SIGNORINI, Telemaco
Pittore, nato il 18 agosto 1835 a Firenze, morto ivi il 10 febbraio 1901. Figlio di Giovanni, pittore del granduca, il S. intraprese gli studî classici; ma li abbandonò nel '52 per l'arte, secondo il desiderio paterno. Fatti i primi studî col padre, dell'Accademia frequentava soltanto la scuola del nudo; nel '54 già ritraeva dal vero col Borrani, per quanto eseguisse anche quadri di soggetto storico e copie in galleria; nel'55 entrava nella brigata del Caffè Michelangiolo, proprio quando, dopo un decennio di scapigliatura, Saverio Altamura iniziava la "macchia"; l'anno dopo si recava a Venezia con Vito d'Ancona a farvi studî schietti e sommarî, già d'una tonalità perfetta, e che naturalmente furono rifiutati alla Promotrice fiorentina. Ma il S. continuò per la sua strada, e riprese a viaggiare ed a conoscere genti e paesi. Appena ventenne era andato a Venezia per la Romagna e l'Emilia, tornandone per la Lombardia e il Piemonte; nel'58 era di nuovo in Piemonte, sui laghi, a Venezia, a Ferrara; nel'59, come volontario in artiglieria, viaggiava ancora e faceva amicizie. Conosceva già il Gamba e il Leighton, come poi conoscerà il Fontanesi e il Morelli, il Degas e il Ruskin. Durante la campagna aveva fatto studî secondo i principî della "macchia", e nei quali la tonalità è sempre più perfetta; tornato, eseguiva alcuni quadri di battaglia, che per quanto di fattura sommaria e sprezzante, trovarono subito compratori. Ma il S., temendo di aver sbagliato strada, abbandonò la pittura militare, e con Cristiano Banti e Vincenzo Cabianca andò alla Spezia a lavorarvi dal vero, portando la "macchia" a una quasi eccessiva violenza di chiaroscuro. Frutto di questi studî il Ghetto di Venezia, che il S. stesso definì come il più sovversivo dei suoi dipinti e che all'Esposizione di Torino del'61 sollevò una vivace polemica. In quello stesso anno, col Cabianca e col Banti, si recò a Parigi, e vi conobbe il Corot e il Troyon, e si entusiasmò del Courbet. Nel 1862 si trattenne, con altri "macchiaioli", a Castiglioncello, ospite di Diego Martelli; iniziò poi col Lega e col Borrani quella che essi chiamarono la "scuola di Pergentina" (da una località lungo l'Affrico, ove si erano ritirati a lavorare); e cominciò a collaborare alla Nuova Europa, mettendosi a capo, per quanto fosse tra i più giovani, del movimento macchiaiolo. Ma come il S. stesso riconobbe, la "macchia", che era stata piuttosto un mezzo polemico, si andò attenuando; rimase la tonalità, perfetta in questi macchiaioli più che in ogni altro, almeno in Italia. Intanto il S. dipingeva le Pazze (1865) e il Novembre (1870) della Galleria di Venezia: il primo ancora polemico, almeno per il soggetto, il secondo sempre prodigioso per la resa tonale. Ancora, è bene precisarlo, né il S. né i suoi compagni conoscevano gl'impressionisti francesi. Li conobbe nei ripetuti soggiorni parigini fatti tra il '73 e il '77, quando ritrovò il Degas e fece amicizia col Manet e con lo Zola; e, pronto a interessarsi a tutte le novità e ad accogliere quelle che si confacevano al suo temperamento, dopo d'allora mostra di subirne, anche personalmente, l'influsso, come in Porta Adriana a Ravenna (1875) della Galleria di Roma. Ma solo dopo l'80 sentì più specialmente il Monet; e nella ricerca di maggior luce e più d'aria divenne alcuna volta più sfatto e sfornato; per quanto con Pioggia d'estate a Settignano della Galleria di Roma, che è dell'86, rimanga fedelissimo al suo stile, di una schiettezza e misura tutta toscana. Intanto continuava a viaggiare e a lavorare a Parigi e a Londra, in Borgogna e in Scozia, e in ogni parte d'Italia: dal Cenisio a Napoli, da Venezia all'Elba, finché nel '96 cominciò a soggiornare specialmente a Riomaggiore, e vi tornò per quattro anni di seguito a lavorare febbrilmente come quando aveva venti anni, e a rinnovare la propria visione pittorica, con una sempre più ansiosa ricerca di aria e di luce, che sfanno maggiormente le forme anche se qualche volta, come in Tetti a Riomaggiore della Galleria di Firenze, ritrova la sua maniera più pacata e più quieta, nella perfetta resa tonale.
Il S. fu artista completo: pittore, disegnatore, acquafortista (classica la serie delle acqueforti di Mercato Vecchio, e squisite le illustrazioni, anche alla punta secca, di libri di Diego Martelli). E come scrittore, è narratore piacevole in Caricaturisti e caricaturati al Caffè Michelangiolo (Firenze 1893) e in Riomaggiore (pubbl. postumo, Firenze 1909); poeta brioso, anche in vernacolo ne Le 99 discussioni artistiche (Firenze 1877); polemista battagliero nella Nuova Europa, nel Gazzettino delle arti del disegno, nella Rivista Europea, ecc.; e sempre acutissimo sostenitore delle idee estetiche del suo gruppo.
V. tavv. CLI e CLII.
Bibl.: E. Somaré, Signorini, Milano 1926 (con ampia bibl.); aggiungi: U. Ojetti, T. Signorini, Milano 1930.