Vedi TELESFORO dell'anno: 1966 - 1997
TELESFORO (Τελεσϕόρος Telesphoros)
Divinità in forma di fanciullo. Intorno al 100 a. C. si venne delineando nella religione greca la figura di T. in connessione con Asklepios, e forse si fissò anche la sua tipologia, ma i monumenti in cui lo si può riconoscere con sicurezza, come il terzo dio della triade medica, si distribuiscono fra il II e III sec. d. C. Le sue caratteristiche sono la piccola statura e il mantello a cappuccio che lo copre interamente (paenula cucullata).
Le più antiche rappresentazioni di un piccolo genius cucullatus si incontrano in una serie di urne etrusche del II sec. a. C. (al Museo Archeologico di Firenze, a Volterra, al Louvre), in cui è raffigurato il viaggio nell'Aldilà di due coniugi su carro trainato da buoi, preceduti da una figura della statura di un fanciullo, avvolta nel mantello, col cappuccio in testa, talora con un martello in mano. Si tratta evidentemente di un dèmone tutelare del viaggio. Secondo una ipotesi è una divinità di origine pre-greca, che però i Greci hanno elaborato; agli Etruschi sarebbe pervenuta attraverso il patrimonio religioso legato ai contatti con le civiltà orientali, ai Galli invece sarebbe derivata dai loro contatti con i Greci. Infatti pare che il genius cucullatus che accompagna il viaggio funebre degli Etruschi sia il medesimo che funge da compagno dei viaggi nuziali presso i Celti. L'origine celtica del dio è stata invece sostenuta in base ad alcuni monumenti, una moneta dei Segusiavi, rilievi e idoletti, che sembrano senza gambe perché il mantello ricopre anche i piedi (uno da Troyes e uno da Avignone al museo di S. Germain, uno da Mulezan a Nîmes, uno a Magonza); tutti provengono da strati di età romana. Il mantello sarebbe un indumento celtico, non tracio, come comunemente si ammette. In Etruria e in Asia Minore dai contatti con i popoli celtici, si sarebbe diffuso il culto del nume col nome di Telesforo. Stando alle scarse notizie degli autori (Ael. Arist., ῾Ιεροὶ Δόγοι, or., i, p. 467, 472, 492, 516; Paus., ii-ii, 17), sembra che si divulgasse nel mondo greco-romano dell'Asia Minore, ma il rinvenimento a Trikka in Tessaglia, negli scavi dello Asklepieion, di statuette votive di T., fa nascere il dubbio che questo fosse il più antico centro di diffusione. Nella monetazione d'Asia Minore e di Tracia compare la figuretta incappucciata, stante, con le mani sotto il mantello. Particolarmente interessano i conî di Pergamo, in alcuni dei quali il dio è rappresentato davanti a un tempietto, il Telesphorion; esisteva dunque una statuetta di culto, raffigurata nelle monete dai tempi di Adriano in poi. Il tipo greco di T. ha, come l'etrusco, le gambe e i piedi liberi dal mantello, ma le braccia coperte come quello gallico; nelle mani, che porta in avanti, sembra tenere degli attributi, forse i rotoli della scienza medica. Statuette marmoree isolate di questo tipo, con piccole varianti, sono le seguenti: una al Museo Torlonia n. 154; una alla Gliptoteca di Monaco; una nell'antica Collezione Foucault, poi al Cabinet du Roi; una da Mantinea; una da Creta, Collezione Carapanos. Si conoscono anche bronzetti con la stessa tipologia (Bibliothèque Nationale 605, Collezione Caylus, museo di Amiens).
Non di rado T. appare nei conî monetali in gruppo con Asklepios o in mezzo fra Asklepios e Igea. Non si tratta di gruppi originariamente così concepiti, ma di un accostamento posteriore, come risulta dalle copie. Il gruppo al museo di Villa Borghese è formato dal famoso tipo di Asklepios che si appoggia con l'ascella destra al bastone e dal T. del tipo predetto, collocato con basetta propria sulla base della statua maggiore. Non è da escludere che un gruppo simile facesse parte del santuario tiberino, ove era venerato anche T., come risulta dal rilievo di un'aretta cilindrica a S. Cecilia in Trastevere, su cui è raffigurato come stante su una basetta. Ad altre statue di Asklepios (al British Museum 1694, Collezione Strangford, antica Collezione Middleston, al Louvre) si accompagna invece un T. col cappuccio pendente dietro le spalle; nel gruppo del Louvre tavoletta e rotoli sono collocati dietro la figura del fanciullo. Esso appare incappucciato in due gruppi a Costantinopoli e a Sofia con il mantello lungo fino ai piedi, (così pure una statuetta marmorea al museo di Vienna). Invece in due stele bulgare, al museo di Sofia anch'esse, il gruppo è rappresentato nel solito schema tipologico. L'Asklepios del gruppo di Palazzo Massimo proviene da un noto originale, che ha bastone e serpente a sinistra; perciò T. è stato collocato a destra per la stessa ragione, in un gruppo del Museo del Bardo a Cartagine. L'Asklepios di Palazzo Massimo è rappresentato in un dittico eburneo della fine del IV sec. d. C. al museo di Liverpool, accompagnato al piccolo dio intento a leggere un volumen (v. vol. i, fig. 912).
Su un rilievo di Budapest e su un vaso marmoreo da Alicarnasso al British Museum (2160), T. è rappresentato fra Asklepios e Igea. Un fregio in marmo del museo di Plovdiv (Filippopoli), databile al III sec. d. C., che riunisce fra i busti del Sole e della Luna, le immagini delle divinità salutari (Jazo, Panacea, Asklepios, Igea seguiti forse da Epione, Machaone e Podalirio, moglie e figli di Asklepios), pone T. fra Asklepios e Panacea; questa accosta alla testa di T. una corta face, mentre con l'altra mano tiene un vaso dal quale versa un liquido nel vaso tenuto da Asklepios. Il culto della triade salutare era stabilito in Atene, in Epidauro, a Pergamo, ad Apamea e altrove. Una moneta di Aigai in Cilicia del III sec. d. C. presenta le tre divinità sullo sfondo di un tempio. Invece a Nicea v'era forse una statua seduta del nume, come si rileva dai grandi bronzi di quella città. Anche un bronzetto Caylus e una terracotta di Ostia lo rappresentano seduto con le mani sulle ginocchia; e nella terracotta si vedono ai lati due piccole are, sopra le quali v'è un gallo e forse delle spighe in relazione al culto di Demetra.
Un tipo particolare di T. è rappresentato da una statuetta del Museo Nazionale Romano n. 125587 e da numerose terrecotte al museo di Atene dall'Asklepieion e da Magradi, al British Museum, a Costantinopoli, a Napoli da Pompei: il dio fanciullo, seduto col ginocchio destro rialzato all'altezza del gomito, china la testa nel sonno; accanto a lui è posata una lanterna. È stato interpretato come uno schiavetto in attesa del padrone, un'opera di genere, d'arte ellenistica; ma il mantello col cappuccio e la provenienza di una terracotta dal santuario di Asklepios indicano la natura del nume. L'originale non era probabilmente una statua di culto, ma una piccola, se pur famosa scultura dedicata a T. come dio del sonno e demone dei sogni salutari (Ael. Arist., op. cit., Il, p. 397, 30; p. 400, 31). Lo schema della statuetta, il suo fresco naturalismo e il sapore quasi anedottico fanno pensare all'arte microasiatica.
Bibl.: G. Darrier, in Dict. Ant., V, p. 69 ss., s. v. Telesphorus; J. Schmidt, in Roscher, V, 1916, 24, c. 311 ss., s. v.; J. Babelon, Choix de Bronzes de la Collection Caylus, Parigi 1928, p. 389 s.; H. Bulle, Keltische Brautfahrt, etruskische Hadesfahrt und Genius cucullatus, in Oesterr. Jahresh., XXXV, 1943, p. 138 ss.; R. EGger, Der hilfreiche Kleine in Kapuzenmantel, ibid., XXXVII, 1948, p. 90 ss.; R. Noll, T. genius cucullatus, in Festschrift R. Egger, II, Klagenfurt 1953, p. 184 ss. Monete: G. Fritze, Münze von Pergamon, Berlino 1910, p. 43 ss.; Brit. Mus., Cat. Coins, Mysia, pp. 4; 40; 65; 137; 143 s.; 149; 156; 169; 173; O. Bernhard, Münzbilder in ihren Beziehungen zur Geschichte der Medizin, Lipsia-Berlino 1926, p. 37 ss., tav. VII. Fregio di Plovdiv: B. Diakovic, in ΓΠΗ???SIM-68??? (Annuario d. Bibliot. di Plovdiv), 1921, p. 127 ss.; D. Tsorchev, in ΓΜΠΟ (Annuario d. Museo di Pvlodiv), II, 1956, p. 152 ss. (in bulgaro); M. Botoncharova, Ch. Djambov e altri, Le Musée de Plovdiv, Sofia 1964, p. 148, n. 77.