TELL HALAF
Località dell'alta valle del Khabur (antica Guzana), scavata da M. von Oppenheim nel 1911-13 e nel 1929. In strati sconvolti da costruzioni del I millennio, l'Oppenheim trovò una bella ceramica a pareti sottili, con ingubbio crema, decorata con elaborati disegni geometrici in rosso, nero e talvolta bianco sovraddipinto; al centro, nelle forme aperte, vi sono croci di malta, rosette ecc. Non mancano inoltre le stilizzazioni di bucrani, equidi, cervidi ecc. La cottura fino a 1200° ha reso la superficie come invetriata. Predominano le forme angolari e carenate, con basi piatte e concave. La cultura che ha preso il nome da questo luogo è probabilmente, secondo A. L. Perliins, originaria dell'area di Mossul; se ne hanno estensioni fino al lago di Van (Samiramalti) verso N, a S (Samarra) e ad O fino alla costa siriana (Ugarit) ed alla Cilicia (Mersin). Questa cultura, posteriore a quella di Tell Hassunah e precedente a quella di el-῾Ubaid, appartiene al Calcolitico e,. secondo il Childe, sarebbe da ascrivere alla metà del V millennio, mentre per Naumann, Lloyd ed altri è della metà del IV millennio o poco prima.
La città dell'Età del Ferro, primo insediamento dopo quello preistorico, con una fortificazione lunga km 3.30, ha una forma trapezoidale ed è ampia 54,50 ha. Il lato N è difeso dal Khabur. Tre porte interrompono la cinta; quella meridionale conduce direttamente all'ingresso della cittadella posta su una piccola altura a settentrione sul fiume, con una estensione di 5.75 ha. Mentre nell'area civica si sono rinvenute solo case aramee, semplici ma non prive di comodità, qui sono gli edifici pubblici, primo fra tutti il cosiddetto Tempio-Palazzo, o meglio il Palazzo di Kapara (come è definito dalle iscrizioni), il più antico e magnifico bīt-khilani finora scavato. Vi si accede da una porta con camere a vòlta ad E della costruzione, guardata da due uomini-scorpioni, e si sbocca davanti alla facciata N dove erano un altare ed una base per una delle raffigurazioni a tutto tondo di aquile. L'ingresso è ampio m 10, decorato con ortostati figurati in basalto lungo le pareti e con tre figure, due maschili ed una femminile- prive di attributi divini e quindi probabilmente membri della dinastia- che poggiano su animali (due leoni ed un toro); fungono da sostegno per le travature e sono muniti di un alto capitello cilindrico. L'altezza totale è di m 6.10. Ai lati della porta due sfingi alate, e più in dentro due grifoni. L'interno era costituito da due lunghi ambienti paralleli alla facciata e da altri minori. Lungo il lato S, fornito di tre bastioni e di due torri angolari, vi dovevano essere circa 200 ortostati figurati, alternativamente in basalto ed in calcare scuro. Ne furono ritrovati 187 di cui 182 in situ. Furono osservate tracce di una fase precedente. Di qui la controversia se le lastre siano da ritenere scolpite per Kapara, come attesterebbe l'iscrizione su alcuni dei blocchi, o se siano almeno in parte di reimpiego (Naumann, Moortgat). La prima ipotesi è più probabile. I temi iconografici rispecchiano quelli mesopotamici e mitanni, ma filtrati da una sensibilità provinciale non priva di personalità. Di grande interesse sono le statue funerarie di figure isolate o in coppia rinvenute nei pressi del palazzo. Nell'angolo N-E della cittadella un palazzo di 50 × 70 m, definito dagli scavatori come la residenza privata di Kapara, è rivendicato dall'Albright al periodo del governatorato assiro. La sua pianta mostra chiari confronti con edifici sargonidi come pure un tempio della cittadella. Il dibattito sulla datazione del periodo di Kapara, scartata l'ipotesi dello Herzfeld (III millennio), si è polarizzata sulla tesi che vuole porre il regno di Kapara alla fine del X sec.-inizio IX (Albright e Barnett), oppure alla metà del IX sec. (Frankfort, Naumann, Bowman e Braidwood). L'esame condotto dall'Albright su base storica, oltre che archeologica e paleografica, sembrerebbe il più attendibile. Secondo questi, la zona fu occupata da una tribù aramaica di Bahyan, nell'XI sec. o all'inizio del X. In periodo assiro la città ebbe il nome di Guzana ed è nota per aver pagato tributo a Adad-nirari II nell'894 e per essere stata bruciata durante la repressione della rivolta all'epoca di Shammuramat (Semiramide) reggente per Adad-nirari III.
Bibl.: M. von Oppenheim, Der Tell Halaf. Eine neue Kultur im aeltesten Mesopotamien, Lipsia 1931; id., Tell Halaf. La plus ancienne capitale soubaréenne de Mésopotamie, in Syria, XIII, 1932, pp. 242-254; B. Meissner, in Oppenheim Festschrift, Berlino 1933, pp. 71-79; M. von Oppenheim, Fuehrer durch das Tell-Halaf Museum, Berlino 1934; E. Herzfeld, Der Tell Halaf und das Problem der hettitischen Kunst, in Arch. Mitt. aus Iran, VI, 1934, pp. 111-223; M. von Oppenheim, Die Embleme der subaraeischen Hauptgottheiten auf der Buntkeramik des Tell Halaf und das Alter der Tell Halaf-Steinbilder, in Mélanges Syriens offert à R. Dussaud, Parigi 1939, pp. 609-623; J. Fridrich, G. R. Meyer, A. Ungnad, E. Weidner, Die Inschriften von Tell Halaf. Keilschrifttexte aus einer assyrischen Provinzhauptstandt, Berlino 1940; R. Bowman, The old aramaic alphabet at Tell Halaf, in American Journal of Semitic Languages, LVIII, 1941, pp. 359-367; H. Frankfort, The Art and Architecture of the Ancient Orient, Harmondsworth 1954; R. Naumann, Architektur Kleinasiens, Tubinga 1955; W. F. Albright, The date of the Kapara period at Gozan, in Anatolian Studies, VI, 1956, pp. 75-85; M. von Oppenheim, Tell Halaf (pubblicazione ufficiale degli scavi): I: Die praehistorischen Funde, a cura di H. Schmidt, Berlino 1943; II: Die Bauwerke, a cura di F. Langenegger, K. Mueller, R. Naumann, Berlino 1950; III: Die Bildwerke, a cura di D. Opitz., Berlino 1955; IV: Die Kleinfunde aus historischer Zeit, a cura di B. Hrouda, Berlino 1962.