Vedi TELESFORO dell'anno: 1966 - 1997
TELESFORO (v. vol. vii, p. 674)
Recenti scoperte hanno permesso di ricostruire con maggiore completezza lo sviluppo storico del culto di T., che viene importato a Pergamo intorno al I sec. d.C. dalla vicina Frigia, dove già era venerato almeno dal II sec. a.C. come genio della fertilità. Nell’Asklepièion pergameno gli furono dedicati un tempio e una statua di culto, come ci tramanda anche Elio Aristide (Hier. Log., xlviii, 18; xlix, 21; l, 16). Con questo passaggio T. acquista una valenza salutare, apparendo in sogno agli incubanti e rivestendo così il ruolo di piccolo assistente di Asklepios, figura già attestata nel Plutus di Aristofane (v. 701) che in altri santuarî era impersonata da Euamerione o da Achesi (Paus., II, II,7). Il culto di T. si diffonde, in coincidenza con la popolarità crescente di Asklepios, in Grecia, in Tracia, a Roma e sporadicamente in Africa, in Dacia e in Pannonia, soprattutto nel II e III sec. d.C., periodo al quale sono ascrivibili la maggior parte delle epigrafi e del materiale figurato. Le ultime testimonianze letterarie, provenienti dalla scuola neoplatonica di Atene, cadono tra il V e il VI sec. d.C.
Recentemente è stato possibile chiarire il problema dell'origine e i legami tra T. e il genius cucullatus celtico o i genî funerarî incappucciati presenti sulle urne etrusche del II sec. a.C. (al Museo Archeologico di Firenze, a Volterra e al Louvre), divinità e demoni che derivano da un archetipo comune, ma da cui T. va nettamente distinto. In passato numerose statuette di geni incappucciati, conservate in musei e collezioni private di Francia, Austria e Germania, sono state interpretate come raffigurazioni di T., ma per particolari come l'espressione e l'età, sono piuttosto da ritenersi immagini locali del genius cucullatus celtico che poteva assumere diversi ruoli: da portatore di fecondità a tramite con l'Oltretomba, a noi noto grazie ad alcune dediche trovate nel santuario celto-romano di Wabelsdorf e ad alcuni coni monetali della tribù celtica dei Segusiavi. Dal punto di vista tipologico T. deriva da questo mondo (infatti la sua paenula cuculiata è una veste tipicamente celtica), ma si differenzia dai cuculiati celtici per diverse ragioni: il suo nome, attestato come epiteto divino, appartiene alla più antica lingua greca; riceveva un culto ufficiale in tutta la Grecia e in particolare a Pergamo, dove c'era un Telesphorèion. T. nasce dunque dall'incontro di due culture: mentre la tipologia deriva dal mondo celtico dei genii cuculiati, dal punto di vista ontologico è greco.
La figura fu importata a Pergamo dal vicino stato celtico della Galazia e quindi rivissuta secondo la religiosità locale; tramite di questo scambio culturale fu la Frigia. Pergamo non può avere importato il culto direttamente dalla Galazia perché il contatto tra questi due stati avvenne nel corso del III sec. a.C., mentre la prima testimonianza certa di T. a Pergamo è del 101 d.C. Questo vuoto di attestazioni è spiegato dal fatto che T. in questo periodo probabilmente ricevette un culto locale, circoscritto alla Frigia, con caratteristiche di genio promotore di fecondità. Da una tomba a Kocakizlar, nella Phrygia Epictetus, datata intorno al I sec. a.C., proviene una piccola statuetta in ambra che ritrae T. nella sua iconografia canonica, mentre su una stele frigia da Yazilikaya è raffigurato da solo, inquadrato in un naìskos. A Roma, nel recinto sacro di Cibele sul Palatino, in una stipe votiva datata tra il 204 e il 111 a.C., sono state ritrovate quattro statuette fittili raffiguranti T., che allo stato attuale sono le prime attestazioni di questa divinità. Sono statuette prodotte in serie da matrici importate direttamente da Pessinunte insieme a tutto il materiale sacro necessario a officiare il culto della Magna Mater. Da questi dati si può evincere che T. nacque in Frigia in seguito all'importazione della figura di dio-bambino incappucciato dalla vicina Galazia e quindi fu trasmesso a Pergamo, dove si sarebbe delineato più specificamente come dio salutare. In Frigia fu associato nel culto a dee madri locali, come mostrano monete del I-II sec. d.C. che documentano una persistenza iconografica di questa associazione: su due conî di Dionisopoli è raffigurato insieme a una variante locale di Demetra; su una moneta da Ierapoli è con Igea, in questo caso assimilabile a Cibele; su una stele frigia dedicata da un pastore è accanto alla Μάτηρ Μηλήνη, una dea madre locale di origine agricola.
Fu a Pergamo comunque che fiorì maggiormente il suo culto con relativo tempio, come risulta dalla lettura di Aristide; da qui l'appellativo di «pergameno». Su monete pergamene dell'età di Antonino Pio, Caracalla e Geta, T. è raffigurato su un alto podio, racchiuso entro un tempietto distilo. Pergamo fu la prima città a coniare l'immagine di T. in età adrianea ed è quella che ha restituito più emissioni monetali recanti l'immagine del dio.
Molte città dell'Asia Minore coniarono monete con l'immagine di Τ. o della triade. In Tracia ritroviamo un gran numero di conî con la sua raffigurazione (nelle città di Byzia, Deultum, Adrianopoli, Marcianopoli, Serdica, Pautalia, Filippopoli e Traianopoli); da notare inoltre che un grande incremento di emissioni monetali avvenne durante il regno di Caracalla. Nel territorio di Filippopoli è venuto alla luce il santuario di Baktun, che ha restituito numerosi rilievi votivi raffiguranti la triade salutare. Nella quasi totalità dei casi T. è visto come divinità della triade, il che indica che quando giunse in Tracia il suo ruolo era già definito come assistente di Asklepios. Conosciamo testimonianze anche a Ν della Tracia: un rilievo da Apulum (CIL, III, 979) e uno da Potaissa, entrambi dedicati da un certo Aurelio Eternale, forse promotore del culto a livello privato; infine altri due rilievi sono venuti alla luce nell'Asklepièion di Sarmizegetusa e ad Aquincum in Pannonia. Tali documenti, purtroppo sporadici, non ci consentono di pensare a ima diffusione ufficiale del culto in quest'area.
Dal santuario di Pergamo, grazie alla fama e alla risonanza di cui l’Asklepièion godeva e il momento propizio di popolarità crescente e di diffusione del culto di Asklepios, che raggiunse il suo apice durante il III sec. d.C., T. viene riconosciuto rapidamente, da una parte in Tracia nei numerosi santuari a vocazione terapeutica dove il culto salutare greco si affianca a quello preesistente dell'eroe cavaliere trace, dall'altra in Grecia, dove intorno al 200 d.C. era già venerato principalmente negli Asklepièia di Atene (IG, II2, 2127, 2227, 4531, 4533s 4541) Epidauro (IG, iv2, 421, 472, 477, 559, 560-562, 564-565, 570), ma anche in altri santuari della Grecia continentale e insulare, come provano numerose iscrizioni e alcune testimonianze figurate.
Due statuette dimostrano che T. fu conosciuto anche in Africa, ma si tratta di dediche isolate di privati che lo conobbero in altri santuari e in seguito lo adottarono individualmente.
A Roma sembra invece ben documentato, dal momento che Telesphorus come nome proprio è testimoniato in 132 casi. Oltre a queste attestazioni onomastiche sono molto importanti le quattro statuette del II sec. a.C., già prese in considerazione, provenienti dal Tempio della Magna Mater sul Palatino. Altri ritrovamenti, in prevalenza opere di scultura di vario genere, riconducibili o a un culto pubblico nel santuario dell'Isola Tiberina, oppure a situazioni differenziate di cittadini privati, sono di epoca più tarda, tra il II e il V sec. d.C. Nel 214 d.C. furono coniate a Roma due serie monetali che raffigurano Asklepios e T.; è possibile che indichino l'introduzione ufficiale del culto, in seguito alla visita di Caracalla all’Asklepièìon di Pergamo, testimoniata anche da una emissione pergamena sempre del 214. Di probabile fabbrica romana è il Dittico Gaddi, datato intorno al 400.
Il valore dei monumenti dedicati, prevalentemente statuette, rilievi votivi fatti in serie o iscrizioni a volte incise su lapidi già utilizzate, denota l'umile condizione del ceto dei dedicanti; in questo periodo T. era, come Asklepios, un dio caro alle masse, e gli appellativi con cui era invocato sottolineano il suo carattere benevolo. Le testimonianze di questo genere cessano improvvisamente dopo la fine del III sec. d.C. con l'avvento del Cristianesimo. Il culto continua a essere praticato, nonostante i violenti attacchi dei Padri della Chiesa, in circoli sempre più stretti di irriducibili pagani, il che influenzerà non poco l'essenza del dio della medicina e con lui anche del suo piccolo assistente. Le ultime testimonianze collocano T. da una parte nell'ambiente colto e aristocratico della classe senatoriale romana (cfr. Dittico Gaddi), dall'altra in quello filosofico-mistico della scuola neoplatonica di Atene in cui Asklepios venne rivestito di un significato cosmico, in quanto considerato l'anima dell'universo attraverso cui era garantita salute e sicurezza al mondo. Gli dei minori, emanazioni dell'essere supremo, avevano il compito di proteggere il mondo fenomenico. T. diventa l'incarnazione di un ideale di perfezione, a cui tendere attraverso il contatto con quella parte di assoluto presente nel finito; a ciò allude Damaselo, ultimo suo testimone per noi (Dubitationes et Solutiones, 245).
Iconografia. - La sua veste, un mantello con cappuccio, portato soprattutto dalla gente umile, denota il carattere benevolo e popolare di T. che era anche il protettore dei bambini, come attestano alcune iscrizioni che lo ringraziano per aver facilitato il parto di bambini sani; nella «Pietra di Kassel» (IG, II2, 5433) viene invocato come ζωοφόρος. Tutte le raffigurazioni di cui siamo a conoscenza, se si eccettua il tipo dormiente con la lanterna posata ai piedi (Museo Nazionale Romano, n. 125587), attestano una sola tipologia di Telesforo.
Nei casi in cui si trova insieme ad altre divinità la sua presenza è in certo modo avulsa dal contesto, lo sguardo fisso in avanti non incrocia mai quello di altri personaggi. Il mantello col cappuccio avvolge completamente la figura lasciando visibili solo il volto, i piedi e i polpacci fino alle caviglie; a volte lascia intravedere la struttura corporea. Le braccia, di solito completamente avvolte nel mantello, sono in alcuni casi portate in avanti in segno di benevolenza verso i fedeli che chiedevano la guarigione. Il viso, generalmente grassoccio e incorniciato di riccioli, esprime salute e benessere, spesso presenta un'espressione piuttosto seria, ma allo stesso tempo serena. I piedi sono sempre scalzi, caratteristica delle divinità ctònie.
Rara è la presenza di attributi: il grappolo d'uva che T. stringe su un conio di Perperene è stato interpretato da alcuni come allusione al prestigio enologico della città, da altri come emblema di fecondità. La tavoletta di cera e il volumen indicherebbero la funzione di intermediario svolta da T., il quale o starebbe leggendo ad Asklepios le preghiere dei fedeli scritte appunto su tavolette di cera, oppure gli starebbe riferendo oracoli e responsi riguardo alle guarigioni richieste.
L'iconografia di T. è costante, ma possiamo trovarlo associato a diverse divinità. È raffigurato da solo in una ventina di casi, tra i quali, di più recente rinvenimento, è un bell'esemplare in marmo lunense che proviene dagli scavi del mitreo sotto S. Stefano Rotondo a Roma. Di questo tipo iconografico molto semplice ci sono note alcune varianti: la già citata moneta da Perperene, una moneta da Pergamo e un rilievo frigio da Yazilikaya dove T. si presenta racchiuso entro un tempietto distilo o un'edicola su un podio, o ancora un rilievo a S. Cecilia in Trastevere, dove T. al centro è inquadrato da due serpenti barbati e crestati, ognuno dei quali ha dinanzi un supporto su cui è posto un uovo. Infine è da ricordare un medaglione commemorativo della visita di Caracalla all'Asklepièion di Pergamo dove si vede a destra l'imperatore loricato in atto di salutare con la destra alzata un serpente arrotolato intorno a un albero: al centro è raffigurato T. su un podio.
Associato ad Asklepios T. si trova in diversi gruppi statuari anche di grandi dimensioni, che possiamo distinguere in base al tipo di Asklepios. Con l'Asklepios «tipo Pitti», probabile statua di culto del santuario pergameno, è associato nel gruppo statuario di Palazzo Massimo alle Colonne a Roma e nel Dittico Gaddi dove T., a sinistra del campo figurato, è intento a leggere una tavoletta cerata. A sinistra dell'Asklepios «tipo Tunisi» è presente in due gruppi statuari di piccole dimensioni, sotto il metro di altezza, provenienti da Cartagine e da Ḥammām Ğedidi. Nel gruppo della Collezione Borghese a Roma e in una serie di rilievi votivi di provenienza tracia, Asklepios stante, assimilabile al «tipo Giustini», a volte con un uovo nella destra da porgere al serpente attorcigliato intorno al bastone, è affiancato a destra da T. nella sua iconografia canonica, che può variare nella disposizione delle braccia, ora portate in avanti, ora attaccate al corpo. Il gruppo è raffigurato anche su un altare trovato vicino a Roma nei pressi della Via Aurelia, dove vediamo Asklepios al centro, T. a sinistra e infine a destra un contenitore abbastanza alto ornato con una ghirlanda, forse una cista mistica o una capsa per i libri sacri. Nella glittica il gruppo è raffigurato su una gemma in onice della Collezione Berry (Indiana, USA), su una in diaspro rosso a Hannover e su una in agata al British Museum. Tra le numerose serie monetali, soprattutto dell'Asia Minore, che restituiscono l'immagine molto schematizzata del dio della medicina col suo piccolo assistente, spiccano un conio di Aigai in Cilicia, dove le due divinità sono raffigurate stanti davanti a un tempio esastilo che ha un'aquila come scultura acroteriale, e infine un aureo e un sesterzio di Caracalla, conî di Roma, che mostrano un globo a destra di Asklepios.
Insieme a quest'ultimo e a Igea, T. compare in alcuni rilievi votivi prodotti in serie provenienti dalla Tracia che presentano una tipologia ben definita: le dimensioni variano da 10 a 40 cm in altezza, la forma è sempre rettangolare con frontone centinato, una cornice dove si trova la dedica inquadra il campo figurato in cui sono raffigurate le tre divinità: Asklepios (assimilabile al «tipo Giustini») e Igea occupano la maggior parte dello spazio figurato mentre T. può trovarsi a volte a destra, a volte a sinistra o anche in alto, come sospeso tra le teste delle due altre divinità. I suoi attributi più frequenti sono qui il serpente, l'uovo e a volte un globo. Questo schema iconografico è attestato anche su coni monetali microasiatici e su due gemme in diaspro e pasta vitrea conservate al Museo Archeologico di Firenze e al Museo dell'Università di Würzburg. Sempre in Tracia viene usato un altro schema iconografico per la rappresentazione della triade, attestato in cinque gruppi statuari dal santuario di Baktun: Igea stante sulla sinistra, T. sull'estrema destra e Asklepios al centro seduto su un trono a zampe di leone.
Il monumentale fregio degli Asclepiadi da Filippopoli, forse pertinente a un tempio dedicato ad Asklepios, ci restituisce la raffigurazione della famiglia al completo, inquadrata da Helios e Selene. Da sinistra vediamo laso, Panacea che affettuosamente posa la sinistra sulla testa di T. raffigurato nell'iconografia canonica, accanto ad Asklepios assimilabile al «tipo Tunisi», quindi Igea con i suoi attributi, Epione con la testa velata e infine Macaone e Podalirio in nudità eroica. Su un rilievo votivo da Sandanski, sormontato da un frontoncino, vediamo parte della famiglia di Asklepios con Panacea che stringe una cornucopia, un piccolo altare sormontato da una pigna, Asklepios, Igea e all'estrema destra Telesforo. Su un rilievo da Apulum Asklepios (tipo Firenze) e T. sono inquadrati da due figure femminili che nutrono serpenti dalla patera, non precisamente identificabili, ma sicuramente della famiglia degli Asclepiadi. Infine non possiamo omettere due raffigurazioni monetali da Byzia; sulla prima vediamo T. tra Asklepios e Apollo affiancato da Igea, sull'altra Asklepios seduto presso un albero, Igea seduta anch'essa, una figura femminile al centro e infine T. davanti a Igea.
T. è associato anche al cavaliere trace (v.), come attestano due rilievi da Glava Panega e da Bitola, nei quali il cavaliere trace sta galoppando verso destra con in mano una lancia, e T. in un caso occupa lo spazio acroteriale del frontoncino che sormonta il rilievo, nell'altro è dentro il campo figurato.
Su due conî di Dionisopoli dell'età di Giulia Domna e Giulia Maesa, T. è associato a Demetra: la dea è in piedi con due torce nelle mani, ambedue sono visti frontalmente. Su una moneta da Ierapoli si trova su un piccolo podio alle spalle di Igea, che seduta di profilo su un trono è intenta a nutrire un serpente dinanzi a lei; la dea è assimilabile a Cibele per un canestro portato in testa che ricorda da vicino la corona muralis e la posizione su un trono per lei non usuale. Infine su una stele frigia, dedicata dal pastore Alypos, vediamo T. accanto alla Μάτηρ Μηλήνη seduta su un trono e avvolta in un ampio velo.
Bibl.: In generale: K. Kerenyi, Telesphoros. Zum Verständnis etruskischer, griechischer und keltisch-germanischen Dämonengestalten, in Egyetemes Philologiai Kozlony, LVII, 1933, pp. 156-164; K. M. Mayr, Keltischer Heilgott auf spätgotischem Schnitzaltar, in Archiv für Religionwissenschaft, XXXVII, 1942- 43, pp. 354-368; R. Egger, Die hilfreiche Kleine in Kapuzenmantel, in OJh, XL, 1948, pp. 90-111; R. Noll, Telesphoros-Genius Cucullatus, in Festschrift für Rudolf Egger, Klagenfurt 1953, pp. 184-198; W. Deonna, De Telesphore au «moine bourru». Dieux, genies et demons encapuchonnés, Bruxelles 1955; H. Kenner, Zu namenlosen Göttern des Austria Romania, 2. Genius Cucullatus, in RömÖ, IV, 1976, pp. 147-161; Β. Holzmann, in LIMC, II, 1984, p. 863 ss., s.v. Asklepios; Z. Goceva, ibid., p. 897 ss., s.v. Asklepios in Thracia; H. Rühfel, in LIMC, VII, I, 1994, pp. 870-878, s.v. Telesphoros (con bibl. prec.)