TELEVISIONE (XXXIII, p. 439; App. II, 11, p. 964)
Sistemi televisivi; servizî di radiodiffusione televisiva. - Tra il 1949 ed il 1952 il CCIR (Comité Consultatif International des Radiocommunications) svolse un'intensa attività al fine di cercare di adottare un sistema televisivo comune per tutti i Paesi. Malgrado gli sforzi compiuti, questo risultato non poté essere raggiunto poiché Stati Uniti e Inghilterra già da diversi anni effettuavano un pubblico servizio con un loro standard, mentre dal 1948 la Francia, con decisione unilaterale, aveva a sua volta adottato uno standard diverso da quello inglese e da quello americano.
Il CCIR avrebbe logicamente dovuto effettuare la sua scelta fra i tre standard esistenti, ma neppure questa soluzione si rese possibile per varie ragioni.
Prima di tutto, poiché il numero di quadri al secondo deve essere legato, per varie ragioni, alla frequenza delle reti di distribuzione dell'energia elettrica, in Europa doveva essere scelto un sistema a 25 quadri al secondo: ciò portava ad escludere lo standard americano con 30 quadri al secondo e 525 linee.
Rimaneva la scelta fra il sistema inglese a 405 linee, 25 quadri, e quello francese a 819 linee, 25 quadri. Il sistema inglese presentava una definizione giudicata insufficiente. Il sistema francese a 819 linee, con 10,4 MHz di banda video, venne per contro giudicato antieconomico nella utilizzazione dello spettro disponibile per i servizî televisivi.
Dopo lunghe discussioni tutti i Paesi europei (ad eccezione, naturalmente, della Francia e dell'Inghilterra) si trovarono d'accordo nel ritenere soddisfacente un sistema a 625 linee e 25 quadri, avente caratteristiche generali sostanzialmente identiche a quelle dello standard americano.
Si noti infatti che, poiché la frequenza di riga (frequenza di quadro × numero delle righe) è quasi identica nei due standard (625 × 25 = 15.625 Hz per quello europeo; 525 × 30 = 15.750 Hz per quello americano), i ricevitori americani possono con lievi modifiche essere adattati per funzionare sullo standard europeo.
Malgrado l'accordo raggiunto sul numero delle righe, vi fu ancora una divisione in seno al CCIR sulla scelta della larghezza di banda da assegnare al canale video. I Paesi dell'Europa Occidentale ritennero sufficiente una larghezza di banda video di 5 MHz, mentre quelli dell'Europa Orientale ritennero indispensabile una larghezza di banda di 6 MHz, cosicché anche per lo stesso sistema si devono considerare 2 standard per quanto concerne il canale di trasmissione: standard CCIR e standard OIRT.
Nella fig. 1 sono schematizzati i 5 sistemi di canalizzazione dei varî standard televisivi mondiali, mentre nella tabella qui a lato se ne riassumono le caratteristiche principali.
La differenza di standard fra la maggior parte dei Paesi europei e la Francia e l'Inghilterra ha influito negativamente, soprattutto in un primo tempo, sulla possibilità di scambio dei programmi; la diversa composizione del segnale video rende infatti necessaria la "conversione di standard", che, comunque effettuata, provoca inevitabilmente una degradazione nella qualità dell'immagine.
Ciò nonostante, col progressivo estendersi delle reti televisive l'operazione di scambio divenne sempre più frequente. Gli scambî di programmi, iniziatisi nel 1952 in forma sperimentale, andarono facendosi sempre più frequenti; nel giugno 1954 si giunse al primo esperimento di collegamento generale, noto col nome di Eurovisione cui parteciparono 8 Paesi europei, compresa l'Italia.
La rete televisiva europea comprende oggi 17 Paesi intercollegati attraverso una fitta rete di ponti radio o cavi coassiali. Nella sola Europa Occidentale gli impianti trasmittenti erano circa 1300 alla fine del 1961.
Il numero dei ricevitori è in continuo aumento nel mondo. In testa vengono gli Stati Uniti con circa 55 milioni di apparecchi; seguono la Gran Bretagna con 12 milioni, la Germania Occidentale con 5,6 milioni e l'Italia con 2,7 milioni (dati ufficiosi al 31 dicembre 1961). Non si hanno statistiche precise sulla diffusione dei televisori nell'Europa Orientale, ma si tratta sicuramente di circa 8 milioni di ricevitori di cui almeno 6 nella sola Unione Sovietica.
Servizî di t. esistono già in tutti i continenti. Infatti, oltre all'America e all'Europa, ne esistono in Asia (Giappone, Persia, Iraq, Libano, Israele, ecc.), in Africa (Algeria, Egitto, Nigeria, Tunisia, ecc.) e in Australia, quasi tutti col sistema a 625 linee. Nella maggior parte dei Paesi il servizio è gestito in esclusiva da enti statali o parastatali e gli utenti sono tenuti al versamento di un canone di abbonamento. In alcuni Paesi, come l'Inghilterra e il Giappone, accanto al servizio dell'ente concessionario esiste anche una televisione commerciale che trae i mezzi di sussistenza dalla pubblicità. Negli Stati Uniti la rete televisiva, che comprende circa 650 stazioni, ha carattere quasi esclusivamente commerciale.
La prima rete televisiva italiana. - La prima stazione sperimentale del dopoguerra fu installata dalla RAI a Torino nel 1949; ad essa seguì una seconda stazione a Milano nel 1952. Il 26 gennaio 1952 un decreto presidenziale assegnava alla RAI-Radiotelevisione Italiana la concessione esclusiva del servizio di t. circolare in Italia, mentre un altro decreto del 3 aprile 1952 sanzionava ufficialmente per l'Italia l'adozione dello standard televisivo a 625 linee già raccomandato dal CCIR nell'assemblea plenaria di Ginevra del 1951. II servizio fu inaugurato ufficialmente il1° gennaio 1954 e comprendeva 8 impianti che attraverso un ardito sistema di collegamenti a rimbalzo diretto si estendevano dalla Val Padana fino a Roma. La successiva estensione a tutto il territorio nazionale fu realizzata a tempo di primato, tanto che il 1° gennaio 1956 venivano raggiunte la Sicilia e la Sardegna. A quella data erano in funzione 21 impianti trasmittenti e 42 impianti ripetitori. Il collegamento a rimbalzo della prima fase era stato frattanto sostituito da un ponte radio bilaterale simultaneo funzionante sulla banda dei 1000 MHz che attraversa tutta l'Italia da Milano a Palermo con derivazioni trasversali per la Val Padana, le Marche, l'Abruzzo e la Sardegna.
Il collegamento fra il continente (M. Argentario) e la Sardegna (M. Limbara) è tra i più lunghi nel mondo in una sola tratta a propagazione diretta (235 km). Per ovviare alle evanescenze che si possono presentare in un collegamento così lungo e per di più con percorso marittimo, il collegamento stesso è realizzato col sistema "diversità di frequenza". Esso è costituito da due fasci hertziani, uno a 1000 MHz e l'altro intorno ai 200 MHz; la ricezione viene commutata dall'uno all'altro fascio ogni qualvolta su uno di essi si produca un affievolimento. Il sistema ha dato eccellenti risultati: in cinque anni di esercizio la percentuale di utilizzazione del collegamento è risultata pari al 100% del tempo.
La configurazione orografica del territorio italiano è peraltro così complessa che neppure con un numero così elevato di trasmettitori la copertura risultava soddisfacente; il numero degli impianti ripetitori ha dovuto essere, da allora ad oggi, ancora considerevolmente aumentato. Al 1° gennaio 1962 la "prima rete" televisiva italiana (v. fig. 2) serviva il 98% della popolazione e comprendeva 30 impianti trasmittenti principali e 510 impianti ripetitori.
Gli impianti ripetitori a funzionamento automatico sono costituiti da un complesso ricevente in alta frequenza seguito da un convertitore di frequenza, da un amplificatore a frequenza intermedia e da un successivo convertitore di frequenza; questo trasferisce su un altro canale entrambe le portanti audio e video che insieme vengono ancora amplificate e reirradiate senza che avvenga nessun processo di demodulazione e di rimodulazione del segnale video, assicurando così una perfetta fedeltà di riproduzione.
La potenza dei ripetitori è compresa fra 0,1 e 250 W; quella degli impianti trasmittenti veri e proprî è compresa fra 250 W e 10 kW. Tale potenza viene notevolmente concentrata usando antenne direttive ad alto guadagno, cosicché le potenze apparenti irradiate sono notevolmente superiori a quelle indicate: per i ripetitori esse sono comprese fra 1 W e alcuni kW, mentre per i trasmettitori esse oscillano fra alcune unità e alcune centinaia di kW.
I canali usati in trasmissione per la "prima rete" sono 8, nelle bande di Atlantic City I, II e III, e precisamente:
I canali usati in Italia differiscono leggermente da quelli usati negli altri Paesi europei, che sono tutti compresi nelle bande I e III.
La seconda rete televisiva italiana.- Dal 4 novembre 1961 viene trasmesso in Italia anche un secondo programma televisivo, irradiato da impianti trasmittenti facenti parte di una seconda rete di trasmettitori e di ripetitori che verrà completata entro la fine del 1962 (v. fig. 2). Essa a quella data comprenderà 31 trasmettitori e 11 ripetitori con i quali sarà servito il 67% della popolazione italiana.
Poiché con la prima rete erano state praticamente esaurite in Italia tutte le possibilità offerte dagli otto canali disponibili nelle bande I, II e III, la diffusione del secondo programma avviene sulla banda UHF e precisamente nell'intervallo di frequenze compreso tra 470 e 582 MHz (tutto nella banda IV), ove sono allocati 14 canali televisi indicati in Italia, come in tutta Europa, con i numeri compresi tra 21 e 34 e precisamente:
I trasmettitori ed i ripetitori della seconda rete sono in genere installati negli stessi edifici che ospitano gli impianti della prima rete. Le potenze apparenti irradiate dagli impianti della seconda rete sono da 10 a 20 volte superiori a quelle dei corrispondenti impianti della prima rete.
Fra gli stati europei oggi, oltre all'Italia, dispongono di un secondo programma televisivo soltanto l'Inghilterra e la Repubblica Federale di Germania.
Come attrezzatura di ripresa la t. italiana dispone oggi di 21 studî di varia grandezza, dei quali 10 a Roma, 7 a Milano. 2 a Torino, 2 a Napoli. Le telecamere installate negli studî ammontano complessivamente a 89. Per le riprese esterne sono disponibili 10 automezzi di tipo grande, attrezzati ciascuno con tre o quattro telecamere e con un ponte radio di colegamento, nonché 8 automezzi leggeri, attrezzati con una o due telecamere ed un ponte di collegamento. Il totale delle telecamere disponibili per le riprese esterne è di 46.
Agli ideatori e responsabili della RAI si offrivano, nel concepire i piani di produzione di questo secondo programma, due alternative. Dar vita a un programma differenziato, cioè completamente autonomo dal primo ed impostato verso determinate finalità culturali - come per esempio il Terzo programma della radio - oppure un programma complementare, un programma cioè che, senza una sua precisa e preconcetta fisionomia, alterni, in contrapposizione al primo, tutti i varî generi e forme di spettacolo diffusi dalla televisione.
La preoccupazione, basata su precise indagini statistiche, che un programma fortemente differenziato, e fatalmente riservato ad esigue minoranze avrebbe incontrato una scarsissima diffusione, riversando la massa degli ascoltatori sul programma più leggero e facile, dal quale sarebbero scomparse - perché riservate al programma specializzato e scarsamente diffuso - le trasmissioni più impegnative e più valide culturalmente, ha indotto i responsabili ad impostare il secondo programma nelle formule complementari. Il secondo programma alternerà perciò i varî generi di spettacolo televisivo, offrendo sempre la scelta allo spettatore tra due programmi di tono e livello contrapposti. Con il passare del tempo e man mano che questa seconda rete estenderà la sua sfera d'influenza e la sua forza di penetrazione, è da presumere che il secondo programma voglia acquistare una propria fisionomia differenziata, selezionando, grado a grado, l'impegno e le caratteristiche delle proprie programmazioni, rivolgendosi a quelle categorie di spettatori che hanno maggiori possibilità e curiosità intellettuali.
Progressi della tecnica televisiva.
Molti e importanti sono stati nel corso del passato decennio i progressi compiuti dalla tecnica televisiva. Essi riguardano principalmente i ricevitori domestici, che sono diventati sempre più luminosi, sempre più sensibili e sempre meno ingombranti, pur essendo complessivamente diminuiti di costo. La più importante innovazione riguarda l'aumento dell'angolo di apertura dei tubi riproduttori (cinescopî) che dai 70° iniziali ha raggiunto i 110°, consentendo una sensibile riduzione di lunghezza del tubo e quindi la realizzazione di ricevitori in cui la profondità del mobile è sensibilmente inferiore alla larghezza dello schermo. Nuovi tubi elettronici e nuovi circuiti, fra cui particolarmente il circuito amplificatore cascode, hanno consentito di aumentare notevolmente la sensibilità riducendo nello stesso tempo la figura di rumore.
Nella tecnica della ripresa si è largamente affermato in tutto il mondo, salvo poche isolate eccezioni, il tubo image orthicon che, a parte qualche modifica di dettaglio, corrisponde ancora sostanzialmente all'orticonoscopio a immagine (v. App. II, 11, p. 966). Un nuovo tubo sta tuttavia affermandosi sempre più per certi usi speciali: si tratta del vidicon, che, fondato sul principio della fotoconduzione, offre il vantaggio di una maggiore semplicità, di una maggiore economia e di minori dimensioni d'ingombro rispetto ad altri tubi da ripresa.
L'elemento sensibile del vidicon è costituito (v. fig. 3) da una placca conduttrice semitrasparente (placca segnale) rivestita da uno strato sottilissimo di materiale fotoconduttivo (selenio amorfo, Sb2 S3, Cd2 S3, ecc.). La placca conduttiva trasparente esterna, su cui si proietta l'immagine ottica, viene tenuta a un potenziale positivo di qualche decina di volt rispetto al catodo del cannone analizzatore, che è del tipo a elettroni lenti. È usato un sistema di deflessione e di focalizzazione magnetica. Se lo strato non è illuminato, il raggio esploratore riconduce la superficie interna dello strato al potenziale del catodo. Quando il raggio abbandona un elemento, la corrente che scorre, al buio, dalla placca conduttrice verso la superficie interna dello strato carica leggermente l'elemento; la carica così accumulata fra una scansione e la successiva è però assai piccola a causa dell'elevatissima resistenza specifica che il materiale fotoconduttore presenta al buio. Quando invece un elemento è illuminato, la resistenza diminuisce e la fotocorrente che ne risulta riduce localmente la caduta di tensione fra le due facce dello strato fotoconduttivo. Nell'istante in cui viene analizzato un elemento di immagine illuminato, il raggio elettronico deposita tanti elettroni da compensare la carica accumulata dalla fotoconduzione durante il precedente periodo di quadro; il segnale video che ne deriva è prelevato dal circuito di placca-segnale con accoppiamento capacitivo. Il vidicon, paragonato con l'orthicon, ha una fotosensibilità considerevolmente maggiore, il che consente di ridurre le dimensioni dello strato fotosensibile e quindi quelle generali del tubo: il suo diametro è di soli 2,5 cm e la sua lunghezza di 15,5 cm. Nonostante la sua semplicità il vidicon produce immagini eccellenti in condizioni di luce normali, soprattutto per la linearità ottenibile sulla scala dei grigi. È un tubo ideale per le applicazioni industriali e per le camere da presa portatili. L'unico inconveniente del vidicon è costituito da una leggera inerzia, per immagini a basso livello luminoso.
Apparecchiature di telecinema. - Oltre che per altre applicazioni, il vidicon viene usato con successo anche nelle camere da presa usate per la trasmissione televisiva di film.
Una delle prime apparecchiature di telecinema era costituita da una camera a iconoscopio, sul mosaico del quale veniva proiettato direttamente il film con un proiettore sincrono. Il segnale video così ottenuto era tuttavia inquinato da segnali spurî dovuti all'emissione secondaria del mosaico; inoltre, la scala dei grigi non era soddisfacentemente lineare e scarsa era la dinamica del contrasto consentito con questo tubo. Per ragioni press'a poco analoghe anche le camere a image orthicon non si rivelarono adatte per la trasmissione di film. Per molti anni i telecinema più usati sono stati quindi quelli cosiddetti a punto (o a macchia) volante (ingl.: flying spot), il cui principio di funzionamento si può così riassumere.
Sullo schermo di un cinescopio a bassissima inerzia luminosa (v. fig. 4) il raggio catodico traccia la trama di una completa immagine televisiva con luminosità costante. Per mezzo di un sistema ottico l'immagine del punto luminoso viene focalizzata sul fotogramma del film e la luce che attraversa il film viene raccolta da una cellula fotoelettrica la quale in ogni istante fornisce un segnale di ampiezza proporzionale alla trasparenza dei singoli elementi del fotogramma. Il movimento del film, anziché essere a scatto, è a velocità uniforme in modo che alla componente verticale della scansione del film contribuiscono in egual misura il movimento del film e la componente verticale del moto del punto luminoso.
Questo sistema, che fu quasi universalmente usato per molti anni, presenta tuttavia due inconvenienti, consistenti in una sensibilità limitata dalla brillanza del punto luminoso, che non può essere spinta oltre determinati valori (l'inconveniente diviene perciò sensibile quando si devono trasmettere film piuttosto scuri), ed in una tendenza al tremolio verticale, dovuta ad inevitabili piccole disuniformità nella velocità di scorrimento ed alle irregolarità nella perforazione del film. L'uso del vidicon nelle camere per trasmissione di film elimina tanto gli inconvenienti proprî delle camere a iconoscopio o a image orthicon quanto quelli proprî del sistema a punto volante. L'inconveniente dell'inerzia per accumulo, nelle immagini a basso livello luminoso, è facilmente superabile con un'opportuna regolazione della sorgente luminosa del proiettore.
Registrazione magnetica delle immagini televisive. - Il progresso tecnico più importante che si è verificato negli ultimi anni riguarda la registrazione magnetica delle immagini televisive.
Fino a poco tempo fa l'unico procedimento di registrazione conosciuto e usato era quello cinematografico, che consiste nel riprendere con una macchina da presa sincronizzata le immagini televisive così come si formano sullo schermo di un monitore di alta qualità. Questo procedimento richiede la trasformazione del segnale elettrico in un'immagine luminosa e la successiva registrazione su film dell'immagine stessa. Le distorsioni che si hanno nei successivi passaggi da segnale elettrico a immagine luminosa, da questa a un fotogramma e da questo nuovamente a un segnale televisivo si sommano ad ogni passaggio; disturbi di vario genere concorrono inoltre ad aumentare il rumore di fondo. Le immagini quindi risultano in genere facilmente sabbiate e il contrasto lascia spesso a desiderare.
La difficoltà di ottenere una buona registrazione magnetica televisiva è ovvia se si pensa che, mentre i segnali acustici non superano la frequenza di 15 kHz, e tale è quindi la frequenza massima che occorre registrare sui nastri magnetici sonori, i segnali televisivi occupano invece una banda di frequenze molto più estesa, che, a seconda dello standard, va da 10,4 MHz (sistema francese a 819 linee) a 3 MHz (sistema inglese a 405 linee).
Un tentativo di registrazione "longitudinale", cioè secondo l'asse di scorrimento del nastro, venne effettuato per lo standard inglese; il sistema venne tuttavia abbandonato perché, pur essendosi adottata una velocità di traslazione del nastro di 5 m/s (contro i 40 cm/s dei magnetofoni), erano necessarie enormi quantità di nastro per pochi minuti di registrazione (18 km di nastro per un'ora di registrazione).
Negli S. U. A., dove la banda video da registrare raggiunge i 4 MHz, l'Ampex Corporation ha sviluppato per prima un sistema che, per evitare l'ostacolo dell'eccessiva velocità del nastro, ricorre alla registrazione "trasversale" su un nastro di 50,8 mm di larghezza scorrente alla velocità di 38 cm/s.
La registrazione viene effettuata con una testina multipla formata da 4 unità disposte a 90° su un cilindro avente l'asse parallelo alla direzione di scorrimento del nastro e rotante alla velocità di 14.400 giri al minuto (v. fig. 5). Con questo artificio si raggiunge una velocità relativa della testina rispetto al nastro di circa 39 m/s (pari a circa 140 km/h), pur avendo il nastro una velocità di traslazione dello stesso ordine di grandezza di quella dei registratori sonori. La registrazione si effettua col sistema di una frequenza portante, di poco superiore alla massima frequenza di modulazione, modulata in frequenza.
La registrazione del suono che accompagna il video avviene invece longitudinalmente, secondo il sistema tradizionale, su una pista disposta su un bordo del nastro magnetico e, per ragioni di disposizione delle testine, risulta sfasata di circa 25 cm rispetto ai corrispondenti segnali video. L'altro bordo del nastro è occupato da altre due piste parallele. Su una di queste è registrata una frequenza pilota che serve ad assicurare l'esatto rapporto fra la velocità di rotazione della testina e il movimento di scorrimento del nastro, in modo che la testina quando esegue la lettura si ritrovi esattamente sulla stessa pista trasversale su cui è stata fatta la registrazione. La seconda pista longitudinale su cui si possono invece registrare acusticamente ordini, avvertimenti, ecc., funziona come una linea di servizio. Sulla pista della frequenza pilota sono inoltre registrati dei brevi impulsi alla distanza di un quadro (due trame), che hanno lo scopo di facilitare le operazioni di taglio e di montaggio (v. fig. 6).
Un inconveniente del sistema è la breve durata (circa 100 ore) delle testine di registrazione a causa dell'usura meccanica determinata dall'alta velocità di scorrimento sul nastro.
I vantaggi di questo sistema di registrazione dal punto di vista della fedeltà e del rumore di fondo, praticamente assente, sono tali che esso si è diffuso con grande rapidità presso tutti gli organismi televisivi del mondo. Al principio del 1960, malgrado il costo assai elevato di questi registratori, ne esistevano già oltre 500 esemplari in funzione negli Stati Uniti e nei Paesi europei. Un vantaggio indiscusso della registrazione magnetica consiste nella possibilità di riproduzione immediata e nella possibilità della cancellazione, in modo da poter usare i nastri per altre registrazioni, come già si fa nella registrazione sonora.
Convertitori di standard. - La differenza di standard esistente fra alcuni Paesi europei ha indotto i tecnici a studiare dei convertitori di standard, cioè dei dispositivi atti a convertire segnali di uno standard in segnali di un altro.
Fra i Paesi europei la cosa è facilitata dal fatto che la frequenza di quadro è uguale per tutti. Il processo impiegato attualmente consiste nel riprendere con una camera da presa, funzionante con lo standard voluto, l'immagine ottica che si forma sugli schermi di un monitore funzionante secondo lo standard da convertire.
Se i due standard hanno la stessa frequenza di quadro, come accade in Europa, è possibile pilotare il generatore dei segnali di sincronismo della camera da presa in modo che le fasi dei sincronismi di quadro coincidano. In queste condizioni la scansione orizzontale, tanto sul monitore quanto sul tubo della camera, ha il suo inizio e termine simultaneamente al principio e alla fine di ogni trama. Si hanno invece delle differenze nella posizione relativa fra il punto luminoso tracciante del cinescopio e il pennello catodico di analisi del tubo di ripresa, differenze che hanno un andamento costante per ogni immagine successiva e che in ogni caso non sono mai superiori alla durata di una riga. In queste condizioni è largamente sufficiente l'effetto combinato della persistenza di luminosità dei fosfori del tubo del monitore e dell'inerzia del tubo di ripresa per annullare praticamente le oscillazioni di luminosità che potrebbero risultarne.
Quando invece si devono convertire immagini aventi frequenza diversa di trama, la coincidenza di posizione del punto tracciante del cinescopio e del pennello analizzatore del tubo non è più continua, ma intermittente. Per es., nella conversione dallo standard americano a 60 trame allo standard europeo a 50 trame si ha la coincidenza ogni decimo di secondo: ciò provoca variazioni di intensità del segnale uscente dalla camera che hanno la frequenza di 10 Hz e una forma d'onda non sinusoidale. La sovrapposizione di questo segnale spurio al segnale video provoca abbarbagliamento (flicker).
Il problema è stato risolto nei laboratorî della BBC ricorrendo a un dispositivo tanto semplice quanto ingegnoso (v. fig. 7).
Sull'immagine da convertire, che si forma sul monitore, viene introdotto un impulso ausiliario della durata di circa 2 microsecondi al termine di ogni riga, impulso che si traduce sull'immagine del monitore in una stretta striscia verticale bianca di intensità costante all'estremità destra del quadro. All'uscita della telecamera, separando questi impulsi dal segnale video vero e proprio, si ottiene un segnale avente la frequenza di riga la cui ampiezza varia con la frequenza di 10 Hz e con lo stesso andamento delle variazioni di luminosità derivanti dagli sfasamenti fra il punto tracciante e il punto di analisi. Usando questi impulsi per pilotare un controllo automatico di guadagno con un segnale avente la stessa frequenza e la stessa forma d'onda del segnale disturbante, si riesce ad annullare completamente il flicker prodotto dalla conversione.
Con questo procedimento, unitamente alla possibilità di usare i registratori magnetici indifferentemente con qualsiasi standard, si aprono nuove prospettive per gli scambî di programmi registrati fra Europa e America e si stabilisce la premessa indispensabile per considerare realisticamente la possibilità di stabilire in un prossimo futuro un collegamento fisso diretto fra i due Continenti.
La televisione a colori. - Il problema della t. a colori sarebbe già completamente risolto da tempo se alla sua realizzazione non si fossero frapposte delle difficoltà sorte proprio in conseguenza del rapido sviluppo della t. in bianco e nero.
La t. a colori per usi scientifici o industriali, che può prescindere dai sistemi usati nella t. in bianco e nero, si è infatti ormai brillantemente affermata fin dal 1951 con un sistema tricromico sequenziale di trama, sviluppato negli Stati Uniti dalla Columbia Broadcasting System (sistema C.B.S.).
Con questo sistema si dispone davanti all'obiettivo della telecamera un disco rotante fornito di tre filtri colorati rispettivamente nei colori primarî di un sistema additivo (rosso, verde e blu) in modo che sullo strato sensibile del tubo in ogni trama si succedano le immagini contenenti le componenti primarie dei rispettivi colori dell'immagine da rivendere. Disponendo poi un disco munito di tre filtri analoghi in rotazione sincrona davanti allo schermo di un ricevitore normale, si può ottenere che ogni trama dell'immagine venga riprodotta successivamente nei tre colori fondamentali e che, per effetto della persistenza della sensazione luminosa sulla retina, l'occhio percepisca una immagine colorata con tutte le sfumature di colori realizzabili con una normale tricromia.
Questo sistema sequenziale, che può avere molte varianti di dettaglio, fu dapprima concepito dalla C.B.S. per la radiodiffusione circolare; esso si rivelò tuttavia subito inutilizzabile a questo scopo perché non soddisfaceva il requisito della compatibilità, cioè non offriva la possibilità di ricevere (naturalmente in bianco, e nero) con un normale ricevitore la trasmissione colorata. L'incompatibilità del sistema proposto dalla C.B.S. risiedeva nel fatto che per esso si rendeva necessario adottare una frequenza di quadro e una frequenza di riga diverse da quelle usate per la televisione in bianco e nero.
Un sistema di t. circolare a colori perfettamente compatibile fu sviluppato dalla R.C.A. (Radio Corporation of America). Ufficialmente presentato dal N.T.S.C. (National Television System Committee) nel 1953, il sistema venne approvato dal F.C.C. (Federal Communication Commission) che autorizzò la R.C.A. ad iniziare regolari trasmissioni a colori con esso irradiate sulla rete della National Broadcasting Company.
Sistema di televisione a colori N.T.S.C. - Si tratta di un sistema tricromico additivo simultaneo. La ripresa viene effettuata con telecamere fornite di tre tubi sui quali, per mezzo di prismi e specchi dicroici, un unico obiettivo proietta tre immagini di dimensioni identiche nei tre colori fondamentali. Dalla camera escono quindi tre segnali video separati, corrispondenti rispettivamente alla componente rossa, verde e blu della stessa immagine. Questi tre segnali, che indicheremo con le lettere R, V e B, non vengono tuttavia utilizzati direttamente, ma vengono impiegati per ottenere, attraverso una ben studiata mescolanza, altri tre segnali, che vengono indicati con le lettere Y, I e Q.
Il segnale 2; detto segnale di luminanza, è costituito da una miscela dei tre segnali R, V e B nella proporzione:
che sono appunto i rapporti in cui i tre colori fondamentali contribuiscono a formare una sensazione di luminosità tenuto conto della diversa sensibilità dell'occhio alle rispettive lunghezze d'onda. Questo segnale Y, trasmesso col normale sistema di modulazione di ampiezza, è quello che può essere sfruttato dai normali ricevitori monocromi per ottenere un'immagine in bianco e nero (compatibilità diretta) con definizione normale in quanto esso occupa la stessa larghezza di banda che hanno le usuali trasmissioni monocrome. Analogamente, il segnale uscente da una normale telecamera monocroma (che presenta le stesse caratteristiche del segnale Y), se applicato a un televisore a colori eccita i tre fosfori corrispondenti di un tubo tricromico in uguale misura e consente di vedere sullo schermo un'immagine in bianco e nero quando l'emissione è monocromatica (compatibilità inversa).
Il segnale I è dato da: I = 0,60 R − 0,28 V − 0,32 B, in cui il segno − davanti alle componenti del verde e del blu sta ad indicare che se I è positivo contiene il colore complementare, cioè l'arancio, e se negativo il ciano (verde-azzurro) che sono i colori che insieme al rosso contribuiscono a dare la maggior parte dell'informazione cromatica delle immagini che si presentano più frequentemente. Un'immagine tricromica ottenuta con l'ausilio dei soli due segnali Y e I consente di ottenere un'immagine abbastanza tedele per una estesa gamma di colori, anche per aree relativamente piccole. Per questa ragione, al segnale I viene attribuita una larghezza di banda di circa 1,5 MHz.
Il terzo segnale, Q, è dato da:
in cui il segno − davanti alla componente verde sta ad indicare che se Q è negativo l'informazione è principalmente verde, mentre se Q è positivo l'informazione concerne il magenta. Al segnale Q, che è meno determinante per la fedeltà cromatica, viene assegnata una larghezza di banda di soli 0,5 MHz.
La trasmissione simultanea sul normale canale televisivo (largo 4 MHz) di questi tre segnali (fra cui il solo Y occupa 4 MHz) è possibile grazie alla tecnica della "frequenza interlacciata".
Si è infatti trovato che, sviluppando in serie di Fourier un segnale televisivo corrispondente a un'immagine fissa, le frequenze che lo compongono sono, in una prima approssimazione, costituite da una fondamentale, avente la frequenza di riga, e da un numero variabile di armoniche: lo spettro risulta quindi occupato solo a tratti, restando libero negli intervalli compresi fra le varie armoniche successive della frequenza di riga. Risulta allora possibile iniettare sul segnale di luminanza Y una sottoportante di frequenza pari a un multiplo dispari della metà della frequenza di riga che, per la ragione anzidetta, andrà ad occupare esclusivamente gli intervalli compresi fra le armoniche della frequenza di riga senza interferire col segnale principale. La frequenza di questa sottoportante nel sistema N.T.S. C è stata scelta pari a 3.579.545 Hz e cioè 227 ½ volte la frequenza di riga che resta così fissata in 15.734,264 Hz con una differenza trascurabile rispetto ai 15.750 Hz del normale sistema monocromo americano.
Il problema di trasmettere con una sola sottoportante le due informazioni distinte I e Q è risolto mediante l'uso di due sottoportanti, aventi la stessa frequenza e sfasate fra di loro di 90°: esse vengono modulate rispettivamente dal segnale I e dal segnale Q col sistema di modulazione di ampiezza e soppressione della portante.
Mentre il segnale Q modula una delle due sottoportanti con entrambe le bande laterali limitate a 0,5 MHz, il segnale I viene trasmesso con la banda laterale superiore limitata a 0,5 MHz come il segnale Q e quella inferiore estesa fino a 1,5 MHz. Questo spiega perché si debba limitare a 0,5 MHz la larghezza di banda del segnale Q che viene trasmesso con le due bande laterali simmetriche. Se infatti anche il segnale Q venisse trasmesso con la banda laterale inferiore più estesa di quella superiore, sarebbe impossibile evitare interferenze fra i segnali I e Q nelle parti comprese fra o,5 e 1,5 MHz. Il valore massimo di 0,5 MHz per le bande laterali superiori dei due segnali è imposto dalla posizione relativa della sottoportante nello spettro del canale video disponibile, come è illustrato in fig. 8.
Per ricostituire all'arrivo i segnali I e Q occorre disporre di una frequenza portante esattamente in fase con quella usata in trasmissione. Ciò si realizza trasmettendo ad ogni riga del segriale e durante l'intervallo di cancellazione orizzontale Iibero dal segnale di sincronismo (margine posteriore) un certo numero di alternanze (almeno 8) della frequenza della sottoportante, le quali servono a tenere in sincronismo e in fase un oscillatore locale che ricostituisce la frequenza esatta della sottoportante originale; con un opportuno sfasatore si ottiene quindi la frequenza sfasata di 90°. Le due sottoportanti, iniettate in un circuito denominato rivelatore sincrono, consentono di riottenere i due segnali originali I e Q separati (v. fig. 9).
Dalle relazioni, dianzi ricordate, che danno i segnali Y, I, Q è possibile ricavare le seguenti:
Nel ricevitore i segnali R − Y, B −Y sono ottenuti mediante partitori resistivi, mentre il segnale V − Y si ottiene dai due precedenti mediante inversori di polarità aventi rispettivamente il guadagno proporzionale a 0,51 e a 0,19, come è indicato in fig. 10. Per somma fra il segnale Y e ciascuno dei tre segnali R − Y, V − Y e B − Y si possono ottenere nuovamente i tre segnali originali R, V e B: questi, applicati al cinescopio del ricevitore, consentono di riprodurre l'immagine a colori originale.
In alcuni ricevitori l'immagine colorata è ottenuta proiettando su un unico schermo le immagini, esattamente sovrapposte, di tre cinescopî aventi i fosfori rispettivamente rosso, verde e blu. In altri ricevitori (ormai la maggioranza) viene invece usato un cinescopio tricromico, realizzato dalla R.C.A. (fig. 11), il cui schermo luminoso è formato da un minutissimo mosaico costituito da fosfori dei tre colori raggruppati in triangoli regolari contigui. Nel tubo di tipo più recente si hanno ben 195.000 terne di fosfori elementari (ciò che corrisponde a 585.000 fosfori elementari) su uno schermo che ha le dimensioni di circa 45 × 32 cm, presso a poco corrispondenti a quelle dello schermo di un tubo normale da 21 pollici.
Ogni fosforo di ciascuna terna è eccitato da un raggio catodico generato da un cannone distinto (v. fig. 12). I cannoni quindi sono tre e ciascuno è controllato dal segnale del colore corrispondente. I tre raggi catodici convergono su una lastra metallica, a breve distanza dallo schermo dei fosfori, traforata con 195.000 fori in modo tale che ciascuno di questi fori si trovi esattamente di fronte al centro del triangolo formato da ogni triade di fosfori dello schermo luminoso. I tre fasci catodici che nella scansione convergono al centro di ogni foro sul piano della lastra traforata, divergono poi naturalmente in modo da colpire singolarmente ciascuno sempre e solo il fosforo del colore corrispondente (v. fig. 13). Le tre immagini nei colori primarî risultano intrecciate così finemente da dare all'occhio la sensazione di un'unica immagine con tutte le sfumature di colore desiderate.
Sistema SECAM (Séquentiel à mémoire). - In considerazione della limitazione che le distorsioni di fase introducono nei collegamenti a lunga distanza per la presenza delle due modulazioni sfasate di 90° sulla sottoportante nel sistema N.T.S.C., sono stati proposti diversi altri sistemi di televisione a colori. Tra essi merita una particolare menzione il sistema sequenziale simultaneo di righe proposto dal francese H. De France nel 1958.
Si tratta di un sistema, anch'esso perfettamente compatibile, che differisce dal sistema N.T.S.C. solo per il fatto che la sottoportante viene utilizzata con una sola modulazione per trasmettere ad ogni riga, alternativamente, le due informazioni di crominanza B − Y e R − Y una per volta. In altri termini, un segnale di crominanza modula la sottoportante durante una riga, mentre durante la riga successiva è l'altro segnale di crominanza che modula la sottoportante. Il segnale di luminanza Y viene invece trasmesso nel modo consueto. In ricezione ad ogni riga al segnale di luminanza vengono mescolati il segnale di crominanza fornito dalla sottoportante durante quella stessa riga e l'altro segnale di crominanza immagazzinato durante la riga precedente per mezzo di una linea di ritardo. In tal modo si vengono ad eliminare tutte le difficoltà connesse alla doppia modulazione della sottoportante in relazione soprattutto ai ritardi di fase che si verificano lungo i mezzi di trasmissione. Inoltre, i due segnali trasmessi non sono più I e Q, ma direttamente R −Y e B −Y, ciascuno con una larghezza di banda pari a circa 0,75 MHz.
Il sistema è applicabile tanto con la sottoportante modulata in ampiezza quanto con la modulazione di frequenza, e in questo secondo caso in trasmissione risulta indipendente non solo dalle distorsioni di fase, ma anche dal guadagno differenziale. Il sistema è assai stabile e, sebbene la definizione cromatica verticale risulti diminuita rispetto a quella in bianco e nero, tuttavia essa risulta sempre superiore a quella orizzontale ottenuta con la trasmissione dei segnali di crominanza a banda ridotta.
Servizî di radiodiffusione televisiva a colori. - La t. circolare a colori, benché sul piano tecnico possa dirsi perfetta, si sta diffondendo, in rapporto a quella in bianco e nero, con una lentezza che appare sproporzionata rispetto al semplice fattore del costo del ricevitore.
Negli S. U. A., primo paese nel quale essa fu introdotta, un ricevitore a colori con tubo tricromico costa in media 500 dollari, cioè solo 2,5-:-3 volte il costo di un normale ricevitore in bianco e nero da 21 pollici. Eppure, sebbene già da molti anni le principali reti televisive americane diffondano programmi a colori per alcune ore alla settimana, contro ai 55 milioni di apparecchi in bianco e nero esistenti negli S. U. A., fanno riscontro a mala pena circa 500.000 televisori a colori che rappresentano quindi appena l'1% del numero totale. La ragione di questa scarsa diffusione sembra debba ricercarsi principalmente nella delicatezza di regolazione e messa a punto dei ricevitori a colori e nella conseguente necessità di una continua assistenza tecnica. L'americano medio moderno, abituato a disporre di servizî perfetti in ogni settore, piuttosto che dover chiamare troppo frequentemente il tecnico per rimettere a punto il televisore a colori, preferisce accontentarsi di quello in bianco e nero che funziona regolarmente per anni senza bisogno di alcuna manutenzione.
In conseguenza della scarsa diffusione raggiunta fino ad oggi negli S. U. A. dalla TV a colori, finora nessun altro Paese, ad eccezione del Giappone (1959), ha osato iniziare un servizio di TV a colori. I varî paesi europei, preoccupati della disparità dei sistemi oggi usati per la TV monocroma, tendono alla ricerca di uno standard che possa essere accettato da tutti per la TV a colori ed essere usato nei canali ancora disponibili delle bande IV e V.
La televisione come mezzo d'informazione e di spettacolo.
Negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale la t. incominciò a svilupparsi, come servizio pubblico, quale mezzo per diffondere tra masse sempre crescenti di spettatori, informazioni, notizie e spettacoli in forme che da elementari e semplicissime si fecero rapidamente più complesse ed elaborate. Nel 1948, gli apparecchi riceventi, installati nelle abitazioni private e nei locali pubblici degli S. U. A. erano circa un milione. A Londra centomila. Nel decennio seguente la t. si diffuse con sorprendente rapidità in tutti i maggiori stati del mondo, nonostante la complessità degli impianti di trasmissione e l'elevato costo degli apparecchi riceventi, in media dieci volte più cari dei ricevitori radiofonici. Nel breve volger di pochi anni la t. è diventata così il vero spettacolo di massa del nostro tempo. Si pensi, per esempio, che in Italia, ove la t. si è sviluppata più rapidamente che in numerose altre nazioni europee, dopo solo quattro anni di regolare esercizio, ad alcuni spettacoli particolarmente graditi dal pubblico, assistono - secondo accurate indagini statistiche - anche 15 milioni di spettatori adulti, raccolti intorno a 2.750.000 apparecchi riceventi (dicembre 1961) installati nelle abitazioni private e nei pubblici locali.
La necessità di comunicare, fin dall'inizio del suo sviluppo, con masse così imponenti di spettatori, ha fatalmente - in tutto il mondo - orientato le trasmissioni televisive verso forme di divertimento popolare e condizionato in maggiore o minore misura, a seconda delle caratteristiche degli organismi preposti alla organizzazione ed alla produzione dei programmi, lo sviluppo e l'evoluzione della t. come mezzo autonomo d'espressione artistica e di spettacolo.
Negli S. U. A., ove la produzione di programmi televisivi è affidata quasi esclusivamente alle agenzie pubblicitarie delle industrie e delle case commerciali che per mezzo della t. diffondono ed esaltano i loro prodotti, questa necessità di interessare e raggiungere sempre più vaste masse di spettatori, in regime di spietata concorrenza, è giunta a forme estreme che preoccupano non poco gli educatori e strati sempre più vasti della stessa opinione pubblica. Per contrastare questa tendenza della t. commerciale sono sorti negli S. U. A. numerosi organismi radio e televisivi, federati nella NAEB (National Association Educational Broadcasting), come per esempio la Ford Foundation, che è fra tutti il più importante, con lo scopo di diffondere da stazioni trasmittenti appositamente allestite programmi educativi e d'informazione culturale. Purtroppo i mezzi finanziarî messi a disposizione da enti culturali, da università e da privati, non possono contrastare con le enormi possibilità economiche delle televisioni commerciali. Ma in questi ultimi tempi, anche le grandi organizzazioni televisive che irradiano i loro programmi pagati dalla pubblicità (la National Broadcasting Company, la Columbia Broadcasting System, la American Broadcasting Company, per esempio) hanno incominciato a diffondere - e questa tendenza si accentua sempre più, man mano che crescono i guadagni assicurati dalle trasmissioni commerciali - programmi chiamati di prestigio, prodotti direttamente dalle Società televisive e non dalle agenzie pubblicitarie. Questi programmi, che non tentano di raggiungere il successo popolare a qualsiasi costo e sono prodotti con larghezza di mezzi, trattano in generale argomenti d'attualità, o di documentazione storica e scientifica e assai sovente sono realizzati con grande impegno e serietà e usano il mezzo televisivo con notevole efficacia. Anche gli spettatori italiani conoscono alcuni di questi programmi, importati dalla RAI, registrati su pellicola o su "banda magnetica" (videotape) e doppiati in lingua italiana come "Sfida allo spazio", "Conquest", "The Twentieth Century", ecc.
In Europa, dove la diffusione dello spettacolo televisivo, a somiglianza della radio, viene affidata - quasi esclusivamente - ad enti gestiti o controllati dallo stato che traggono la maggior parte dei loro mezzi economici non dalla pubblicità, ma da un canone di abbonamento pagato dagli utenti, i programmi televisivi, pur mantenendo i contatti ed interessando masse sempre più vaste di pubblico, si preoccupano di svolgere anche un'opera formativa ed educativa. Nei varî programmi delle trasmittenti europee si alternano così a spettacoli francamente popolari, come le trasmissioni di quiz, di varietà, di musica leggera, di sports, altri programmi destinati ad illustrare particolari aspettì della vita contemporanea e del passato, a diffondere nozioni di scienza, di letteratura, di storia dell'arte, ecc. Si organizzano e si scambiano tra i varî Enti televisivi su un piano internazionale (Eurovisione) visite a Musei, città storiche, a centri urbanistici, a stabilimenti industriali, ecc. Si allestiscono anche, con speciale cura e con la collaborazione di esecutori di primissimo piano - specie da parte dei paesi europei in cui la t. conosce un maggiore sviluppo: Inghilterra, Germania, Italia, Francia - esecuzioni di capolavori del teatro, della musica o della letteratura, eseguiti nei testi integrali, trascurando talvolta, pur di fare opera di divulgazione culturale, il loro adattamento e la trasformazione alle particolari esigenze del piccolo schermo televisivo.
È già stato più volte constatato, da parte dei numerosi studiosi che si sono occupati in questi ultimi dieci anni di problemi estetici della t., che lo spettacolo televisivo ha, contrariamente alle prime aspettative, delle gravi limitazioni, imposte, tra l'altro, dalla stessa complicata tecnica che lo ha generato. Nel campo dell'attualità, quando la t. trasmette "in ripresa diretta" un determinato avvenimento e consente a milioni di spettatori rimasti nelle loro case d'assistere, come e meglio che se fossero presenti, a clamorosi fatti di cronaca che si svolgono a centinaia di chilometri, indubbiamente lo spettacolo televisivo trova la sua più intensa espressione e la maggiore penetrazione. Sotto questo aspetto lo spettacolo televisivo è assolutamente autentico ed unico, ma se a questo dovesse limitarsi sarebbe inutile ricercare i modi e le tecniche di un linguaggio e d'uno stile che deve dar vita ad un'originale forma d'espressione artistica. La t. diventerebbe un semplice servizio, atto a trasmettere immagini a disianza, così come il telefono è atto a trasmettere suoni.
In sintesi, perciò, si possono distinguere tre grandi categorie nelle quali debbono inquadrarsi e classificarsi tutte le programmazioni televisive, qualunque siano il loro genere o le loro particolari caratteristiche: cronaca, documenti, finzioni. Queste tre distinzioni non vanno però intese come categorie fisse, ma al contrario vogliono semplicemente indicare dei generi che assai sovente possono mescolarsi e coesistere nello stesso spettacolo. Per cronaca si deve intendere la ripresa diretta da parte delle apparecchiature televisive di un avvenimento qualsiasi, che viene diffuso nello stesso momento in cui si svolge. Per documentazione si deve intendere una trasmissione che registri le testimonianze culturali, storiche, letterarie, politiche, relative ad un fatto (storico, artistico, politico) determinato. In queste trasmissioni la realtà oggettiva, il dato di fatto, l'avvenimento politico o mondano, l'opera d'arte che si intendono illustrare e documentare sono interpretate secondo un particolare punto di vista da coloro che realizzano la trasmissione.
Con il termine di finzione si intende lo spettacolo televisivo, nato unicamente dalla fantasia di coloro che lo creano, l'organizzano, lo diffondono. Lo spettacolo cioè che è frutto di una invenzione artistica e che non trae le sue ragioni essenziali da una realtà in atto (cronaca), né da una realtà rielaborata e interpretata (documento). Per chiari segni e per i numerosi risultati già ottenuti è evidente che lo spettacolo televisivo dovrà orientarsi domani, per trovare una sua forma originale ed autonoma, verso la fusione in un unico contesto spettacolare di tutti e tre gli aspetti illustrati.
Tenendo presente questo concetto, si potrà anche spiegare il grande successo (che ha toccato in parecchi Paesi quasi delle forme d'interesse morboso) delle trasmissioni televisive imperniate sui "quiz", tipo "Lascia o raddoppia", in Italia, "The sixtyfour thousand dollars question", negli S. U. A., "Le grand lot", in Francia, ecc. In questi programmi infatti - sia pure in forma ancora rudimentale - avveniva la fusione in un unico spettacolo dei tre elementi anzidetti: cronaca, in atto era infatti il piccolo dramma autentico che ogni candidato, sottoposto ai "quiz", viveva di fronte a milioni di spettatori scoprendo - nell'ansia del gioco e della vittoria - con assoluta sincerità i moti intimi del suo animo e del suo carattere. Documento di vita la sua presenza sul palcoscenico, la storia della sua vita, fatta rivivere dal presentatore con rapidi accenni e precisa documentazione; finzione il gioco scenico, lo spettacolo, il ritmo che gli organizzatori creavano intorno al gioco.
Anche il cinema italiano, negli anni dell'immediato dopoguerra, intuì che lo spettacolo cinematografico avrebbe potuto profondamente rinnovarsi e trarre nuove sorgenti d'ispirazione da una maggiore aderenza alla realtà e al documento. Il "neorealismo cinematografico" volle servirsi di attori non professionisti, tratti dalla realtà della vita e improvvisare quasi le sceneggiature dei suoi films a contatto con l'autentica vita dei protagonisti, lasciati vivere nel loro ambiente naturale. Il mezzo televisivo - che meglio può avvalersi, con la ripresa diretta, dell'improvvisazione e della spontaneità degli interpreti e dell'autenticità dell'ambiente - potrà forse domani approfondire queste prime esperienze e raggiungere nuove ed originali forme di spettacolo.
Come per il cinema, fin dal sorgere della t., si è incominciato a teorizzare sui valori della immagine pura e della parola pura. Si è discusso e si discute se questa o quella debbano avere la prevalenza nello spettacolo televisivo. R. Greene, prof. nella Columbia University, è giunto a scrivere che "la vera formula per scrivere un buon testo per la t. è la sciarada". In altre parole, il Greene sostiene che ogni idea deve esprimersi sul piccolo schermo attraverso una rappresentazione simbolica e figurata. Se nelle altre forme spettacolari il dialogo è il perno dell'azione e del racconto e deve avere un contenuto emotivo, il dialogo televisivo deve assolvere a tali compiti soltanto nella misura in cui non lo si può fare con la sola immagine visiva, che è l'assoluta dominatrice e che si esprime attraverso tre elementi: scena, azione, movimenti e inquadrature delle telecamere in azione. Altri teorici della TV sostengono esattamente il contrario: che, cioè, a differenza del cinematografo, nella t. la parola debba essere la sorgente principale d'ogni emozione drammatica e l'immagine debba limitarsi al compito d'illustrazione. Molti sono gli argomenti per sostenere e l'una e l'altra tesi, ma queste discussioni, utili per suscitare fermenti e idee nei realizzatori degli spettacoli televisivi, rimangono su un piano teorico e un po' sterili: se si riconoscesse l'assoluto predominio dell'immagine, la t. si trasformerebbe in un modesto surrogato del cinema e se si riconoscesse il solo valore della parola, la t. diventerebbe un succedaneo della radio e della letteratura. In realtà la t. non ha, come le altre forme di spettacolo, una forma codificata di racconto e degli schemi prestabiliti; essa spazia in tutti i campi e in tutti i settori, assume molti aspetti diversi, si adatta alle circostanze ed ai compiti che, via via, le vengono imposti: è giornalismo, teatro, discussione, documento, cronaca e si tratta, di volta in volta, di scegliere il modo d'espressione più idoneo a raggiungere quel determinato fine.
Non si vuole sostenere con questo che la t. non debba ricercare costantemente un suo peculiare linguaggio, suoi proprî modi di espressione e di stile, anzi, è esattamente l'opposto. La t. dovrà formarsi, attraverso una continua ricerca, particolari modi d'espressione, congeniali ai mezzi tecnici e psicologici di cui dispone, ma una volta stabilite e conquistate queste formule, diciamo questa sintassi, deve usarle con la massima libertà adattandole alle contrastanti e varie necessità dei suoi programmi, senza esclusivismi e senza rigidi preconcetti. Qualunque siano le caratteristiche dello spettacolo televisivo, la t. troverà la sua genuina espressione e la sua forza drammatica migliore se non perderà il contatto con la realtà, con la vita di tutti i giorni dell'uomo comune, con il suo dramma quotidiano.
Il teatro ed il cinema hanno l'assoluta necessità di puntualizzare le loro azioni drammatiche in momenti eccezionali, fortemente sintetizzati; la t. invece è portata, anche dai suoi stessi mezzi tecnici, dall'ambiente familiare in cui è accolta, dalla stessa intensità, suggestione e vicinanza del piccolo schermo ad un racconto più intimo, più frazionato, più diretto. Deve cercare di stabilire un colloquio con i suoi spettatori, non farli sentire estranei ma partecipanti all'avvenimento ch'essa porta nelle loro case. Frederic Chayefsky, uno dei più significativi scrittori americani di scenarî televisivi e cinematografici, l'autore del teledramma Marty, ha scritto, nella prefazione del volume che raccoglie i suoi più importanti drammi televisivi: "Il nostro è tempo d'introspezioni senza scrupoli e la t. è il solo mezzo con il quale possiamo esporre le nostre ricerche in noi stessi, nel nostro piccolo mondo di gente qualunque. Il palcoscenico è troppo pesante ed il film troppo intenso per trattare il terrestre in tutte le sue oscure ramificazioni".
La televisione scolastica.
Dalla constatazione dell'importanza del fenomeno televisivo fu posto il problema e la realizzazione di una televisione educativa, e oggi, pur se ancora il problema non è stato sempre impostato in maniera sufficientemente critica, si può affermare che la t. può assolvere ad una funzione educativa e di istruzione per le sue stesse caratteristiche di mezzo in grado di favorire al livello più ampio e nella dimensione più elementare la comunicazione di idee e di fatti. Ma appare chiaro che la t. può portare un contributo allo sviluppo dell'istruzione e della cultura solo nella misura in cui è capace di sollecitare lo sforzo e la fatica personale di capire, ossia quando l'ascoltatore è interamente e psicologicamente maturo; vale a dire che la televisione può svolgere un ruolo importante a livello dell'educazione degli adulti sia accrescendo nell'individuo la coscienza dell'appartenenza al mondo degli uomini, sia con un processo di arricchimento di nozioni e di dati a tutti i livelli, dalla divulgazione alla ricerca scientifica.
Tralasciando il fatto che la t. offre al bambino in età prescolastica una ricchezza di immagini e di sensazioni, che - sia pure non ancora completamente studiata nei riflessi dello sviluppo intellettuale e morale - certamente hanno una reale portata, la t. può anche essere usata in tutte le scuole di ogni ordine, nell'insegnamento propriamente detto. Che cos'è allora la t. scolastica, può essa avere un valore educativo assoluto, può provocare una nuova dimensione didattica, un rapporto originale tra alunno e docente? La t. non può porre il problema di un rinnovamento del processo educativo, che sia basato essenzialmente sulla lettura dei testi; essa al contrario (se mal usata) può continuare l'azione di spersonalizzazione e di appiattimento nella scuola, presentando lo sforzo educativo come spettacolo, cioè semplificandolo ed elementarizzandolo: la t., in altri termini, non può sostituire la scuola.
L'insegnamento televisivo, almeno come è stato fatto finora, con qualche eccezione per delle esperienze condotte a cura dell'UNESCO, rivela in sé stesso il pericolo di accentuare e portare alle estreme conseguenze la tendenza moderna di evasione, di divagazione culturale ed intellettuale, di conoscenze apprese in superficie, male assimilate e non elaborate, mentre è appunto compito della scuola mettere ordine a queste divagazioni, fortificare, approfondire e ricostruire. La t. scolastica non può essere quindi usata indiscriminatamente in dosi massicce, ma deve essere usata in funzione di ausilio, di aiuto, di complementarità, specie se si rivolge agli elementi più giovani, strumento che fissa l'azione di istruzione e di educazione che l'insegnante svolge, senza sostituirlo completamente.
Gli esperimenti hanno dimostrato inoltre che per fare una t. educativa occorre ben più che un insegnante e qualche impianto tecnico: solo un insegnamento a livello eccezionale e una perfetta conoscenza del mezzo impiegato possono assicurare risultati confortanti. Il riprodurre in uno studio televisivo una normale lezione non ha significato perché manca la parte più importante e più personale del lavoro dell'insegnamento: oltre la comunicazione c'è tutta l'opera di confronto con l'alunno dell'adeguamento delle nozioni acquisite alla cultura dell'alunno, e il processo di maturazione, vale a dire la personale rielaborazione, che è frutto non solo del colloquio tra maestro e alunno ma è anche ricerca comune, confronto e scambio tra alunno e alunno. Né, per ovviare a questo difetto, è sufficiente che la lezione sia spettacolare, che sia drammatizzata, perché anche questo è un difetto, in quanto distoglie l'attenzione e la penetrazione, diminuisce l'apporto fantastico.
Una lezione televisiva può invece dare un aiuto proprio nella misura in cui può superare alcune delle attuali carenze della scuola, apportando un contributo alla conoscenza di fonti dirette con lettura di testi che altrimenti sarebbe difficile raggiungere o conoscere o presentare. Può aiutare il maestro alla ricerca e alla lettura delle fonti di qualunque natura e di quasiasi ramo dello scibile umano, lasciando all'alunno, con l'aiuto dell'insegnante, la fatica dell'approfondimento, della personale sistemazione e della rielaborazione critica.
Non è inutile infine sottolineare che elementi negativi sono, sul piano psicologico, la passività del vedere televisivo e, sul piano economico, gli alti costi di produzione. Una funzione positiva della t. scolastica può rilevarsi invece nell'influenza che essa può avere sugli insegnanti, sia per quanto riguarda la loro preparazione che la loro azione didattica: la preoccupazione di far partecipare gli educatori direttamente alla responsabilità della produzione e della ricerca dei programmi è una nota efficace e positiva della telescolastica britannica, che ha istituito in seno alla BBC uno School broadcasting council for the United Kingdom, del quale organismo fanno parte, oltre a rappresentanti del Ministero dell'Educazione, autorità locali scolastiche e organismi amministrativi locali e professionali.
In Italia le attuali trasmissioni scolastiche televisive della RAI intendono affiancarsi direttamente agli sforzi dello stato per la diffusione dell'istruzione obbligatoria, sopperendo alle deficienze quantitative (di aule, di attrezzature e di insegnanti) che sussistono in numerose zone del nostro paese. Da questa precisa intenzione di affiancare la scuola con un contributo di emergenza traggono le loro caratteristiche i programmi di "Telescuola", i quali hanno trasmesso, dal 1958-1959 al 1960-1961 un regolare corso triennale di avviamento professionale e trasmettono, a partire dal 1961-1962, un regolare corso per le classi della Scuola media unificata sperimentale.
Queste trasmissioni, con la collaborazione del Ministero della Pubblica Istruzione, sono fatte in favore di quanti, abitanti di zone prive di scuola o impediti da una qualsiasi ragione di ordine personale, non possono affrontare gli studî occorrenti per il completamento dell'istruzione d'obbligo fino al quattordicesimo anno di età. Inoltre, la RAI ha istituito un corso quotidiano di lezioni per analfabeti intitolato "Non è mai troppo tardi". Le lezioni vengono trasmesse da ambienti realizzati negli studî televisivi che riproducono le linee essenziali di una moderna aula scolastica.
Per ovviare all'inconveniente del mancato diretto rapporto tra docente e allievo, ed anche per stimolare concretamente nel docente le facoltà didattiche attraverso le reazioni degli scolari, assistono alle lezioni piccoli gruppi di ragazzi che rappresentano una specìe di campione degli ascoltatori e danno al docente, attraverso le loro deficienze, debolezze ed incertezze, la misura dell'efficacia del suo metodo d'insegnamento. Agli allievi, sparsi in tutta Italia, sono stati messi a disposizione libri di testo a prezzi particolarmente modesti; libri di testo concepiti per affiancare e completare le trasmissioni televisive. Nel triennio 1958-1961, sono stati venduti 834.891 fascicoli, cifra che dà immediatamente la misura dell'ampiezza e dell'interesse suscitato da questa particolare iniziativa. La Direzione di "Telescuola" ha anche organizzato un servizio per la correzione centralizzata dei compiti inviati dagli allievi, per quei giovani ascoltatori che non fanno parte di un posto organizzato d'ascolto.
Per quanto riguarda poi i corsi della Scuola media unificata, sono stati istituiti ed organizzati, a cura del ministero della Pubblica istruzione, particolari posti d'ascolto in tutte le località sprovviste di "scuole di completamento dell'obbligo". Detti posti d'ascolto vengono diretti da due insegnanti, che completano e commentano le lezioni televisive, e sono stati forniti a cura del Ministero, di tutte le dotazioni indispensabili per una proficua partecipazione degli allievi ai corsi televisivi. La t. scolastica trasmette i suoi varî corsi per una durata di 36 ore settimanali complessive. Vedi tav. f. t.
Diritto.
In Italia, la disciplina della t. è contenuta nel codice postale e delle telecomunicazioni (r. d. 27 febbraio 1936, n. 645), che, all'art.1, attribuisce esclusivamente allo stato, nei limiti previsti dalla legge, i servizî di telecomunicazioni, nei quali sono compresi quelli radioelettrici. L'amministrazione può provvedere anche mediante concessioni (art. 5). Più specificamente, l'art. 168, n. 5 dispone che alle concessioni di telecomunicazioni aventi per oggetto l'impianto e l'esercizio dei servizî di t. si provvede con decreto del capo dello stato, su proposta del ministro per le Comunicazioni di concerto col ministro per le Finanze, sentito il Consiglio dei ministri.
Attualmente i servizî di radioaudizione, t., telediffiusione e radiofotografia circolari sono dati in concessione alla R.A.I. La relativa convenzione, in continuazione di quella precedente, è stata approvata con d. P. R. 26 gennaio 1952, n. 180 e avrà termine il 15 dicembre 1972.
E stata posta in dubbio la legittimità costituzionale delle sopra indicate norme che attribuiscono in via esclusiva allo stato i servizî di radiotelevisione, apparse in contrasto soprattutto con gli articoli della Costituzione relativi alla libertà di manifestazione del pensiero. Ma la Corte costituzionale, con decisione 13 luglio 1960, n. 59, ha escluso tale illegittimità. Ha osservato la Corte che, poiché la t. è attività destinata, in regime di libera iniziativa, quanto meno all'oligopolio data l'attuale limitatezza di fatto dei canali utilizzabili, l'attribuzione esclusiva allo stato del relativo servizio ne consente lo svolgimento nelle condizioni di obiettività e imparzialità più favorevoli per superare le difficoltà frapposte dalla naturale limitatezza del mezzo alla realizzazione del precetto costituzionale volto ad assicurare ai singoli la possibilità di diffondere il pensiero con qualsiasi mezzo. Naturalmente, lo stato ha l'obbligo di assicurare, in condizioni di imparzialità e obiettività, la possibilità potenziale di avvalersi di quel servizio; donde la necessità di leggi che disciplinino opportunamente quella possibilità potenziale e assicurino adeguate garanzie di imparzialità nel vaglio delle istanze di ammissione alla utilizzazione del servizio radiotelevisivo.
Bibl.: M. von Ardenne, On experiments with photosensitive semi-conducting layers in cathode ray tubes, in Hochfrequenztechn. u. Electroakustic, L (1938); B. H. Vine, R. B. Janes e F. S. Veith, Performance of the vidicon, a small developmental television camera tube, in R.C.A. Rev., XIII (1952), pp. 3-10; V. K. Zworykin e G. A. Morton, Television, 2ª ed., New York 1954; E. W. Engstrom, Basic concepts and evolution of color television, in Proc. I.R.E., XLII (1954); J. W. Wentworth, Color television engineering, New York 1955; C. P. Ginsburg, Comprehensive description of the Ampex video tape recorder, in Journal of the S.M.P.T.E., LXVI (1957), pp. 177-182; H. J. v. Braunmühl e O. Schmidbauer, Fernsehaufzeichnung auf magnetband nach dem Ampex Verfahren, in Rundfunktechnische Mitteilungen, V (1957); P. E. Axon, L'enregistreur video sur bande magnétique mis a point par la B.B.C., in Revue de l'U.E.R., cahier A, n° 49, 1958.
Per la t. come mezzo d'informazione e di spettacolo: W. C. Eddy, Television: the eyes of tomorrow, New York 1945; L. Merlin, Télévision: Capitale Hollywood, Parigi 1949; J. H. Battison, Movies for television, New York 1951; E. Stasheff e R. Bretz, The television program; its writing, direction and production, ivi 1951; C. Adams, Producing and directing for television, ivi 1953; L. Bogart, Age of television, ivi 1956; J. G. Bussel, Art of television, Londra 1956; R. Greene, Television writing, New York 1956; A. D'Alessandro, Lo spettacolo televisivo (antologia di scritti di autori varî), Roma 1957; L. Golletti, Televisione senza segreti, Torino 1957; E. Lalou, Regards neufs sur la télévision, Parigi 1957; Quaderni della mostra internazionale d'arte cinematografica (Cinema e TV), Roma; C. Mannucci, Lo spettatore senza libertà: radio-televisione e comunicazioni di massa, Bari 1962.
In particolare per i problemi della t. scolastica: Ch. A. Siepmann, Télévision et éducation aux Etats Units, Unesco, Parigi 1952; A. Bellotto, Televisione e cultura popolare, in Comunità, agosto-ottobre 1953; W. B. Levenson e E. Stasheff, Tecahing through radio and television, New York 1956; Problemi educativi della TV, inchiesta del CIF a cura di E. Tarrone, Roma 1957; Ch. A. Siepmann, TV and our school crisis, New York 1958; R. Loddermilk, Insegnamento diretto per mezzo della TV, in Lumen, n. 13, 1958; H. E. Wigren, The role of television in education, New York 1958; J. Dumazedier, Educazione popolare e televisione, Torino 1958; id., La télévision au service de l'enseignement scientifique, Parigi 1959; H. L. Klapper, Prevalent interest and concerns in the field of televised instruction, in The Journal of educational sociology, maggio 1959; A. D'Alessandro, La televisione scolastica, in Cronache del cinema e della televisione, n. 28, 1959; Teaching by television: a report from Ford Foundation and the Fund for advancement of education, New York 1959; G. Gozzer, Televisione come rischio, in Homo Faber, marzo 1960; H. Dieuzeide, État présent de la télévision scolaire en Europe, in Revue de l'U.E.R., n. 61, maggio 1960; E. Bruno, Telescuola, in La Civiltà Cattolica, n. 21, novembre 1960; S. Valitutti, Analfabetismo e televisione, in Giornale d'Italia, 28-29 dicembre 1960; R. Cassirer, La télévision et l'enseignement, Unesco, Parigi 1961; A. Bellotto, Educazione e televisione, in Il Mulino, sett. 196; Pirelli, rivista d'informazione e di tecnica, nn. 1-3 del 1961 dedicati a Televisione e cultura; W. Schramm, J. Lyle, G. Parker, Television in the lives of our children, Stanford, California, 1961; A. Mura, Discorsi sulla televisione, Brescia 1960; R. Thafar, Les auxiliaires visuels dans l'éducation de base et le développement communautaire, Unesco, n. 27.
Per la disciplina giuridica in Italia: F. Campione, Sulla disciplina giuridica della televisione italiana, in Giustizia civile, 1961, III, 15; F. Pierandrei, Radio, televisione e Costituzione, in Giurisprudenza italiana; L. Pellizzer, Il monopolio della televisione, in Giustizia civile, 1961, IV, 193; G. Treves, Radiotelevisione e libera manifestazione del pensiero, in Il politico, 1958, I, 785.