TELL NEBĪ MEND
Sito archeologico della Siria centrale, c.a 30 km a S della città di Ḥoms. Questa sua posizione, nella fertile valle dell'Oronte, ne fece nell'antichità un centro particolarmente importante, situato vicino al principale collegamento N-S tra la Siria e la Palestina e a quello E-o tra la regione interna e la costa siriana. L'ipotesi di identificazione del tell con l'antica Qadeš venne avanzata fin dal 1840 da W. M. Thompson sulla base delle rappresentazioni nei rilievi egiziani di Abu Simbel e Karnak della celebre battaglia tra il re hittita Muwatalli e il faraone Ramesse II, avvenuta nel 1300 a.C.: l'importanza di quello scontro militare è da attribuirsi più alla fama che gli hanno conferito quei rilievi che non all'incidenza politica del medesimo.
La storia del sito è conosciuta dai testi egiziani e ittiti, e nei più recenti di questi la città viene chiamata Kinza; durante il periodo del Bronzo Tardo (1550-1200 a.C.) Qadeš era a capo di uno degli stati più importanti di Siria, e un suo principe guidò la coalizione dei sovrani asiatici che, venuti a conflitto con il faraone Thutmosis III, furono da questi sconfitti nel 1482 a.C. nella battaglia di Megiddo. Nel 1474 a.C. Thutmosis III conquistò la stessa Qadeš, ma un secolo più tardi la città passò invece sotto la giurisdizione ittita, per venire di nuovo riconquistata dalle truppe egiziane di Seti I nel 1317 a.C.; a quell'episodio si riferisce la scena raffigurata nella grande sala ipostila del tempio di Karnak. Di Qadeš successivamente alla battaglia del 1300 a.C. si sa molto poco: due riferimenti compaiono su tavolette rinvenute a Emar, collocabili nell'ampio lasso di tempo tra il 1315 e il 1187 a.C., ma dopo di ciò è il silenzio più assoluto e forse la città perse la propria egemonia per gravitare nell'orbita politica di centri siriani più importanti quali Ḥama e Ribla.
I primi scavi archeologici nel sito furono quelli della spedizione francese di M. Pézard nel 1921-22; l'attività è stata ripresa solo nel 1975 dall'Istituto di Archeologia dell'Università di Londra, sotto la guida di P. Parr. Lo scavo in trincea di Pézard aveva messo in luce parte del sistema difensivo dell'inizio del II millennio a.C., costruito secondo il sistema dei muri a casematte; gli scavi inglesi più recenti hanno appurato che il tell attuale è formato da tre elementi principali: l'acropoli, alta 30 m ed estesa per c.a 10 ha; la città bassa, che costituisce l'estensione meridionale della collina, di c.a 15 ha; e la cinta muraria, conservata nel tratto a O dell'acropoli, circondata da un ampio fossato che, attualmente non visibile nel settore a E del sito, si può ritenere parte del sistema difensivo del Bronzo Tardo. In quel periodo il fossato era riempito d'acqua, come mostra la rappresentazione della famosa battaglia, anche se la ceramica rinvenuta nella zona non risale che al IV sec. a.C. Il complesso dei rinvenimenti effettuati sull'intera superficie del tell ha permesso di stabilire che esso conobbe una forma di insediamento a partire dalla prima metà del VI millennio a.C.; sui resti di questa fase abitativa, assai verosimilmente non la prima, si impiantò quella del III millennio, documentata da tronconi di strutture murarie con ceramica del tipo di quella rinvenuta nel Palazzo G di Ebla e nel livello J di Ḥama.
In successione sono apparsi i resti architettonici del II millennio a.C. (Bronzo Medio II), con le strutture del muro a casematte, con mattoni crudi su basamento di pietra e contrafforti; lungo la faccia interna di tali muri, intonacati di bianco, correvano dei banchi anch'essi in mattoni. Dai pavimenti di tali ambienti proviene ceramica del tipo di quella rinvenuta nel livello H di Ḥama (Bronzo Medio II). Sembra ci sia stato uno iato temporale tra la fase del Bronzo Medio e quella del Bronzo Tardo, rappresentata dai resti di diversi edifici; uno di questi ha le caratteristiche di una struttura monumentale, con sei distinte fasi ricostruttive che coprono il XIV e il XIII sec. a.C. La costruzione sembra essere un palazzo con funzioni amministrative, riferibile probabilmente al periodo del conflitto tra Ramesse II e Muwatalli, anche se non reca tracce di distruzione violenta e pare sia stato abbandonato in tempo di pace. Da una seconda costruzione del medesimo periodo provengono due tavolette iscritte, due lettere inviate al re di Qadeš Niqmadda, figlio di Aitakama, menzionato nelle lettere di el-'Amārna del 1320 a.C.; proprio questa pur limitata documentazione epigrafica ha costituito la prova che T. N. M. è da identificarsi con l'antica città di Qadeš. L'Età del Ferro è documentata dalle rovine di una grande costruzione del IX-VIII sec. a.C., distrutta forse da una delle campagne assire che interessarono la regione; l'edificio venne poi ricostruito apportando modifiche alla pianta originaria. All'inizio dell'età ellenistica Qadeš conobbe un nuovo momento di fortuna e venne rifondata da Seleuco Nicatore intorno al 300 a.C.: il sovrano le cambiò il nome in Laodicea, in memoria della madre.
La storia di Laodicea ad Libanum non è chiara: spesso menzionata nei resoconti delle guerre siriane tra Seleucidi e Tolemei, appare in itinerarî romani e occupa un posto di rilievo anche nella storia delle chiese bizantine, ma la sua importanza, basata essenzialmente sulla posizione strategica, alla confluenza dell'Oronte con uno dei suoi affluenti maggiori, il Muqadiya, viene meno. Infatti il luogo era stato scelto inizialmente per le grandi possibilità difensive che offriva: a giudicare dalle rappresentazioni egiziane del tempo di Ramesse II, la città era circondata dall'acqua grazie a un canale artificiale, relativamente al quale però ancora non è stata trovata alcuna testimonianza archeologica.
Bibl.: W. M. Thompson, A Journey from Aleppo to Mount Lebanon, in Bibliotheca Sacra, V, 1848, pp. 691-692; M. Pézard, Mission archéologique à Tell Nebi Mend: 1921-1922, Parigi 1931; A. Gardiner, The Kadesh Inscriptions of Ramesses II, Oxford 1960; H. Klengel, Geschichte Syriens im 2. Jahrtausend v.u.Z., II, Berlino 1969, pp. 139-177; J. Pritchard, The Ancient Near East in Pictures, Princeton 1974, pp. 106-107, 287; P. Parr, Tall Nebi Mend-Qadeš, in AfO, XXVI, 1978-1979, pp. 160-162; id., The Tell Nebi Mend Project, in AAS, XXXIII, 1983, 2, pp. 99-117.