TELL el-MASΚHUΤΑ
Il sito di T. M., il cui nome significa «la montagnola dell'idolo», è situato nel Delta orientale del Nilo, c.a 15 km a O della moderna Ismailiya, nella regione dello wādī Tumilat, esplorata tra il 1977 e il 1981 dall'Università di Toronto, sotto la direzione di J. S. Holladay; si tratta di un corridoio naturale di comunicazione tra Egitto e Asia, di cui T. M. rappresenta il primo punto naturale di difesa, all'entrata dello wādī.
Il Naville, che indagò il sito di T. M. alla fine del secolo scorso, la identificò con la biblica Pithom e l'antica Ceku egizia, capitale dell'ottavo nomo del Basso Egitto. In età greco-romana la città prese il nome di Heroonpolis-Ero, come ricordano due iscrizioni latine qui rinvenute. Gli scavi canadesi hanno messo in luce un insediamento e una necropoli del Medio Bronzo II/A-B, coevo alla prima fase della cultura Hyksos. I numerosi resti ceramici permettono di comparare la cultura materiale di T. M. con quella di siti siro-palestinesi coevi; T. M. sembrerebbe un insediamento, il più esteso nello wādī Tumilat, di genti asiatiche dedite alla transumanza pastorale, che occuparono l'area del Delta orientale già alla fine della XII dinastia.
L'occupazione stabile del sito comincia con la dinastia saita, quando Necao II iniziò lo scavo di un canale, lungo la parte meridionale dello wādī Tumilat fino ai Laghi Amari, che doveva collegare il Mediterraneo al Mar Rosso, ma che non fu però in uso prima dell'epoca di Dario I. La scelta dell'area di T. M. come insediamento si deve probabilmente alla costruzione di tale canale e lo sviluppo del sito appare collegato ai traffici commerciali a esso connessi.
La città subì notevoli distruzioni in epoca neobabilonese e persiana. I re Nectanebo I e II, durante la XXX dinastia, prestarono particolare attenzione alla frontiera orientale del Delta, e in particolare T. M., importante avamposto militare, venne abbellita con monumenti della XIX dinastia, la maggior parte provenienti dalle vicine Qantir, Tell Basta-Bubasti e Heliopolis. Ulteriore fioritura si ebbe sotto Tolemeo II Filadelfo, che fece scavare nuovamente il canale e che qui dedicò un santuario alla moglie Arsinoe II, deificata dopo la morte e della quale è stata rinvenuta la base di una statua. In epoca romana la regione dello wādī Tumilat cessa di rappresentare un'importante linea commerciale a vantaggio dei porti meridionali sul Mar Rosso, in posizione più favorevole per le rotte con l'India.
Un grande muro di mattoni (m 320 X 200) racchiude il sito di Teli el-Maskhuta. L'angolo NO del recinto è occupato dal tempio cittadino, dedicato al dio Atum, oggi distrutto e sepolto sotto costruzioni moderne. L'ingresso del tempio, ricostruito in mattoni crudi in età romana, presenta l'aspetto di un pilone. Il tèmenos è occupato per la maggior parte da ambienti rettangolari, di varie dimensioni, circondati da mura in mattoni di fango senza paglia, privi di porte e di comunicazione tra loro, accessibili solo dall'alto; si tratta con ogni probabilità dei magazzini e granai della città.
Sul limite E del sito è stata rinvenuta una necropoli del II sec. d.C., con tre tipi di tombe: a camera in mattoni, a pozzo, e in anfore per sepolture di bambini.
I Romani livellarono il terreno della città per la costruzione di un grande accampamento militare, chiamato, come ricorda un'iscrizione latina qui ritrovata, Ero Castra, «l'accampamento di Ero».
In un nascondiglio presso l'entrata del tempio è stato rinvenuto un centinaio di oggetti di natura diversa, per lo più di età saitica e persiana. Di notevole interesse un sigillo cilindrico della VI dinastia (alt. cm 15, diam. cm 37), in perfetto stato di conservazione, ricoperto da un'iscrizione; secondo alcuni il sigillo proverebbe la coreggenza tra il re Merenra e il figlio, il futuro Pepi II, e apparterrebbe all'alto funzionario Uni, che diresse importanti spedizioni, anche nell'istmo di Suez, contro tribù di predatori.
Tra i numerosi monumenti rinvenuti a T. M., di età compresa tra la XIX dinastia e il periodo greco-romano, di particolare interesse è un naòs frammentario in quarzite rossa (dimensioni originarie m 2,04x1,11) di Ramesse II, di cui sette frammenti sono oggi al museo all'aperto del Cairo e uno al Louvre. Il naòs è un monumento monolitico, con una cappella all'interno e la statua di una sfinge allungata sul pavimento. Il monumento è aperto verso O, nella direzione del Sole che tramonta, personificato nel dio Atum, il dio cui era consacrata Tell el-Maskhuṭa. Le decorazioni seguono l'asse longitudinale del naòs, dividendo tutta la superficie in due parti decorate simmetricamente. La facciata del naòs presenta due montanti laterali, ciascuno decorato con due colonne di iscrizioni con il protocollo reale. I rilievi delle facciate esterne riportano scene relative alla festa-sed, quelli delle pareti interne scene d'offerta. I rilievi della parete esterna E presentano due scene, costruite simmetricamente, della corsa regale: il re è di fronte a un chiosco in cui è posta l'immagine del re stesso divinizzato nell'aspetto di Osiride e seduto sul trono. Il livello artistico dei rilievi è eccellente. Elementi iconografici nuovi sono costituiti dal ruolo del dio Atum, invece di Amon, nell'atto di incoronare il re, e la riconferma del potere attraverso Osiride, che dona la corona al faraone.
Accanto al naòs fu rinvenuto il documento storico più importante da T. M., una stele in granito nero di Tolemeo II (alt. 1,25 m), ritrovata integra, con 28 linee di testo. La stele, nota come «Stele di Pithom», ricorda i lavori eseguiti a T. M. dal re Tolemeo II e dalla moglie e sorella Arsinoe II, e la fondazione della vicina città di Arsinoe.
Ai piedi di uno dei due monoliti colossali di Ramesse II, raffigurato tra le divinità solari Atum e Khepri, ancora in situ, a cui si deve probabilmente il nome moderno della città, il Naville rinvenne due piccole statue in basalto nero. La prima, alta 30 cm e scolpita probabilmente durante la XXVII dinastia o poco più tardi, è in stato frammentario, nell'atteggiamento definito «gesto persiano» poiché sembrerebbe originario della corte di Persepoli; sotto le mani corre un'iscrizione, l'abito è tipico della Bassa Epoca in Egitto. La seconda statua, frammentaria e alta 23 cm, che doveva raffigurare un uomo in ginocchio recante un naòs tra le braccia, appartiene a un dignitario della XXVI dinastia, come ricorda l'iscrizione, chiamato probabilmente a T. M. per la sorveglianza del canale di Necao.
Bibl.: R. Lepsius, Über die Lage von Pithom (Sukkoth) und Rämses (Heroonpolis), in ZÄS, XXI, 1883, pp. 41-53; E. Naville, La stèle de Pithom, ibid. XL, 1902, pp. 66-75; id., The Store-City of Pithom and the Route of the Exodus, Londra 19034; J. Clédat, Un couvercle de sarcophage anthropoïde de Tell el-Maskhoutah, in ASAE, IX, 1908, pp. 211-212; A. H. Gardiner, The Delta Residence of the Ramessides, in JEA, V, 1918, pp. 242-271; J. Clédat, Notes sur l'Isthme de Suez, in BIFAO, XVIII, 1921, pp. 167-197; E. P. Uphill, Pithom and Raamses. Their Location and Significance, in JNES, XXVII, 1968, pp. 291-316 e XXVIII, 1969, pp. 15-39; G. Goyon, Le cylindre de l'Ancien Empire du Musée d'Ismaïlia, in BIFAO, LXVII, 1969, pp. 147-157; K. Mysliwiec, Le naos de Pithom, ibid., LXXVIII, 1978, p. 171 ss.; D. B. Redford, in LÄ, IV, 1982, pp. 1054-1058, s.v. Pithom-, J. S. Holladay Jr., Cities of the Delta III. Tell el-Maskhuṭa, Preliminary Report on the Wadi Tumilat Project 1978-1979, Malibu 1982; id., An «Asiatic» Middle Bronze Age Farming Village in Egypt, in Archaeological Newsletter Royal Ontario Museum-Toronto, March 1983, pp. 1-4; V. Laurent, Une statue provenant de Tell el-Maskoutah, in Revue d'égyptologie, XXXV, 1984, pp. 139-158; id., Une statue de Tell el-Maskoutah retrouvée, ibid., XXXVI, 1985, pp. 179-181; H. Goedicke, in LÄ, VI, 1986, p. 351, s.v. Tell el-Maschuta·, id., Ramesses II and the Wadi Tumilat, in Varia Aegyptiaca, III, 1987, pp. 13-24.