TELEFO (Τήλεϕος, Telĕphus)
Figlio di Eracle e di Auge, la figlia del re Aleos, in Arcadia (ad Alea stessa, o a Tegea), la quale, come Danae (v.), a causa di questo parto è gettata in mare in una cassa, sola secondo alcune fonti, o insieme con il figlio secondo altre. La cassa è spinta dalle onde sulle coste della Misia, dove T. diventa re, dopo che il locale re Teutrante ha sposato Auge. Questa leggenda e le altre avventure della vita di T., ebbero un largo sviluppo nelle opere dei tragici, che attingevano a poemi epici; per ricordare solo i maggiori, Eschilo compose un dramma intitolato Μυσοί; di Sofocle si ricordano 'Αλεάδαι e Μυσοί e da un'iscrizione recentemente scoperta sappiamo che compose una trilogia Τηλέϕεια; di Euripide fu famosissimo il Telefo, rappresentato nel 438. Mentre T. è re di Misia, avviene la spedizione dei Greci contro Troia; e un momento principale della leggenda di T. è appunto la ferita inguaribile che gl'infligge la lancia di Achille, dalla quale soltanto può sperare la salvezza, secondo l'oracolo di Apollo; di qui la sua peregrinazione alla ricerca del feritore ormai lontano da Troia.
Anche di questa saga si è affermata l'origine naturistica; in realtà T. significa il Lungisplendente, e Auge la Sfolgorante; si tratta forse di numi arcadi della luce; ma l'insieme della leggenda quale a noi è nota ha un aspetto essenzialmente favolistico.
Bibl.: Anche per le rappresentazioni figurate vedi J. Schmidt, in W. H. Roscher, Lexikon d. griech. u. röm. Mythol., V, col. 274 segg., s. v.; C. Robert, Die griechische Heldensage, III, Berlino 1923, p. 1138 segg.; vedi in particolare Pilling, Quomodo Telephi fabulam et scriptores et artifices veteres tractaverint, Diss. Halle 1886. Un nuovo frammento papiraceo del prologo del Telefo euripideo è pubbicato da A. Calderini, Aegyptus, XV (1935), p. 239.