferenza fra tre utenti, oppure dalla richiesta alla centrale di leggere e comunicare, per mezzo di una macchina parlante, la situazione del contatore d'utente. Vari iperservizi possono essere resi migliori o più economici per effetto dell'integrazione delle tecniche: o per il miglioramento della qualità trasmissiva, o per la maggiore velocità e capacità di segnalazione, o infine per la stessa natura numerica del sistema. Per esempio, il servizio di conferenza telefonica a tre può essere ottenuto sommando con circuiti logici a divisione di tempo i segnali in codice binario provenienti da due corrispondenti e inviando il segnale somma verso il terzo. Altri possibili usi della tastiera dell'apparecchio telefonico sono correlati a colloqui fra l'utente e una macchina esterna al sistema telefonico, come potrebbe essere un centro di calcolo, che viene chiamato dall'utente attraverso il sistema telefonico. In tal modo l'apparecchio a tastiera può anche essere considerato come il tipo più ‛popolare' di terminale dati e assieme di modulatore in banda fonica. Il colloquio dall'utente verso il centro di calcolo avviene attraverso le frequenze foniche generate dall'azionamento della tastiera, mentre viceversa i messaggi in partenza dal centro di calcolo sono resi ‛in chiaro' con l'impiego di una macchina parlante. Anche in questo caso la qualità del colloquio e conseguentemente la precisione dei dati scambiati sono garantite dall'integrazione delle tecniche, anche per comunicazioni a lunga distanza.
Una terza risposta all'interrogativo iniziale si riferisce al numero dei servizi trasportabili attraverso la rete integrata. Appare infatti probabile che, disponendo in tempi prossimi di una rete telefonica numerica estesa all'intero territorio, questa possa vantaggiosamente attrarre, soprattutto per la sua capillarità, anche altri servizi e particolarmente quelli di tipo numerico. Di tale argomento si parlerà diffusamente più avanti, costituendo esso un importante tema di questo capitolo. Va però tenuto preliminarmente presente che, per poter posare in tempi brevi una consistente rete telefonica numerica, non basta che sia valida la soluzione tecnica occorre anche che esista un'adeguata richiesta di nuovi ampliamenti. In altre parole, prima di passare al tema dell'attrazione di altri servizi da parte della rete telefonica numerica sembra opportuno verificare sotto l'aspetto della richiesta del servizio telefonico se esistono anche le premesse quantitative per l'ulteriore sviluppo di tale rete.
b) Condizioni per lo sviluppo.
Nessuna evoluzione delle tecniche telefoniche potrebbe realizzarsi all'atto pratico, e così pure nessuna attrazione di altri servizi nella nuova rete, se la telefonia non fosse sostenuta da un mercato di adeguata consistenza. In effetti, l'adozione di un nuovo sistema o sottosistema telefonico è sempre subordinata non soltanto alla previsione che, nel confronto con sistemi o sottosistemi preesistenti, esso risulti competitivo, ma anche alla previsione che ne sia garantita una produzione per quantitativi adeguati. Sotto il primo aspetto (scelta del sistema) che è stato sin qui considerato, contano i costi di produzione, di installazione, di esercizio, di manutenzione, di gestione, e contano anche i maggiori introiti che possono essere ottenuti col sistema grazie ai nuovi servizi disponibili. Sotto il secondo aspetto (verifica del mercato) contano gli effetti dell'economia di scala, per cui quanto maggiore è la quantità del prodotto, tanto minore ne è il costo specifico. Un argomento importante, al riguardo, è costituito dagli oneri di primo distacco relativi semplicemente al fatto che viene scelto un sistema diverso dai precedenti. Infatti, per sistemi grandi e complessi, come può essere un sistema integrato di telecomunicazioni, questi oneri appaiono imponenti, come somma di una quantità di fattori che investono direttamente sia il costruttore sia l'esercente. Innanzi tutto incidono i costi di progettazione e di sviluppo delle nuove apparecchiature che, per quanto si disse, si valutano in parecchie migliaia di anni-tecnico specializzato nei laboratori di ricerca e di sviluppo. Inoltre, non sono certamente trascurabili per i costruttori i problemi e i costi relativi alla conversione dell'apparato produttivo dal precedente sistema a quello nuovo. Per gli esercenti, gli oneri di primo distacco sono legati anzitutto all'abbandono della politica tecnica corrente, per cui, in numerosi casi, una precedente scelta di impianto risulta meno giustificata, e comunque più onerosa, ove vengano a mancare le prospettive di successivo ampliamento con il medesimo sistema, come precedentemente previsto. Inoltre, dovendo in generale il nuovo sistema convivere con i precedenti ed essere interconnesso con questi, è necessario che nei punti di interconnessione siano previste apparecchiature di adattamento e/o modifiche agli impianti. Queste si traducono in altrettante spese suppletive, di peso tanto maggiore quanto minore è il rapporto di consistenza fra impianti di nuova e di vecchia tecnica. Altri importanti oneri generati dall'introduzione di un nuovo sistema sono legati alla conversione dell'attività di manutenzione e di gestione, con i relativi costi di addestramento del personale e di convivenza di due organizzazioni: una dedicata alle tecniche precedenti, l'altra alle nuove. In definitiva appare indispensabile, perché l'introduzione di un nuovo sistema possa risultare effettivamente giustificata, che la cospicua somma degli oneri iniziali possa essere ripartita in tempi relativamente brevi fra una grande quantità di apparecchiature prodotte.
Va tenuto presente che, per contenere l'incidenza dei guasti, le apparecchiature di telecomunicazione sono di norma costruite in modo che la loro vita media possa raggiungere diversi decenni. D'altra parte, in ragione degli elevati tassi d'incremento degli impianti, l'età media degli impianti stessi risulta alquanto bassa: per esempio, con un tasso dell'8% annuo l'età media risulta di una dozzina d'anni. Conseguentemente, per un sistema di telecomunicazioni, la produzione non può contare che ben poco sul ricambio degli impianti esistenti per invecchiamento, ma deve riferirsi quasi esclusivamente all'incremento quantitativo dell'utenza. Ne risulta l'importanza essenziale di un'accurata indagine sulle linee di sviluppo dell'utenza. Il continuo aggiornamento e la verifica dell'affidabilità di tali previsioni costituiscono il fondamento su cui sono basati gli sforzi di ricerca e sviluppo. Per evidenti motivi di reciproco interesse, i dati di consistenza che vengono man mano rilevati o previsti nei singoli paesi vengono scambiati fra i diversi enti mondiali interessati alle telecomunicazioni, e continuamente raccolti e analizzati.
Se si considera ora in dettaglio il problema previsionale sulle dimensioni del futuro mercato telefonico, appare che i diversi paesi del mondo sono parecchio differenziati fra loro, sia per quel che riguarda le caratteristiche socioeconomiche generali, sia per quel che riguarda le caratteristiche particolari legate al servizio telefonico, come potrebbero essere le politiche tariffarie e promozionali in atto, la qualità dei servizi resi, il tempo medio di attesa delle domande, ecc. Di conseguenza appaiono considerevolmente differenti sia i valori di densità (apparecchi ogni 100 abitanti), sia i relativi tassi d'incremento. Formulare delle previsioni generali appare quindi, a prima vista, un'operazione estremamente complessa, che deve tener conto di una gran varietà di fattori nei differenti paesi. In pratica, tuttavia, sulla base degli esami degli andamenti nel passato, si possono riconoscere delle semplici e fondamentali leggi di distribuzione e di andamento dell'utenza, che si compendiano nei seguenti punti: a) considerando la densità telefonica nel mondo intero, o in regioni di ampiezza continentale, la legge di incremento è, con buona approssimazione, una legge esponenziale con tasso di incremento costante pari a cire ca il 6% annuo (v. fig. 36); b) il tasso di incremento della densità telefonica è, in media, maggiore del tasso di incremento del reddito pro capite (v. fig. 37); c) nei paesi evoluti la consistenza telefonica risulta, anno per anno, proporzionale al reddito nazionale di ciascuno Stato (v. fig. 38).
Dall'esame complessivo discendono due ordini di considerazioni le prime in relazione alle implicazioni sociali dello sviluppo telefonico, le seconde in relazione alla possibilità che gli andamenti del passato siano estrapolabili per gli anni avvenire. Sotto il primo aspetto si può riconoscere, con particolare riferimento alle elevate densità nei paesi più avanzati, quali Stati Uniti e Svezia, come la possibilità di telecomunicare tenda a essere considerata, al crescere del reddito, un bene primario di ciascun individuo, non molto diversamente dall'alimentazione, dall'abbigliamento e dall'abitazione. Ciò potrebbe anche dipendere da un bisogno conseguente all'evoluzione sociale: per esempio è ipotizzabile che la frammentazione e dispersione dei nuclei familiari crei in una certa misura la conseguente necessità di telecomunicazione, in quanto surrogato della vicinanza fisica; in tal senso, la domanda del servizio telefonico potrebbe considerarsi come un prezzo che la società deve pagare in conseguenza dell'evoluzione. Ma e soprattutto importante considerare la domanda del servizio telefonico come un'opportunità sociale ed economica, e non come un bisogno; in tale interpretazione, la possibilità di comunicare appare come uno strumento attivo, ossia non un effetto ma una causa della redditività e dell'evoluzione. In effetti, la necessità di sviluppo delle telecomunicazioni è riconosciuta da tutti i paesi come uno degli obiettivi prioritari del progresso. La prova di ciò è costituita, fra l'altro, dal fatto che nel mondo intero la percentuale di reddito destinato annualmente alle telecomunicazioni va aumentando sensibilmente nel tempo. Inoltre, nei paesi più evoluti, si riconosce il ruolo di stimolo che il settore delle telecomunicazioni ha nei riguardi di altri settori, e particolarmente nell'ambiente elettrotecnico ed elettronico (come l'automazione, i calcolatori, i telecontrolli, la stessa tecnologia di base), fonte a sua volta di evoluzione.
Sotto l'aspetto previsionale, quindi, una volta confermate le ragioni dei governi per non disattendere la domanda di servizi, potrebbe essere tratta una conclusione di prima approssimazione, prevedendo per il futuro l'estrapolazione della legge esponenziale di accrescimento della densità telefonica mondiale con il medesimo tasso di incremento del passato. In seconda approssimazione, però, tale previsione di incremento indefinito della densità oltre ogni limite appare difficilmente accettabile, e appare invece plausibile che a un certo punto, crescendo la densità telefonica, si arrivi a un numero di apparecchi tale da soddisfare completamente ogni esigenza umana in fatto di telefonia. Tale previsione di esistenza di un limite di saturazione è essenzialmente motivata dal fatto che, in fase di comunicazione, un uomo impegna un unico apparecchio e non più di uno. La densità limite sarà certamente rappresentata da un numero molto elevato, se si considera che già oggi, per esempio in Svezia, sono stati raggiunti valori intorno a 2 apparecchi ogni 3 abitanti, con punte a Stoccolma di oltre un apparecchio per abitante; né le autorità svedesi ritengono che l'aumento di densità debba ancora arrestarsi. Il valore limite potrebbe dunque corrispondere, indicativamente, a due apparecchi per abitante. Nell'Europa occidentale tale densità (200%) potrebbe essere raggiunta, con i ritmi attuali di incremento, approssimativamente nel 2000, e ancor prima nel Nordamerica. In generale, la saturazione sarà raggiunta nei paesi ricchi più rapidamente che nei paesi poveri, nelle città più rapidamente che nelle campagne. Inoltre, è prevedibile che essa si faccia sentire gradualmente, cioè al raggiungimento di densità ben minori di quella di saturaztone. Tenuto conto di ciò, e pur considerando un continente fra i più evoluti, cioè l'Europa occidentale, va d'altra parte rilevato che la densità telefonica nei paesi europei meno ricchi e nelle campagne risulta in generale ancora talmente bassa, cioè con tali possibilità di ulteriore sviluppo, da compensare per vari anni il fenomeno della saturazione. In realtà, le organizzazioni nazionali e internazionali responsabili hanno previsto per l'Europa occidentale che nel periodo 1970-1985 la consistenza telefonica passerà da 70 a 200 milioni di apparecchi. La triplicazione della consistenza in un tempo di quindici anni corrisponde precisamente al ritmo di incremento verificatosi nei quindici anni precedenti. Su tale base, la densità media europea prevista per il 1985 è di 60 apparecchi ogni 100 abitanti (è evidente che un tal genere di previsioni è valido purché non si verifichi una recessione economica generale; peraltro, per le esperienze del passato, una tale eventuale crisi non farebbe che posticipare l'intero complesso dei fenomeni che si stanno esaminando). Per i successivi quindici anni del secolo (1985-2000) è invece plausibile che il fenomeno della saturazione, in Europa e in America, si faccia sentire. Sebbene una previsione a così lunga scadenza possa avere soltanto un limitato grado di attendibilità, sembra opportuno rammentare che esperti internazionali indicano per l'Europa in tale periodo un ulteriore raddoppio delle consistenze telefoniche, raggiungendo e superando la densità di un telefono per abitante. La produzione sembra quindi poter contare su 130 milioni di apparecchi nel primo quindicennio e 200 milioni nel secondo. D'altra parte, la fig. 39 può fornire l'idea di quale ulteriore domanda di telefonia esista allo stato potenziale nel mondo intero.
In conclusione, alla questione pregiudiziale, se esista per il servizio telefonico una domanda potenziale di nuovi allacciamenti che garantisca una sufficiente produzione per sistemi di nuova tecnica, viene data una risposta largamente affermativa. Ogni sforzo per un prossimo sviluppo di nuovi sistemi meglio orientati rispetto al futuro appare perciò pienamente giustificato.
c) Integrazione dei servizi numerici.
Si è già detto come le tendenze di sviluppo della telefonia verso l'integrazione delle tecniche di trasmissione e di commutazione su base PCM conducano alla costituzione di una nuova rete, di tipo numerico, estesa su tutto il territorio. Si è potuto anche verificare che esiste una domanda potenziale di ampliamento del servizio telefonico, sulla cui base appare lecito fondare la validità economica oltre che tecnica di tale rete integrata, e prevederne un rapido sviluppo nel prossimo futuro. Ora, in tale quadro, il problema dell'evoluzione dei servizi numerici (telegrafo, telex, teleinformatica) nell'ultimo quarto di secolo può essere considerato sotto due aspetti da un lato, quale sia la prevedibile evoluzione delle tecniche di telecomunicazione per tali servizi, considerati indipendentemente dalla telefonia, e dall'altro lato quali vantaggi e svantaggi potrebbero derivare da orientamenti finalizzati all'impiego di mezzi già sviluppati per la telefonia. Per ciascuno dei due aspetti è però sempre opportuno tener presenti i dati quantitativi relativi alla domanda per questi servizi nel prossimo futuro.
Per il telegrafo tradizionale, caratterizzato dall'immagine del fattorino che consegna il telegramma, dopo un periodo di basso indice di incremento che è durato pressappoco fino alla metà di questo secolo, il servizio vede attualmente diminuire progressivamente i suoi traffici. Si può ben parlare di un effetto di sostituzione da parte di altri servizi, telefonico e telex, che si propongono come alternative più valide. Sembra che il servizio telegrafico tradizionale debba in ogni caso rimanere stabilmente legato ad alcuni settori dei rapporti sociali (piuttosto che economici) e raggiungere così una sua dimensione di equilibrio. La piccolezza di tale dimensione e la sua stabilità lo rendono però irrilevante sotto l'aspetto dello sviluppo delle telecomunicazioni.
Il servizio telex è invece crescente; ma anch'esso non sembra avere un grandissimo futuro, essendone prevista una saturazione intorno a un massimo di 50 terminali ogni 10 mila abitanti.
Il servizio in maggiore espansione è quello di teleinformatica. Cominciano appena oggi a delinearsi le caratteristiche di tale servizio su rete pubblica, che si traducono in richieste di trasmissione, di commutazione e di gestione di dati; tuttavia, è già possibile prevedere che per il 1985 il numero di terminali per tale servizio supererà praticamente dovunque il numero dei terminali telex. Il tasso di incremento sarà eccezionale in quanto si prevede di decuplicare la consistenza dei terminali entro dieci anni. Anche per la teleinformatica, però, il limite di saturazione previsto appare alquanto inferiore alla consistenza dell'utenza telefonica ‛affari', che a sua volta, nell'arco di questo secolo, risulterà essere di un ordine di grandezza inferiore rispetto all'utenza telefonica totale. Pertanto, almeno per vari anni, la somma dei terminali telex più dati rimarrà di gran lunga inferiore rispetto alla consistenza degli apparecchi telefonici (v. fig. 40).
Tendenze di sviluppo delle tecniche. - Le tecniche di trasmissione e di commutazione di dati in rete pubblica vanno attualmente evolvendosi con gli obiettivi di minimizzare i costi, sia delle apparecchiature singole per utente, sia del trasporto dei dati a distanza, e di stabilire una normalizzazione del servizio in modo da rendere possibile la produzione di apparecchiature di costo specifico minimo. Un risparmio considerevole è atteso con l'installazione presso l'utente, al posto dei modem in banda fonica, di modem molto meno costosi, detti ‛in banda base', adatti a linee d'utente di breve portata su conduttori metallici fino al primo nodo urbano. In tale nodo, numerosi flussi dati a bassa velocità possono essere multiplati a divisione di tempo in linee dati ad alta velocità, e trasmessi a distanza attraverso un unico modem per linea (va tenuto presente che, in prima approssimazione, il costo dei modem per le lunghe distanze non dipende dalla frequenza di cifra ma dal suo rapporto con la larghezza di banda del portante). Dall'opportunità di multiplare i flussi dati in linee a velocità superiori discende la necessità che i flussi stessi si presentino ai multiplatori in forma omocrona, cioè che siano regolati sulla base dei tempi dei multiplatori stessi: per terminali dati non in grado di accettare una regolazione del flusso da parte della rete, si impongono metodi di codifica; un esempio di questi è la codifica delle transizioni a 3 bit, alla quale corrisponde orientativamente un flusso codificato in linea di velocità tripla del flusso netto. Per terminali che accettano la regolazione dall'esterno il flusso dati in linea può avere, invece, una velocità solo leggermente superiore a quella del flusso netto. È facile prevedere che questo tipo di terminali risulterà in futuro largamente il più diffuso.
Per quanto esposto, la tendenza generale di sviluppo è verso una futura rete di teleinformatica totalmente sincronizzata. La terminazione di tale rete presso l'utente, ossia l'equipaggiamento di comunicazione dati, è chiamata anche DCE (dalle iniziali di Data Communication Equipment). Comunemente essa contiene non solo il modem in banda base, ma anche dispositivi per l'invio dei dati sulla linea d'utente sotto forma di sequenze di 8 bit, 6 dei quali sono dati netti e due servono al sincronismo e alla segnalazione. Il DCE è quindi anche un convertitore di velocità, da quella netta del terminale alla velocità lorda di linea (nel rapporto 3: 4) e viceversa. In sede internazionale sono già stati normalizzati sia i flussi di dati netti, che saranno a 0,6, a 2,4, a 4,8, a 9,6 e a 48 kbit/s (corrispondenti a 0,8, a 3,2, a 6,4, a 12,8 e a 64 kbit/s lordi), sia il codice di segnalazione sulle linee d'utente per la formazione e il controllo dei collegamenti, che sarà l'alfabeto internazionale n. 5. Sono pure in corso di normalizzazione formati e procedure per la commutazione di pacchetto e di messaggio. Frattanto, apparecchiature di rete sincrona per dati sono allo stadio di sviluppo sperimentale in numerosi paesi, e un primo impianto di vasta estensione è stato aperto al servizio negli Stati Uniti all'inizio del 1974 per applicazioni punto-punto e multipunto (v. fig. 41).
Per i terminali di tipo telex a bassa velocità la tendenza di sviluppo è verso apparecchiature di codifica e di multiplazione in flussi dati a velocità superiori e normalizzate.
Integrazione con la telefonia. - I motivi dell'attrazione che la rete telefonica esercita nei confronti dei servizi numerici risiedono fondamentalmente nella diffusione nettamente maggiore della telefonia rispetto agli altri servizi. In conseguenza di economie di scala, qualunque sia il tipo dei segnali da trasportare, appare di regola conveniente prevedere apparecchiature di adattamento di tali segnali alla rete telefonica, piuttosto che allestire sul territorio una rete indipendente. Il fenomeno fu già considerato trattando della telegrafia armonica, dei modem di linea per le reti chiuse di teleinformatica, e così pure della codifica per caratteri dei segnali telegrafici. Così si può prevedere che anche la rete sincrona per dati si appoggerà con assoluta convenienza sui mezzi trasmissivi della rete telefonica, anche nelle tratte di questa equipaggiate con sistemi di tipo analogico. In tal caso verrebbero impiegati modem in grado di allocare, entro la banda di un canale telefonico, da un canale dati a 2,4 kbit/s netti fino a 3 di tali canali (ma con modem considerevolmente più costosi). Analogamente si possono allocare uno o due canali a 64 kbit/s nella banda 60 ÷ 108 kHz di un multiplex primario a divisione di frequenza, ecc.
Ben diverso è, invece, il panorama e ben maggiore è la convenienza nella prospettiva di disporre di una rete telefonica integrata su base numerica. In tal caso, tenuto presente che un canale telefonico PCM corrisponde a un flusso di 64 kbit/s, è evidente che in tale flusso sono allocabili, tramite poco costose apparecchiature numeriche, ben 20 canali dati a 3,2 kbit/s lordi, ossia a 2,4 kbit/s netti (v. fig. 42). Come sottoprodotto della numerizzazione della rete telefonica, il costo della trasmissione dei dati dovrà, quindi, diminuire sensibilmente; per questa ragione si prevede, fra l'altro, che aumenti considerevolmente la percentuale dei terminali funzionanti alle velocità più elevate (9,6 e 48 kbit/s). Parallelamente, si prevede un aumento della qualità della trasmissione, ossia una diminuzione del tasso di errore. Ma pure altre economie possono derivare per la teleinformatica dalla diffusa presenza, oltre che di mezzi trasmissivi numerici, anche di centrali di commutazione numeriche, la cui caratteristica è di commutare canali a 64 kbit/s. Nella misura in cui tali centrali saranno messe in grado di commutare i dati, sostanziali vantaggi economici potranno essere tratti, per la teleinformatica, dalla possibilità di allacciamento dei terminali a una centrale molto più vicina, cioè dalla possibilità di accorciamento delle linee d'utente. Va tenuto conto che queste linee incidono alquanto, essendo singole per utente, nel bilancio di un servizio. Il loro accorciamento dipende, in linea generale, dal rapporto fra la densità complessiva dei servizi forniti dalla rete e la densità particolare del servizio che viene a integrarsi in essa. Nel caso specifico in cui vi sia un rapporto dell'ordine di 100 a 1, la lunghezza del collegamento d'utente si accorcia orientativamente nel rapporto 10 a 1. Il risparmio globale è tanto maggiore quanto minore è il traffico specifico per utente dati: dalla sua entità dipende, infatti, il numero delle giunzioni fra centrali che occorre installare in più per il trasporto dei dati (v. fig. 43).
Una prospettiva attraente, attualmente allo studio, è che i canali dati si presentino all'ingresso di un autocommutatore telefonico, quale che sia la loro velocità netta, sempre come canali a 64 kbit/s e che, una volta riconosciuti come canali dati e interpretate le informazioni di segnalazione in forma dati, vengano connessi all'utente o alla direzione desiderata. In tale prospettiva un autocommutatore telefonico, con appropriate apparecchiature integrative, è capace di effettuare autonomamente la commutazione di circuito dei dati. È da rilevare che, a loro volta, le comunicaztoni sulla rete dati non escludono, alle frequenze di cifra più elevate (9,6 e 48 kbit/s) la trasmissione della voce in forma numerica. A tali frequenze, infatti, è possibile ottenere una qualità telefonica ancora buona se si impiegano tecniche di codificazione opportune. Tale possibilità può suscitare non trascurabili interessi, in quanto la conversione in forma numerica del segnale fonico presso l'utente rende possibile, fra l'altro, l'encriptazione del segnale (finora usata soltanto per scopi militari) a garanzia praticamente assoluta del segreto della comunicazione contro eventuali intercettazioni.
Un'altra interessante prospettiva è quella di non limitare le possibilità di integrazione fra telefonia e dati alla sola commutazione di circuito. Si fa particolare riferimento: alla possibilità di usare convenientemente la commutazione di circuito sul collegamento fra l'utente e un nodo a commutazione di pacchetto; alla possibilità di interconnettere nel modo più conveniente una rete a commutazione di pacchetto con la rete integrata a commutazione di circuito; alla possibilità per l'utente di scegliere, comunicazione per comunicazione, la modalità di commutazione più conveniente.
In definitiva, il medesimo concetto di integrazione già enunciato trattando delle tecniche telefoniche su base numerica ritorna a manifestarsi valido trattando del servizio telefonico e di altri servizi su base numerica: conviene considerare i diversi servizi non come sistemi indipendenti ma come sottosistemi interallacciati di un unico sistema. Da un lato si impongono vincoli reciproci (generalmente senza costo) nello sviluppo dei vari sottosistemi, ma, dall'altro, da una rete siffatta che è detta ‛integrata nelle tecniche e nei servizi' non possono derivare che vantaggi sotto l'aspetto delle telecomunicazioni in generale. Ovviamente, non è detto che risulti conveniente richiedere sistematicamente agli impianti telefonici lo svolgimento di tutte le funzioni necessarie per tutti i servizi. A titolo di esempio, appare del tutto improbabile una fusione del servizio telefonico con quello telegrafico tradizionale e con il telex.
In generale, l'integrazione dei servizi va resa fattibile là dove essa risulta conveniente. Ciò implica, per quanto esposto, le seguenti azioni fondamentali: a) individuazione delle applicazioni per cui può convenire l'integrazione; b) indirizzamento dello sviluppo di impianti di telecomunicazione adatti all'integrazione; c) orientamento dell'evoluzione dei servizi in un senso che tenga conto dei vantaggi derivabili dall'integrazione. La promozione, la realizzazione e il perfezionamento in parallelo di tali punti costituiscono una delle più importanti attività attualmente in corso di svolgimento per l'evoluzione del mondo delle telecomunicazioni.
d) Altri servizi.
Si può prevedere che una rete integrata di telecomunicazioni, oltre che promuovere l'evoluzione di servizi esistenti come la telefonia e la teleinformatica, faciliti nuove applicazioni e nuovi servizi. Questi sono classificabili in servizi bidirezionali (generalmente derivati da un'evoluzione della telefonia) e servizi unidirezionali (generalmente derivati da un'evoluzione della diffusione di programmi via etere).
Servizi bidirezionali. - Un servizio che è nato in tempi recenti come derivazione dal servizio telefonico e che con esso è già profondamente interallacciato è quello del telefono installato su mezzi mobili (auto, natanti e aerei) e collegato con la normale rete pubblica via radio. Diverse centinaia di migliaia di tali apparecchi sono previsti per la sola Europa occidentale già nel 1985. Si prevede che la presenza di una rete numerica, in cui l'attenuazione è indipendente dal numero dei circuiti in serie, possa in futuro rendere sensibilmente migliore la qualità delle comunicazioni da ‛fisso' verso ‛mobile'. Un esempio particolare è costituito dai collegamenti via ‛satellite marittimo' (in orbita geostazionaria su un oceano) per navi in alto mare tali collegamenti sono essi stessi di natura numerica e servono in forma integrata per comunicazioni telefoniche, telex, dati, ecc.
Un altro importante servizio bidirezionale da prevedere per una futura rete è quello videotelefonico che, pure, può essere considerato sotto certi aspetti come un servizio telefonico sofisticato. È evidente che, se le tariffe videotelefoniche potessero essere rese paragonabili a quelle telefoniche, il nuovo servizio sarebbe in grado di relegare la semplice telefonia nel mondo del passato. Un modello di videotelefonia può apparire quello che, in un'abitazione, lascia vedere i lineamenti di un familiare lontano. Ma sembra ben difficile che tale immagine possa concretamente rappresentare il nostro futuro: l'economicità del videotelefono è infatti fortemente ostacolata dalla grande larghezza di banda (ovvero dalla grande frequenza di cifra) da trasmettere. Una comunicazione videotelefonica impegna approssimativamente 1 MHz e ha una portata che, in cavo urbano, non supera una decina o due di chilometri. Oltre tale distanza è opportuno numerizzare il segnale in modo da poterlo trasmettere sulle lunghe distanze senza ulteriori degradazioni. Per motivi inerenti alla natura del segnale, pur con l'impiego delle più sofisticate tecniche di codifica (di cui si darà indicazione più avanti), la frequenza di cifra da impiegare corrisponde a quella di varie decine di comunicazioni telefoniche; in un rapporto di quest'ordine di grandezza debbono allinearsi costi e tariffe, se non altro per quanto riguarda le comunicazioni interurbane. Forse fu appunto quello del costo eccessivo il motivo principale della mancata diffusione del servizio cosiddetto picturephone, introdotto nel 1971 negli Stati Uniti. Ma, per altri versi, l'apparecchio videotelefonico può rivelarsi particolarmente utile all'aumento della redditività individuale. Basta considerare la possibilità di scelta di un acquisto attraverso la visione a distanza della merce; o la capacità di comprensione fra due tecnici di un certo ramo attraverso un'immagine immediata; e così via. Nella prospettiva di una rete numerica va anche considerato che, dato un canale di limitata frequenza di cifra (per esempio un canale di tipo telefonico a soli 64 kbit/s) esso appare in grado di trasportare senza riduzioni di ridondanza immagini videotelefoniche che si rinnovano già alquanto frequentemente (orientativamente ogni 5 secondi). Il videotelefono non appare, allora, come un oggetto di lusso, ma piuttosto come uno strumento di lavoro in grado di contribuire efficacemente alla realizzazione di un possibile slogan futuro, ‟comunicare per lavoro e viaggiare per diporto", che tanti risparmi potrebbe apportare alla società civile. È possibile che tali discordanti considerazioni siano all'origine del fatto che le previsioni ufficiali sullo sviluppo quantitativo della videotelefonia in Europa sono fortemente disomogenee tra i diversi paesi: per esempio per il 1985 si va da previsioni intorno all'1,7% degli abitanti per la Danimarca allo 0,002% per la Finlandia. Sotto l'aspetto dell'integrazione, il caso della videotelefonia è sostanzialmente opposto a quello del servizio dati. Infatti, dal punto di vista della banda (o della frequenza di cifra) da trasmettere, il servizio videotelefonico è multiplo e non sottomultiplo del servizio telefonico. Pertanto, in ambito locale, converrà che il segnale video sia mantenuto analogico anche là dove conviene che il segnale fonico sia numerizzato; d'altra parte, in ambito extraurbano, conviene che il segnale video sia sempre numerizzato per motivi di qualità dell'immagine. In tal senso la rete a lunga distanza dovrà essere predisposta per trasportare il traffico videotelefonico, con un adeguato impegno di capacità trasmissiva, che non sarà certo indifferente anche in presenza di un numero relativamente basso di utenti. Le altre zone di integrazione appaiono essere: 1) la linea d'utente, dove il segnale video può convivere in forma analogica con il segnale audio; 2) la segnalazione, nel senso che la tastiera normale dell'apparecchio telefonico può costituire il più conveniente strumento di colloquio uomo-macchina per stabilire anche comunicazioni videotelefoniche, ovvero i passaggi da comunicazioni video+audio a comunicazioni solo audio e viceversa.
Un caso particolare di comunicazione videotelefonica può essere costituito dalle comunicazioni cosiddette facsimile. Queste consistono nella riproduzione stampata a distanza di disegni e costituiscono evidentemente una grande evoluzione rispetto alle comunicazioni alfanumeriche di tipo telex. Attualmente vengono effettuate via telefono, ma con tempi di riproduzione dell'ordine di qualche minuto; con opportuni adattamenti dei terminali videotelefonici la trasmissione potrà nel futuro ridursi ai tempi strettamente necessari per la stampa.
Un esempio probabile di futuro impiego di videotelefono è costituito, infine, dalla possibilità di ottenere, tramite tale servizio, l'effettuazione di ‛conferenze video' fra corrispondenti a distanza per riunioni d'affari, ecc.
Servizi unidirezionali. - Per vari motivi può convenire che il tema della diffusione circolare unidirezionale ‛uno verso molti' di programmi audio e video venga distinto e trattato separatamente dai servizi di telecomunicazioni bidirezionali ‛uno con uno'. D'altra parte, nel trattare della rete per comunicazioni bidirezionali è opportuno non dimenticare quella quota, crescente, di segnali unidirezionali che viene diffusa attraverso cavo piuttosto che via etere. Per i servizi di radiodiffusione, una larga integrazione con la telefonia è già ottenuta attraverso la tecnica della filodiffusione, per cui sulla linea d'utente telefonico vengono immessi, traslati su bande di frequenza elevate, diversi programmi contemporaneamente. A domicilio dell'utente, attivando adeguati filtri e demodulatori è possibile selezionare uno fra i vari programmi e riportarlo nella banda originaria. Una prospettiva di ulteriore integrazione della radiodiffusione con la telefonia risiede nella codifica del segnale musicale in forma numerica per il suo trasporto senza degradazione sulla rete di telecomunicazioni numerica (per es., per alimentare una stazione radio ripetitrice). Poiché lo standard del segnale musicale da radiotrasmettere è superiore a quello del segnale telefonico, corrispondentemente è necessaria una frequenza di cifra più elevata. Di conseguenza, nella frequenza di cifra di 2 Mbit/s, corrispondente al multiplex primario da 30 canali telefonici PCM, possono essere allocati soltanto 6 canali musicali.
I medesimi problemi, in forma più evoluta e complessa, si presentano per la videodiffusione via cavo. Per quanto riguarda le previsioni di sviluppo di questo servizio, va tenuto conto, da un lato, dell'incremento dell'utenza televisiva in generale e, dall'altro, delle ragioni che possono spingere all'impiego dei cavi. Sotto il primo aspetto appare evidente il progressivo effetto di sostituzione che la diffusione televisiva presenta nei riguardi di quella radiofonica. In tale quadro sembra da prevedere che il servizio televisivo tenda a diventare un servizio di carattere individuale, cioè con una densità rispetto alla popolazione intorno all'unità. Sotto il secondo aspetto, due fattori concomitanti tendono alla diffusione via cavo. Infatti, l'offerta e la richiesta di programmi vanno progressivamente aumentando, anche nei paesi più progrediti; d'altra parte, la diffusione attraverso l'etere è soggetta a disturbi e a zone d'ombra (particolarmente nelle aree metropolitane con costruzioni molto elevate) e soprattutto ha la capacità di trasporto di un limitato numero di programmi, che va rapidamente saturandosi. Sembra quindi lecito prevedere per il futuro una elevatissima densità della videodiffusione via cavo, che può arrivare al livello di un apparecchio per ciascun abitante.
Sotto l'aspetto della realizzazione tecnica si distinguono due grandi categorie di soluzioni: ad albero oppure a stella. La diffusione ad albero è fondata sulla multiplazione a divisione di frequenza di numerosi programmi televisivi. L'intera banda di frequenze viene poi convogliata da un'apposita rete di distribuzione. Tale rete è in cavo e copre con le sue diramazioni l'intero territorio di una città. Ogni utente riceve da questa rete l'intera banda attraverso un proprio apposito collegamento terminale. A domicilio dell'utente, come per la filodiffusione, è possibile selezionare e riportare nella banda originaria uno dei programmi. Appare chiaro che la soluzione ad albero è suscettibile di una ben limitata integrazione con la telefonia; integrazione che può consistere, al massimo, nell'impiego delle infrastrutture tecniche e organizzative della telefonia, cioè, per esempio, nell'uso dei medesimi cunicoli o nella posa contemporanea dei cavi delle due reti. La diffusione a stella è invece fondata sull'impiego di linee d'utente di capacità limitata a un unìco programma, cioè meno costose. Tale soluzione richiede l'impiego di una matrice di commutazione fra le linee d'utente e i diversi programmi, da azionare di volta in volta attraverso un apposito dispositivo di selezione a distanza. È evidente che tale tecnica a stella aprirebbe la strada a ben più profonde integrazioni con la telefonia attraverso l'impiego della linea telefonica d'utente per il trasporto, nella banda di frequenza superiore, di un canale televisivo. Va infatti notato che sulla medesima linea d'utente possono essere allocati in bande diverse segnali telefonici, di audiodiffusione, videotelefonici e di videodiffusione.
Parallelamente, infine, una prospettiva di ulteriore integrazione della videodiffusione con la telefonia risiede nella codifica del segnale video in forma numerica con considerazioni analoghe a quelle fatte per la diffusione di programmi musicali.
Telemetria. - Un servizio difficilmente classificabile, anche se di sicuro interesse potenziale, è costituito dalla telemetria. I servizi pubblici di distribuzione (dell'energia elettrica, dell'acqua, del gas) prevedono in generale l'installazione di contatori dei consumi a domicilio dell'utente. Un sensibile onere nell'economia di tali servizi è costituito dalla necessità di lettura periodica dei contatori. Tale onere potrebbe essere praticamente annullato attraverso la telemetria, cioè la lettura a distanza dei contatori stessi per il tramite della rete di telecomunicazioni.
5. Problemi del momento.
Il panorama delle numerose tendenze che oggi si aprono alla telegrafia, alla telefonia e in generale a tutti i servizi del mondo delle telecomunicazioni fa apparire palesemente come quello attuale sia un momento critico, di grande svolta, per le telecomunicazioni stesse. A fronte di una preesistente e consolidata situazione fondata su tecniche che oggi si definiscono analogiche, pressanti indicazioni provenienti da nuove tecnologie e filosofie indirizzano ora a una conversione verso tecniche che si definiscono numeriche. L'enorme quantità e valore degli impianti analogici esistenti costituisce un elemento di inerzia considerevole, che si oppone ai mutamenti. Per contro, le prospettive di considerevoli incrementi di impianti e le molteplici richieste di nuove prestazioni inducono verso il rinnovamento. Il problema è reso ancor più complesso dal fatto che il rinnovamento può essere realizzato attraverso diverse vie in alternativa: infatti, oltre alla soluzione totalmente numerica e integrata, si presentano pure altre soluzioni, meno radicali, che possono essere tanto più prontamente disponibili quanto più sono fondate su sviluppi magari non tanto avanzati né totalmente risolutivi, ma già completati o in corso di completamento.
In tale situazione, gli enti responsabili vanno ricercando la più conveniente risposta agli assilli del momento tenendo ben presenti le diverse e peculiari situazioni in atto nei singoli paesi. Tuttavia, nel complesso delle varie e disomogenee azioni che sono in corso nel mondo, possono essere individuati due indirizzi comuni lungo i quali, seppure con ritmi e velocità diversi, tutti i paesi si stanno muovendo. Essi sono: 1) adozione di componenti numerici a semiconduttori, dapprima negli impianti di trasmissione e negli elaboratori di comando, e successivamente negli impianti di commutazione; notevole, per questi ultimi, l'adozione di soluzioni integrate con gli impianti numerici trasmissivi su base PCM, al posto della precedente ricerca di soluzioni separate dei singoli problemi settoriali; 2) integrazione dei diversi servizi di telecomunicazioni fra loro, ampliando l'orizzonte alla ricerca di soluzioni economiche in senso generale, al posto di sviluppi limitati alle aree dei singoli servizi. Come realizzazione estrema di tali orientamenti si prospetta una rete integrata nelle tecniche e nei servizi su base numerica, con la convinzione che, nella misura in cui essa verrà realizzata, corrispondenti vantaggi saranno tratti per le telecomunicazioni e, più in generale, per la società civile. In merito a tale rete è ritenuto da più parti non soltanto auspicabile, ma anche probabile, che essa trovi realizzazione con adeguata estensione e consistenza entro questo secolo.
Sembra il caso di tratteggiare, infine, il quadro dei problemi attualmente sul tappeto, problemi che, per quanto esposto, non si riferiscono alla direzione dell'evoluzione, ma al modo di realizzarla.
I temi della problematica si riferiscono non solo alle linee di sviluppo dei nuovi mezzi trasmissivi e di commutazione, ma anche ai metodi secondo i quali tali nuovi mezzi dovranno essere introdotti nella rete esistente. Tali metodi vengono studiati tenendo presente l'opportunità di soddisfare nel migliore dei modi le insorgenti richieste di nuovi servizi attraverso i nuovi impianti, ma tenendo anche presente l'inderogabile necessità di mantenere efficientemente in servizio gli impianti esistenti e non ancora obsoleti. Altri temi di studio si riferiscono alla sincronizzazione della rete; altri all'armonizzazione degli attuali sviluppi con le possibili ulteriori evoluzioni dei tempi futuri, altri ancora alle implicazioni che dall'evoluzione prevista deriveranno per la società del futuro. La trattazione di tali temi, di norma coordinata nell'ambito di appositi organismi internazionali, viene progressivamente approfondita, a livelli di sempre maggiore dettaglio, fino all'acquisizione di dati definitivi per la produzione e la messa in servizio dei nuovi impianti.
a) Problematica della trasmissione.
In sintesi, nel quadro prospettato, l'orientamento fondamentale degli attuali sviluppi in campo trasmissivo è quello di realizzare un sistema di telecomunicazioni adatto a far transitare segnali di ogni genere: dati, fonia, programmi musicali, videotelefonia, programmi televisivi, ecc., tutti in forma numerica. Da un lato vengono sviluppate a tale scopo ‛linee' numeriche di capacità sempre maggiore, sia sfruttando i mezzi portanti tradizionali già impiegati con tecniche analogiche, sia progettando portanti nuovi, appositamente concepiti per la trasmissione numerica; dall'altro, per ogni tipo di sorgente si deve fare in modo che le informazioni originate (generalmente in forma analogica) dai terminali d'utente vengano convertite in segnali di tipo numerico accettabili dal sistema di telecomunicazioni. La teoria di Shannon costituisce, in tale opera, uno strumento fondamentale. A essa è fatto costante riferimento non solo per i metodi di approccio ai problemi, ma anche per l'adozione sistematica di grandezze peculiari della teoria dell'informazione stessa, ossia principalmente: 1) la quantità teorica di informazione trasportabile da un canale (che dipende sostanzialmente dalla larghezza di banda trasmissibile e dal rapporto segnale/rumore); 2) l'effettiva quantità di informazione (entropia) originata dai diversi tipi di sorgente. I valori limite di tali grandezze costituiscono, ovviamente, dei termini di riferimento teorico, ben sapendosi che nella pratica non è possibile raggiungerli, né conviene economicamente avvicinarvisi più che tanto.
In sintesi, il problema è quello di ottimizzare sul piano tecnico-economico sia la frequenza di cifra da adottare in linea per i diversi tipi di portante (v. fig. 44), sia la frequenza di cifra di codifica per i diversi tipi di sorgente, ossia per i diversi servizi (v. fig. 45). In tale ricerca di valori ottimali gioca anche un ruolo di grande rilievo la convenienza che i progetti di linee e di codec vengano svolti non indipendentemente ma in modo armonizzato cosicché, partendo dai mezzi di minore capacità e dalle sorgenti di minore contenuto informativo, si sviluppino mezzi le cui frequenze di cifra sono multipli interi della frequenza di cifra di base, per evitare sfridi. A tale problema di armonizzazione è legato, ovviamente, anche lo sviluppo dei ‛multiplex numerici', cioè di quelle apparecchiature che attraverso la multiplazione a divisione di tempo permettono l'affasciamento di più canali numerici in uno unico, a frequenza di cifra multipla e adatta alla capacità di un mezzo portante determinato. La problematica dello sviluppo armonico della rete numerica trasmissiva, nei suoi aspetti relativi a linee, codec e multiplex, si concentra quindi nella definizione della cosiddetta ‛gerarchia numerica' (v. fig. 46). Analogamente a quanto già è stato fatto per le tecniche analogiche (FDM), viene stabilita in sede internazionale una successione di frequenze di cifra ('livelli gerarchici'), ognuna delle quali può essere trasmessa su una linea numerica, può corrispondere alla frequenza di cifra generata da un codec e può essere accettata (o generata) all'ingresso (o all'uscita) di un'apparecchiatura multiplex. Purtroppo i livelli gerarchici su cui sono decisamente orientati i paesi europei sono 2, 8, 34 e 140 Mbit/s, mentre i paesi nordamericani e il Giappone sono orientati su standard diversi a 1,5, a 6, a 45 e a 275 Mbit/s. Nonostante gli accesi dibattiti in sede internazionale non sembra possibile riuscire a stabilire un'unica gerarchia, e l'unico elemento di accordo mondiale è per ora la frequenza di cifra di 64 kbit/s per il segnale telefonico codificato. Apparecchiature operanti ai primi due livelli gerarchici, relativi alle due gerarchie proposte, sono attualmente in servizio in Europa, Nordamerica e Giappone; anche quelle relative ai livelli man mano superiori sono in fase di progressivo sviluppo e introduzione in rete.
Linee. - Passando ora a considerare argomenti di maggiore dettaglio, nei riguardi degli sviluppi di linee numeriche gli sforzi sono concentrati, da una parte, nell'impiego in tecnica numerica dei portanti esistenti (in particolare le coppie coassiali di grande diametro) al fine di realizzare linee di trasmissione competitive anche sulle lunghe distanze con le tradizionali linee analogiche (a 12 e a 60 MHz) e, dall'altra, nella realizzazione di sistemi numerici con mezzi portanti appositamente sviluppati, quali le coppie microcoassiali, i ponti radio operanti nelle gamme di frequenza molto elevate (13 GHz e oltre), le guide d'onda millimetriche e le fibre ottiche (v. fig. 47). Per quanto riguarda guide d'onda e fibre ottiche, l'impiego in tecnica numerica a frequenze di cifra maggiori di 100 Mbit/s risulta senz'altro più conveniente di quello in tecnica analogica. L'adozione di tali portanti è peraltro ancora condizionata in primo luogo dalla realizzazione di tecnologie in grado di ottenere un'effettiva competitività rispetto alle coppie coassiali (usate in tecnica analogica oppure numerica); inoltre, i due nuovi mezzi portanti sono in competizione fra loro. Al riguardo, era inizialmente sembrato che la competitività rispetto alle coppie coassiali sarebbe stata raggiunta dapprima dalle guide d'onda, mentre la competitività delle fibre ottiche si sarebbe realizzata in un tempo più lontano. Al momento attuale, invece, i risultati già raggiunti nel campo delle fibre rendono plausibile che gli sviluppi di guide d'onda vengano addirittura abbandonati.
Nei riguardi delle frequenze di cifra minori di 100 Mbit/s l'impiego di cavi microcoassiali e ponti radio operanti nella gamma dei 13 GHz è ben consolidato; si prospetta, pero, come sempre più attraente l'uso di fibre ottiche in cui la luce ha più modi di propagarsi lungo la fibra (fibre multimodali). Tale nuovo mezzo portante sembra anzi avere, nel lungo termine, campi di conveniente applicazione sia in tecnica analogica sia numerica, in sezioni di rete che vanno dalle linee d'utente alla rete di giunzione a piccola e media distanza. Sarebbe però azzardato formulare oggi delle concrete previsioni d'impiego, in quanto l'adozione di fibre ottiche è ancora condizionata dalla soluzione di numerosi problemi tecnologici: realizzazione di diodi emettitori di luce (LED) di elevata affidabilità, costruzione di cavi adeguati, realizzazione di semplici ed efficaci tecniche di giunzione tra fibra e LED, ecc.
Codec. - Per quanto riguarda i codec (v. tab. II), il problema è ormai risolto per i segnali della telefonia normale e la presenza di un numero di apparecchiature ormai molto grande costituisce un forte vincolo a fronte di possibili evoluzioni a frequenze di cifra diverse da 64 kbit/s. In realtà, la frequenza del normale codec PCM appare ben lontana dai limiti teorici, che si trovano intorno a 1 kbit/s. Si osserva però che per avvicinarsi a tale limite occorrerebbe realizzare dei codificatori di sorgente più complessi e costosi in modo da eliminare gran parte della ridondanza inerente al segnale vocale. Per ottenere il massimo dei risultati occorrerebbe, inoltre, assumere un criterio di fedeltà che consenta di trascurare aspetti del segnale vocale (quali il timbro e l'inflessione) che sono invece importanti sotto l'aspetto soggettivo della qualità del segnale scambiato fra persone, ma non sono essenziali sotto il profilo del contenuto informativo.
Anche per i segnali musicali, come già si disse trattando di audiodiffusione via cavo, semplici codec PCM sono stati realizzati e introdotti in rete per il servizio cosiddetto di filodiffusione.
Per i programmi televisivi (con larghezza di banda di 5 MHz) l'impiego di tecniche semplici di codifica PCM richiederebbe frequenze di cifra considerevolmente elevate: 68 Mbit/s potrebbero risultare appena sufficienti per un programma televisivo. Di conseguenza, visto il notevole costo legato al trasporto di tali segnali (68 Mbit/s corrispondono a 960 canali telefonici), appare allettante sviluppare per essi, soprattutto per le comunicazioni a lunga distanza, dispositivi di riduzione di ridondanza atti a diminuire la frequenza di cifra nei rapporti 2:1 e 4:1 e oltre. Anche per le immagini videotelefoniche sussiste, in scala minore, il medesimo problema e gli studi in corso tendono a ridurre la frequenza di cifra da 8 a 2 Mbit/s attraverso codificatori di sorgente a riduzione di ridondanza.
Multiplex. - Per quanto riguarda i multiplex di ordine superiore al primo, l'orientamento europeo è, come si è detto, verso la multiplazione nel rapporto 4 : 1, ottenendo frequenze di cifra lorde in linea di 8, di 34 e di 140 Mbit/s circa. L'opportunità di tali multiplazioni non risiede certamente soltanto nel fatto che il rapporto sia una potenza intera di 2, ma principalmente nell'effettiva corrispondenza delle frequenze di cifra risultanti con valori caratteristici opportuni sia per i codec sia per i mezzi portanti. Vanno infine rammentate, per frequenze di cifra minori, le apparecchiature (di teleinformatica) che si inseriscono a monte nella gerarchia numerica indicata. Due tipi di submultiplatori per inserzione di dati in un canale a 64 kbit/s sono attualmente in corso di sviluppo: uno per miscugli di canali dati a tutte le frequenze di cifra lorde normalizzate da 0,8 a 12,8 kbit/s e l'altro per miscugli di canali dati a 3,2 e a 12,8 kbit/s.
b) Problematica della commutazione.
Per un esame ordinato dei problemi relativi all'evoluzione delle centrali di commutazione è opportuno considerarne separatamente le tre funzioni fondamentali, ossia le funzioni di connessione, di comando e di segnalazione.
Connessione. - È già stato precedentemente esposto come, pur nella sistemistica di una rete integrata, il grado di penetrazione delle tecniche numeriche su base PCM nelle reti di connessione delle centrali possa risultare di volta in volta diverso a seconda che si considerino diversi tipi di segnali (servizi) e diversi livelli di rete (stadi d'utente, transiti locali, transiti interurbani). Mentre per certi segnali e livelli di rete la tendenza verso la tecnica numerica appare ormai consolidata (così come per altri vi è una sostanziale concordanza sulla tecnica analogica), esiste tuttavia un insieme abbastanza vasto di segnali e livelli di rete per cui la tendenza verso la numerizzazione è ritardata, e un altro insieme per cui una tendenza sicura e omogenea non si è ancora formata. Ancor più numerosi sono i punti di disuniformità fra i diversi orientamenti in campo internazionale, per quanto riguarda il grado di integrazione dei vari servizi nei prossimi decenni.
In tale quadro sembra opportuno delineare la struttura di una rete integrata in cui sia realizzato il massimo grado di penetrazione delle tecniche numeriche e dell'integrazione dei servizi, nei limiti di una ragionevole possibilità di convenienza di tali soluzioni. Strutture meno radicali possono essere derivate da questa, per successivi arretramenti del grado d'integrazione. La scelta della struttura ottimale a medio termine costituisce, nei diversi paesi, il problema fondamentale in tema di commutazione. Iniziando dal livello degli stadi d'utente, stando a quanto descritto nei precedenti capitoli, una prospettiva di ‛ragionevole' numerizzazione è la seguente (v. fig. 48): a) per il servizio dati: stadi numerici; b) per il servizio telefonico: stadi analogici (a divisione di spazio o a divisione di tempo PAM, che favorisce la codifica PCM immediatamente a ridosso dello stadio d'utente); c) per i servizi videotelefonico e di videodiffusione: stadi analogici (matrici a divisione di spazio distinte ma dello stesso tipo per i due servizi). A livello dei transiti locali è prevedibile, nello stesso quadro, la commutazione in forma numerica a divisione di tempo attraverso il medesimo autocommutatore sia per la teleinformatica sia per la telefonia (integrazione funzionale dei due servizi). Per quanto riguarda invece i segnali video della videotelefonia, sembra debba risultare ancora conveniente l'impiego di matrici a divisione di spazio del tipo impiegato per gli stadi d'utente. Per i servizi di diffusione non sono previsti stadi di transito. Per i transiti interurbani, infine, dovrebbero essere impiegati sia per la telefonia sia per i dati a commutazione di circuito gli stessi commutatori numerici a divisione di tempo impiegati nelle aree locali. Anche i segnali video della videotelefonia dovrebbero presentarsi, a questi livelli, in forma numerica e quindi dovrebbero essere commutati in tale forma: sembra per questi possibile tanto la commutazione a divisione di tempo quanto quella a divisione di spazio in banda base.
La prospettiva fin qui delineata è stata definita ‛ragionevole' perché estende il processo di numerizzazione a quei settori per cui è già acquisito che certamente la numerizzazione stessa risulterà competitiva, e non agli altri settori, in cui la stessa competitività non è ancora accertata. A titolo di esempio, è probabile la futura adozione, per la telefonia, di stadi d'utente numerici, in cui la conversione analogico-numerica è effettuata a basso costo all'entrata delle linee d'utente in centrale, per mezzo di componenti ‛integrati' su larga scala (v. fig. 17), capaci di realizzare di per sé un gran numero di funzioni. Impianti di questo genere, anzi, già esistono, ma non si hanno ancora elementi a sufficienza per dimostrarne la competitività.
Se si considera ora il progresso tecnologico, appare probabile che entro la fine del secolo le matrici elettroniche a divisione di spazio possano evolversi nel senso del miglioramento delle caratteristiche del punto di contatto; ma ancor più interessanti sviluppi sono attesi nella componentistica dei commutatori a divisione di tempo (particolarmente quelli numerici, che costituiscono il problema più importante sul tappeto). Soprattutto la velocità di funzionamento dei componenti dovrà essere più volte raddoppiata nel breve termine, riducendo contemporaneamente in modo sensibile la dissipazione termica; si aprirà così la via alla produzione di matrici di potenzialità oggi non ancora raggiungibili. Parallelamente si prevede l'adozione di tecniche modulari in grado di consentire il decentramento di sezioni di un medesimo commutatore in posizioni più favorevolmente baricentriche in rapporto alle linee rispettivamente servite.
Comandi. - Per quanto riguarda i comandi, le possibilità di conveniente integrazione dei servizi di teleinformatica e di videotelefonia con il servizio telefonico appaiono particolarmente interessanti. Per la teleinformatica, l'integrazione a livello comandi risulta essenziale per permettere l'impiego indifferenziato per fonia o dati sia dei canali numerici (a partire dalla prima giunzione urbana) sia delle reti di connessione numeriche (a partire dal primo stadio di transito locale). I mezzi integrativi per il pretrattamento della segnalazione d'utente dati costituiranno uno dei più interessanti sviluppi del prossimo futuro. Un altro interessante sviluppo sarà quello relativo all'impiego del medesimo preelaboratore, con opportuni aggiuntivi, anche come mezzo di commutazione di pacchetto. Per il videotelefono, l'opportunità dell'integrazione a livello comandi appare evidente considerando la possibilità di impiegare la tastiera del normale apparecchio telefonico per formare anche collegamenti videotelefonici o per passare dalla comunicazione solo audio a quella anche video (a scansione veloce oppure lenta) e viceversa. Al contrario, per il servizio di videodiffusione, l'opportunità di usare in campo urbano giunzioni e reti di connessione separate dalla telefonia e l'opportunità che anche la segnalazione d'utente sia diversa da quella telefonica (per non interferire con il servizio telefonico stesso) tolgono molte ragioni di convenienza all'integrazione a livello comandi. Il processo di integrazione comporta in definitiva che, dato un organo di elaborazione preposto al comando delle centrali poste in una certa estensione territoriale, esso sia chiamato a trattare non solo il servizio telefonico di base generato, terminato o in transito nell'area, ma anche i servizi telefonici supplementari, la videotelefonia e i servizi di teleinformatica. Ne deriva la necessità di un aumento della capacità elaborativa; ma ciò non appare preoccupante, in vista, come già si disse, di una tendenza verso l'aumento della velocità di funzionamento dei componenti e verso l'alleggerimento delle funzioni più ripetitive degli elaboratori centrali attraverso l'impiego di preelaboratori periferici. Si può prevedere anzi, in generale, che la disponibilità di microelaboratori costituiti da un numero esiguo di circuiti integrati su larga scala potrà portare a un'ulteriore revisione dell'architettura dei sistemi, ritornando verso un decentramento (ma in misura relativa) di varie funzioni logiche e verso una maggiore modularità delle apparecchiature di comando.
Può preoccupare invece, se non viene correttamente dominata, la necessità di generare e soprattutto di gestire senza oneri eccessivi l'intero parco dei programmi di funzionamento delle centrali dei diversi tipi per le diverse applicazioni. Va infatti tenuta presente da un lato la prevedibile necessità di ampliare e migliorare continuamente le prestazioni delle centrali e dall'altro l'umana tendenza a vedere e risolvere ogni volta separatamente i singoli problemi contingenti. Ciò condurrebbe a inutili duplicazioni di lavori e a un carico di progettazione progressivamente crescente, in seguito alla proliferazione di sempre più numerose versioni di programmi. Questo, che è uno dei più interessanti problemi attualmente sul tappeto, viene affrontato soprattutto attraverso la ricerca di una linea organizzativa che conduca a generare automaticamente i disparati programmi di funzionamento delle diverse centrali a partire da un unico archivio primario (v. fig 49). L'archivio primario diviene, a questo punto, l'unico oggetto delle integrazioni, evoluzioni e modifiche che via via si rivelano opportune. Periodicamente (orientativamente una volta all'anno), sulla base dell'archivio primario man mano aggiornato si può effettuare l'edizione delle versioni nuove (ossia ampliate, rivedute e corrette) dei programmi di funzionamento di ogni singola centrale. La presenza di un archivio originario universale implica tanto l'opporturntà di sezionare dalle altre ogni funzione di comando che convenga poter considerare separatamente, quanto la necessità di stabilire una precisa regola di correlazione che leghi fra loro ordinatamente in ogni possibile combinazione le diverse unità funzionali elementari, i blocchi funzionali, i sottosistemi. Il problema è reso ulteriormente complesso quando si cerca, come del resto conviene, un'organizzazione della generazione dei programmi che tenga conto della rapida evoluzione delle tecnologie e consenta quindi di ampliare un sistema in esercizio con apparecchiature di tipo nuovo senza sconvolgere l'organizzazione dei programmi di funzionamento dei comandi centrali. Ciò implica, infatti, non soltanto la necessità di sezionare le singole unità funzionali ma anche di distinguere in ciascuna di esse la parte logica dipendente dal tipo di apparecchiatura impiegata come organo esecutore, la parte logica dipendente dal tipo di apparecchiatura impiegata come comando periferico e la parte logica che rimane indipendente dai tipi di apparecchiature impiegate per lo svolgimento della funzione interessata (v. fig. 50).
Nell'evoluzione dei comandi un altro grande problema ancora sul tappeto è quello relativo alla gestione del servizio. Profittando della disponibilità di macchine di alta potenzialità elaborativa s'intende, per esempio, evitare in ogni caso il sempre temibile fenomeno di paralisi del sistema di telecomunicazioni in seguito a sovraccarico. Un'alluvione, un terremoto o qualunque fatto eccezionale possono avviare su un nodo di commutazione o su un fascio di circuiti un'improvvisa domanda di comunicazioni in misura superiore a quella che il nodo o il fascio sono in grado di smaltire; conseguentemente, la rete a monte comincia a essere percorsa da un'ondata crescente di ripetuti tentativi di chiamata, che non vanno a buon fine, intasano gli organi di comando e potrebbero bloccare progressivamente l'intero sistema (v. fig. 51). La causa scatenante può essere anche l'improvviso guasto di un nodo o di un fascio. Poiché la velocità di propagazione delle paralisi può essere molto elevata, si pensa che soltanto un automatismo intelligente e complesso, ossia un sistema di elaborazione, sia in grado di rilevare con sufficiente prontezza l'insorgere del fenomeno, localizzare la zona cruciale e ordinare agli elaboratori di comando di tutte le possibili centrali di partenza il blocco delle chiamate dirette a tale zona (per esempio deviandole su una macchina parlante che invita il chiamante a desistere temporaneamente da nuovi tentativi). Gli elaboratori dedicati a tale scopo sono definibili come ‛gestionali'. La presenza di tali elaboratori può risultare conveniente anche per altri scopi, per esempio per ospitare programmi di diagnosi del sistema di commutazione, ossia programmi che richiedono grandi capacità di memoria e sono chiamati a operare alquanto raramente. Un altro scopo può essere quello di ausilio nel colloquio uomo-macchina, ossia di traduzione nel linguaggio più adatto all'uomo dei diversi tipi di messaggi scambiati fra gli elaboratori di comando e il personale di esercizio.
Segnalazione. - L'esposizione dei problemi presentati dalle future tecniche di commutazione non potrebbe considerarsi completa senza almeno un cenno ai problemi della segnalazione. I settori che più di altri sono oggetto di studio sono quattro: 1) segnalazione d'utente; 2) segnalazione fra preelaboratori ed elaboratori centrali; 3) segnalazione fra elaboratori centrali; 4) segnalazione fra elaboratori centrali e gestionali. Per la segnalazione d'utente telefonico e videotelefonico appare ben consolidata la tendenza verso l'impiego, al posto del sistema a disco, del sistema a 12 tasti per l'invio di segnali a frequenza fonica. È evidente la necessità di pervenire, su tale base, a codici e procedure sufficientemente semplici per ottenere i diversi tipi di iperservizi. Per la teleinformatica è invece previsto che la segnalazione d'utente venga essa pure trasmessa ‛in forma dati' ossia sotto la forma di bit. Le altre sono tutte segnalazioni fra macchine e possono perciò essere alquanto più complesse. In generale si può prevedere che tutte le segnalazioni fra macchine saranno sempre in forma dati e che ogni messaggio dovrà contenere: a) una parte indicante fra l'altro il tipo di messaggio di cui si tratta e la sua eventuale suddivisione in più messaggi elementari; b) il contenuto vero e proprio del messaggio; c) un certo numero di bit, cosiddetti di ridondanza, atti a riconoscere in arrivo se il messaggio ricevuto è stato alterato da errori lungo il percorso. Particolari attenzioni vengono poste, nel definire i sistemi di segnalazione, alle procedure di verifica della correttezza dei messaggi e alle strategie di ripetizione dei messaggi riconosciuti errati (v. fig. 52).
c) Sincronizzazione della rete.
Un altro problema appartenente contemporaneamente al dominio della trasmissione e a quello della commutazione e che dovrà essere risolto nel prossimo futuro è quello della sincronizzazione della rete. Esso deriva da inconvenienti che si manifestano nei nodi di una rete numerica in presenza di generatori dei tempi (orologi) non agganciati in frequenza fra loro, sotto forma di perdite di informazioni tanto più frequenti quanto più bassa è la precisione degli orologi stessi. Infatti, tutte le informazioni (ottetti) che dai diversi fasci numerici in ricezione entrano continuamente in un nodo di rete vengono prelevate dal nodo con la frequenza dei tempi (orologio) propria del nodo stesso, per essere poi avviate ai circuiti numerici in trasmissione. Se un fascio in ricezione avesse una frequenza minore di quella dell'orologio del nodo, questo si troverebbe a ‛leggere' saltuariamente due volte di seguito lo stesso ottetto; se invece la frequenza del fascio in ricezione fosse maggiore di quella del nodo, accadrebbe saltuariamente di non poter leggere un ottetto, che andrebbe perduto. Nel caso di rete con un unico nodo, l'inconveniente può essere ovviato agganciando in frequenza ai segnali che provengono dal nodo tutte le basi dei tempi che nei multiplex PCM periferici governano le operazioni di codifica e di multiplazione.
In generale, col termine ‛sincronizzazione della rete' si definisce la problematica relativa all'eliminazione, o almeno alla limitazione, delle perdite di informazioni dovute a mancato sincronismo. Le perdite di informazioni numeriche sono particolarmente dannose nel caso di trasmissione dati, ove in generale i segnali numerici corrispondono direttamente a simboli alfanumerici. Un caso particolare di trasmissione dati è la stessa segnalazione telefonica, sia fra preelaboratori ed elaboratori centrali, sia di elaboratori centrali fra loro, sia fra elaboratori centrali e gestionali. In definitiva si richiede che la precisione degli orologi che costituiscono le basi dei tempi delle centrali sia molto elevata, ossia dell'ordine di almeno uno su un miliardo, tenendo presente che in una comunicazione si possono avere numerose centrali in serie. Le tre strategie principali per la sincronizzazione degli orologi dei centri della rete integrata sono le seguenti (v. fig. 53): 1) ‛anarchica' (ogni centro di commutazione ha orologi ad alta stabilità di tipo atomico completamente indipendenti tra loro); 2) ‛dispotica' (gli orologi di tutti i centri di commutazione sono agganciati in frequenza a uno prefissato, detto orologio di riferimento); 3) ‛democratica' (a ogni orologio dei centri di commutazione è applicato un controllo da parte di tutti gli altri al fine di assicurare che la frequenza a regime di tutti gli orologi della rete sia la stessa). Ognuna delle tre soluzioni comporta vantaggi e svantaggi: l'anarchica, che è la più attraente a lungo termine, è condizionata dal raggiungimento di precisi obiettivi di affidabilità per gli orologi atomici e dalle prospettive di costo e facilità di manutenzione. La dispotica presenta problemi di affidabilità (in quanto la distribuzione dei tempi è completamente centralizzata) ma è quella di più rapida e facile realizzazione. La democratica presenta nel complesso elevata affidabilità, ma problemi nella realizzazione dei dispositivi di controllo. Gli orientamenti attuali sembrano in favore della strategia dispotica, con pochi orologi di riferimento di tipo atomico nelle reti integrate nazionali. Con tale modalità viene anche garantito l'obiettivo minimo di un funzionamento anarchico per la rete internazionale che collegherà i centri di riferimento.
d) Problemi di introduzione.
Quand'anche potessero considerarsi superate tutte le difficoltà di realizzazione delle molteplici apparecchiature da sviluppare per la nuova rete integrata nelle tecniche e nei servizi su base numerica sincrona, rimangono pur sempre da risolvere numerosi e importanti problemi relativi sia alla novità di impostazione della futura rete, sia al fatto che essa non verrà certamente completata in un'unica battuta, sia infine alla presenza dell'attuale rete analogica che dovrà continuare a essere impiegata fino all'ammortamento dei suoi impianti. Corrispondentemente, una prima categoria di problemi sarà legata all'addestramento del personale (particolarmente di esercizio) e alle necessarie trasformazioni della struttura organizzativa degli enti gestori delle reti di telecomunicazioni; una seconda categoria di problemi sarà correlata alla ricerca del più opportuno ordine di precedenza di installazione delle nuove apparecchiature, in relazione alle località e ai servizi da considerare prioritari; una terza categoria di problemi avrà come oggetto le modalità di introduzione della nuova rete in rapporto a quella preesistente. A quest'ultimo riguardo, che investe profondamente la filosofia impiantistica, appare che ben diversa può essere l'economicità e l'efficienza delle nuove apparecchiature a seconda che esse vengano inserite in rete come singoli elementi separati oppure come parti coordinate di un unico e nuovo sistema. Infatti, l'introduzione non coordinata, per esempio, di un sistema trasmissivo PCM in un ambiente di centrali tradizionali, oppure di una centrale urbana numerica in un ambiente trasmissivo analogico, non soltanto può risultare economicamente non conveniente, ma neppure consente la fornitura dei nuovi servizi che pur quegli impianti sono potenzialmente in grado di dare. L'ottimizzazione economica e delle prestazioni può essere invece ottenuta facendo in modo che fin dalle sue prime fasi l'introduzione si svolga secondo un piano coordinato, nel senso che le comunicazioni fra utenti allacciati a centrali di tipo nuovo percorrano sistematicamente, dall'origine alla destinazione, mezzi di trasmissione e di commutazione di tipo nuovo, soprattutto allo scopo di non penalizzarle con costose conversioni numerico-analogiche e viceversa. Ne deriva come conseguenza che conviene inserire le nuove apparecchiature non separatamente, ma come parti interconnesse di una prima nuova rete esigua ma completa, sovrapposta idealmente alla rete preesistente. Esiste quindi un'indicazione verso l'inizio dell'inserimento dei nuovi impianti a partire da un numero limitato di grandi centri nodali. Ma, d'altra parte, l'opportunità di offrire i servizi della nuova rete il più presto possibile all'utenza dovunque ubicata spinge ad aumentare il numero dei centri in cui la nuova tecnica va introdotta fin dall'inizio. Sembra perciò che l'introduzione delle nuove tecniche dovrà avvenire secondo modalità di compromesso, ossia: 1) installando subito, fin dall'inizio, impianti di nuovo tipo in tutti i nodi di un certo rilievo, dove è prevedibile che si concentrino inizialmente le richieste di nuovi servizi, in modo che tali richieste possano essere di norma soddisfatte mediante semplici allacciamenti nell'ambito urbano; 2) estendendo poi, progressivamente, la nuova rete attraverso gli ampliamenti da effettuare in tutte le località, ed effettuando perciò il graduale ‛congelamento' di tutte le tecniche precedenti. Per una gestione economica, gli attuali impianti potranno essere man mano sostituiti con impianti nuovi soltanto in un terzo tempo, in relazione alle rispettive scadenze di ammortamento.
Uno dei più importanti problemi di introduzione si riferisce alle strategie più convenienti per le interconnessioni fra rete nuova e rete preesistente (v. fig. 54). Di norma risulterà economicamente conveniente eseguire il passaggio dalla rete nuova verso quella vecchia il più tardi possibile (cioè sugli ultimi stadi di selezione). Ciò appare facilmente fattibile tenendo conto delle alte capacità di analisi della numerazione e delle capacità di istradamento delle nuove centrali, in quanto provviste di comandi a programma registrato. Parallelamente, però, dovrebbe risultare economico eseguire il passaggio dalla rete vecchia verso la nuova il più presto possibile. Tenuto conto delle limitate capacità di analisi e di istradamento delle centrali esistenti, particolarmente nelle reti passo-passo, ciò richiederebbe che le destinazioni di nuova tecnica fossero sistematicamente discriminabili fin dalla prima cifra del numero urbano. Tale distinzione può richiedere però, a sua volta, profondi rivolgimenti dell'attuale assegnazione della numerazione e quindi numerosi cambi di numero per gli utenti, con i disagi che ne conseguono. Il problema presenta sfaccettature diverse a seconda che si considerino distretti maggiori oppure minori, aree urbane oppure aree rurali, ecc. La sua risoluzione viene opportunamente affrontata attraverso la ricerca operativa con l'ausilio di elaboratori.
e) Prospettive avanzate.
Il quadro di sviluppo delle telecomunicazioni che è stato fin qui delineato si fonda, come è stato esposto, su determinate previsioni sia sulla futura domanda di servizi sia sul ritmo di evoluzione della tecnologia e della tecnica. Appare evidente che, se l'afflusso della domanda oppure il progresso tecnico subiranno una contrazione (ossia un ritardo, se si assume che ogni crisi si risolva essenzialmente in una stasi temporale), allora come conseguenza alla fine di questo secolo la rete di telecomunicazioni risulterà meno consistente e tecnicamente meno evoluta e più povera di servizi rispetto a quanto è stato previsto. Non altrettanto semplice è l'identificazione del quadro che si prospetterebbe prima della fine del secolo nel caso che la richiesta di servizi e l'evoluzione si muovessero in anticipo rispetto al previsto. Varie ricerche (e speculazioni) sono state svolte in quest'area previsionale, ma non di rado esse appaiono utopistiche e scarsamente fondate. Non è un mistero che le più avveniristiche prefigurano la realizzazione delle cosiddette ‛telecittà' (wired cities) dove tutto o quasi è telecomunicazione e dove elaboratori centrali costituenti centri di raccolta e trattamento di informazioni con diramazioni capillari nelle abitazioni private permettono e controllano tutte le attività, non solo di comunicazione vera e propria ma anche di numerose relazioni sociali. Venendo dunque al concreto, sembra opportuno che questa trattazione sia completata attraverso uno sguardo prospettico, che sia proiettato in avanti, ma sia anche seriamente plausibile. A tale scopo conviene considerare delle previsioni già realmente formulate per un paese a reddito pro capite nettamente elevato, come gli Stati Uniti. Un ottimo riferimento in tal senso è costituito da uno studio completato nel 1972 dal famoso Istituto di ricerca Stanford di Berkeley (California).
Il rapporto Stanford, che è una pubblicazione di dimensioni monumentali, non solo riporta i risultati di approfondite ricerche di mercato, ma propone anche soluzioni tecniche per un sistema di ‛comunicazione globale' che al momento della sua formulazione era ritenuto commercialmente valido nell'orizzonte temporale degli anni ottanta (per gli Stati Uniti). Esso si colloca perciò nell'area delle previsioni evolutive con riconosciuta autorevolezza. Cionondimeno, esso appare almeno a prima vista sorprendente, in quanto prefigura qualcosa come 140 nuovi servizi realmente offribili, ripartiti in dieci grandi categorie che vanno dai servizi informazioni alla sicurezza domestica, dai servizi di istruzione a casa propria agli acquisti a distanza, e così via (v. tab. III e fig. 55). Il terminale d'utente prospettato è corredato di unità audio, video, pannello di comando a tastiera, pennello luminoso e stampatrice di copie (è considerata tra l'altro la telestampa dei giornali); sono previsti inoltre sensori e comandi collegati direttamente ai servizi domestici di interesse: contatori, dispositivi antifurto e antincendio, riscaldamento, ecc. Le conclusioni del rapporto sono di grande rilevanza anche sul piano dell'economia: l'analisi riferita a un'area con 30 mila utenti fa risultare che la tariffa di 60 dollari mensili per utente sarebbe sufficiente a coprire le spese di esercizio del sistema proposto. Del resto, sistemi di comunicazione con caratteristiche non molto diverse cominciano effettivamente a comparire oggi per limitati gruppi di utenti appartenenti a comunità suburbane statunitensi; non è azzardato prevedere che analoghi sistemi possano in tempi non lontani prendere piede anche in Europa. Certamente anche i nuovi servizi di comunicazione globale porteranno non pochi problemi di introduzione, specialmente nelle reti di distribuzione d'utente. In particolare è prevedibile che si presenti nuovamente (o forse contemporaneamente?) il problema cui già si è fatto cenno per la TV via cavo: ossia se derivare in parallelo ciascun terminale d'utente da un conduttore comune a larga banda (soluzione ad albero) oppure adottare un conduttore a banda più stretta e singolo per utente (soluzione a stella). La seconda soluzione è evidentemente meglio inserita in una impostazione integrata della rete di telecomunicazioni.
f) Implicazioni sociali e conclusioni.
Un limite intrinseco del sistema di telecomunicazioni attuale risiede nell'essere concepito e impiegato per trasportare il ‛supporto' dell'informazione (per esempio, la voce) piuttosto che il ‛contenuto' semantico dell'informazione stessa. Effettivamente, nel modello di Shannon, la quantità di informazione contenuta, per esempio, nell'annuncio dei risultati di un'importante scoperta scientifica può corrispondere a quella contenuta in uno scambio di convenevoli. In tale quadro, quanto è stato fatto fin qui nel campo delle telecomunicazioni appare limitato al numero dei messaggi che la comunità umana è diventata capace di scambiarsi, senza però alcun progresso sensibile nel valore significativo (in generale estremamente scarso) contenuto nei messaggi stessi. Avvertendo questa limitazione, viene da qualche parte prefigurata una futura ulteriore evoluzione delle telecomunicazioni nel senso di acquisire ai colloqui fra uomini, quale condizionamento dai sempre più frequenti colloqui uomo-macchina, linguaggi di sempre maggiore contenuto significativo. Le adozioni di metodi di pianificazione aziendale e di progettazione di sistemi secondo formalizzazioni di linguaggio adatte alla programmazione di elaboratori vengono considerate come avvisaglie di evoluzioni nel senso indicato. Così pure è considerata come un indice di tendenza l'adozione dell'aritmetica binaria, dell'insiemistica e della dattilografia come materie di insegnamento in qualche scuola elementare, soprattutto nel Nordamerica. Sembra però in definitiva più corretto far rientrare evoluzioni di questo tipo nei campi delle comunicazioni in generale, della sociologia, della biologia (neurofisiologia, psicologia), ecc., piuttosto che in quello delle telecomunicazioni. Nell'interpretazione di Shannon il compito delle telecomunicazioni è solo quello di riprodurre agli estremi di arrivo, con economicità e fedeltà adeguate, i messaggi di qualunque densità di significato che si vorranno introdurre agli estremi di partenza. Nel considerare le implicazioni sociali correlate allo sviluppo delle telecomunicazioni sembra, allora, opportuno assumere come punto di partenza ciò che disse Wiener, il padre spirituale della cibernetica: ‟Impiegare un uomo richiedendogli e attribuendogli meno di quanto comporta la sua condizione umana significa abbrutire questa condizione e sperperare le sue energie". E ancora: ‟È una degradazione della condizione umana legare un uomo a un remo e impiegarlo come sorgente di energia; ma è altrettanto degradante segregarlo in una fabbrica e assegnarlo a un compito meramente meccanico che richieda meno di un milionesimo delle sue facoltà cerebrali" (N. Wiener, The human use of human beings, 1950). Nelle intenzioni di Wiener il progresso serve essenzialmente a liberare l'uomo dalla schiavitù del lavoro fisico o comunque sostituibile dal lavoro di una macchina. Limitando la necessità di lavoro degradante, l'uomo avrà più tempo per occupazioni più appropriate alla sua natura. È proprio in questa prospettiva che ci sembra opportuno interpretare lo sviluppo dei sistemi di telecomunicazioni, dai loro aspetti primitivi fino al completamento del quadro evolutivo della rete integrata e della comunicazione globale.
Nel 490 a. C. un soldato greco correva per 40 km da Maratona ad Atene portando una notizia di importanza nazionale: la vittoria sull'esercito persiano. Dal punto di vista della teoria dell'informazione quel soldato aveva trasmesso, correndo allo spasimo e pagando con la propria vita, un solo bit di informazione. Si tratta, ovviamente, di un caso estremo; ma vale anche la pena di rammentare che il famoso telegrafo ottico di un secolo fa, per realizzare un canale di comunicazione di capacità infima (intorno a un bit al secondo, e non certo in tempo reale) ancora impiegava in permanenza un uomo circa ogni chilometro di linea. Oggi, una chiamata telefonica in teleselezione (ormai possibile e in atto anche su scala intercontinentale) mette a disposizione dell'utente un canale della capacità di migliaia di bit al secondo senza l'intervento di alcun operatore intermediario. Lo stesso tipo di evoluzione si verifica pure nei processi di produzione delle apparecchiature: infatti, attraverso invenzioni e affinamenti continui (ossia attraverso l'impiego delle qualità più tipicamente umane) il rapporto fra risultati ottenuti ed energie umane impiegate nella produzione va progressivamente migliorando nel tempo. Ne sono tipici esempi sia la produzione automatica contemporanea di centinaia di componenti (transistori, ecc.) e dei rispettivi collegamenti mediante un unico procedimento automatico di tipo fotografico, sia il collaudo automatico anche di sistemi il cui grado di complessità non è facilmente descrivibile. Anche lo sforzo umano specifico da dedicare all'esercizio e alla gestione degli impianti e in via di progressiva, anche se lenta, riduzione, pur con l'accresciuta complessità degli impianti. Basti pensare, per esempio, all'onere di manutenzione che corrispondeva in passato alle continue e banalmente ripetitive operazioni di revisione preventiva e di lubrificazione necessarie per le numerosissime e relativamente delicate apparecchiature delle più vecchie ma ancora esistenti centrali di tipo elettromeccanico. In conclusione, per l'intero complesso di processi che nel loro insieme consentono l'erogazione dei servizi di telecomunicazioni, l'evoluzione si è mossa e va muovendosi anche in prospettiva nel senso della riduzione non soltanto dei costi ma anche delle risorse umane necessarie a parità di servizio reso. Presentando tale conclusione in senso reciproco, il progresso mette a disposizione, a parità di risorse umane (oltre che economiche), una capacità sempre maggiore di telecomunicare.
Importanti obiezioni alle possibilità di protrarsi di un tale andamento per tempi lunghi possono derivare da quel tipo di considerazioni su cui fa perno lo studio su I limiti dello sviluppo condotto nel 1971 nell'ambito del Massachussets Institute of Technology. In esso vengono presi in correlazione il tasso d'aumento della popolazione, le disponibilità alimentari, le riserve e i consumi di materie prime, lo sviluppo industriale, l'inquinamento, ecc., per giungere a conclusioni chiaramente pessimistiche. Sotto questa angolatura, e pur non volendo entrare nel merito di tali conclusioni che appaiono per lo meno discutibili, può essere veramente interessante considerare il ruolo che le telecomunicazioni possono giocare in relazione alla capacità di sopravvivenza della società dell'Homo sapiens. A una prima analisi, le tendenze appaiono tutte in chiave negativa: effettivamente lo sviluppo delle telecomunicazioni richiede l'impiego di materie prime con riserve naturali non certo illimitate (rame, ferro, piombo, ecc.); inoltre, la tendenza di crescita è esponenziale con tasso superiore a quello dell'accrescimento umano; infine, l'esercizio delle telecomunicazioni richiede pur sempre una certa quantità di energia. Fortunatamente, però, queste prime impressioni vengono decisamente rovesciate quando si sottopongono a un'analisi più approfondita. In merito alle materie prime si rileva, infatti, che i semiconduttori e gli altri componenti tecnologici delle apparecchiature più avanzate sono ormai essenzialmente costituiti da silicio, le cui riserve sono praticamente illimitate. Così pure la tendenza a costituire mezzi trasmissivi a fibre ottiche in tutte le sezioni della rete porterà verosimilmente anche in tal campo all'avvento del silicio al posto del rame. D'altra parte, considerando ora i problemi legati alle leggi d'accrescimento dei sistemi, già si disse come la curva dell'incremento previsto per le telecomunicazioni sia esponenziale soltanto per un primo periodo, diventando poi una sigmoidale con tendenza asintotica a una densità limite, che corrisponde (più che a un bisogno più o meno condizionabile) alla capacità dell'uomo di trasmettere e ricevere comunicazioni; in effetti, le previsioni quantitative erano già state formulate in tale quadro. Ora, non sembra comunque plausibile un'eventuale profezia che prefiguri uno sviluppo delle telecomunicazioni consumisticamente incontrollato; ciò tenendo anche presente che l'amministrazione di esse è dovunque direttamente o indirettamente in mano agli organi di governo e non alla speculazione privata.
Passando ad approfondire, infine, il tema dei dispendi di energia legati all'esercizio delle telecomunicazioni, si rivela per converso la possibilità che la questione originale risulti in definitiva rovesciata. In effetti, la formulazione corretta del problema non va meramente limitata alla quantità di energia consumata per le telecomunicazioni, ma va estesa piuttosto al bilancio fra tale consumo e quello che avrebbe luogo in altri settori se le telecomunicazioni non esistessero e non si sviluppassero come è stato previsto. Particolarmente nella prospettiva della rete integrata e della comunicazione globale, la disponibilità progressiva di ambienti per conferenze video, di apparecchiature facsimile, di stampanti e visori domestici, e così via, lascia intravvedere come il giornale in casa, il lavoro in casa, gli acquisti da casa possano diventare dei servizi oltremodo graditi. In tale quadro, lo sviluppo delle telecomunicazioni appare destinato ad avere, in sostanza, un effetto di sostituzione nei confronti di altri settori (specialmente quello dei trasporti) rispetto ai quali le telecomunicazioni richiedono un consumo di energia irrilevante e presentano una potenzialità di inquinamento praticamente nulla. Risultati benefici non trascurabili dovrebbero essere ottenuti anche nel campo dell'istruzione e dell'urbanistica. In definitiva, il sistema delle telecomunicazioni appare in sé molto meno critico rispetto ad altri sistemi anche sotto l'angolatura dei ‛limiti' dello sviluppo. Anzi, in un bilancio complessivo, per un effetto di sostituzione indotto su altri sistemi, esso appare come un elemento in grado di spostare ulteriormente in avanti i termini entro i quali la collettività umana dovrà trovare una soluzione al proprio problema della spinta demografica. Va messo infine nel dovuto rilievo che, per l'effetto di sostituzione di cui si è parlato, l'umanità potrà trarre beneficio non soltanto in termini materiali di bilancio energetico, ma anche in termini di recupero di considerevoli risorse umane nel senso di Wiener. Non dovrebbe sfuggire allora l'occasione di impiegare più proficuamente almeno parte dei tempi recuperati in quelle attività superiori che sono portatrici di progresso a livelli sempre più elevati.
6. Orientamenti bibliografici.
Il settore delle telecomunicazioni costituisce da qualche tempo l'oggetto di un imponente sforzo evolutivo praticamente in tutti i paesi del mondo. I problemi sul tappeto, a seconda dei punti di vista, possono considerarsi variamente suddivisi in temi principali differenziati, in relazione ai servizi (telegrafia, telefonia, teleinformatica, ecc.), in relazione alle diverse branche della tecnica (trasmissione, commutazione, comandi, segnalazione, ecc.), in relazione alle diverse tipologie tecnologiche (cavi, antenne, satelliti, componenti elettromeccanici ed elettronici, ecc.), oppure ancora in relazione ai diversi aspetti relativi alla vita del prodotto, che vanno dalla fase di ricerca a quella dello sviluppo industriale, alla produzione, installazione, esercizio e manutenzione degli impianti. Ciascuno di questi grandi temi è ancora suddiviso più volte in sottotemi più fini, a livello sempre più specialistico e tuttavia ancora di tale complessità e dinamismo da impegnare schiere numerose di esperti.
Non fa meraviglia, perciò, che in merito alle telecomunicazioni si possa disporre di libri, articoli e atti di congressi in quantità imponenti e in rapido accrescimento. A titolo di esempio il numero degli articoli, tratti da riviste specializzate, catalogati presso il Centro Studi e Laboratori Telecomunicazioni di Torino era nel 1977 di oltre 40 mila, con un ritmo di incremento di 6 mila all'anno.
Stando così le cose è apparso opportuno anzitutto evitare che questa bibliografia risultasse troppo dispersiva. Principalmente per questo motivo essa è stata organizzata, da un lato, in modo da fornire soltanto un'idea panoramica della materia (ossia rinunciando all'approfondimento di numerosi dettagli) e dall'altro in modo da ridurre le sovrapposizioni e le ridondanze, dando la preferenza alle opere più recenti, a quelle in lingua italiana e ai libri piuttosto che agli articoli di riviste. Si è pure evitato di citare memorie tratte da atti di congressi.
Sono così inevitabilmente escluse da questa bibliografia numerose opere, pur importanti, fra cui testi di comprovata validità ma redatti in lingua straniera e testi di alto interesse tecnico ma dedicati a temi specialistici di dettaglio. Appartengono a questa categoria numerosi libri di testo impiegati per i corsi di laurea in ingegneria elettronica e per i corsi superiori di perfezionamento e di specializzazione, e principalmente a questi testi conviene riferirsi per eventuali approfondimenti degli aspetti scientifici della materia.
Sono stati esclusi anche i documenti normativi, cui sono soggetti in generale tutti i sistemi e tutte le reti di telecomunicazioni, e che vengono periodicamente pubblicati e aggiornati sia in sede internazionale - soprattutto a cura del CCITT (Comitato Consultivo Internazionale Telegrafico e Telefonico), del CCIR (Comitato Consultivo Internazionale delle Radiocomunicazioni) e della CEPT (Conferenza Europea delle amministrazioni delle Poste e Telecomunicazioni) - sia in sede nazionale, soprattutto a cura del CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano) e del Ministero delle PP.TT., con particolare riguardo ai piani regolatori nazionali per gli sviluppi della telegrafia e della telefonia.
Infine, un'altra categoria praticamente esclusa da questa bibliografia è quella costituita dai numerosissimi articoli, memorie, comunicazioni che riferiscono con continuità sul progredire della tecnica, sui nuovi prodotti e sulle relative prestazioni. Questa categoria, utile per scopi divulgativi ma soprattutto fondamentale per la formazione e l'aggiornamento degli specialisti, è raccolta principalmente nelle riviste specializzate e negli atti dei congressi e delle conferenze che, sui diversi temi e ai diversi livelli, si svolgono in gran numero nel mondo intero.
In merito alle riviste, le più importanti sono quelle indicate più avanti, come fonti degli articoli elencati nella bibliografia. In lingua italiana si segnalano particolarmente: ‟Note recensioni notizie" (a cura dell'Istituto Superiore delle Poste e delle Telecomunicazioni); ‟Alta frequenza" (a cura dell'AEI, Associazione Elettrotecnica ed elettronica Italiana); ‟Elettronica e telecomunicazioni" (a cura della RAI, Radiotelevisione Italiana, e della STET, Società finanziaria telefonica); ‟Telecomunicazioni" (a cura della Società Italiana Telecomunicazioni Siemens, Milano); ‟Rapporti tecnici" (a cura del Centro Studi e Laboratori Telecomunicazioni, Torino).
In merito ai congressi si segnalano per l'Italia tre manifestazioni annuali: la riunione annuale dell'Associazione Elettrotecnica ed elettronica Italiana; la Rassegna internazionale elettronica, nucleare e aerospaziale di Roma; il Convegno internazionale delle comunicazioni di Genova.
Parallelamente, i convegni internazionali ritenuti più importanti per approfondimenti specialistici e per aggiornamenti sono: EUROCON (European Conference on Communications), dedicato all'area europea; ICC (International Conference on Communications), dedicato principalmente al tema trasmissivo; ISS (International Switching Symposium), dedicato alla commutazione; ITC (International Teletraffic Congress), dedicato al traffico; ICCC (International Conference on Computer Communications), dedicato alla teleinformatica.
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