TELEFONO (del gr. τῆλε "lontano" e ϕονή "voce")
Cenni Storici. - Il 14 febbraio 1876 Alexander Graham Bell, emigrato in America dalla nativa Scozia, depositava una domanda di brevetto per la trasmissione della voce fra due apparecchi collegati da un filo telegrafico.
Lo stesso giorno, due ore dopo, Elisha Gray - anche esso americano - presentava analoga domanda di patente.
La stranezza di questo fatto risulta anche maggiore quando si noti che i disegni che accompagnavano le due richieste di brevetto erano molto simili tra di loro, come indicano le fig. 1 e 2; la fig. 1 rappresenta il telefono Bell, la fig. 2 rappresenta il trasmettitore e ricevitore Gray. In entrambi infatti si vede che il ricevitore è costituito da una lamina vibrante affacciata a un elettromagnete C, che presso a poco - e soltanto con piccole differenze costruttive - corrisponde al ricevitore telefonico moderno.
Il trasmettitore invece, nel primo brevetto Bell, era costituito dallo stesso ricevitore adoperato in senso inverso, mentre nel brevetto Gray (fig. 2 a destra) era formato da una membrana E collegata a una resistenza variabile a liquido.
Nel circuito - costituito dalla terra, dalla batteria, dalla camera ad acqua acidulata F, dal filo di collegamento fra trasmettitore e ricevitore, dai rocchetti dell'elettromagnete C e ancora dalla terra - le variazioni di resistenza elettrica dovute alle vibrazioni della membrana quando si parla nell'imboccatura D del trasmettitore sono rivelate dal ricevitore, nel quale, al variare della corrente che percorre gli avvolgimenti dell'elettromagnete, la lamina M vibra in sincronismo con la lamina E del trasmettitore.
L'identità e la quasi contemporaneità nella richiesta dei due brevetti suindicati, ha fatto nascere fino dall'origine il dubbio che i due inventori avessero a loro volta copiato qualche invenzione precedente, ignorata dai più. E infatti, in seguito a un processo intentato da una compagnia americana contro la compagnia Bell, nell'ottobre del 1888 la corte suprema degli Stati Uniti decretava che "il telefono Bell dovesse chiamarsi telefono Meucci, avendo la Bell Telephon Company acquistato fraudolentemente il brevetto".
Antonio Meucci nel 1849, in America, scopriva i primi principî del telefono, di cui fece una domanda di privativa a Clifton negli Stati Uniti nel 1871, cioè 5 anni prima dei brevetti Bell. Nel 1872 presentava la sua invenzione alla New York Telegraph Company, la quale però non fece gli esperimenti promessi e non restituì più nulla di quanto aveva avuto dall'inventore.
La fig. 3 rappresenta il telefono del Meucci nel 1871, anch'esso completo come un ricevitore moderno inquantoché vi si riscontrano la lamina vibrante M e l'elettrocalamita C. Nel brevetto originario del Meucci è detto che l'elettromagnete può essere avvicinato e allontanato dalla lamina vibrante M, formata da sostanza "capace di induzione", il che sta anche a precisare le cognizioni del Meucci in materia. È quindi indubbio che il vero inventore del telefono moderno sia l'italiano Meucci.
Prima del Meucci un altro italiano, Innocenzo Manzetti di Aosta, inventava un telefono elettrico di cui si trova memoria in giornali italiani del 1865-66.
Fra i precedenti del telefono sono da ricordare: l'apparecchio del Bourseul; il fonoautografo dello Scott; il telefono musicale del Reis, in cui si trovano i principî del telefono, ma dove manca nel ricevitore la lamina vibrante del ricevitore Meucci.
Generalità. - È noto che il suono è prodotto dalle rapide vibrazioni dei corpi elastici, le quali propagandosi attraverso l'aria o attraverso altri corpi elastici, arrivano al nostro orecchio, dotato di organi che traducono le vibrazioni in sensazioni.
Nel caso della trasmissione dei suoni per mezzo del telefono, questa viene complicata dall'interposizione, tra le vibrazioni originarie e le vibrazioni riprodotte dal ricevitore, dell'intermediario della corrente elettrica che si genera nel trasmettitore e viene utilizzata dal ricevitore per riprodurre le vibrazioni originarie.
Degno di nota è ricordare che, mentre il suono si propaga nell'aria con una velocità molto ridotta, e cioè di circa 340 m. al secondo, la trasmissione del suono trasformato in energia elettrica, avviene invece con una velocità molto superiore che può valutarsi a circa 300 mila km. al secondo, se la trasmissione avviene con onde elettromagnetiche, un po' di meno se avviene attraverso conduttori aerei, arrivando circa a 20 ÷ 35 mila km. al secondo nella trasmissione su cavi telefonici pupinizzati (v. appresso) medî.
Nella trasmissione della parola i suoni dovuti alle vocali sono costituiti da suoni periodici, quasi regolari, con armoniche che arrivano talvolta a 2000 vibrazioni al secondo. Le consonanti invece sono vibrazioni aperiodiche di breve durata e hanno un'ampiezza minore delle vocali: si possono considerare come modi speciali di inizio o termine delle vocali che esse accompagnano.
Le vibrazioni sonore che colpiscono la membrana di un trasmettitore devono imprimere a questa oscillazioni, che la membrana deve riprodurre fedelmente per trasmettere tutte le caratteristiche del suono originario, vale a dire: altezza, intensità e timbro.
Il più semplice impianto telefonico può essere costituito da due telefoni (ricevitori), del tipo di quello della fig. 1, tra loro collegati da uno o due conduttori, a seconda che si utilizzi o no la terra per il ritorno della corrente. Un impianto così fatto serve però soltanto per piccole distanze, inquantoché il rendimento di un ricevitore telefonico, anche dei tipi più moderni, è piccolissimo e non supera il 5 ÷ 6%, mentre d'altra parte, l'energia che entra in giuoco in una conversazione telefonica è a sua volta molto piccola - dell'ordine dei microwatt - anche se, invece di adoperare come organo trasmittente il ricevitore, s'impiega un altro organo (il microfono), il quale meglio si presta a tale scopo poiché in esso le vibrazioni della lamina non trasformano direttamente l'energia meccanica in elettrica, ma servono per modificare l'intensità di una corrente elettrica fornita da una pila.
L'apparecchio telefonico. - Un apparecchio telefonico completo comprende i seguenti organi: organo per la trasmissione della voce (trasmettitore o microfono); organo per la ricezione della voce (ricevitore); organo per la trasmissione della chiamata (generatore elettromagnetico oppure disco combinatore); organo per la ricezione della cÅiamata (suoneria).
Completano inoltre gli organi suindicati altri supplementari, tra cui i principali sono: il gancio di commutazione e la bobina d'induzione.
Il microfono. - I primi microfoni veri e proprî sono quelli studiati da Berliner, da Edison e da Hughes negli anni dal 1876 al 1878.
La fig. 4 rappresenta il microfono Berliner, in cui si notano una membrana metallica A che appoggia contro una punta, anch'essa metallica, C, inserita nel circuito di una pila e di un ricevitore telefonico.
Parlando di fronte alla membrana A, questa, seguendo le pressioni e le depressioni delle onde sonore diminuisce o aumenta la resistenza elettrica del contatto tra essa membrana e la punta metallica C. Queste variazioni di pressione si traducono cioè in variazioni di corrente, le quali producono variazioni di flusso magnetico nel ricevitore telefonico, che sono rivelate dalla membrana del ricevitore, la quale viene più o meno attratta dalle espansioni dell'elettromagnete del ricevitore stesso.
Edison, quasi contemporaneamente al Berliner, studiò un trasmettitore (fig. 5) in cui comparve per la prima volta una pastiglia di polvere di carbone compressa fra due membrane metalliche. Anche qui le vibrazioni della membrana si traducono in variazioni di pressione a cui è sottoposta la pastiglia di carbone. Questo tipo di microfono risulta pertanto il prototipo del microfono moderno.
La fig. 6 rappresenta uno dei microfoni più comuni e più diffusi. In esso si notano: la membrana metallica M e la polvere di carbone C interposta fra i due elettrodi A e B. La corrente fornita dalla pila viene portata agli elettrodi dai due conduttori m ed n.
In un altro microfono, costruito e molto diffuso in Italia (fig. 7), la membrana invece che metallica è anch'essa di carbone.
In qualche caso la polvere o i granuli di carbone invece che riuniti in un'unica cellula sono suddivisi in varie cellule.
Microfoni speciali. - Per scopi speciali sono stati anche realizzati microfoni non a carbone. Tra questi, ricordiamo i microfoni a condensatore, particolarmente destinati alle radiotrasmissioni o a scopo di misure telefonometriche. Questi microfoni hanno caratteristiche molto più stabili di quelle dei microfoni a carbone.
È da notare che i microfoni a condensatore non possono essere direttamente inseriti in un circuito telefonico normale, ma hanno bisogno di uno stadio di amplificazione, poiché le variazioni di corrente da essi prodotte sono enormemente minori che non quelle dei comuni microfoni.
Viceversa, quando si vogliano modulare grandi intensità di corrente, risultano più appropriati i microfoni a liquido, tipo Maiorana e Vanni; per lo stesso scopo si possono usare anche microfoni con varie cellule in parallelo.
La teoria dei microfoni a carbone non è ancora stata definitivamente stabilita. Una prima ipotesi ammette che le variazioni di pressione si traducano direttamente in variazioni della resistenza di contatto tra i varî granuli di carbone. Una seconda sostiene che, intorno a questi granuli di carbone, l'aria e i gas atmosferici si trovino in uno speciale stato di condensazione, che varia al variare della pressione con conseguenti variazioni nella resistenza elettrica. La terza ipotesi immagina che tra le minuscole sferette di carbone si formino tanti piccoli archi voltaici la cui resistenza elettrica varia col variare della distanza esplosiva. L'ultima ipotesi, infine, ammette che le variazioni di pressione della membrana producano deformazioni elastiche nei granuli di carbone in contatto e quindi cambiamenti nelle superficie di contatto dei granuli stessi. Questa, che è l'ipotesi attualmente più accettata, serve però poco a chiarire il fenomeno, inquantoché né da essa, né dalle precedenti è stato possibile derivare norme per la costruzione dei microfoni.
S'impiegano oggi con pari rendimento microfoni con pochissimo carbone e altri con molto maggior quantità di polvere; alcuni con membrana metallica, altri con membrana di carbone; microfoni con la sola membrana vibrante ed altri in cui membrana e cellula di carbone vibrano contemporaneamente, ecc. In pratica è la sola guida per lo studio e la realizzazione di un buon microfono.
In un microfono ordinario coefficienti molto importanti sono quelli relativi alla tensione massima applicabile ai due elettrodi, nonché alla massima intensità di corrente che la cellula di carbone può sopportare senza riscaldarsi eccessivamente, nel qual caso il microfono si deteriora rapidamente dando luogo a distorsioni e a disturbi considerevoli.
Un buon microfono deve avere le seguenti caratteristiche: a) assicurare una buona trasmissione in qualunque condizione di tempo e luogo e in qualunque posizione; b) non deve riscaldarsi eccessivamente durante una trasmissione anormale e cioè superiore ai 6 ÷ 8 minutí; c) non deve emettere vibrazioni indipendenti da quelle ricevute dalle onde sonore, cioè non distorcere. A questo scopo hanno molta importanza il modo di fissaggio della membrana nonché le dimensioni e lo spessore della stessa.
Il ricevitore. - I ricevitori moderni si dividono in due categorie: quelli a magnete permanente, che sono la maggioranza, e quelli elettromagnetici. Nei primi (fig. 8) si ha una calamita C, costituita da un magnete permanente che porta due espansioni E, sulle quali sono avvolti i rocchetti B in cui passa la corrente telefonica che fa vibrare la membrana M, affacciata alle espansioni polari. Questo tipo di ricevitore, che è stato per lungo tempo il più diffuso, ha il grande vantaggio di avere un campo magnetico molto forte che assicura una buona riproduzione della voce.
Attualmente invece vanno sempre più affermandosi i ricevitori a capsula associati al microfono in modo da costituire il cosiddetto microtelefono (fig. 9) in cui la calamita permanente, di dimensione e peso molto più ridotto di quella dei tipi precedenti, ha la forma di una C. Questo tipo di ricevitore ha un rendimento oggidì di poco inferiore a quello dei tipi precedenti, per il fatto che la metallurgia ha posto a disposizione dei fabbricanti nuovi materiali magnetici che, a parità di peso, dànno un rendimento molto maggiore che non i materiali precedentemente adoperati nei primi tipi di ricevitori. Si è così reso il ricevitore molto più leggiero, senza scapito delle sue qualità caratteristiche.
I ricevitori elettromagnetici hanno una forma analoga a quella dei ricevitori precedenti, con la differenza però che la magnetizzazione dei nuclei di ferro dolce è fatta dalla stessa corrente continua che serve per l'alimentazione del microfono. I ricevitori di questo tipo sono più economici e non subiscono alterazioni nel tempo. Però hanno il grave inconveniente di risentire fortemente delle variazioni della corrente continua di magnetizzazione, e cioè le loro caratteristiche sono legate a quelle della resistenza ohmica della linea.
Le espansioni polari dei ricevitori sono talvolta laminate per diminuire le perdite dovute alle correnti di Foucault. Sono quindi necessarî ferri di grande permeabilità e di piccolissima isteresi.
Ha grande importanza la perfetta costruzione della capsula ricevente, inquantoché piccolissime variazioni del traferro tra membrana ed espansioni polari producono fortissime variazioni nella sensibilità del ricevitore.
La necessità di avere i nuclei del ricevitore calamitati è dovuta al fatto che le alternanze della corrente telefonica modificano soltanto la magnetizzazione preesistente con una frequenza analoga a quella della membrana trasmittente, ottenendo così maggior rendimento. Inoltre, se mancassero i magneti permanenti, i suoni verrebbero distorti.
Generatore elettromagnetico. - L'utente telefonico, per annunciarsi alla centrale o per chiamare un corrispondente direttamente collegato al suo apparecchio, deve inviare a quella o a questo un segnale di chiamata, ottenuto dall'invio sulla linea di una corrente alternata f0rnita da un generatore elettromagnetico. Questo è costituito (fig. 10) da un piccolo alternatore con induttore a due poli, costituito da magneti permanenti M. Girando la manovella dell'indotto I formato da parecchie spire di filo di rame isolato, si genera una forza elettromotrice alternata a 20 hertz circa.
Ad evitare che durante la conversazione il generatore rimanga in linea, introducendo quindi attenuazioni nella trasmissione telefonica, vi sono gruppi di molle, p, comandate dall'albero principale del generatore, le quali, a riposo, chiudono in corto circuito il generatore.
In altri tipi di apparecchi il generatore è addirittura escluso dalla linea e vi si inserisce, sempre automaticamente, quando si fa girare la manovella. In apparecchi per usi speciali, in luogo del generatore si ha un ronzatore costituito da un nucleo di ferro dolce che porta un circuito primario a bassa resistenza inserito sul circuito della pila, e un circuito secondario collegato alla linea.
Premendo un tasto si chiude il circuito della pila, in serie col primario il quale però si autointerrompe rapidamente inquantoché, al passaggio della corrente continua, il nucleo del ronzatore si magnetizza e attira un'ancoretta che interrompe il circuito; in seguito l'ancoretta ricade per mancanza di corrente, e tali attrazioni e cadute si succedono con una frequenza dovuta alle caratteristiche del circuito. Di conseguenza viene indotta sul secondario una corrente alternata simile a quella ottenibile da un generatore elettromagnetico.
Questo tipo di chiamata però, data la piccola potenza, erogabile dalle pile, è di uso limitato e non può superare normalmente una lunghezza di linea di resistenza superiore ai 200 ÷ 300 ohm.
Gli apparecchi a batteria centrale collegati a centrali manuali non hanno invece alcun bisogno né di generatore elettromagnetico, né di ronzatore, inquantoché la chiamata avviene semplicemente per il fatto che il relais di chiamata in centrale, al chiudersi del circuito formato dalla linea e dall'apparecchio telefonico, viene percorso dalla corrente continua fornita dalla batteria centrale e quindi si eccita segnalando l'avvenuta chiamata.
Nel caso di apparecchi collegati a centrali automatiche, in cui oltre alla segnalazione della chiamata l'utente deve comandare gli organi di selezione situati in centrale, l'apparecchio telefonico è munito di disco combinatore (v. appresso: Telefonia urbana).
Suoneria. - La ricezione di una chiamata in un apparecchio telefonico avviene mediante la suoneria (fig. 11). Questa è costituita da un magnete permanente M che porta due espansioni polari sulle quali sono avvolti due rocchetti R tra loro collegati in opposizione e nei quali passa la corrente alternata di chiamata. Completa la suoneria un'ancora A di materiale magnetico, che porta un martelletto P oscillante fra i due timpani T.
Al sopraggiungere della corrente alternata si hanno variazioni di flusso per il fatto che, ad es., la prima mezza onda positiva rinforza il magnetismo dell'espansione polare nord e diminuisce il magnetismo dell'espansione sud. Nel semiperiodo successivo il fenomeno s'inverte e cioè viene rinforzato il magnetismo dell'espansione sud e indebolito quello dell'espansione nord. Di conseguenza l'ancoretta viene attratta maggiormente da un polo e respinta dall'altro con moto alternativo e con la frequenza di circa 40 oscillazioni semplici al secondo, e il martelletto percuote alternativamente i due timpani, segnalando la chiamata in arrivo.
La suoneria dell'apparecchio a batteria locale è derivata sui fili di linea solo quando il ricevitore o il microtelefono è appoggiato al gancio comnutatore; in posizione di conversazione, il gancio la isola dal circuito.
Nel caso degli apparecchi a batteria centrale o automatici, la suoneria è permanentemente derivata sui due fili di linea, però con interposizione di un condensatore da 1 microfarad, il cui scopo è quello di evitare il passaggio della corrente continua e permettere - viceversa - il passaggio della corrente alternata di chiamata (v. Telefonia urbana).
Il gancio di commutazione. - In tutti gli apparecchi telefonici, sia a chiamata manuale, sia a chiamata automatica, esiste il cosiddetto gancio di commutazione, il cui scopo - come s'è detto più sopra - è quello di commutare la linea per farla passare dalla posizione di riposo a quella di conversazione. Nella posizione di riposo può essere ricevuta una chiamata, mentre nella posizione di conversazione è possibile trasmettere e ricevere la conversazione.
Il gancio di commutazione è costituito da alcune molle che formano contatti di riposo o di lavoro, contatti di scambio, ecc. Il comando del gancio è dato dal peso del ricevitore o del microtelefono, il quale, quando viene attaccato al gancio lo abbassa aprendo alcuni circuiti e chiudendone altri; quando invece viene staccato, il gancio si risolleva operando l'apertura dei secondi e la chiusura dei primi (v. Telefonia urbana).
Bobina d'induzione. - Se in un apparecchio a batteria locale, cioè con la pila individuale, si chiudesse il circuito di questa attraverso il microfono trasmittente, la linea e il ricevitore del posto corrispondente, la forza elettromotrice disponibile che praticamente non può superare i 4 ÷ 5 volt sarebbe insufficiente a dare la corrente continua necessaria per un normale funzionamento del microfono, corrente che oscilla tra i 25 e i 100 milliampere. Perciò nei circuiti degli apparecchi a batteria locale si ha una bobina d'induzione (fig. 12) costituita da un nucleo di ferro dolce N sul quale sono avvolti un avvolgimento primario P a bassa resistenza e un avvolgimento secondario S ad alta resistenza. Il circuito primario quando il gancio di commutazione è alzato, viene ad essere inserito sul circuito costituito dal microfono e dalla pila, tra loro in serie.
Le variazioni di corrente prodotte dal microfono inducono variazioni di corrente e quindi di magnetizzazione nel nucleo della bobina d'induzione. Queste variazioni di flusso magnetico inducono a loro volta nel secondario una corrente che riproduce elettricamente, per così dire, le vibrazioni della lamina microfonica.
La bobina d'induzione negli apparecchi a batteria locale serve quindi come separatore del circuito microfonico dal circuito di linea e come trasformatore, inquantoché muta la corrente modulata del microfono in corrente alternata più conveniente per il funzionamento del ricevitore. Se si mandasse direttamente la corrente modulata al ricevitore, si avrebbero distorsioni dovute al funzionamento specifico di questo.
Infine, dato il rapporto delle spire del primario e del secondario della bobina, questa funziona anche come survoltrice e cioè aumenta la tensione della corrente telefonica, diminuendo di conseguenza le perdite della trasmissione. Negli apparecchi a batteria centrale e automatici, la bobina, il cui primario è collegato alla linea e il secondario al ricevitore e cioè in posizione inversa a quella più sopra descritta, ha lo scopo di separare il ricevitore dalla linea e ciò per evitare che la corrente continua passi nel ricevitore stesso; serve pure come autotrasformatore per la corrente microfonica. Naturalmente, negli apparecchi con ricevitore elettromagnetico, il ricevitore deve invece essere percorso dalla corrente continua di linea necessaria per la sua magnetizzazione, ma vi è ugualmente una bobina d'induzione che funziona da autotrasformatore.
Pile. - Le pile occorrenti per il funzionamento di un apparecchio telefonico a batteria locale possono essere a liquido o a secco. Caratteristiche principali di esse sono la bassa resistenza interna e la possibilità di erogare da 20 a 50 milliampere con una tensione ai poli del microfono di circa 3 volt.
Le figure in questa pagina rappresentano un normale apparecchio a batteria locale e due modelli di apparecchi automatici.
Telefonia urbana.
Generalità. - Sotto la denominazione "telefonia urbana" si comprendono le centrali, le reti di distribuzione, gl'impianti interni presso gli utenti del servizio telefonico necessarî e atti a permettere l'interconnessione di tutti gli apparecchi a due a due tra di loro e le conversazioni tra due qualunque degli utenti telefonici della rete in questo modo collegati.
In Italia una rete telefonica urbana comprende, di regola, il solo territorio di un comune e non può estendersi oltre il raggio di 10 km. dal centro di rete, il quale corrisponde al baricentro telefonico del comune.
Gli apparecchi telefonici d'abbonato e i posti telefonici pubblici di una determinata rete telefonica urbana sono collegati con un circuito, normalmente a doppio filo, a una centrale telefonica urbana, nella quale con l'intervento dell'operatrice, o a mezzo di dispositivi automatici, si mettono in comunicazione a due a due gli utenti tra di loro. Se nella stessa rete urbana vi è una sola centrale la rete si dice monocentrica; se invece vi sono più centrali la rete si dice policentrica.
Completano questo quadro generale della struttura della telefonia urbana gl'impianti telefonici interni, vale a dire quegli impianti derivati da una o più linee principali di collegamento a una data centrale urbana, che permettono di mettere in comunicazione con questa un numero di apparecchi da due a cinque volte maggiore del numero delle linee principali.
Le tariffe per l'abbonamento telefonico o per i posti telefonici pubblici, possono essere a forfait, e cioè essere basate su un canone annuo variabile da categoria a categoria di utenti, oppure a contatore.
La tariffa a contatore si suddivide ancora in tariffa a contatore integrale, tariffa a contatore mista, e tariffa a scatto. Nel primo caso l'utente corrisponde un piccolo canone annuo fisso e poi paga tutte le comunicazioni partenti dal proprio apparecchio. Nel secondo caso pagando un canone fisso, ha diritto a un minimo di conversazioni e il supero viene pagato a un tanto per conversazione. Nel terzo caso il numero di conversazioni svolte in partenza dall'apparecchio serve soltanto per destinare ogni apparecchio a una data categoria avente una determinata tariffa annua.
L'apparecchio telefonico. - Con il nome di apparecchio telefonico si comprendono gli organi a disposizione dell'utente atti a effettuare o ricevere una chiamata, a trasmettere o a ricevere la voce.
Gli apparecchi si possono suddividere in varie categorie e sottocategorie, a seconda dei criterî di discriminazione. Si hanno così:
Gli apparecchi a B. L. hanno il microfono alimentato da pile sul posto; la chiamata della centrale viene fatta con il generatore elettromagnetico. Gli apparecchi a B. C. hanno il microfono alimentato dalla batteria di accumulatori, esistente in centrale, attraverso i due fili di linea; la chiamata della centrale avviene semplicemente alzando il microtelefono o il ricevitore dal gancio. Infine gli apparecchi automatici (B. C. A.) sono analoghi agli apparecchi B. C. con in più il disco combinatore, manovrando il quale l'utente comanda gli organi di selezione situati in centrale e può così ottenere automaticamente la comunicazione con l'abbonato desiderato, senza l'intervento di commutatoriste.
Gli apparecchi speciali, oltre agli organi degli apparecchi semplici, portano tasti o leve, relais, ecc., che servono a comandare contattì di scambio, mediante i quali si ottiene il comando di organi situati in altri apparecchi o in centralini di impianti interni, in modo da consentire diverse connessioni o posizioni speciali di commutazione.
Fanno parte di quest'ultima categoria gli apparecchi duplex e i multiplex i quali sono apparecchi B. C. A. comuni, collegati ad alcuni organi (relais o selettorini) posti in una cassetta, a cui fa capo la linea proveniente dalla centrale.
Apparecchio a B. L. - La fig. 13 dà lo schema di un comune apparecchio a B. L. La linea proveniente dalla centrale fa capo ai serrafili L1 e L2. Azionando, a gancio abbassato, il generatore, la corrente alternata, generata da questo, passando attraverso alla suoneria viene mandata in linea fino alla centrale, dove fa agire l'indicatore di chiamata, consistente in un relais polarizzato P che attrae l'ancoretta a e lascia cadere il cartellino S (fig. 16) oppure chiude il circuito di una lampadina (fig. 18) che segnala, con il suo brillare, l'avvenuta chiamata da parte dell'utente alla operatrice commutatorista di centrale.
Parlando di fronte al microfono, si producono le correnti foniche che dal primario della bobina vengono indotte sul secondario e quindi inviate sulla linea, e da questa in centrale dove, attraverso ai dispositivi di commutazione (spine e cordoni) le correnti stesse vengono convogliate al corrispondente.
Apparecchio B. C. A. La fig. 14 dà lo schema di un apparecchio a B. C. A., munito di disco combinatore per il funzionamento con centrali automatiche (se si elimina il disco e si collegano direttamente tra di loro i morsetti 1 e 2 della figura l'apparecchio diviene semplicemente a B. C.). La linea proveniente dalla centrale fa capo ai serrafili A e B. Una chiamata in arrivo dalla centrale fa agire la suoneria, mentre la corrente continua della batteria di centrale, permanentemente collegata ai fili di linea, non può circolare, a causa del condensatore. Alzando il microtelefono la corrente continua di centrale può circolare: da A, attraverso il contatto d'impulsi del disco dd′ chiuso, al morsetto M, al microfono e, di ritorno da questo, al primario P della bobina d'induzione, i contatti del gancio chiuso e quindi al filo B di linea.
Il disco combinatore (la fig. 15 rappresenta uno dei tipi più correntemente usati in Italia) consta delle seguenti parti: 1. disco combinatore vero e proprio e cioè un disco con dieci fori numerati dall'1 allo 0, che viene fatto rotare a mano, infilando il dito in uno qualunque dei fori, fino all'arresto e quindi lasciato libero di ritornare a riposo sotto l'azione di una molla; 2. una ruota dentata solidale con il disco; 3. una vite senza fine che porta a un estremo un freno centrifugo per regolare la velocità di rotazione nel ritorno a riposo del disco e all'altro estremo una camma, che fa una rivoluzione completa per ogni cifra combinata dal disco; 4. le due molle degl'impulsi dd′, che per l'azione della suddetta camma si aprono o si richiudono una volta per ogni unità della cifra combinata; 5. tre molle, dette di corto circuito, normalmente aperte, ma chiuse per tutto il tempo per cui il disco è spostato dalla posizione di riposo.
Volendo fare una chiamata, ad es., per il numero 46.820, l'utente, dopo aver sentito il segnale di centrale che proviene dai selettori o dai registri di centrale, che indicano che sono pronti a ricevere le cifre, infila il dito nel foro n. 4 e sposta il disco fin contro l'arresto. Quindi lascia ritornare il disco a riposo e in conseguenza la camma compie quattro rivoluzioni complete e quindi apre e chiude quattro volte le due molle degli impulsi dd′. La corrente continua proveniente dalla centrale subisce quattro interruzioni e quindi il relais degl'impulsi in centrale ricade quattro volte mandando a sua volta quattro impulsi agli organi di selezione veri e proprî, i quali comandano o i registri o i selettori.
Quindi l'utente forma allo stesso modo le cifre successive, e in centrale, il suddetto relais degl'impulsi cade 6, 8, 2 e 10 volte rispettivamente (lo 0 nella telefonia corrisponde a 10 unità).
Nell'intervallo tra una cifra e l'altra in centrale avvengono commutazioni per spostare i comandi ai varî organi che funzionano successivamente per stabilire le richieste connessioni.
La centrale telefonica. - Generalità. - Gli utenti telefonici sono collegati a mezzo dei conduttori della rete all'ufficio centrale (detto più brevemente "centrale") dove fanno capo al commutatore, manuale o automatico, il quale serve a mettere in comunicazione tra di loro gli utenti.
Commutatori manuali. - Questi si possono suddividere a loro volta nei seguenti tipi: commutatori semplici e commutatori multipli a batteria centrale o locale.
Qualunque tavola di commutazione deve essere costituita in modo da soddisfare alle seguenti esigenze: 1. ogni utente deve poter chiamare la centrale ed esserne chiamato; 2. l'operatrice deve poter mettersi in comunicazione con uno qualunque degli abbonati per chiamarlo e corrispondere; 3. l'operatrice deve poter essere avvisata quando la conversazione è finita e deve essere possibile all'operatrice controllare se un determinato utente è libero o è occupato, senza per questo disturbare l'eventuale conversazione o chiamata in corso.
In conseguenza una tavola di commutazione manuale ha i seguenti organi: indicatorí di chiamata, uno per ogni utente; prese (jack) a cui fanno capo i fili di linea di ogni utente; organi mobili di collegamento costituiti da cordoni terminanti a spine da infilare nelle prese sopraddette; indicatori di fine conversazione; chiavi per la chiamata, l'ascolto, ecc.; posto d'operatrice, vale a dire microtelefono per il servizio delle commutatoriste.
La fig. 16 fa vedere, ad es., un indicatore di chiamata a rilevamento meccanico dello sportellino e relativa presa. Sotto lo sportellino S è indicata la presa, che è composta di due molle, l1 e l2, connesse ai fili di linea dell'utente; le altre due molle interne collegano alla linea l'indicatore P di chiamata, mentre la boccola b serve da guida per la spina e, nel caso dei commutatori multipli, serve anche alla segnalazione di occupato.
Nella fig. 17 è indicata una spina a tre contatti. L'indicatore di chiamata della fig. 18 è luminoso. In tal caso la corrente di chiamata passa nel relais di linea RL, che chiudendo r1 e r2 fa accendere una lampadina L per mezzo della batteria B. Il cordone di collegamento che termina alle spine è costituito da due o più conduttori elettrici flessibili, isolati tra di loro da calze di tessili e quindi riuniti in una calza tubolare che protegge solidalmente i due conduttori. Per poter connettere i conduttori dei cordoni al microtelefono pettorale dell'operatrice o al generatore di chiamata servono le chiavi, di cui la fig. 19 rappresenta il tipo più comune. Queste sono costituite da pacchetti di molle tra di loro isolate elettricamente, ma che possono venire a contatto in vario modo con la manovra del manicotto P, il quale normalmente sta nella posizione verticale, ma può essere abbassato a destra od a sinistra per chiudere i circuiti facenti capo ai varî gruppi di molle.
I fili di linea che collegano i varî utenti alla centrale non terminano direttamente alla presa, ma passano per l'intermediario del permutatore. Questo è costituito da strisce di attacco verticali e orizzontali, a cui fanno capo da un lato i fili provenienti dall'apparecchio e dall'altro i fili provenienti dalle prese di centrale. Le prime strisce, portano anche gli organi di protezione e cioè scaricatori di tensione e protettori d'intensità costituiti o da valvole fusibili in tubetto di vetro, o da bobine termiche. Le strisce orizzontali sono costituite da pagliette metalliche in numero di 2-3 o 4 per ogni numero, a seconda del tipo di centrale. I numeri della centrale vengono collegati alle strisce orizzontali in progressione aritmetica regolare. Il numero dell'utente non ha nulla a che vedere con la numerazione della propria striscia in centrale. Spostando le connessioni tra strisce verticali e strisce orizzontali si fa in modo che il numero assegnato ad ogni utente non cambi anche se questo trasloca da un punto all'altro della zona.
Indicatore di fine. - L'indicatore di fine è analogo costruttivamente all'indicatore di chiamata, ma mentre questo è associato alla linea d'abbonato, quello di fine fa parte del cordone e funziona a fine conversazione per avvertire l'operatrice.
Controllo di occupato. - Il controllo d'occupato nelle tavole con multiplo è ottenuto utilizzando il terzo filo c che accompagna in centrale i due fili di linea dell'abbonato e termina alle boccole delle prese (fig. 16). Questo terzo filo normalmente è isolato. Ma quando in una qualunque delle prese viene infilata una spina, questa mette in comunicazione la boccola della presa con un polo della batteria di centrale.
Se adesso un'altra operatrice tocca una qualunque delle boccole della linea occupata con la punta di una spina, si forma un circuito che, si chiude attraverso al circuito dell'operatrice in prova, la quale sente così nel ricevitore un colpo caratteristico.
Nella fig. 20 è indicato lo schema elettrico di un centralino semplice a batteria locale. Ad A e B fa capo la linea di abbonato: J è la presa, C1 l'indicatore di chiamata; S1 e S2 sono le due spine del cordone, C la chiave di commutazione, F il segnale di fine, G il generatore per la corrente di chiamata, M ed R rispettivamente microfono e ricevitore.
Quando l'abbonato chiama, lo sportellino C1 dell'indicatore cade e l'operatrice infilando la spina S2 in J può mettersi in comunicazione con l'abbonato.
La comunicazione avviene a chiave C abbassaia verso destra e alzando il ricevitore R dal gancio.
Successivamente, infilando la spina S1 nella presa dell'utente richiesto e abbassando la chiave C a sinistra, gli si manda la corrente di chiamata del generatore G, e gli si può parlare. Rimettendo la chiave C in posizione di riposo, i due utenti rimangono in comunicazione. A fine conversazione, gli utenti, girando la manovella del generatore, mandano corrente all'indicatore di fine F che attrae, e quindi l'operatrice toglie la connessione.
Nella fig. 21 è indicato lo schema di uno dei multipli più comuni, a batteria centrale. Quando l'abbonato alza il microtelefono, si chiude il circuito: terra della batteria in centrale, contatto di sinistra del relais disgiuntore RD1, filo l1 fino all'apparecchio di abbonato, che con il gancio R alzato, fa la continuità con il filo l2, che attraverso il contatto destro di RD1 termina al relais di linea LR e al polo negativo della batteria. LR attrae e accende la lampada LC. L'operatrice risponde infilando la spina SR nella presa Jl. Si chiude dapprima il circuito: terra, relais RD1; boccola della presa, Jl; terzo filo c della spina; lampada di fine LF1, resistenza, polo negativo batteria. Il relais RD1, attraendo, distacca dai fili di linea il relais di chiamata per modo che la lampada di chiamata si spegne.
L'operatrice, abbassando la chiave CH verso sinistra, corrisponde con l'utente, e poi tocca con la spina SC la boccola della presa multipla dell'abbonato B richiesto per la prova di occupato. Se questo è libero infila completamente la spina e, abbassando la chiave CH a destra, fa la chiamata. All'atto della risposta dell'utente si spegne la lampada di fine RF2 in seguito al corto circuito provocato dall'attrazione del relais di fine R2. Quando gli abbonati riappendono, interrompendosi il circuito di linea, i relais di fine RF1, RF2 ricadono e ritornano a brillare le due lampadine di fine.
Se B fosse stato occupato all'atto della prova, l'operatrice avrebbe avvertito un "clic" caratteristico nel proprio ricevitore, provocato dalla scarica del condensatore in serie sul circuito di ascolto, in seguito al contatto della punta della spina SC con la boccola della presa sotto tensione negativa.
L'autocommutatore. - Nel 1886 l'italiano Gio. Battista Marzi ideò e fece funzionare dieci stazioni con selezione automatica negli uffici della Biblioteca Vaticana. L'impianto rimase in funzione per oltre tre anni, ed è quindi antecedente di ben sei anni al primo impianto di centrale telefonica a servizio pubblico, aperto a La Porte (Indiana, Stati Uniti d'America) nel 1892, in base al sistema di Almon Strowger, che, dopo quella data, venne rapidamente diffondendosi in tutto il mondo.
Nella tav. LXXXIII è riprodotto, visto di fianco e dall'alto, il selettore del Marzi, il quale si serviva di un comune elettromagnete telegrafico per comandare un'ancoretta che, oscillando, spostava un contatto mobile sulle varie prese fisse, in numero di dieci, situate alla base, e a cui erano collegate le poste telefoniche.
Se ora guardiamo il primo selettore Strowger (tav. LXXXIII), brevettato nel 1889, non troviamo grande differenza di concezione, tranne che nel sistema Strowger vi è, oltre al movimento rotativo del selettore, anche il movimento di sollevamento, che permette, evidentemente, di moltiplicare per dieci il numero dei contatti possibili sugli stessi organi di selezione.
Il sistema Marzi e il sistema Strowger fanno parte entrambi della categoria dei sistemi passo-passo, vale a dire sistemi in cui i selettori si muovono, come dice la parola, un passo alla volta verso la posizione comandata.
Più tardi Mac Berty indirizzò i suoi studî allo scopo di meccanizzare i movimenti e le manovre del sistema manuale di commutazione a B. C. più diffuso.
Nella meccanizzazione di queste operazioni la cosa tecnicamente più difficile sembrerebbe la ricezione del numero dell'abbonato richiesto e la sua traduzione in un movimento meccanico di selezione. Quest'operazione, nei sistemi cosiddetti indiretti di selezione automatica, viene invece facilmente compiuta da un organo (registro) costituito da relais o da selettorini, i quali alla ricezione, degl'impulsi da parte del disco dell'utente, attraggono o muovono in modo da incassare il numero degl'impulsi trasmessi.
In seguito questi relais o selettori ritornando a riposo rinviano altrettanti impulsi, o complementi decimali degl'impulsi ricevuti, agli organi di selezione che possono essere o solo rotativi o a movimenti multipli di sollevamento, rotazione, radiali, ecc.
Generalità sulla telefonia automatica. - I più diffusi sistemi attualmente in uso nella telefonia automatica sono i seguenti: 1. sistemi con comando passo-passo o sistemi Strowger; 2. sistemi a comando indiretto, i quali a loro volta si possono suddividere nei seguenti principali: Rotary, Ericsson, Panel; 3. sistemi a relais.
Gli organi fondamentali che intervengono nella selezione automatica sono i seguenti: relais per il comando dei circuiti; elettromagneti per il comando delle parti mobili dei selettori; selettori.
Selettori rotativi semplici (tav. LXXXIII). - Sono meccanismi composti da un banco di contatti fissi, disposti ad arco di cerchio, sui quali strisciano delle spazzole. Queste sono fatte rotare o con comando passopasso, o in modo continuo, in seguito all'accoppiamento di ruote dentate, solidali con le spazzole, con altre ruote mantenute in continuo movimento da motori, comuni per un certo numero di organi.
Selettori a sollevamento e rotazione, cosiddetti "Strowger" (fig. 22).
Le spazzole a, b e c, possono essere fatte sollevare dall'elettromagnete V, il quale, seguendo gl'impulsi del disco combinatore, fa innalzare l'albero portaspazzole di tanti passi quanti sono gl'impulsi ricevuti e cioè da un minimo di 1 ad un massimo di 10.
In seguito entra in azione l'elettromagnete di rotazione R che allo stesso modo fa rotare le spazzole. Supponendo di voler sceglieie il contatto 35, prima si forma con il disco la cifra 3 e quindi l'elettromagnete V solleva le spazzole fino al banco che contiene tutti i contatti dal 31 al 32 e al 30. Componendo in seguito il n. 5, si sceglie tra i numeri di questa decade il quinto contatto, per modo che le spazzole vengono a trovarsi esattamente sul n. 35. Il selettore Strowger però, non ha soltanto 100 contatti fissi, ma ne ha normalmente 300 e cioè 100 per ogni spazzola.
Selettore rotativo multiplo. - Nella tav. LXXXIII, in basso a destra, è rappresentato un selettore tipo Rotary in cui il carrello portaspazzole F compie soltanto movimenti di rotazione in modo continuo, quando la ruota dentata P, che normalmente viene tenuta piegata dall'ancora E comandata dal magnete D, viene liberata e può imboccare con un'altra ruota similare mantenuta in continuo movimento di fianco alla precedente. Una seconda ruota dentata i, comandata dall'elettromagnete d, può da un lato imboccare con un'analoga ruota mantenuta in continuo movimento dallo stesso albero comune sopra indicato e non rappresentata in figura, e dall'altro imboccare con la ruota m in modo da far rotare l'alberello S che porta dei naselli disposti a elica i quali servono a liberare le spazzole. Le spazzole sono 30, suddivise in 10 gruppi di 3 spazzole ciascuno.
All'entrata in azione del selettore, il magnete d è alimentato e, attirando la propria armatura, libera la ruota i, che mette in movimento l'alberello S, controllato dai dischi nn′, i quali attraverso le spazzole O mandano impulsi al registro. A un certo istante, determinato dalla cifra trasmessa in precedenza al registro, S si ferma.
Entra in seguito in funzione l'elettromagnete D e quindi la ruota P incomincia a rotare trascinando il carrello F portaspazzole. All'inizio del movimento viene liberato un gruppo di 3 spazzole e precisamente quello corrispondente al nasello di S predisposto col movimento precedente. Se si tratta di un selettore di gruppo, il movimento del carrello F viene arrestato appena viene trovata una via di giunzione libera verso i selettori successivi. Se invece si tratta di un selettore finale o connettore, l'arresto è comandato dal registro.
A fine comunicazione viene di nuovo attivato il magnete D e quindi il carrello F torna a rotare verso destra fino a ritornare in posizione di riposo. In un secondo tempo attira anche il magnete d e l'alberello S torna in posizione di partenza.
I selettori di gruppo hanno 10 livelli di contatti fissi da 10, 20 o 30 giunzioni per livello, a seconda del traffico; i selettori finali sono equipaggiati per 200 linee di abbonato.
Nella fig. 23 è rappresentato schematicamente il principio del comando indiretto dei selettori. L'albero T del selettore porta le tre spazzole a, b, c, che possono strisciare sui contatti fissi affacciati ad essi. L'albero T porta anche una ruota dentata R, la quale a comando dell'elettromagnete M1, può ingranare con la ruota R1 mantenuta in continuo movimento da un motorino M.
I contatti di fronte alla spazzola c separati da isolanti sono connessi in parallelo e messi a terra. Supponiamo ora che il selettorino DI del registro a passo-passo, sia stato spostato a comando del disco dell'utente nella posizione 7. Quando incomincia la selezione, essendo il nasello t fuori posizione di riposo e quindi m-n chiuso, si compiono le seguenti fasi di commutazione:
Il relais G attira per il circuito: terra, batteria B, relais G, m-n chiuso, elettromagnete M2, terra. M2 fa compiere un passo a ritroso al selettore DI, il quale si porta dalla posizione 7 alla posizione 6, mentre chiudendosi il contatto a viene mandata corrente all'elettromagnete M1, il quale fa ingranare le due ruote R e R1 e quindi l'albero portaspazzole si mette in moto.
Intanto la spazzola c, viene a fare contatto con la paglietta fissa del settore Z, corrispondente al numero 1, che è a terra. In questo modo mentre G rimane attratto, M2 cade, shuntato dalla terra del contatto 1 di Z.
Continuando il movimento dell'albero T, la spazzola c viene subito dopo a trovarsi sull'isolante tra il contatto 1 e il contatto 2, per modo che M2 si rieccita e fa compiere un secondo passo a ritroso del selettore DI, che dalla posizione 6 passa alla 5.
Questi movimenti si ripetono fino a quando, col ritorno del nasello t, del selettore DI in posizione 0, si riapre il contatto m-n e viene quindi a mancare la corrente a M2, G, M1.
La ruota R si disinnesta dalla ruota R1 e l'albero T si ferma precisamente al passo settimo, comandato dal disco combinatore.
Selettori Ericsson a coordinate polari (fig. 24). - I selettori sono montati su un'intelaiatura formata da due ferri a ??? verticali, ai quali vengono fissate le piastre BP d'appoggio del selettore che comprende le seguenti parti: due magneti d'accoppiamento MH, MV che comandano l'imbocco di una ruota dentata FR con una ruota dentata doppia W calettata sull'albero S, mantenuto in continuo movimento da un comune motorino; una corona dentata circolare KR che imbocca permanentemente con la ruota FR′ calettata sullo stesso asse della ruota FR.
Il disco girevole TS viene fatto rotare verso destra o verso sinistra dalla ruota FR′ che imbocca con la corona KR, a seconda che è stato azionato il magnete MH o il magnete MV e anche il magnete CV, il quale, se attratto, permette la rotazione del piatto TS, e, se diseccitato, blocca TS in una determinata posizione. L'asta KA, che porta i contatti di linea a, b, e il filo di guardia c, può essere fatta avanzare tra i contatti del multiplo MF e quindi essere ritirata a comando della ruota ZR, che imbocca con la dentiera ER, nel seguente modo: ZR è imperniato sul piatto girevole TS. Quando il magnete CR è diseccitato e quindi tiene bloccata l'asta KA, la ruota ZR, che ingrana con la dentiera ER da un lato, e dall'altro con la parte interna della corona dentata KR, non può rotare e quindi funziona soltanto per trasmettere il moto da KR a TS come detto in precedenza. Se invece è diseccitato CV e eccitato CR, il piatto TS, bloccato da CV, non può rotare, mentre ruota ZR che trasmette il movimento rotativo di KR alla dentiera ER la quale fa avanzare KA nel caso che sia attratto MH oppure retrocedere nel caso che sia attratto MV.
Il multiplo di questo selettore si compone di 25 telai MF ognuno dei quali comprende 20 contatti tripli. La potenzialità di questo selettore è quindi di 500 linee.
Selettore a pannello. - Questo selettore è stato studiato in modo speciale per le grandi reti americane; normalmente è per 5 gruppi di 100 linee di abbonato. Queste linee sono distribuite su un piano verticale, di fronte a cui si alzano le spazzole che scorrono su tubi di guida, a comando di elettromagneti associati a ogni sistema di spazzole.
La costruzione del selettore è stata studiata in modo da poter essere variato, a seconda delle necessità, il numero delle spazzole e portaspazzole e la distribuzione del campo multiplo. Il selettore viene usato come cercatore di linea, come selettore di distretto, selettore locale, selettore entrante o selettore finale. Il sistema, più complesso degli altri precedentemente descritti, ha come base sempre il comando indiretto dei selettori e quindi fa uso di registri, commutatori sequenziali, ecc.
Selettore a relais. - I sistemi di commutazione automatica con soli relais e quindi senza veri organi elettromeccanici, che compiano movimenti di traslazione o rotazione, non hanno selettori con una figura ben precisa come nel caso dei selettori meccanici.
La commutazione passa tutta attraverso i contatti di soli relais, raggruppati in modo opportuno per mettere in comunicazione una data linea chiamante con una determinata linea chiamata, attraverso fasci di giunzioni uscenti ed entranti e gruppi d'interconnessione dei fasci stessi. Il comando dei selettori avviene attraverso un registro pure a relais, il quale da un lato riceve gl'impulsi da un normale disco decimale d'apparecchio d'abbonato e dall'altro prepara circuiti che terminano a relais connettori che fanno la continuità tra la linea chiamante e la linea chiamata.
Il registro. - Nelle descrizioni precedenti abbiamo già dato idea del registro, organo che esiste nei sistemi a comando indiretto e cioè con i selettori a progressione continua.
Il tipo descritto alla fig. 23 era costituito da selettori rotativi, ma esistono anche registri costituiti soltanto da relais. Il registro a selettori rotativi è uno dei tipi più usati e consta di tanti selettori quante sono le cifre trasmesse dall'utente. In più vi è un altro selettorino che distribuisce le cifre al primo, secondo, terzo, ecc., selettore, in modo che la prima cifra viene incassata nel primo organo, la seconda nel secondo, e così via.
Il registro può anche essere a relais e cioè senza organi rotativi. In questo caso, per ogni cifra trasmessa s'impegna una determinata fila di 10 relais, dei quali rimangono attratti tanti quante sono le unità della cifra trasmessa. Essi poi ricadono uno alla volta nella messa in posizione del rispettivo selettore.
Il registro ha poi l'altra funzione di tradurre gl'impulsi decimali in altre serie non decimali, per comandare la selezione su organi aventi un campo multiplo diverso dallo Strowger e cioè di 10 per 10 contatti. Ad es., nel sistema "Rotary" in cui i contatti sono suddivisi in 10 livelli, ognuno di 20 contatti, il registro deve potere scegliere ad es., nel terzo livello tra il numero 35 e il numero 45. Tra i due intercorre una differenza di 10 unità. In questo caso il registro deve trasmettere soltanto 5 impulsi oppure 15. Questa discriminazione è compiuta dal registro stesso il quale non trasmette direttamente le cifre incassate separatamente una dall'altra, ma tiene conto della cifra incassata sul selettorino precedente, e quella incassata dal selettorino susseguente: compie cioè una vera traduzione delle cifre.
In altri casi il registro che, ad es., ha ricevuto 7 cifre, non ne trasmette 7, ma 3 e cioè il complemento delle cifre occorrenti per arrivare a 10.
Gli organi accessorî. - Completano questa serie dei principali organi delle centrali automatiche, gli organi accessorî, la cui importanza però è quasi pari di quella dei selettori e dei registri suddetti.
Tra questi ricordiamo: i commutatori sequenziali - i quali, assumendo varie posizioni durante la commutazione, stabiliscono quale dei circuiti deve entrare in funzione in un determinato istante, le macchine a segnali, che servono a indicare all'utente in quale fase si trovi la commutazione da lui comandata, gli organi di prova, le batterie occorrenti per tutti i comandi e per l'alimentazione degli apparecchi d'abbonato, i cavi elettrici di collegamento tra i varî organi, i ripartitori e cioè l'insieme di strisce di attacco a cui fanno capo i cavi sopraindicati, i complessi dei relais necessarî per il comando di ogni organo o per il comando di un gruppo di organi, i tavoli di controllo del traffico, le segnalazioni dei guasti, prese di prova, ecc. Le batterie di accumulatori di una centrale telefonica automatica fanno il doppio servizio di alimentazione dei relais e magneti dei comandi, come anche dei microfoni degli apparecchi d'abbonato. La tensione varia da 24 volt a 48 e 60 volt a seconda dei sistemi e tipi di selettori.
Le batterie hanno sempre il polo + collegato a terra e il polo − collegato ai varî relais e magneti da alimentare.
Schema di selezione. - I selettori precedentemente descritti hanno una capacità variabile da un minimo di 10 linee (selettori rotativi semplici passo-passo) a un massimo di 500 linee (selettori Ericsson e a pannello).
Per poter collegare automaticamente un numero di abbonati dell'ordine di decine di migliaia, o addirittura del milione, occorre adottare un particolare raggruppamento di selettori tra di loro collegati in modo che la selezione avvenga senza possibilità di errori, e senza richiedere manovre complicate al normale utente telefonico.
La figura 25 rappresenta un raggruppamento di selettori per la selezione di 100.000 linee.
La linea dell'abbonato chiamante è collegata a un preselettore, la cui funzione è quella di scegliere un primo selettore di gruppo (I° S. G.) libero. Il preselettore si mette a rotare automaticamente, appena l'utente ha alzato il microtelefono dal gancio.
In altri sistemi, in luogo del preselettore vi è un cercatore, che si può definire un preselettore rovesciato, in quanto che, mentre nei sistemi a preselettore le linee di abbonato fanno capo alle spazzole del preselettore, invece, nei sistemi con cercatore, gli abbonati vengono collegati al multiplo comune di un certo numero di organi rotativi della capacità da 25 fino a 500 attacchi, le cui spazzole fanno capo ai selettori successivi. In questo caso, quando l'utente alza il microtelefono dal gancio, si mette in moto un certo numero di cercatori, dei quali uno raggiunge per primo la linea chiamante e la occupa.
Supponiamo ora che l'abbonato voglia chiamare il numero 24.796. Facendo la cifra 2, il primo selettore di gruppo si solleva fino al secondo livello, da cui parte un fascio di 10 linee di giunzione che vanno ai secondi selettori di gruppo successivi, che dànno accesso a tutti gli abbonaii numerati dal 20.000 al 29.999. La seconda cifra 4 viene ricevuta dal secondo selettore di gruppo, e così di seguito viene discriminato e occupato un terzo selettore di gruppo, sul quale viene fatta la scelta della cifra delle centinaia che in questo caso è 7. Dopo questa cifra viene occupato il selettore di linea (S. L.) a cui fanno capo gli abbonati del centinaio 24.700-24.799. Il selettore di linea, a differenza dei selettori precedenti, riceve due comandi e cioè: prima viene fatto elevare fino al livello 9 e poi, componendosi l'ultima cifra 6, le spazzole si portano sul contatto 96. A questo punto viene inviata automaticamente la corrente di chiamata all'utente 24.796 e quando questo risponde, alzando il microtelefono, cessa pure automaticamente la corrente di chiamata ed egli si trova in comunicazione col chiamante.
Quando i due abbonati riappendono il microtelefono, venendo interrotta la corrente continua, che passava attraverso agli apparecchi d'abbonato, tutti gli organi di centrale precedentemente occupati cadono a riposo, pronti per una nuova comunicazione.
Schema completo di una commutazione automatica. - La fig. 27 dà gli schemi di principio e fondamentali di una commutazione completamente automatica ottenuta con selettori tipo Strowger per una centrale fino a 1000 linee.
Quando il chiamante alza il microtelefono, si chiude il circuito: terra, batteria di 60 V, resistenza R, tI, filo a, apparecchio d'abbonato, filo b, tII, relais R, terra.
Il relais R del preselettore (P. S.) chiude i proprî contatti rI, rIII.
Il contatto rI dà batteria al magnete D attraverso a un interruttore automatico Cm per modo che D fa rotare le spazzole del preselettore. Questa rotazione continua finché non si chiude il circuito: batteria, rIII chiuso, relais T 600 + 10, terza spazzola, filo c fino al primo selettore di gruppo (S. G.) successivo, relais C, contatto R chiuso, terra. Attrae T del P. S. interrompendo il circuito di D e le spazzole del preselettore si fermano sulla linea che fa capo al S. G.
Il relais T attratto, col proprio contatto tIII mette in corto circuito il suo avvolgimento ad alta resistenza di 600 ohm. Se ora un P. S. di un altro utente cerca un S. G., la sua terza spazzola, in un certo istante, si mette in derivazione sul circuito sopra descritto. Ma il suo relais T che prova con tutta la resistenza di 600 + 10 ohm non riceve dal relais C del S. G. precedentemente occupato una corrente sufficiente a farlo attrarre, e quindi passa oltre.
Questo sistema di blocco degli organi automatici è il più comunemente impiegato a questo scopo.
Attraendo T vengono anche commutati i contatti tI e tII in modo da prolungare la linea chiamante al primo selettore di gruppo. In questo attirano immediatamente i relais A e B di questo. Il chiamante sente il tono di eentrale trasmesso per induzione sulle bobine A e B.
Supponiamo che l'utente trasmetta la cifra 4; il relais A, per gl'impulsi del disco, cade 4 volte e attira 4 volte il relais I. Il contatto iIII dà 4 impulsi di terra al relais H di sollevamento delle spazzole del pri no selettore di gruppo, le quali si alzano fino al quarto livello.
È da notare che, cadendo A la prima volta, attira il relais V2 in serie con V1, e si mantiene durante tutta la trasmissione degl'impulsi, essendo ritardato alla caduta.
A fine trasmissione della quarta cifra, A torna ad attrarre permanentemente e quindi cade V2 shuntato da aII. Inoltre i contatti R, che sono contatti meccanici di testa dell'albero portaspazzole, si sono spostati dalla posizione di riposo alla posizione di lavoro. Può quindi attrarre il magnete D di rotazione delle spazzole, il quale attraverso il proprio contatto d fa anche attrarre il relais I. Le attrazioni e le cadute del relais I e del magnete D si alternano e le spazzole ruotano fino a trovare un selettore di linea (S. L.) disponibile.
L'occupazione del S. L. avviene per un circuito analogo a quello descritto per S. G. Il selettore di linea è fornito oltre che di relais, anche di un commutatore sequenziale a 5 bracci, indicati I, II, III, IV, V, il quale occupa all'inizio la posizione 1 e procede a comando del relais F e del magnete S di passo in passo fino alla posizione 11. La posizione 1 iniziale è quella del sollevamento, la 2 di rotazione, la 3 controllo inverso, 4 prova; 5 occupato, 6 prima chiamata, 7 chiamata periodica, 8 conversazione, 9 pausa, 10 conversazione, 11 fine.
Quando l'abbonato trasmette la cifra delle decine, gl'impulsi del disco fanno al solito battere il relais A che manda impulsi di terra al relais A del S. L. nel seguente modo: terra nel I S. G., aIII, cI attratto, pI attratto, spazzola e filo a, III1-2, A, batteria.
Il relais A nel selettore di linea batte gl'impulsi al magnete di sollevamento H.
Nell'intervallo tra la cifra delle decine e la cifra delle unità attirano F e S che fa passare il commutatore pilota dalla posizione 1 alla posizione 2.
In questa posizione la cifra, delle unità comanda sempre il relais A del S. L., ma essendosi spostato il contatto del braccio V del pilota nella posizione 2 ora agisce il magnete D facendo rotare le spazzole fino a mettersi a contatto con l'utente richiesto.
In posizione 6 del pilota viene mandata la prima chiamata e, in posizione 7, brevi chiamate periodiche, comandate dal relais L che viene eccitato ogni 10 secondi.
Quando l'abbonato risponde, il relais U viene eccitato perché alzandosi il gancio, viene shuntato il condensatore dell'apparecchio e quindi la corrente continua può passare. Attraendo U, il pilota passa in posizione 8.
Si eccitano i relais A e B attraverso i quali passa la corrente di alimentazione dal microfono dell'apparecchio chiamato. I due abbonati possono quindi conversare.
A fine conversazione riappendendo tanto il chiamante, quanto il chiamato, si diseccitano nel primo selettore di gruppo e nel selettore di linea i rispettivi relais A e B, interrompendosi al solito la corrente di alimentazione dei due apparecchi. Nel primo selettore di gruppo diseccitandosi A, può eccitarsi V2 non più shuntato da aII; si eccita il magnete di disinnesto M e l'albero portaspazzole cade a riposo.
In precedenza era anche avvenuto il comando del contatore di comunicazione Z dell'abbonato chiamante.
Analogamente disinnesta il magnete M del selettore di linea e tutti gli organi tornano a riposo. Se l'abbonato richiesto fosse stato occupato in posizione 5 del pilota il S. L. avrebbe trasmesso al chiamante il suono di occupato.
Da qualche anno sono entrati anche nella pratica nuovi selettori tipo Strowger, i quali invece dei classici tre magneti H di sollevamento, D di rotazione, M di disinnesto, hanno soltanto i due magneti H e D.
In questo caso il disinnestoavviene nel seguente modo: a fine comunicazione torna a funzionare il magnete D, il quale fa rotare l'albero del selettore verso destra fino a portare le spazzole fuori dal banco dei contatti; in questa posizione le spazzole cadono e, sotto richiamo di una molla, sono ricondotte in posizione di partenza.
Il nuovo selettore è di dimensioni molto più ridotte che il selettore Strowger originale.
Nella fig. 26 è rappresentata una catena di preselettori e selettori tipo passo-passo di varia costruzione adottati nelle reti italiane e precisamente a cominciare da sinistra verso destra si hanno:
a) I P. S. - Vi si vedono i relais di chiamata e disgiuntore, nonché il selettorino rotativo a 10 passi. Si noterà che dall'apparecchio chiamante partono i soli due fili di linea, mentre dal I P. S. al I S. G. i fili diventano 3, essendovi oltre ai fili di linea a e b anche il terzo filo di occupato.
b) I S. G. - In alto vi è il selettore propriamente detto, e in basso il complesso dei relais di comando del selettore.
c) Traslatore 3/2 fili. - È un dispositivo composto di un relais a doppia attrazione, una resistenza a lampada e altri accessorî, i quali permettono di eliminare nella giunzione il terzo filo c.
d) Traslatore 2/3 fili. -È composto di un relais e di una lampada di neon, ed è installato all'entrata della giunzione nella centrale di arrivo.
e) I S. G. - È analogo al S. G. precedente, però di costruzione differente.
f) S. L. - Il selettore vero e proprio a sinistra è del tipo con 2 soli magneti. A destra del selettore vi è il commutatore sequenziale passo-passo e in più i relais di comando.
g) I P. S. - È di costruzione alquanto diversa dai tipi descritti, ma avente comunque gli stessi requisiti fondamentali del P. S. precedente.
h) In basso nella figura vi sono 2 apparecchi BCA da tavolo di tipo moderno.
Diagramma schematico di un sistema di commutazione automatico a comando indiretto. - Nella fig. 28 è riportato il diagramma dei circuiti per il collegamento di registri e la trasmissione degl'impulsi ricevuti dal registro a un selettore a comando indiretto di tipo Ericsson (i comandi sono analoghi per il sistema Rotary, a pannello, ecc.).
Quando l'abbonato alza il microtelefono, si chiude in centrale il circuito del suo relais di linea. Questo relais mette in moto un certo numero di cercatori, uno dei quali, arrivando per primo sulla linea chiamata, la blocca estendendo il collegamento a un S. G. Immediatamente si mettono in moto i cercatori di registro e il primo registro che arriva sul cordone bloccato viene messo in comunicazione con la linea chiamante. All'inizio della trasmissione delle cifre, la spazzola del distributore SOR1 è collegata al magnete Re1 del primo registro il quale è un selettore rotativo passo-passo del tipo di quello della tav. LXXXIII. Se l'abbonato trasmette, ad es., la cifra 8, cade 8 volte il relais R1, mentre R2, ritardato, rimane eccitato per tutta la durata del primo treno d'impulsi. Gl'impulsi quindi vengono trasmessi al magnete Re1 che fa compiere 8 passi alle spazzole del primo registro, mentre R3 prepara SOR1 a compiere un passo. Cessata la trasmissione della prima cifra e cadendo R2 cade anche R3 che fa completare il passo al distributore SOR1 per modo che la seconda cifra trasmessa dall'utente viene incassata dal registro Re2 in modo analogo a quanto avvenuto per la prima cifra. E così di seguito, fino a incassare nei quattro registri le 4 cifre trasmesse dall'utente. Entra poi in funzione il comando inverso del selettore per tramite degli altri registri Re5, Re6, Re7. Il selettore si mette in moto e a ogni passo compiuto dal braccio IV viene fatto attrarre il relais R4, il quale a sua volta fa rotare il registro Re5. Quando il registro Re5 ha raggiunto la posizione determinata dalla combinazione delle prime due cifre toglie corrente per tramite del relais R5 al magnete di blocco CV o CR a seconda dei casi e il selettore si ferma.
Contemporaneamente viene mandata corrente al magnete SOR2 che sposta il comando sul registro Re6, il quale comanderà il movimento del selettore successivo, che nell'intervallo dello spostamento di SOR2 era stato scelto e occupato dal selettore precedente.
Collegamenti Duplex (fig. 29). - Lo schema di collegamento di abbonati duplex è caratterizzato dal fatto che per la chiamata verso la centrale o dalla centrale, ognuno dei due apparecchi associati in duplex dispone di un solo filo della linea, mentre per la conversazione i due fili vengono automaticamente commutati sull'uno o sull'altro degli apparecchi, restando il corrispondente isolato ed essendo così assicurato il segreto della comunicazione. Per ottenere questo risultato il primo P. S. associato alla linea, viene modificato in quanto il suo relais di linea R è formato da 2 avvolgimenti induttivi tra loro in opposizione e, in più, i 2 fili a e b di ognuno dei due numeri vengono al selettore di linea tra loro collegati invertiti, vale a dire il filo a del primo utente viene collegato al filo b del secondo utente e viceversa. Gli apparecchi d'abbonato sono normali, ma vengono collegati alla linea per tramite di una cassetta duplex costituita da 2 relais A e B.
Collegamenti multiplex. - In questo caso gli apparecchi multiplex fino a un massimo di 10 sono collegati ai contatti di un selettorino rotativo che fa parte di una cassetta multiplex, comprendente oltre al selettore suddetto anche relais di comando e una piccola batteria che viene normalmente caricata dalla centrale durante i periodi di riposo attraverso gli stessi fili di linea. Il selettorino funziona come cercatore quando uno degli apparecchi multiplex stacca per chiamare e funziona invece da selettore finale in serie al selettore di linea quando un abbonato di multiplex è chiamato. Il selettore di linea per multiplex è modificato in modo che dopo aver raggiunto la linea multiplex collettiva può continuare a mandare impulsi verso la cassetta multiplex.
Equipaggiamenti delle centrali. - Considerando, ad es., una centrale tipo Strowger, non basta mettere un solo selettore di linea per ogni gruppo di 100 utenti, in quanto che in questo modo solo un utente alla volta di quel centinaio sarebbe in grado di essere chiamato; altrettanto si dica degli altri organi di selezione.
Le chiamate degli abbonati non avvengono in una maniera ben definita e regolare, ma si susseguono secondo un ritmo variabile a seconda delle ore del giorno, e dei giorni della settimana, dell'anno, ecc. Per calcolare e predisporre il numero di organi occorrenti per garantire il servizio si è ricorsi, da un lato, ai rilievi statistici sul numero delle chiamate, durata delle medesime e loro concentramento nell'ora di maggior traffico, e poi a calcoli basati sulla legge delle probabilità. L'equipaggiamento delle centrali è in seguito determinato in rapporto al traffico dell'ora più carica.
Viene così calcolato il numero dei selettori che occorrono per smaltire questo traffico con una probabilità di perdita di comunicazione, ad esempio, dell'1‰, vale a dire che nell'ora di massimo traffico vi sarà la probabilità che una chiamata su mille vada perduta per mancanza di vie di comunicazione e cioè di organi di centrale.
Il grafico a fianco riportato dà, ad es., il numero di selettori occorrenti per smaltire un determinato traffico con 3 tipi di perdite: 0,1‰, 1‰, e 10‰. Per 600′ di conversazione, vale a dire numero di conversazioni moltiplicate per la durata media in minuti primi delle stesse, e ammessa una perdita di 0,1‰ occorrono da 22 a 24 organi, per una perdita dell'1‰ occorrono circa 21 organi e per una perdita del 10‰ circa 17 organi; analogamente per 3000′ di conversazione occorrono rispettiv nvente 75; 70 e 62 organi circa.
Vi è poi da considerare che queste curve sono fatte supponendo che tutti gli organi di un determinato gradino di selezione, possano occupare tutti gli organi successivi: in questo caso tutti i secondi selettori di gruppo della centrale.
Ora è da considerare che, ad es., un primo selettore di gruppo Strowger ha per ogni livello di selezione solo 10 uscite e quindi se, ad es., vi sono 100 secondi selettori di gruppo, qualunque primo selettore di gruppo non può che avere accesso a 10 di essi sui 100 installati. Questo evidentemente produce una seconda perdita, e in conseguenza occorre apportare una correzione in più al numero di organi teorici precedentemente indicati.
I sistemi tipo Rotary, Ericsson, a pannello, ecc., i quali dànno accesso a 20 o più organi successivi sono quindi, sotto questo punto di vista, in vantaggio rispetto al sistema Strowger.
Traffico interurbano degli utenti di una rete urbana. - Quando un abbonato urbano vuole una comunicazione interurbana fa una prenotazione a un'operatrice speciale che viene collegata alla sua linea manualmente oppure automaticamente.
Ad es., facendo lo 01 in un sistema Strowger, le linee del primo livello dei secondi selettori di gruppo della decade zero terminano alla cuffia di un'operatrice, la quale prende nota della richiesta dell'abbonato lontano desiderato.
Questa richiesta annotata su un apposito cartellino viene inviata a un'operatrice che fa servizio a un tavolo di commutazione interurbana, analogo normalmente ai tavoli multipli manuali già descritti. L'operatrice di partenza con una delle spine chiama l'operatrice interurbana corrispondente e con l'altra occupa una giunzione intermediaria verso primi selettori di gruppo speciali, adibiti soltanto al servizio interurbano, attraverso i quali col proprio disco trasmette le cifre dell'abbonato richiedente, che viene quindi richiamato e bloccato contro altre chiamate sia urbane, sia interurbane.
La corrispondente lontana ha fatto analoghe manovre per chiamare l'abbonato richiesto, dopo di che i due abbonati sono in linea attraverso il circuito interurbano.
Attualmente vi è la tendenza a far fare la prenotazione delle richieste interurbane alla stessa operatrice interurbana, la quale può chiamare automaticamente anche l'abbonato lontano con il proprio disco, essendo le linee interurbane equipaggiate per la teleselezione interurbana.
Rete telefonica. - La fig. 30 dà una idea schematica di una rete telefonica urbana. Alle strisce orizzontali del permutatore fanno capo i cavi di collegamento con le prese o i preselettori, cercatori e selettori di linea della centrale manuale o automatica.
Con i cordoncini di permutazione gli attacchi di centrale vengono prolungati alle linee della rete, facenti capo alle strisce verticali del permutatore stesso.
I 2 fili di ogni coppia delle strisce verticali del commutatore vengono convogliati con cavi speciali alle muffole dell'ascesa cavi. Dalle muffole partono i cavi principali che attraverso cunicoli o tubazioni poste nel sottosuolo delle strade urbane terminano agli armadî di distribuzione.
Dagli armadî, che sono piccoli permutatori senza protezioni, partono cavi secondarî, i quali terminano o a cassette di distribuzione o a cassette di protezione. Queste sono costituite normalmente da 10 attacchi bifilari, ai quali da un lato fanno capo i cavi provenienti dall'armadio e quindi dalla centrale e dall'altro le linee bifilari d'abbonato costituite o da soli cavetti sotto piombo e cioè da 2 fili di rame isolati con tessili e quindi ricoperti da una guaina di piombo oppure da una linea aerea in fili nudi di bronzo posati su isolatori.
Le cassette di protezione differiscono da quelle di distribuzione perché hanno in più valvole e carbohi per le sovracorrenti e le sovratensioni.
I cunicoli in cui vengono posati i cavi telefonici hanno forme e dimensioni diverse da caso a caso, secondo che siano esclusivamente adibiti al servizio telefonico oppure siano anche occupati da cavi elettrici di distribuzione di energia, condutture di acqua e gas, ecc.
Maggiore estensione nelle reti telefoniche urbane hanno le tubazioni. Queste consistono o di un unico tubo posato nel terreno, oppure di più tubi in numero variabile a seconda delle necessità del servizio, partendo da un minimo di 2 tubi a un massimo di 20 ÷ 30 tubi.
Quando la tubazione ha un solo foro, il diametro di questo può variare da un minimo di 10 cm. a un massimo di circa 1 m. Le tubazioni multi-tubolari hanno normalmente il foro per il passaggio dei cavi di 10 cm. di luce. I singoli tubi possono essere di grès vetrificato, di fibra, cartone catramato e raramente di gomma.
Le tubazioni tanto unitubolari, quanto pluritubolari ogni 100 metri circa e ogni qualvolta cambia la livelletta o la direzione della tubazione, vengono interrotte da camerette, che servono per il tiro dei cavi e nelle quali vengono fatti i giunti tra i varî spezzoni dei due tronchi di cavo adiacenti.
I cavi telefonici universalmente adottati sono del tipo Patterson, e consistono in un'anima costituita da conduttori di rame rosso isolati tra di loro da nastri di carta secca, il tutto racchiuso in una guaina di piombo.
L'insieme di due conduttori forma una coppia telefonica. I due conduttori di una coppia sono avvolti a elica, allo scopo di evitare il parallelismo coi conduttori vicini e quindi la diafonia tra di essi.
La carta che isola un conduttore dall'altro non viene avvolta stretta sui conduttori metallici, ma tenuta lenta in modo che rimanga aria sia tra la carta ed il proprio conduttore, sia tra i varî conduttori del cavo.
La ragione di questa pratica è dovuta al fatto che, dato il basso valore della costante dielettrica dell'aria secca, la capacità mutua tra i conduttori è molto ridotta rispetto, ad es., ai cavi con i conduttori isolati in gomma o in carta impregnata. Una forte capacità aumenta l'attenuazione ossia riduce la distanza massima ammissibile per una regolare trasmissione delle correnti foniche.
I cavi Patterson hanno una potenzialità variabile da una coppia a 1000 coppie circa, con conduttori di rame di diametro da o,4 a 2 mm. al massimo. I tipi più comuni di cavi per reti urbane hanno conduttori di 5 e 6 decimi di mm.
Le varie coppie di conduttori di un cavo vengono disposte a strati concentrici con continua rotazione a elica, sempre per evitare la diafonia.
Se il cavo deve essere posato aereo lungo le facciate degli edifici o assicurato a corde di acciaio portanti lungo le palificazioni, la guaina esterna è di piombo con piccola percentuale di stagno. Anche il cavo in tubazione ha guaina di piombo.
Se invece si deve ricorrere alla posa sotterranea in trincea, si usano normalmente cavi armati, vale a dire cavi che sulla guaina esterna di piombo hanno anche un'ulteriore protezione meccanica ed elettrica costituita da spalmature di bitume, avvolgimenti di carta bitumata, iuta catramata, infine una protezione fatta con nastri o fili di acciaio a loro volta ancora ricoperti di iuta. In qualche caso anche i cavi in trincea sono del tipo in piombo nudo, ma vengono a loro volta protetti posandoli in cassette di legno riempite di miscele bituminose per la protezione elettrolitica e chimica.
La capacità mutua dei conduttori è praticamente uniforme e vale circa μF 0,04 per km. La costante di attenuazione chilometrica varia da neper 0,168 per km. per i cavi con conduttori da 0,4 mm. a 0,0505 per conduttori da 1,3 mm.
Statistiche telefoniche. - Il numero dei telefoni nel mondo nel gennaio 1934 era di 32.495.855, di cui il 51,42% negli Stati Uniti d'America, il 34,79% in Europa e il resto nelle altre parti del mondo.
L'Italia al 30 giugno 1935 aveva 525.078 telefoni, con una densità di 1,23 telefoni per ogni 100 abitanti. La densità maggiore telefonica è quella degli Stati Uniti con 13,29 telefoni per 100 ab. Alla stessa data in tutto il mondo vi erano 243 milioni di km. di conduttori telefonici, pari a 11,60 km. per ogni 100 ab. L'Italia alla stessa data aveva 2.720.000 km. di conduttori telefonici.
L'automatizzazione delle reti urbane d'Italia raggiunge una delle più alte percentuali del mondo, inquantoché per ogni 100 telefoni esistenti l'Italia ne ha 90 automatici, la Germania 80, la Francia 45, l'Inghilterra 40.
Le città aventi maggior numero di telefoni in Italia sono: Roma con 89.361 telefoni, pari a 8,46 telefoni per ogni 100 ab.; Milano, 86.158 e 8,22%; Torino, 37.298 e 6,03%; Genova, 31.393 e 4,95%; Napoli, 26.726 e 3,06%.
Telefonia interurbana.
Generalità. - La telefonia interurbana comporta la trasmissione della parola a grande distanza.
Dopo che le fu aperta la via dal genio inventivo del Meucci, (v. sopra) la tecnica delle comunicazioni telefoniche, superato un primo periodo di empirismo e d'incertezze, ha continuamente progredito raggiungendo risultati che si possono dire prodigiosi. Nessun limite quasi più esiste nello scambio della parola a distanza e tale possibilità, che si tende a rendere sempre più facile e ampia, fa di questo importante mezzo di comunicazione uno dei maggiori fattori di civiltà, di progresso e di avvicinamento tra i popoli.
La telefonia interurbana cominciò a svilupparsi negli Stati Uniti d'America subito dopo l'invenzione del telefono (apparso per la prima volta all'Esposizione di Filadelfia nel 1876). Il primo esperimento pubblico fra centri lontani fu quello effettuato all'istituto di Essex, a Salern, il 12 febbraio 1877, con la trasmissione di un discorso da Boston (22 km.).
Seguirono negli Stati Uniti i primi impianti i quali destarono dappertutto vivo e crescente interesse. Sollecita applicazione il telefono ebbe anche in Australia dove la prima linea interurbana fu attivata nel 1878 fra Melbourne e Ballarat.
In Europa, per le diffidenze sorte in un primo tempo, il telefono stentò a introdursi. In Inghilterra la prima linea fu attivata solo nel 1880 fra Leeds e Bradford. In Italia, benché fino dal 1878 fosse stato eseguito un esperimento tra l'ufficio telegrafico di Tivoli e il palazzo del Quirinale in Roma, il servizio telefonico pubblico non fu introdotto che nel 1881. Ma, apprezzati i vantaggi della grande invenzione, la diffusione del telefono fu rapida anche in Europa come nella maggior parte dei paesi del mondo.
Le prime linee telefoniche furono costruite secondo gli stessi criterî della tecnica telegrafica, cioè con circuiti unifilari in ferro generalmente posati sulle palificazioni telegrafiche. In considerazione dei disturbi che alla corrispondenza derivavano dall'impiego della terra come conduttore di ritorno, e della portata limitata che alle linee il filo di ferro consentiva, vennero in seguito adottati circuiti interamente metallici, in filo di bronzo, fino a 5 mm. di diametro, e furono inoltre perfezionati i criterî costruttivi, specie dal lato elettrico, con miglioramenti assai sensibili nella trasmissione.
Nonostante i progressi compiuti, che permisero lo scambio della parola fino a oltre 1000 km., la telefonia interurbana non si sarebbe ulteriormente sviluppata se scienziati e tecnici illustri non avessero approfondito lo studio dei fenomeni elettrici che si accompagnano alle trasmissioni telefoniche.
Sono fra questi da ricordare: il fisico inglese O. Heaviside il quale, nel 1889, partendo dalla teoria elettromagnetica di Maxwell, indicò con trattazione rigorosamente scientifica la funzione che le qualità fisiche dei conduttori hanno nella propagazione delle correnti e la condizione necessaria per il miglioramento della trasmissione; M. Pupin professore dell'università di Columbia, e l'ingegnere Krarup, dei telegrafi danesi, i quali, rispettivamente nel 1899 e nel 1902, suggerirono i mezzi più adatti per realizzare le idee di Heaviside circa i benefizî di un aumento dell'induttanza in rapporto alla resistenza ohmica, il primo proponendo l'inserzione in punti opportuni e con legge determinata di rocchetti d'induttanza (sistema poi applicato nei cavi terrestri), il secondo proponendo l'avvolgimento sui conduttori di uno o più strati di filo di ferro (sistema applicato nei cavi sottomarini). La portata dei circuiti venne così elevata senza ulteriore aumento del diametro dei conduttori.
Ma un nuovo decisivo impulso la telefonia ebbe con l'invenzione della valvola termoionica a 3 elettrodi. Applicata per la prima volta nel 1914 sul circuito aereo New York-Chicago, e poi estesamente sui circuiti in cavo, la valvola a tre elettrodi ha dato alla telefonia il ripetitore da tempo ricercato dagli studiosi, l'organo cioè capace di ripetere e di rinforzare le deboli correnti trasmesse con la voce umana.
L'applicazione dei nuovi mezzi suggeriti dalla scienza, guidata da criterî sempre più rigorosi e congiunta all'impiego di apparecchiature sempre più perfezionate, ha permesso di realizzare vaste reti telefoniche in cavo, con le quali il servizio può svolgersi, entro l'ambito delle nazioni e da paese a paese, nelle migliori condizioni di sicurezza e di funzionamento.
E con i progressi nel frattempo raggiunti anche nel campo delle comunicazioni radioelettriche, è stato possibile di attivare servizî radiotelefonici in collegamento con le reti telefoniche terrestri, dando principio di attuazione alla rete telefonica mondiale.
La telefonia interurbana comprende le trasmissioni su fili (telefonia ordinaria e a correnti portanti) e le trasmissioni senza fili (radiotelefonia). Le trasmissioni su fili possono essere effettuate con linee aeree oppure con cavi terrestri o sottomarini.
I circuiti telefonici in cavo vengono anche impiegati, in determinate condizioni, per le trasmissioni radiofoniche, per la telegrafia infracustica, o ad alta frequenza, e per la trasmissione delle immagini.
Per lo studio e il coordinamento delle questioni inerenti alla telefonia a grande distanza è stato istituito, nel 1924, a Parigi, un Comitato consultivo internazionale delle comunicazioni telefoniche a grande distanza (C.C. I. F.) del quale fanno parte gli esperti delle principali amministrazioni telefoniche del mondo. Il Comitato si riunisce annualmente ed emette pareri, sotto forma di raccomandazioni, con invito alle amministrazioni aderenti di attenervisi. I lavori di questo comitato hanno contribuito notevolmente al miglioramento della telefonia.
Conversazione fra due apparecchi. - Lo schema del collegamento tra due apparecchi durante la conversazione interurbana è, nella forma più semplice, quello della fig. 31 a se gli apparecchi sono a batteria locale e della fig. 31 b e c se gli apparecchi sono a batteria centrale (v. sopra: Telefonia urbana).
I traslatori T1 e T2 hanno lo scopo di chiudere il circuito interurbano su adatte impedenze e di evitare che eventuali squilibrî o disuniformità nei circuiti urbani possano influenzare il circuito interurbano.
Gli organi essenziali impegnati nella conversazione ai due estremi sono il microfono (M) e il ricevitore (R), l'uno per trasmettere e l'altro per ricevere la parola.
Parlando al microfono di uno dei due apparecchi, le onde vocali pongono in vibrazione la membrana trasmettitrice la quale, dando luogo a compressioni e depressioni nella massa granulare di carbone, provoca, nel circuito locale percorso da corrente continua, variazioni di resistenza ohmica e quindi d'intensità di corrente per grandezza e ritmo esattamente conformi a quelle corrispondenti ai suoni emessi. Le oscillazioni elettriche così ottenute, attraverso traslazioni di tipo elettromagnetico o elettrostatico, raggiungono il circuito interurbano e si propagano lungo i conduttori. All'altro estremo, dopo traslazioni analoghe, attraversano il ricevitore e ne modificano il campo magnetico in perfetto accordo con le variazioni all'origine, aumentando o diminuendo l'attrazione sulla membrana ricevitrice la quale entra in vibrazione riproducendo i suoni emessi contro il microfono.
La trasmissione della parola dall'uno all'altro estremo comporta quindi: a) all'origine: la modulazione della corrente statica fornita da una sorgente indipendente (pile, accumulatori) e la conseguente formazione di oscillazioni elettriche analoghe per forma alle onde acustiche incidenti sulla membrana del microfono; b) lungo il circuito interurbano: la propagazione delle oscillazioni elettriche successivamente indotte nel secondario del traslatore di partenza; c) alla ricezione: la trasformazione delle oscillazioni elettriche in onde vocali riproducenti la parola.
Per una buona intelligibilità della conversazione, misurata dalla percentuale delle parole correttamente ricevute rispetto a quelle trasmesse (almeno l'80%), occorre: 1. che il rendimento di volume, cioè il rapporto fra le potenze acustiche dei suoni ricevuti e trasmessi, sia tale da produrre una sufficiente sensazione uditiva nell'orecchio di chi ascolta; 2. che i suoni siano fedelmente riprodotti.
Suoni vocali. Costanti elettriche dei circuiti. Attenuazione e distorsione. - È noto dall'acustica che un suono vocale è composto di più suoni elementari di frequenze diverse. Il suono componente di frequenza minore, che ha generalmente anche la massima ampiezza, si dice nota o armonica fondamentale; gli altri suoni componenti, che caratterizzano il timbro del suono risultante, si dicono armoniche superiori. Le frequenze dei principali suoni elementari vocali variano da 100 a 9000 hertz; ma, per una buona intelligibilità della parola, basta che siano presenti i suoni con frequenze comprese fra 300 e 2400 hertz. Come frequenza media della voce viene ritenuta quella di 800 hertz.
Soltanto le vocali sono però suoni periodici e persistenti le cui componenti, di tipo sinusoidale, hanno frequenze in rapporto semplice tra loro mentre le consonanti (paragonabili ai rumori) sono costituite da moti vibratorî di assai breve durata. I suoni emessi col linguaggio comune risultano perciò come una suecessione di suoni regolari legati da vibrazioni aperiodiche di carattere diverso: essi, con la modulazione microfonica, dànno luogo a correnti alternative di forma complessa.
Per lo studio della propagazione delle correnti telefoniche si pone l'ipotesi che l'onda complessa possa rappresentarsi come la somma di onde sinusoidali semplici e si analizza il comportamento di queste ultime nel periodo di regime (cioè quello in cui si verifica la periodica regolare ripetizione dei fenomeni vibratorî) in base a ipotesi semplificative sulle condizioni elettriche e geometriche dei conduttori.
Si consideri un circuito bifilare con conduttori geometricamente ed elettricamente uniformi in tutta la lunghezza (linea omogenea) e si supponga applicata all'origine una forza elettromotrice sinusoidale, quale quella prodotta da un suono armonico semplice. Si dicono costanti primarie del circuito la resistenza R (resistenza effettiva in corrente alternata alle frequenze telefoniche), l'induttanza L, la capacità elettrostatica C, la disperdenza K (conduttanza del dielettrico), tutte riferite all'unità di lunghezza. Le quattro costanti, in un elemento di circuito di lunghezza m, risultano disposte come nella fig. 32, e perciò le prime due, R ed L, si dicono anche costanti longitudinali; le altre due, C e K, costanti trasversali.
Si dicono costanti secondarie la impedenza caratteristica Z0 e la costante di propagazione γ.
Le costanti primarie dipendono dalle caratteristiche fisiche e geometriche dei conduttori e si considerano indipendenti dalla frequenza f della f. e. m. (forza elettromotrice) impressa; le costanti secondarie variano invece con la frequenza e vengono espresse in funzione delle costanti primarie.
La impedenza caratteristica è data dalla formula:
dove
pulsazione della f. e. m.
Nel caso teorico di un circuito uniforme di lunghezza infinita, Z0 è eguale all'impedenza di entrata, cioè al rapporto fra la tensione e la corrente all'estremità trasmittente. Lo stesso valore assume l'impedenza di entrata di un circuito uniforme di lunghezza finita quando l'estremità ricevente venga chiusa con un'impedenza eguale a Z0. In entrambi i casi, in qualsiasi punto del circuito, l'impedenza, misurata verso l'estremità ricevente, è eguale a Z0 e corrisponde al rapporto fra la tensione e la corrente.
Questa proprietà ha grandissina importanza in quanto permette di evitare fenomeni di riflessione. Qualora infatti un circuito di lunghezza finita terminasse con un'impedenza diversa da quella che ha in qualunque altro suo punto, l'onda trasmessa sarebbe in parte assorbita dall'estremità ricevente e in parte riflessa verso l'origine con una conseguente perdita nel rendimento elettrico della trasmissione.
La costante di propagazione è una quantità complessa e quindi della forma γ = β + jα: la parte reale β viene denominata costante di attenuazione, il coefficiente α costante di lunghezza d'onda, o di fase, o di velocità.
Con l'applicazione di una f. e. m. sinusoidale all'estremità trasmittente, si hanno lungo il circuito onde sinusoidali smorzate di tensione e di corrente secondo la curva del diagramma sopra riportato.
I valori Vx e Ix delle ampiezze della tensione e della corrente alla distanza x dall'origine risultano espressi come segue:
dove V0 e I0 sono i corrispondenti valori all'origine, e è la base dei logaritmi neperiani, γ la costante di propagazione.
Considerando separatamente la parte reale da quella immaginaria della costante γ, le formule mostrano che V e I vanno diminuendo dall'estremità trasmittente a quella ricevente con legge esponenziale determinata dal fattore di attenuazione e-βχ (β definisce l'attenuazione per unità di lunghezza); inoltre la fase dell'onda sinusoidale che all'origine ha un certo valore angolare (corrispondente alla frazione di periodo già trascorsa) ruota con velocità uniforme di α radianti per unità di lunghezza. Se λ è tale per cui αλ = 2π, la fase avrà rotato alla distanza λ di un periodo completo e λ sarà la lunghezza d'onda per la pulsazione ω, mentre:
sarà la velocità di propagazione (essendo T = 1/f = durata del periodo).
Infine, i valori di β e α sono dati dalle eguaglianze:
Da quanto precede risulta: 1. che un'onda armonica semplice giunge all'estremità ricevente attenuata in ampiezza e spostata di fase; 2. che le attenuazioni e gli spostamenti di fase, essendo funzioni della frequenza, non si verificano in eguale misura per tutte le armoniche e perciò il suono riprodotto presenta: a) una diminuzione d'intensità rispetto al suono iniziale; b) un'alterazione del carattere, detta distorsione di ampiezza se dovuta all'ineguale attenuazione delle singole armoniche, e distorsione di fase se dovuta ai diversi valori di α e quindi alla diversa velocità di propagazione delle armoniche stesse.
Fra le varie armoniche, quelle di frequenza più elevata risultano maggiormente attenuate e si propagano con velocità maggiore (salvo nei circuiti pupinizzati).
È da osservare che la distorsione di fase non ha praticamente molta importanza nel regime permanente finora considerato, e ciò in quanto non sembra che l'orecchio sia sensibile in detto regime a tale distorsione: il suo effetto è però sentito nel periodo transitorio, cioè in quello che precede o segue il regime permanente ed è particolarmente accentuato nelle linee di grande lunghezza.
Altre distorsioni sono quelle dovute alle riflessioni, e alla non-linearità della curva che rappresenta la relazione fra le tensioni, o le correnti, all'origine e all'uscita (distorsione non lineare). Quest'ultima, generalmente dovuta alla presenza di nuclei di ferro o di amplificatori, ha per effetto la sovrapposizione di armoniche non trasmesse.
Si ha pertanto che una trasmissione telefonica sarà tanto migliore, come rendimento e come qualità (senza distorsione), quanto più piccolo sarà il valore di β, ed anche di Z0, e quanto più sarà possibile rendere β, Z0 e v indipendenti dalla frequenza.
Se nell'espressione di β si suppongono R e K trascurabili rispetto a ωL (L molto grande) e a ωC, si avrà:
I valori di β, Z0 e v risultano allora indipendenti dalla frequenza e non vi sarà distorsione. Nelle linee bene isolate il secondo termine di β è sempre molto piccolo (stante il minimo valore di K) e può essere anche trascurato, ponendosi:
Si deduce che una diminuzione di R (conduttori di grande diametro) e un aumento di L (conduttori ad alta induttanza) permettono di ridurre il valore di β.
In generale, affinché non vi sia distorsione occorre che R/L = K/C (condizione di Heaviside) nel qual caso il valore di β è dato da
ed è il minimo possibile.
Nei circuiti con induttanza propria si ha sempre R/L > K/C e la condizione di Heaviside viene realizzata aumentando L, non convenendo economicamente ridurre R o C oltre certi limiti.
Si conclude che un aumento di L rispetto a R (secondo determinati valori) ha il doppio vantaggio di ridurre l'attenuazione e di evitare la distorsione.
Circuiti caricati con induttanza artificiale. - L'aumento artificiale dell'induttanza può avvenire secondo due metodi distinti.
Il primo, indicato dal Pupin e perciò detto pupinizzazione o anche a carica discontinua, consiste nell'inserire a eguale distanza nei conduttori delle bobine d'induttanza di caratteristiche appropriate. La distribuzione delle bobine deve rispondere a una determinata legge affinché il circuito si comporti come se le costanti risultanti fossero uniformemente ripartite: tale legge richiede per ogni lunghezza d'onda un numero di bobine almeno eguale a π = 3,1416.
Se in una banda di frequenze trasmesse, questa condizione di minimo viene soddisfatta per la frequenza più elevata, cui corrisponde la lunghezza d'onda minore, essa lo sarà anche per le frequenze inferiori. La frequenza più elevata trasmessa prende il nome di frequenza limite o frequenza di taglio. Il suo valore è dato da:
dove L e C sono l'induttanza e la capacità totali per unità di lunghezza ed s la distanza fra le bobine, detta passo di pupinizzazione.
Le armoniche di frequenza superiore a f0 non risultano trasmesse perché completamente arrestate per riflessione dalle bobine.
È da notare che i valori di β e Z0, in genere un po' maggiori di quelli dati dalle formule (1) a causa delle perdite per riflessione dovute alle bobine, aumentano in corrispondenza delle frequenze prossime a f0. Per ottenere una buona trasmissione telefonica, esente da distorsione, è quindi necessario che il limite massimo della banda di frequenze utili per la riproduzione della voce rimanga abbastanza al di sotto di f0 (non meno del 30%); la tendenza moderna è di tenere fo quanto più alto è possibile allo scopo di migliorare ulteriormente l'intelligibilità della parola nelle grandissime distanze e rendere i circuiti adatti anche per altre trasmissioni (per le trasmissioni musicali dev'essere f0 = 10.000 per./sec.). Ciò si può ottenere riducendo s oppure L, dovendosi escludere una diminuzione di C per ragioni pratiche ed economiche.
Le bobine Pupin sono costituite da un nucleo magnetico toroidale e da avvolgimenti simmetrici di filo di rame isolato disposti in modo da produrre flussi concordanti col passaggio delle correnti. La forma toroidale permette di ridurre al minimo le dispersioni di flusso, evitando azioni induttive fra bobine vicine (diafonia).
Per ridurre inoltre le perdite per isteresi e correnti parassite e per assicurare la stabilità del campo magnetico, ossia la invariabilità di L, il nucleo viene formato da una massa di polvere finissima di materiale magnetico sottoposta a forte pressione, dove ogni particella resta circondata da una vernice isolante. Come materiale magnetico, oltre al ferro dolce, si adoperano leghe ad alta permeabilità e stabilità magnetica (permalloy, perminvar, isoperm), le quali, a parità di caratteristiche elettriche, permettono anche di ridurre le dimensioni delle bobine.
La carica delle bobine, cioè il valore di L, varia con la lunghezza e la qualità dei circuiti: vengono adottate cariche semipesanti (L piuttosto grande) per i circuiti di lunghezza media e cariche leggiere (L piccolo) per i circuiti di grande lunghezza.
La pupinizzazione è applicata quasi esclusivamente ai circuiti in cavo: non è consigliabile per le linee aeree, data l'instabilità elettrica che queste presentano; vi è inoltre il pericolo che le bobine abbiano a magnetizzarsi con le scariche atmosferiche.
Il secondo metodo, indicato dal Krarup e perciò detto krarupizzazione od anche a carica continua, consiste nell'avvolgere i conduttori con una o più spirali di filo o con nastro di ferro o di altro materiala magnetico. L'induttanza aggiunta è in tal modo ripartita su tutta la lunghezza: però essa risulta relativamente piccola mentre la resistenza effettiva viene notevolmente aumentata.
Con l'impiego di leghe ad alta permeabilità e stabilità magnetica è stato possibile elevare sensibilmente il valore di L e quindi accrescere la portata dei circuiti caricati.
Il sistema è poco applicato nei cavi terrestri: è invece preferito nei cavi sottomarini, per i quali la pupinizzazione si presenta poco adatta stante le difficoltà pratiche che ne seguirebbero per la posa e la manutenzione dei cavi stessi.
Amplificazione. - I vantaggi ottenibili coi circuiti ad alta induttanza, per quanto sensibili, hanno tuttavia una portata limitata imposta da ragioni fisiche e costruttive. Per compensare l'eccesso di attenuazione nei circuiti di grande lunghezza, la tecnica si vale della valvola termoionica nella sua funzione di amplificatrice.
La inserzione dei triodi nei circuiti telefonici viene eseguita a mezzo di organi di accoppiamento, di correzione e di regolazione e tutto l'insieme, montato su di una base comune, costituisce l'amplificatore o ripetitore telefonico.
Nella telefonia interurbana i circuiti vengono formati con 2 e con 4 fili. I circuiti a 2 fili sono quelli nei quali la trasmissione avviene in entrambi i sensi sui due fili; i circuiti a 4 fili sono quelli nei quali 2 fili servono per la trasmissione in un senso e 2 fili per la trasmissione in senso contrario.
Gli amplificatori telefonici comprendono almeno due valvole, l'una per amplificare le correnti in un senso e l'altra per amplificare le correnti in senso contrario.
Nei circuiti uniformi a 2 fili potrebbe bastare anche una sola valvola, purché inserita nel punto di mezzo; ciò non è però consigliabile a causa delle dissimmetrie praticamente sempre esistenti nelle due metà del circuito per cui la valvola potrebbe produrre oscillazioni persistenti, dando luogo a un fischio.
La fig. 33 rappresenta lo schema semplificato di un amplificatore per circuiti a 2 fili.
I tratti ovest ed est terminano, attraverso i trasformatori T1 e T1′, nelle linee artificiali N e N′ le cui impedenze sono identiche a quelle delle linee reali: i trasformatori T1 e T1′, a 3 avvolgimenti, sono chiamati trasformatori di equilibrio o differenziali. T2 e T2′ sono due trasformatori di simmetria, F e F′ due filtri passa-basso con frequenza di taglio un po' inferiore a quella del circuito di linea corrispondente, P e P′ due potenziometri per regolare il guadagno degli amplificatori, T3 e T3′ due trasformatori di entrata e T4 e T4′ due trasformatori di uscita per le valvole A e A′.
Una corrente proveniente dal lato ovest viene in parte dissipata nella linea di equilibrio N e in parte avviata, attraverso T2, F e P, al trasformatore T3 il cui secondario è collegato al circuito di griglia della lampada A. La corrente amplificata, uscendo dal circuito di placca, raggiunge attraverso T4 il trasformatore T1′ dove si divide in due parti eguali: una metà viene assorbita dalla linea artificiale N′ e una metà viene trasmessa sul lato est del circuito. Se la impedenza di N′ è esattamente identica a quella del circuito reale, i punti di mezzo degli avvolgimenti secondarî di T1′ avranno lo stesso potenziale e nessuna corrente sarà derivata verso il circuito di entrata della valvola A′. In pratica è un po' difficile realizzare tale perfetta eguaglianza per tutte le frequenze e la difficoltà aumenta per le frequenze assai prossime a quella di taglio del circuito reale, donde la necessità dei filtri passa-basso i quali arrestano il passaggio di queste ultime.
È da notare che nei triodi il guadagno non è sempre costante per tutte le frequenze e ha andamento anzi opposto a quello dell'attenuazione dei circuiti: per evitare fenomeni di distorsione, il trasformatore di entrata è preceduto da un dispositivo egualizzatore (antidistorcente) col quale la curva del guadagno viene adattata a quella dell'attenuazione. Viene anche usato un semplice correttore avente lo scopo di attenuare maggiormente le frequenze più basse, che sono le meno attenuate nei circuiti.
La fig. 34 rappresenta lo schema semplificato di un amplificatore per circuiti a 4 fili.
I 2 fili superiori con la valvola A vengono adibiti alla trasmissione ovest-est, i 2 fili inferiori con la valvola A′ vengono adibiti alla trasmissione est-ovest: alle due valvole sono associati i trasformatori di entrata T1 e T1′, i trasformatori di uscita T2 e T2′ e i potenziometri P e P′.
Invece di una sola valvola, possono essere impiegate due valvole per direzione, la prima come amplificatrice di tensione e la seconda come amplificatrice di potenza. Al trasformatore di entrata si può far precedere un dispositivo egualizzatore come nel caso precedente.
Per il raccordo con gli apparecchi di conversazione, il circuito a 4 fili si trasforma ai due estremi in circuito a 2 fili mercé un dispositivo a forchetta simile a quello indicato per gli amplificatori a 2 fili, comprendente cioè un trasformatore differenziale e una linea artificiale di equilibrio (figg. 33 e 35).
I circuiti a 2 fili vengono usati per distanze relativamente limitate, i circuiti a 4 fili per le grandi distanze: ciò per le seguenti ragioni.
Poiché, come si è detto, non è sempre praticamente possibile un perfetto equilibrio fra linea reale e linea artificiale per tutte le frequenze, può risultare, ad es., per il trasformatore T1′ (fig. 33) che una parte, sia pur piccola, della corrente amplificata proveniente dal lato ovest, ritorni in T1 dopo aver subito una nuova amplificazione in A′. E se anche in T1 non vi è perfetto equilibrio fra linea reale e linea artificiale, una parte della corrente di ritorno sarà nuovamente avviata in T1′ attraverso A, dopo di che essa risulterà ancora parzialmente riflessa in T1 e così via: si stabilirà così una corrente circolante (corrente di eco) che si sovrappone a quella normale di conversazione.
Nei circuiti a 2 fili l'inconveniente può verificarsi per ogni amplificatore inserito e, se i ripetitori sono molti, si sviluppano notevoli reazioni fra le diverse correnti di eco con conseguente distorsione (distorsione di reazione) e possibilità di fischio per l'innesco di qualche amplificatore. Non è quindi opportuno eccedere nel numero degli amplificatori e, conseguentemente, nella distanza da superare coi circuiti a 2 fili, mentre è d'altra parte necessario limitare il guadagno dei triodi per assicurare ai circuiti una sufficiente stabilità di funzionamento.
Nei circuiti a 4 fili i trasformatori differenziali esistono solo alle due estremità, non si hanno quindi interazioni fra amplificatori e il guadagno degli stessi può essere spinto a un livello maggiore: ciò consente di ridurre anche il diametro dei conduttori e di compensare quindi in gran parte la maggiore spesa dipendente dal maggiore impiego di filo. Tuttavia, anche i circuiti a 4 fili possono dare luogo, con l'aumentare della distanza, a fenomeni perturbatori, quali i fenomeni di eco e quelli dovuti alla distorsione di fase e al periodo transitorio.
Le correnti di eco sono prodotte sia dai trasformatori terminali, nel modo anzi descritto, sia da inevitabili discontinuità introdotte con gli amplificatori: il loro effetto è però sensibile, in chi parla e in chi ascolta, solo quando l'intervallo fra la corrente trasmessa, o ricevuta, e quella riflessa, è finito e apprezzabile (più di 1/10 di secondo, durata media di una vocale), ciò che appunto si verifica nei circuiti di grande lunghezza nonché in quelli pupinizzati con forte carica stante la limitata velocità di propagazione.
L'inconveniente può essere eliminato con l'impiego dei soppressori di eco, inseriti in punti opportuni. Un soppressore d'eco S (fig. 35) è un complesso amplificatore-raddrizzatore, derivato sul circuito di andata, il quale si eccita col passaggio delle correnti vocali e blocca, durante la propagazione delle stesse, il circuito di ritorno, impedendo ogni trasmissione in senso inverso.
I fenomeni relativi alla distorsione di fase e al periodo transitorio sono dovuti alla diversa durata di propagazione delle armoniche e alla possibilità che oscillazioni libere si sovrappongano a quelle forzate all'atto della formazione dei suoni. La durata di propagazione aumenta con le frequenze e più rapidamente con quelle prossime alla frequenza limite: dei correttori di fase permettono di diminuire la durata di propagazione col crescere della frequenza.
Per ridurre sia i fenomeni transitorî, sia gli effetti d'eco nei circuiti di considerevole lunghezza, la tendenza moderna è per l'impiego di pupinizzazioni sempre più leggiere le quali consentono di aumentare la velocità di propagazione e la frequenza limite.
Il grado di amplificazione, per tutti i ripetitori inseriti nei circuiti telefonici, dev'essere piuttosto limitato affinché non abbiano ad esaltarsi correnti estranee, principalmente quelle indotte da circuiti vicini (diafonia): per tal motivo anche l'attenuazione, e quindi la lunghezza di una sezione di amplificazione (tratto compreso fra due amplificatori), non può eccedere un certo limite.
Gli amplificatori finora indicati sono quelli permanentemente inseriti nei circuiti in modo da rendere l'attenuazione residua (differenza fra l'attenuazione totale e la somma delle amplificazioni) eguale a quella prescritta per una buona conversazione fra i due estremi.
Nel caso di circuiti da collegare in transito, la precedente condizione viene soddisfatta valendosi di amplificatori di uso comune a più circuiti, detti amplificatori sui cordoni, i quali vengono inseriti al momento opportuno dal personale di commutazione.
Telefonia multipla. - Il rendimento dei circuiti può essere elevato in due modi diversi: o combinando tra loro due o più circuiti in modo da ottenere tre o più comunicazioni contemporanee (circuiti virtuali o combinati), ovvero sovrapponendo in uno stesso circuito più comunicazioni a frequenze ultracustiche (trasmissioni multiple a correnti vettrici).
Un circuito virtuale viene ricavato da due circuiti reali L1 e L2 secondo la disposizione indicata nella fig. 36.
A ciascun estremo vengono inseriti tre trasformatori toroidali: due sui circuiti reali e uno sul circuito virtuale (quest'ultimo non indispensabile, ma utile per il buon funzionamento del sistema). Le correnti di conversazione tra gli apparecchi A1 e B1, e tra A2 e B2 vengono avviate per traslazione sui due fili di ciascun circuito; le correnti di conversazione tra gli apparecchi A3 e B3 (circuito virtuale) vengono avviate per traslazione su un circuito interamente metallico costituito dai doppini L1 e L2. I secondarî di T3 e T3′ sono derivati sui punti di mezzo di T1, T2, T1′, T2′ e il verso degli avvolgimenti è tale che i flussi prodotti dalle correnti nei semiavvolgimenti si sommano per le conversazioni scambiate sui circuiti reali e si annullano per le conversazioni scambiate sul circuito combinato.
Da due circuiti combinati si può ottenere, con analoga disposizione, un altro circuito detto supervirtuale o supercombinato, venendosi in tal modo a realizzare, con 4 circuiti reali, 7 comunicazioni contemporanee: il procedimento è estensibile a un numero maggiore di circuiti, però il sistema è ostacolato dalla difficoltà di ottenere un perfetto equilibrio nei circuiti componenti. È infatti necessario, per la formazione dei virtuali, che i conduttori elementari abbiano caratteristiche identiche e costanti e sieno esenti da interferenze induttive: tale condizione più facilmente si raggiunge nei cavi con formazione a bicoppie (v. cavo).
La telefonia multipla a correnti vettrici consiste nel sovrapporre, a un'ordinaria comunicazione a frequenza fonica, altre comunicazioni (canali) funzionanti ciascuna con una banda di frequenze scelta nel campo ultracustico (da 3000 hertz in sopra).
Ogni comunicazione utilizza, per ogni direzione, una corrente di determinata frequenza e di costante ampiezza, detta onda portante o vettrice, la quale viene modulata alla partenza dalla corrente microfonica prodotta da chi parla e demodulata all'arrivo: la corrente a bassa frequenza, resa libera, fa funzionare il ricevitore di chi ascolta. La mescolanza delle correnti foniche con quella ad alta frequenza dà origine ad altre frequenze, alcune delle quali eliminate mediante filtri.
Vengono usati due sistemi: l'uno a onda portante soppressa, nel quale l'onda principale viene totalmente soppressa dopo la modulazione alla partenza e generata nuovamente all'arrivo; l'altro a onda portante attenuata, nel quale l'onda viene fortemente attenuata alla partenza e amplificata all'arrivo. Entrambi gli accorgimenti hanno lo scopo di ridurre l'energia da convogliare sul circuito.
La telefonia a onde vettrici è stata normalmente applicata alle linee aeree, utilizzando frequenze fra 6000 e 40.000 hertz con un massimo di 3 canali per circuito. Ma esperienze risolutive eseguite in questi ultimi anni hanno dimostrato la possibilità di estendere la telefonia multipla anche alle linee in cavo facendo uso di circuiti lievemente caricati ovvero esenti da pupinizzazione in modo da aumentare l'intervallo delle frequenze utili alla trasmissione. La maggiore attenuazione che ne consegue viene compensata con una maggiore amplificazione ottenuta elevando il numero e il guadagno dei ripetitori inseriti. Coi cavi di tipo normale la banda delle frequenze utilizzate non va oltre i 50 chilocicli/sec.
Per disporre di una banda più estesa sono stati studiati nuovi tipi di circuiti, costituiti o da un conduttore interno circondato da un conduttore tubolare concentrico (circuito coassiale) oppure da due conduttori paralleli disposti entro uno schermo metallico (circuito schermato): i conduttori sono elettricamente separati e mantenuti in sito da adatto materiale isolante capace di produrre perdite dielettriche minime. Tali circuiti consentono un comportamento uniforme dell'attenuazione in una larga banda di frequenze (fino a 4000 chilocicli/sec.): assegnando ad ogni canale un determinato intervallo, ad es. 4000 cicli, si possono realizzare numerosissime comunicazioni contemporanee con grande vantaggio economico rispetto ai circuiti di tipo ordinario.
I sistemi di telefonia multipla ad altissima frequenza costituiscono un nuovo orientamento della tecnica delle comunicazioni su filo e sono destinati ad avere larga applicazione nel futuro.
Linee aeree in fili nudi. - Col crescente orientamento della telefonia interurbana verso i circuiti in cavo, l'impiego delle linee aeree viene oggi limitato a comunicazioni di secondaria importanza e di poco traffico.
I fili impiegati sono quelli di bronzo fosforoso o silicioso o di rame indurito. In Italia viene adottato il filo di bronzo fosforoso che, come quello silicioso, presenta una grande conducibilità elettrica e una elevata resistenza meccanica. Esso è composto di una lega di rame e stagno con l'aggiunta di piccole quantità di fosforo durante la mescolanza dei metalli e la fabbricazione del filo; ha una conducibilità del 90% rispetto a quella del rame puro e una resistenza alla rottura di 50 kg./mmq. Il rame duro ha una conducibilità fino al 98%, ma una resistenza meccanica alquanto inferiore a quella del bronzo. Il filo di ferro male si presta alla corrispondenza telefonica per la sua elevata resistenza elettrica (circa 7 volte quella del rame) e per la notevole distorsione che introduce al passaggio delle correnti. Per linee di montagna esposte a forti venti e nevicate, purché di breve lunghezza, viene eccezionalmente impiegato il filo di acciaio che ha una grande resistenza meccanica (120 kg./mmq. alla rottura).
Vengono anche utilizzati, finora in via di esperimento, conduttori in leghe di alluminio.
In Italia il diametro del filo di bronzo è normalmente di 3 mm.; per piccole distanze si usano anche fili di mm. 2 e 2,5: per il filo di acciaio si adotta il diametro di mm. 3.
I conduttori vengono posati su palificazioni prevalentemente costituite da sostegni di legno, dati i vantaggi che questi presentano di un costo limitato, di un facile trasporto e di una rapida messa in opera. Sostegni rigidi, di ferro o di cemento armato centrifugato, di preferenza questi ultimi, vengono usati in casi speciali, come per linee assai cariche o sottoposte a sforzi considerevoli in zone battute da forti venti, per appoggi capisaldi di estremità o intermedî nei rettifili, negl'incroci di strade, canali, ferrovie, tramvie, condutture di energia elettrica, ecc. Vengono pure usati sostegni misti, cioè pali di legno infissi nel terreno a mezzo di membrature metalliche o di cemento armato.
Le principali essenze usate per le palificazioni di legno sono il castagno selvatico, la robinia, il larice rosso, l'abete (bianco e rosso) e il pino silvestre. I pali di essenza forte vengono messi in opera allo stato naturale mentre quelli di essenza dolce devono essere preventivamente iniettati con sostanze antisettiche per immunizzarli contro il marcimento interno e aumentarne la durata: il larice rosso, che può essere considerato come essenza intermedia tra le precedenti, viene impiegato sia iniettato, sia allo stato naturale. Tutti i pali devono provenire da fusti tagliati nell'inverno ed essere ben stagionati; la loro durata è in gran parte vincolata all'osservanza di tali condizioni. Il marcimento di un palo ha sempre inizio intorno alla circonferenza d'incastro essendo ivi il legname soggetto all'azione combinata del terreno, dell'umidità, dell'aria e del calore: è perciò buona norma, nei pali non iniettati o iniettati con sistemi di scarso efficacia, di verniciare la parte interrata con olio di catrame caldo fino a 20 cm. al disopra del terreno, previa carbonizzazione del legname.
In Italia vengono usualmente impiegati pali da m. 6,50-7,50-8-8,50-9 e 10: la circonferenza a 2 m. dalla base varia da cm. 53 a 66 e in cima da cm. 33 a 41 nei pali di castagno e da cm. 38 a 43 nei pali di essenze resinose.
I pali vengono interrati per 1/5 della loro lunghezza: nei terreni rocciosi la profondità può ridursi a m. o,50 ÷ o,60.
Le palificazioni più importanti, comuni anche ai fili telegrafici, sono impiantate lungo le ferrovie (purché non elettrificate) dove restano facilitate la sorveglianza e la manutenzione: le linee secondarie seguono, per quanto è possibile, l'andamento delle strade oppure si svolgono nei terreni privati.
La distanza fra i pali varia con le accidentalità del terreno, la natura della zona, il raggio delle curve, la lunghezza dei sostegni, il numero e il diametro dei fili da posare: nelle linee ben costruite la media degli appoggi a km. non è mai inferiore a 22.
I pali d'angolo o comunque soggetti ad uno sforzo maggiore vengono rinforzati con puntelli o tiranti, ovvero costituiti da sostegni rigidi.
A seconda del numero dei fili, la palificazione viene armata con bracci curvi a vite o con traverse di ferro angolare a 4 e a 8 posti (fig. 37); se con traverse a 8 posti, essa viene costituita da coppie di pali paralleli ad H o a N (in rettifilo o in curva).
Notevole importanza ha nella trasmissione telefonica l'isolamento dei conduttori e una particolare cura è perciò rivolta all'impiego e al mantenimento degl'isolatori interposti tra i ferri di sostegno e i fili di linea; gl'isolatori sono di porcellana o di vetro, a doppia campana, e vengono fissati con cordino di canapa catramata, oppure con gesso, cemento, carta imbevuta d'olî, ecc.
Il conduttore di linea viene assicurato agl'isolatori con legature di filo dello stesso metallo, disponendolo nella scanalatura di testa nei tratti in retta e intorno al collo degl'isolatori nei tratti in curva, ciò ai fini della migliore stabilità e conservazione. Al conduttore in opera viene data la necessaria tensione tenendo conto della temperatura di posa e delle condizioni più sfavorevoli di carico previste nella zona: come valore normale si adotta quello corrispondente al peso chilometrico.
Nei circuiti posati parallelamente ad altri conduttori percorsi da corrente, compresi quelli esistenti sulla stessa palificazione, possono manifestarsi interferenze induttive tali da disturbare le conversazioni.
I disturbi restano annullati, o almeno in gran parte attenuati, se i due fili del circuito disturbato risultano perfettamente simmetrici rispetto al filo perturbatore, essendo in tal caso le correnti indotte eguali e contrarie. Tale condizione viene realizzata dividendo il tratto di parallelismo in tronchi di eguale lunghezza e scambiando in ogni tronco la posizione dei fili (incroci o trasposizioni antiinduttive).
Il sistema adottato in Italia è quello di costituire gruppi di due circuiti e disporre in ciascun gruppo i circuiti secondo le diagonali di un quadrato, così da rendere nulla ogni azione reciproca; i 4 fili si fanno poi rotare ad elica, com'è indicato nella fig. 38 per i circuiti a1 a2 e b1 b2. I quarti di rotazione avvengono a intervalli eguali (ad es., 1 km.): questi sono diversi e di rapporto fisso per i varî gruppi. La rotazione può avvenire anche per 180° su due campate successive, come nella fig. 39; può infine effettuarsi indistintamente su tutti i pali.
Il risultato è tanto più soddisfacente quanto più rigorosamente è osservata l'equidistanza tra i fili: ciò è più facilmente raggiunto con l'armamento a traverse. Nel caso di un solo gruppo elementare, l'amministrazione telefonica italiana usa supporti appositi (bracci quadrupli, fig. 37 b) nei quali i 4 fili occupano i vertici di un quadrato. La disposizione è particolarmente utile per la formazione dei circuiti virtuali.
Gl'incroci antiinduttivi non sono più sufficienti quando i disturbi provengono da condutture elettriche molto vicine percorse da correnti ad alta tensione o di elevata intensità: ciò anche perché non risulterebbe garantita la sicurezza del personale di servizio e degl'impianti. In tal caso occorre allontanare una delle due linee in modo da annullare ogni possibilità di danni e d'inconvenienti.
Cavi terrestri. - I grandi vantaggi che i cavi presentano in confronto alle linee aeree ne hanno reso l'uso quasi esclusivo in tutte le comunicazioni a grande distanza. I cavi offrono una maggiore sicurezza di esercizio e la possibilità di riunire in piccolo spazio numerosi circuiti con caratteristiche elettriche uniformi e costanti.
Nella telefonia interurbana vengono adottati cavi del tipo Patterson, cioè con isolamento in carta ed aria, e con formazione a bicoppie. Constano di un fascio di conduttori di piccolo diametro, di rame elettrolitico ricotto, su ciascuno dei quali viene avvolto ad elica un filo ritorto di cellulosa e, più sopra, anche ad elica, un nastro di carta a bordi sovrapposti in modo da formare un tubo chiuso: sull'insieme dei conduttori ricoperto con nastri di carta e di tela e convenientemente essiccato, viene applicato a caldo sotto forte pressione un tubo di piombo. La natura del dielettrico, costituito dalla carta e dall'aria secca interposta, rende minima la capacità elettrostatica. I conduttori sono riuniti in gruppi elementari di quattro (bicoppie) e, in ogni gruppo, essi sono disposti secondo due sistemi diversi: il sistema Dieselhorst-Martin (adottato in Italia) col quale i 2 conduttori di ogni coppia sono cordati fra loro e le due coppie sono pure cordate tra loro per formare la bicoppia, e il sistema a stella col quale i 4 conduttori occupano i vertici di un quadrato, con posizioni opposte per ogni coppia, e sono avvolti ad elica intorno a un asse comune. Le bicoppie vengono cordate insieme e disposte a strati alternativamente destrorsi e sinistrorsi intorno a una o più bicoppie o coppie centrali: queste possono essere adibite per le trasmissioni musicali schermandole metallicamente dalle altre bicoppie.
Il primo sistema consente la formazione dei circuiti virtuali, in numero di uno per bicoppia se le singole coppie sono utilizzate per circuiti a 2 fili e di uno per ogni due bicoppie se queste sono utilizzate per circuiti a 4 fili. Col sistema a stella la formazione dei virtuali non è conveniente.
In base a criterî di ordine tecnico ed economico, normalizzati dal C. C. I. F., i cavi vengono fabbricati con conduttori di mm. o,9 e 1,3 (sistema americano) ovvero di mm. o,9 e 1,4 (sistema tedesco): i conduttori di mm. 1,3 o 1,4 vengono adoperati per i circuiti a 2 fili e quelli di mm. 0,9 vengono prevalentemente adibiti per i circuiti a 4 fili.
I moderni processi di fabbricazione, assai perfezionati, permettono di ottenere un elevato grado di uniformità per le costanti elettriche dei varî conduttori, condizione indispensabile per un buon comportamento dei circuiti e per evitare interferenze induttive tra le varie bicoppie. Ad eventuali squilibrî, specie di capacità, che tuttavia sempre si presentano tra i conduttori del cavo in opera, si provvede con metodi di bilanciamento durante le operazioni di giunzione delle pezzature. I metodi consistono o nel giuntare tra loro conduttori aventi squilibrî positivi e negativi (metodo ad incroci usato in Italia) o nell'inserire in punti opportuni condensatori di adatta capacità (giunzione diritta).
I cavi interurbani sono generalmente sotterranei, almeno in Europa, e vengono posati o direttamente nel terreno alla profondità media di cm. 70 (nei tronchi extraurbani) ovvero dentro tubazioni apposite (negli abitati).
Nel primo caso il tubo di piombo viene ricoperto con strati sovrapposti di carta e di fili di iuta, con interposizione tra uno strato e l'altro di miscela bituminosa, e poi di un'armatura in nastri di ferro per proteggerlo da danneggiamenti di natura chimica, elettrica e meccanica. I sistemi di posa sono analoghi a quelli adottati per i cavi urbani salvo le operazioni di bilanciamento e di pupinizzazione e una più rigorosa cura sia nella scelta del tracciato, che dev'essere lontano da condutture o ferrovie elettriche, sia nell'impiego dei mezzi protettivi e nei metodi di lavoro.
Sono in corso di esperimento nuovi tipi di cavi costituiti con circuiti concentrici o schermati (cavi coassiali o simmetrici) destinati alla trasmissione di larghe bande di frequenze (v. Telefonia multipla). Questi cavi si prestano anche per le trasmissioni televisive. Per il collocamento delle bobine Pupin è poi necessaria la costruzione di apposite camerette sotterranee (fig. 40) alla distanza voluta: tale distanza varia generalmente dai 1700 ai 2000 metri: in Italia è di m. 1830.
Cavi sottomarini. - La telefonia sottomarina si è sviluppata lentamente per le particolari difficoltà che essa presenta.
Contrariamente alle possibilità offerte dai cavi terrestri, i cavi sottomarini non si prestano a convogliare molti conduttori né ad essere pupinizzati, ostandovi ragioni di ordine meccanico nei riguardi della posa e del rilevamento nei mari di grande profondità.
L'aumento della induttanza, ottenuto col sistema Krarup, dev'essere moderato affinché non aumenti di molto la resistenza effettiva dei conduttori stante le perdite dovute alla presenza del ferro. Conseguentemente la costante di attenuazione, anche per la natura dell'isolante adottato (la guttaperca), è piuttosto elevata.
Tuttavia, anche in questo campo la tecnica ha fatto notevoli progressi negli ultimi anni, orientandosi verso le seguenti soluzioni.
1. Cavi a più conduttori, krarupizzati o pupinizzati, isolati in guttaperca o in carta e aria, per mari di piccola profondità e per brevi lunghezze. I cavi isolati in guttaperca hanno normalmente un'anima a 4 conduttori; quelli isolati in carta e aria sono a coppie o a bicoppie con uno o due mantelli di piombo.
Si utilizzano normalmente per più comunicazioni a frequenza vocale.
2. Cavi a un solo conduttore krarupizzato, isolati in guttaperca o in paragutta, per mari di grande profondità e per medie lunghezze.
Si utilizzano per più comunicazioni a correnti vettrici.
3. Cavi a un solo conduttore krarupizzato, isolati in paragutta, per mari di grande profondità e per grandi lunghezze.
Si utilizzano per una sola comunicazione a frequenza vocale.
Nei cavi a un solo conduttore la corrente di ritorno è avviata attraverso il mare ma, poiché essa tende a localizzarsi nella protezione esterna del cavo fatta di fili di acciaio, con un conseguente notevole aumento della resistenza effettiva del circuito, viene interposto un conduttore concentrico di rame fra l'armatura e l'anima del cavo. Con tale conduttore di bassa resistenza la costante di attenuazione risulta sensibilmente diminuita.
Siffatto accorgimento, insieme con l'impiego di leghe di alta permeabilità per la krarupizzazione e della paragutta come isolante, la cui conduttanza è più bassa di quella della guttaperca, ha permesso di aumentare la portata dei cavi sottomarini.
Il cavo più lungo attualmente esistente è quello di km. 270 circa, posato nel 1932 tra il continente e la Sardegna.
Nella fig. 41 è riprodotta la sezione che il cavo ha nel tratto di maggiore profondità. Il cavo è a un conduttore ed è utilizzato per due comunicazioni telefoniche, l'una a frequenza acustica e l'altra a corrente portante, nonché per una comunicazione telegrafica infracustica.
Stazioni amplificatrici. - Viene denominata stazione amplificatrice l'insieme dei ripetitori e delle apparecchiature accessorie.
Nelle grandi reti interurbane le stazioni amplificatrici vengono impiantate in appositi edifici costruiti lungo il tracciato dei cavi a distanze che, dati i tipi dei circuiti adottati e le norme del C. C. I. F., variano dai 70 agli 80 km.
I ripetitori e gli organi sussidiarî, come traslatori, dispositivi terminali, equilibratori, soppressori d'eco, convertitori di chiamata, apparecchi di misura e di controllo, ecc., vengono montati sopra intelaiature di ferro disposte in file parallele.
All'energia occorrente si provvede con batterie di accumulatori e relativo macchinario di carica.
Traffico interurbano. - Organizzazione del servizio. Centri di commutazione. - In base agli ordinamenti vigenti in Italia, il traffico interurbano è quello effettuato fra centri collegati a reti telefoniche urbane diverse oppure fra centri sprovvisti di servizio telefonico urbano, intendendosi per servizio telefonico urbano quello espletato nell'ambito della rete telefonica urbana (territorio di un comune ed eventualmente di comuni viciniori entro il raggio massimo di 10 km. dal centro di rete).
Il traffico interurbano si distingue da quello urbano per i seguenti principali caratteri: a) le linee sono d'uso comune e quindi intensivo; b) le conversazioni devono essere prenotate e regolate secondo il turno di precedenza e d'urgenza; c) la tassazione è singola e varia con la lunghezza delle linee e la durata delle conversazioni.
Il traffico interurbano si suole denominare anche interprovinciale, interregionale, internazionale, rispettivamente se espletato tra provincie, regioni, nazioni diverse.
A seconda poi dei metodi usati per la commutazione, il traffico interurbano è a servizio interamente manuale, a servizio celere semiautomatico, a servizio celere interamente automatico. Il servizio interamente manuale si ha quando la linea interurbana è collegata, ai due estremi, a commutatori di tipo manuale. Il servizio celere semiautomatico si ha quando è concesso all'operatrice della rete di partenza di stabilire automaticamente la comunicazione con l'abbonato della rete lontana. Il servizio interamente automatico si ha quando gli abbonati delle due reti possono chiamarsi automaticamente fra loro.
Il servizio interamente manuale, già adottato esclusivamente nel passato, è ancora molto diffuso. Il servizio celere semiautomatico è stato introdotto negli ultimi anni e tende ad avere sempre maggiore applicazione. Il servizio interamente automatico viene per ora impiegato in casi particolari e sempre nell'ambito delle piccole distanze.
Il servizio interurbano comprende in massima due operazioni: la prenotazione delle conversazioni e la commutazione dei circuiti per il collegamento degli apparecchi.
La prenotazione può essere centralizzata o diretta, a seconda che le richieste pervengono a un tavolo speciale, detto tavolo di prenotazione, oppure direttamente al tavolo di commutazione interurbana. Nel primo caso le richieste sono ricevute da apposite operatrici, dette annotatrici, le quali hanno il solo compito di compilare i moduli di prenotazione con i dati inerenti alle comunicazioni richieste e d'inoltrarli subito dopo alle operatrici addette alla commutazione (operatrici interurbane). Nel secondo caso le richieste sono ricevute direttamente da queste ultime.
Nei grandi uffici con prenotazione centralizzata viene installato, preferibilmente annesso a quello di prenotazione, un altro tavolo equipaggiato con posti di classificazione, di distribuzione e di raccolta.
I moduli di prenotazione vengono prima inoltrati ai posti di classificazione per l'assegnazione dell'instradamento e del numero della posizione interurbana; indi passano ai posti di distribuzione per l'invio alle posizioni interurbane e, a comunicazioni effettuate, sono restituiti ai posti di raccolta.
La distribuzione e la raccolta dei moduli si possono fare a mano oppure con mezzi pneumatici o meccanici di trasporto.
Se i due tavoli sono associati, il passaggio dei moduli dai posti di prenotazione a quelli di classificazione viene fatto con trasportatori a nastro; in caso opposto mediante tubi ad aria compressa. Dai posti di distribuzione a quelli interurbani la trasmissione è pneumatica e avviene per compressione; il ritorno dei moduli ai posti di raccolta avviene invece per aspirazione.
La commutazione viene eseguita con sistemi diversi ma sempre tali da ottenere, con la maggiore possibile celerità delle operazioni, il più elevato rendimento delle linee.
In genere ogni commutatore interurbano deve consentire comunicazioni in partenza, comunicazioni in arrivo e comunicazioni di transito.
Le comunicazioni in partenza e quelle in arrivo vengono stabilite allo stesso modo, dovendosi in entrambi i casi collegare alla linea interurbana un corrispondente locale, il quale può essere: a) persona che parli dalla cabina pubblica situata negli uffici di accettazione interurbana ovvero nei posti telefonici pubblici urbani abilitati al servizio interurbano; b) un abbonato rilegato direttamente all'ufficio interurbano; c) un abbonato rilegato alla rete urbana locale.
Il commutatore interurbano deve pertanto essere collegato con linee di giunzione e di servizio alla rete urbana locale e agli uffici di accettazione al pubblico.
Le comunicazioni di transito sono quelle stabilite fra circuiti collegati allo stesso commutatore. Gli organi elementari di contatto, di segnalazione e di commutazione nelle centrali interurbane sono in massima identici a quelli impiegati nelle centrali urbane, cioè jack, spine, cordoni, chiavi, relais, indicatori elettromagnetici e luminosi, selettori di vario tipo. In più vengono impiegati organi contatori del tempo per il controllo e la registrazione della durata delle conversazioni (cronoscopî, calcolografi, timbratori, ecc.).
Una centrale interurbana comprende: a) il permutatore, organo intermedio fra le linee esterne e le linee interne, col quale è possibile permutare a volontà i due gruppi di linee, inserire i dispositivi di protezione e procedere a esperimenti e misure, b) il ripartitore intermediario, il quale permette di variare la distribuzione dei circuiti sui posti di lavoro; c) il tavolo di prenotazione (nel caso della prenotazione centralizzata); d) il tavolo di commutazione; e) il tavolo di sorveglianza, le apparecchiature accessorie e i cavi per le comunicazioni interne; f) la stazione di energia per la fornitura delle correnti.
La parte più importante dell'impianto è costituita dal tavolo di commutazione mediante il quale vengono stabiliti i collegamenti voluti. Diversi sono i sistemi di esercizio.
Il sistema usato per primo e ancora molto diffuso è quello di dividere il tavolo in sezioni, generalmente a due posti di lavoro, e assegnare a ciascun posto, in relazione al traffico, determinate linee con i relativi indicatori di chiamata. La commutazione viene effettuata a mezzo di jack, cordoni e spine, come nella telefonia urbana manuale, e ogni sezione dispone di un campo multiplo con jack inseriti in parallelo su tutte le linee: l'utilizzazione delle linee così multiplate avviene previo consenso delle operatrici dei posti cui le linee fanno capo e che, a richiesta, le rendono disponibili, nelle varie sezioni, per le conversazioni di transito, manovrando apposita chiave. Questo metodo è il più indicato quando le linee sono poche e occorre regolarne l'uso con un comando unico per elevarne al massimo il rendimento, tenendo preciso conto dell'ordine delle richieste.
Se le linee sono molte per direzione, altri criterî vengono adottati i quali tendono ad assicurare, con una uniforme distribuzione del lavoro sui varî posti, un maggiore rendimento del personale.
Un metodo diffuso in America e adottato anche in Italia consiste nel dividere le linee in entranti e uscenti con tavoli distinti per i due gruppi di linee. I tavoli sono pure costituiti da sezioni a due posti e equipaggiati con jack, cordoni e spine: la chiave di consenso è però abolita. Sulle sezioni entranti le linee sono multiplate con le lampade di chiamata: una qualsiasi operatrice può quindi rispondere a una qualsiasi chiamata. Sulle sezioni uscenti le linee, pure multiplate, sono liberamente a disposizione del personale il quale è guidato nella scelta da segnali ottici di libero o di occupazione.
Il metodo è normalmente associato alla prenotazione diretta, dando luogo al sistema detto a posizioni combinate di linea e di prenotazione col quale è possibile evadere immediatamente le richieste di conversazione senza che il richiedente riattacchi il ricevitore.
In tutte le precedenti disposizioni le linee fanno capo a jack e il collegamento fra due linee L1 e L2 viene stabilito mediante una coppia di spine e di cordoni (fig. 42) riuniti solitamente da 3 chiavi: l'una K1 per inviare una corrente di chiamata sull'una o sull'altra linea, la seconda K2 per sezionare il collegamento nei due sensi, la terza K3 per inserire l'apparato telefonico dell'operatrice nelle due posizioni di conversazione e di ascolto.
La chiamata si effettua con corrente di bassa frequenza (16 a 25 per./sec.), la quale eccita, nella centrale di arrivo, un relais che con l'attiazione della sua armatura chiude il circuito di accensione della lampada di chiamata. Il relais è normalmente inserito sulla linea ma ne viene escluso all'atto della risposta. A collegamento stabilito, resta incluso, in parallelo sui fili del cordone associato alla linea interurbana, altro relais che, eccitato dalla stessa corrente a conversazione ultimata, provoca l'accensione della lampada di fine.
Se le linee sono amplificate, la corrente a bassa frequenza non può attraversare gli amplificatori: in tal caso si rendono necessarî ai due estremi dei convertitori di frequenza per trasformare la corrente a bassa frequenza in corrente a frequenza fonica e viceversa. Nei commutatori di tipo moderno è possibile associare alla linea interurbana un circuito di segnalazione di caratteristiche appropriate il quale consente d'inviare e di ricevere una determinata corrente, rendendo superfluo l'impiego dei convertitori.
I collegamenti fra le centrali interurbane e gli abbonati delle reti urbane vengono stabiliti mediante linee di giunzione: a seconda dei sistemi, queste terminano nella centrale urbana a posti manuali di giunzione (quadro intermediario) come nella fig. 43 a, oppure, nelle moderne reti automatiche, ad organi selettivi come nella fig. 43 b; in questo ultimo caso le operatrici interurbane possono chiamare automaticamente gli abbonati a mezzo di trasmettitori d'impulsi (disco o tastiera).
Il diffondersi della telefonia automatica ha suggerito l'impiego di organi selettivi anche nei collegamenti tra linee interurbane e posti di operatrice. Tipi recenti di commutatori, fondati su tale criterio, mancano di campo multiplo e si valgono di sole chiavi associate a trasmettitori d'impulsi (commutatori senza cordoni): nelle comunicazioni in partenza l'operatrice sceglie automaticamente la linea che desidera, nelle comunicazioni in arrivo è essa stessa scelta automaticamente da selettori locali, purché libera da altri impegni.
Nei varî casi considerati il collegamento fra abbonati viene sempre stabilito da operatrici nei due uffici terminali: facendo uso di quadri intermediarî, le operatrici sono 4 (fig. 44).
La tendenza moderna è però per la teleselezione a distanza: questa, associata alla chiamata automatica locale e alla prenotazione diretta (fig. 45), permette di ridurre le operatrici a una sola nella centrale interurbana di partenza e di annullare ogni attesa (servizio celere semiautomatico).
La trasmissione degl'impulsi per la selezione automatica a distanza viene fatta mediante corrente continua sulle linee di breve lunghezza che non sono munite di traslatori per circuiti virtuali, con corrente alternata a frequenza industriale (50 per./sec.) sulle linee virtualizzate ma non amplificate, e con corrente alternata a frequenza vocale sulle linee che sono munite di amplificatori.
Il collegamento fra due apparecchi appartenenti a reti urbane diverse può richiedere l'innesto di due o più circuiti attraverso uffici intermedî. È però opportuno ridurre il numero di questi al minimo possibile.
La configurazione delle reti interurbane moderne (fig. 46) presume la divisione del territorio in zone o distretti telefonici, nei quali le diverse reti urbane vengono raggruppate intorno a centri di commutazione manuale C. Nell'ambito della zona il servizio interurbano è semiautomatico o interamente automatico: in quest'ultimo caso le linee degli abbonati sono munite di contatori di tempo e zona (per ogni unità di conversazione il conteggio varia con la lunghezza delle linee).
I centri distrettuali C vengono collegati a centri di regione B e questi a centri nazionali di transito A. I centri nazionali dei diversi paesi vengono infine collegati tra loro e a centri continentali di transito per costituire, insieme con i ponti radiotelefonici transoceanici, la rete telefonica mondiale.
Sviluppo del servizio interurbano in Italia. Costituzione della rete telefonica nazionale. - Nel 1881, in seguito a concessioni ottenute dal governo, s'iniziò l'attività di alcune compagnie private per l'esecuzione di impianti telefonici urbani e interurbani in Italia.
La rete telefonica interurbana cominciò però a prendere consistenza in seguito alla legge del bilancio del 1898 che autorizzò la spesa per la costruzione delle prime tre linee di una certa importanza e precisamente delle: Torino-Milano, Milano-Bergamo e Bergamo-Gazzaniga. Nel 1903 furono poi attivate linee di maggiore lunghezza come quelle Roma-Genova, Roma-Napoli, Roma-Firenze e RomaBologna. Nel febbraio 1904 si attivò la prima linea internazionale Roma-Parigi.
La politica telefonica che riaffermava sempre il monopolio dello stato non arrestava però né escludeva l'attività privata in regime di concessioni. Infatti, nonostante la legge del riscatto del 15 luglio 1907 che servì a dare nuovi mezzi all'azienda statale per l'esecuzione di una più vasta rete telefonica interurbana a grande distanza, varie imprese private continuavano a sviluppare il servizio nei centri minori.
Così, all'epoca della riforma del 1925 intesa a portare il servizio telefonico italiano al livello dei paesi più progrediti, esistevano in Italia 2207 linee interurbane per uno sviluppo complessivo di 116.596 km., di cui 450 (km. 17.235) gestite dall'industria privata. Nel 1924 fu attivata la prima tratta di comunicazioni in cavo fra Torino, Milano e Genova.
La rete in cavi sotterranei ha oggi uno sviluppo complessivo di oltre 500.000 coppie-km. e abbraccia tutti i centri principali della penisola; mediante numerosissimi circuiti internazionali essa assicura il servizio con gli stati d'Europa, e attraverso i varî ponti radio collega l'Italia con l'Asia, l'Africa, le Americhe e l'Australia.
I ponti radio italiani sono quelli di Coltano, di Fiumicino e di Torrenova, i primi due in gestione diretta dello Stato, il terzo in gestione alla Società Italo-Radio. Completa la rete un collegamento radiotelefonico con la Sardegna, la quale (v. sopra) è rilegata al continente anche a mezzo di un cavo sottomarino.
La rete aerea interregionale in parte è stata demolita. Quella mantenuta, che costituisce una pronta riserva in caso di interruzioni delle comunicazioni in cavo, è stata resa più idonea mediante la sovrapposizione di canali ad alta frequenza, i quali consentono, oltre a più comunicazioni contemporanee, recezioni commerciali anche se le condizioni della linea aerea a bassa frequenza non risultano in piena efficienza.
Nei cavi telefonici sono convogliati anche circuiti per il servizio telegrafico, in parte utilizzando le stesse linee adibite al servizio telefonico per la trasmissione contemporanea di segnali telegrafici senza che l'un traffico disturbi l'altro.
Il servizio della radiodiffusione impiega anch'esso circuiti telefonici in cavo, destinati esclusivamente alla trasmissione della musica e dei notiziarî. Altre bicoppie del cavo vengono utilizzate volta per volta secondo i bisogni. Si è costituita in tal modo una rete musicale italiana che si innesta alla grande rete musicale europea per l'importazione e l'esportazione dei varî programmi. Tale rete, legata alle stazioni di radiodiffusione, ha permesso di eliminare i disturbi che ostacolavano la perfetta recezione dei programmi trasmessi da stazionì lontane.
Infatti volendo ascoltare in Italia un programma estero captandolo sull'onda della stazione trasmittente si avrebbe una recezione disturbata, mentre captandolo dalla stazione locale, cui perviene attraverso i cavi telefonici, si riceve come se la trasmissione fosse originata dalla stazione del luogo e quindi senza aver bisogno di dare al proprio apparecchio radio quella sensibilità che introduce nella recezione anche i rumori estranei.
Infine, attraverso circuiti della rete telefonica in cavi, si provvede anche al servizio della trasmissione delle immagini in Italia e con l'estero.
Telefonia militare.
I collegamenti telefonici sono largamente usati da tutti gli eserciti, anche per la loro notevole semplicità d'impianto e di funzionamento per cui non è necessario l'impiego di personale tecnico specializzato. La telefonia presenta però alcuni inconvenienti: notevole tempo necessario per la costruzione (stendimento) delle linee; necessità di una loro accurata manutenzione; possibilità dell'intercettazione avversaria; vulnerabilità all'azione del fuoco nemico e degli agenti atmosferici; disturbo che possono arrecare vicine linee elettriche di trasporto d'energia o altre linee telefoniche; mancanza di una traccia documentaria delle conversazioni effettuate.
Nel complesso il problema dei collegamenti telefonici è più un problema organizzativo che un problema tecnico vero e proprio, ed è per tale ragione che l'organizzazione delle reti telefoniche è compito, fra i più importanti, dei comandi, cui spetta stabilire l'ordine d'urgenza e i tracciati generali dei collegamenti, ed indicare quali collegamenti devono essere mantenuti ad ogni costo, nelle varie fasi del combattimento.
Con il progredire delle fasi della battaglia spetta pure ai comandi stabilire come debba procedersi alla sostituzione delle linee volanti, stabilite in un primo tempo, con linee semipermanenti e permanenti, e quali collegamenti debbono essere eliminati o revisionati.
I collegamenti telefonici militari realizzati in campagna si distinguono, a seconda delle caratteristiche dei materiali impiegati e delle modalità di costruzione, in permanenti, semipermanenti e volanti. I primi due tipi poco si discostano, per la loro costruzione, dalle linee telefoniche permanenti della rete civile; si chiamano invece volanti le linee campali che, per il loro stendimento, non richiedono necessariamente l'uso di appositi sostegni, potendo essere posate su appoggi naturali. Esse presentano una spiccata celerità e facilità di costruzione potendosi raggiungere con personale addestrato, i 2-4 km. orarî. Naturalmente le linee volanti sono costruite utilizzando conduttori accuratamente isolati (rivestimento continuo) chiamati cordoncini telefonici volanti.
Per quanto riguarda gli apparati telefonici, dovendo soddisfare ai varî bisogni con quella prontezza e sicurezza che le operazioni militari richiedono, si hanno apparati tutti di peso ridotto, di limitato ingombro e di facile impiego. Essi presentano la caratteristica di essere tutti a batteria locale: hanno cioè la batteria di pile, occorrente per il funzionamento, incorporata nello stesso apparato; particolari dispositivi sono però previsti per l'inserzione degli apparati in circuiti alimentati a batteria centrale.
L'insieme di due apparati e della linea che li congiunge prende, come è noto, il nome di circuito telefonico. I circuiti telefonici possono essere misti e metallici, secondo che la linea è costituita da un solo conduttore o da due conduttori. Nel primo caso, a mezzo di terre stabilite presso le stazioni corrispondenti, il conduttore di ritorno è costituito dal terreno interposto che funziona come un conduttore di debolissima resistenza elettrica. Nel secondo caso si ha un circuito metallico chiuso, nel quale circola la corrente di linea.
Con i circuiti misti si ha un notevole risparmio di materiale e una maggiore celerità di costruzione, ma essi presentano il grave inconveniente dell'intercettazione avversaria che li ha fatti scartare dall'uso militare, specie nelle zone avanzate dove le possibilità dell'intercettazione avversaria aumentano con il diminuire della distanza dal nemico.
Per il servizio di un gruppo di apparati telefonici occorre far sì che essi possano essere collegati a due a due, e che ciascuno di essi possa parlare con uno qualsiasi degli altri. Ciò si ottiene facendo convergere le linee dei varî apparati a una stazione centrale di commutazione o centralino. I varî centralini sono poi tutti collegati fra loro in modo da consentire la maggiore quantità possibile di comunicazioni.
Per non appesantire il servizio, cioè per non far gravare su un'unica rete tutto il servizio telefonico, e anche per tener conto dei bisogni dei varî enti, è d'uso normale in tutti gli eserciti la suddivisione in reti: si ha così una rete di comando, una rete d'aeronautica, una rete della difesa aerea, una rete d'artiglieria, ecc.
La realizzazione dei collegamenti telefonici è normalmente affidata agli speciali reparti telegrafisti del genio militare che in genere provvedono al collegamento di tutti i comandi tra loro; all'interno però delle minori unità (reggimenti, battaglioni, gruppi, ecc.) il servizio telefonico viene disimpegnato dai militari stessi delle varie unità.
Riguardo all'intercettazione si può dire che mentre è di difficile realizzazione in guerra di movimento, è invece facile e possibile nel caso della guerra di posizione, a causa della stabilità, nel tempo e nello spazio, dei circuiti telefonici.
L'intercettazione può essere effettuata direttamente mediante derivazioni sulla linea da intercettare, o indirettamente sfruttando i fenomeni della conduzione e dell'induzione delle correnti telefoniche.
L'intercettazione diretta è difficile possa verificarsi e si elimina con accurate e periodiche visite alle linee; quella indiretta rappresenta invece il caso normale.
Se si hanno circuiti misti nei quali cioè il conduttore di ritorno è costituito dalla terra, basta porre nelle vicinanze della linee (non oltre i 200 metri) un apparecchio telefonico munito di un amplificatore e due o più prese di terra, perché si possa udire la conversazione che si effettua sulla linea.
Per i circuiti metallici la conduzione attraverso il suolo della corrente telefonica si ha soltanto quando si verificano dispersioni in uno o più punti della linea, per difetto d'isolamento dei conduttori. Come indicato in figura, l'intercettazione è sempre possibile con l'uso di un apparecchio telefonico e di un amplificatore, e di due o più prese di terra.
L'intercettazione per induzione elettromagnetica si effettua ponendo parallelamente al circuito da intercettare un certo numero di spire riunite in un quadro o telaio.
In ogni caso il raggio entro il quale è possibile effettuare l'intercettazione è assai limitato e perciò questa può essere fruttuosa soltanto quando gli elementi captatori (prese di terra e quadri) sono a distanze non superiori ai 100-200 m. dalla linea da intercettare.
Sul raggio d'intercettabilità influiscono in misura notevolissima, a parità di condizioni di posa della linea nemica, la natura del terreno interposto, sia per costituzione geologica, sia per vegetazione e umidità.
Durante la guerra mondiale, per la stabilità delle fronti, l'intercettazione telefonica fu molto attiva e fu per prima applicata dai Tedeschi, che diedero sempre grande importanza al funzionamento di questo servizio.
Un curioso caso di doppia intercettazione è quello verificatosi alla metà di novembre del 1917 in un punto della fronte franco-tedesca. I Francesi avevano discusso per telefono le modalità di un attacco a gas che doveva avere luogo entro pochi giorni in una determinata località; la conversazione interamente intercettata dai Tedeschi fu da questi nuovamente trasmessa per telefono, senza cifratura, al competente posto di comando. Questa comunicazione fu a sua volta intercettata dai Francesi che così vennero edotti della conoscenza che il nemico già aveva sui particolari dell'attacco progettato. Naturalmente i Francesi effettuarono l'attacco in un altro momento e in un altro punto della fronte, con piena sorpresa dei Tedeschi.
Anche nell'esercito italiano il servizio d'intercettazione telefonica fu molto attivo: fu appunto attraverso un'intercettazione telefonica effettuata dalla stazione d'ascolto di Ponte di Salton sul Grappa, che fu conosciuta l'ora esatta in cui doveva iniziarsi l'attacco per l'offensiva austriaca del giugno 1918 sul Piave.
I notevoli successi del servizio d'intercettazione hanno indotto tutti gli eserciti a prendere speciali contromisure d'ordine tecnico e di carattere disciplinare per eliminare o per diminuire tale eventualità.
Fra le prime prescrizioni si hanno quelle di: a) adottare sempre circuiti telefonici metallici e mai misti; b) curare al massimo la manutenzione delle linee; c) collocare apparati telefonici e centralini in luoghi asciutti e sollevati da terra; d) evitare linee parallele con altri conduttori che abbiano contatti con il suolo; e) disporre le linee, sempre che possibile, normalmente alla fronte; f) separare la rete della zona avanzata da quella della zona arretrata; g) non utilizzare mai in territorio nemico conquistato linee o tratti di linea già in opera; h) prevedere l'impiego di dispositivi antintercettatori, ecc.
Le prescrizioni di carattere disciplinare hanno quasi sempre per oggetto: a) la limitazione del numero delle telefonate; b) la proibizione dell'impiego dei telefoni per uso privato o da parte di militari di truppa; c) l'adozione di speciali frasi convenzionali specialmente per indicare comandi e località, oltre ad altre prescrizioni nei particolari.
V. tavv. LXXXIII e LXXXIV.
Diritto pubblico.
Tutti i servizî di telecomunicazione (comunicazioni telegrafiche, telefoniche, radioelettriche, ottiche) nel regno, nelle colonie e nei possedimenti sono riservati allo stato, che li esercita o direttamente o mediante concessione; è consentito solo al privato di stabilire, per suo uso esclusivo, comunicazioni telegrafiche e telefoniche nell'ambito del proprio fondo o di più fondi di sua proprietà, contigui o collegati da opere aventi carattere permanente (articoli 1, 5 e 166 r. decr. 27 febbraio 1936, n. 645, che approva il codice postale e delle telecomunicazioni). Il governo può, per grave necessità pubblica, sospendere o limitare i servizî e assumere quelli in concessione, senza dover corrispondere, per questi provvedimenti, alcuna indennità, salva, secondo i casi, la riduzione del canone dovuto dal concessionario o l'attribuzione al medesimo di quanto fosse stabilito nell'atto di concessione (articoli 6, 196, 204). È vietato alle persone addette a questi servizî di dare a terzi informazioni scritte o verbali relative a operazioni richieste o eseguite (art. 11; art. 619, 620 cod. pen.).
La concessione, per le telecomunicazioni a uso pubblico, è data con decreto reale, e può avere per oggetto la proprietà e l'esercizio o il solo esercizio degl'impianti statali, ovvero la costruzione e l'esercizio o la sola costruzione di nuovi impianti; è data con decreto ministeriale, se riguarda l'impianto e l'esercizio di telecomunicazioni a uso privato (oltre i limiti accennati, per i quali non occorre alcuna concessione). Essa è subordinata al versamento di una cauzione e al pagamento di un canone, che per i servizî telefonici non può essere stabilito in misura inferiore al 4% degli introiti lordi risultanti dal bilancio annuale dell'azienda concessionaria; può essere revocata nei casi stabiliti dalla legge o dall'atto che l'accorda; può essere riscattata dallo stato, in qualunque tempo, e, se l'atto stesso non dispone diversamente, col preavviso di un anno. Verificandosi la revoca o il riscatto ovvero alla scadenza della concessione, lo stato ha la facoltà di acquistare in tutto o in parte il materiale degl'impianti per il loro valore reale, determinato con le norme del r. decr. 8 febbraio 1923, numero 399, modificate dai regi decreti 4 maggio 1924, n. 837, e 2 dicembre 1928, n. 2873, e tenuto conto dei concorsi nella spesa eventualmente versati da enti pubblici (art. 167 segg., 197 segg. cod. postale).
La legge (art. 180 segg.) attribuisce il carattere della pubblica utilità alle opere occorrenti per l'impianto delle telecomunicazioni esercitate direttamente dallo stato e di quelle, destinate a uso pubblico, esercitate dai concessionarî; e stabilisce speciali servitù a carico dei fondi pubblici o privati. Per il semplice passaggio, senza appoggio, dei fili o cavi, sia al disopra delle proprietà pubbliche o private, sia ai lati di edifici dove non siano finestre o altre aperture a prospetto, la servitù è costituita direttamente dalla legge e nessuna indennità è dovuta al proprietario del fondo servente. In ogni altro caso, per il passaggio e l'appoggio dei fili, cavi e impianti sul suolo, nel sottosuolo o sull'area soprastante e per la conseguente occupazione, la servitù, ove non vi consenta il proprietario, è imposta con decreto del prefetto, che ne determina le modalità, in guisa che essa riesca la più conveniente allo scopo e la meno pregiudizievole al fondo servente, avuto riguardo alle condizioni delle proprietà vicine. Contro il decreto del prefetto è ammesso il ricorso gerarchico, nel termine di giorni trenta, al ministro delle Comunicazioni. L'indennità dovuta al proprietario del fondo servente è stabilita dall'ufficio del genio civile in base all'effettiva diminuzione del valore del fondo, all'onere che a esso s'impone e al contenuto della servitù. Ma l'esistenza di questa non menoma affatto la facoltà del proprietario del fondo servente di introdurvi qualsiasi innovazione, anche se essa importi la rimozione o il diverso collocamento dei fili o dei cavi; né è tenuto per questo ad alcuna indennità, salvo che non sia diversamente stabilito nella convenzione o nel decreto prefettizio che costituisce la servitù.
La coesistenza sul medesimo percorso di condutture elettriche e di linee telefoniche e telegrafiche può essere fonte d'inconvenienti o disturbi che devono essere impediti o eliminati. All'uopo l'impianto, la modificazione o lo spostamento delle condotture elettriche sono subordinati anche al consenso del Ministero delle comunicazioni: ma, qualora si verifichi, ciò nonostante, un turbamento del servizio delle telecomunicazioni, il suddetto ministero promuove lo spostamento degl'impianti o altri provvedimenti idonei a eliminare i disturbi. Le spese occorrenti sono a carico della parte che rende necessario lo spostamento o la modificazione, e quindi, in mancanza di altri elementi che possano indurre la responsabilità dell'una o dell'altra, in base al criterio della preesistenza dell'impianto (comb. art. 188, 189 cod. postale, 120, 127 r. decr. 11 dicembre 1933, n. 1775).
La rete telefonica italiana si distingue in urbana e interurbana; la prima, ripartita in quattro zone, è data in concessione ad aziende private; la seconda è gestita direttamente dall'azienda per i servizî telefonici costituita col r. decr. 14 giugno 1925, n. 884, quale amministrazione statale autonoma, con un proprio bilancio, ma senza personalità giuridica, cui è preposto un direttore tecnico, alle dipendenze del direttore generale delle poste e dei telegrafi.
La rete urbana comprende di regola il territorio di un solo comune e può estendersi entro un raggio massimo di 10 km. dal centro; con l'autorizzazione, però, del Ministero delle comunicazioni questo limite può essere oltrepassato e si possono comprendere nella rete territorî di comuni diversi (art. 213). Il Ministero delle comunicazioni può imporre al concessionario l'istituzione di reti urbane, entro la zona concessa, quando ricorrano le condizioni previste nell'atto di concessione (art. 214); oltre a ciò, i comuni o altri enti interessati possono esigere, concorrendo nella metà delle spese, l'impianto di una rete urbana, quando vi siano almeno 25 abbonati da collegare tra loro, e l'estensione, con posti telefonici pubblici, di reti urbane già esistenti a comuni il cui capoluogo sia compreso nel raggio sopraindicato.
Oltre alle comunicazioni verbali sono ammessi, entro certi limiti, i servizî speciali della trasmissione o ricezione dei telegrammi (art. 288) e delle commissioni (art. 231). I rapporti fra il concessionario e gli utenti del servizio sono regolati dalla legge o dagli atti di concessione, e assumono la figura dell'abbbonamento o quella di una prestazione singola, per la quale è dovuto un corrispettivo, avente il carattere giuridico di tassa; le tariffe sono approvate con decreto del ministro delle Comunicazioni di concerto con quelli delle Finanze e delle Corporazioni (art. 232).
L'abbonato che si serve o dà modo ad altri di servirsi del suo apparecchio per comunicazioni contro la morale o l'ordine pubblico, o per recare molestie o disturbo alla quiete privata, decade dall'abbonamcnto senza diritto alla restituzione della tassa pagata e senza abbuono di quella che dovesse ancora pagare a termini del contratto, salva ogni altra responsabilità derivante dalle leggi vigenti (art. 216).
La concessione di linee telefoniche private, che deve essere richiesta anche per gl'impianti telefonici a onde guidate, può essere consentita per la corrispondenza tra fondi del medesimo concessionario o tra fondi di altro concessionario, a uso esclusivo di determinate persone o enti per le sole comunicazioni di loro interesse; ovvero agli esercenti di ferrovie e tramvie per i bisogni del servizio da essi gestito. Il collegamento di queste linee con la rete urbana o interurbana deve essere espressamente autorizzato dal concessionario della prima o dall'azienda telefonica statale (art. 207 segg.).
Bibl.: A. Foligno, Telefono, in Digesto ital., XXIII, parte 1a, Torino 1912-16, p. 589 segg.