tema sospeso
È detta tema sospeso (o soggetto assoluto o, alla latina, nominativus pendens) una costruzione in cui una frase sintatticamente completa è preceduta da un ➔ sintagma nominale isolato con funzione di tema (➔ tematica, struttura). L’elemento anteposto è sempre privo di indicatori della funzione sintattica, ossia di preposizioni, ed è tipicamente ripreso all’interno della frase seguente da un pronome atono (➔ pronomi di ripresa):
(1) Quel ragazzaccio non gli si può dir nulla che si rivolta come un’aspide (De Amicis 1905: 307)
Oltre che da un pronome atono, il legame tra l’elemento anteposto e la frase può tuttavia essere realizzato anche da altre espressioni anaforiche (➔ anaforiche, espressioni), quali pronomi tonici, sintagmi nominali pieni, possessivi, avverbi:
(2) Quelli che moiono, bisogna pregare Iddio per loro (Manzoni 1971: 842)
(3) Il dottor Santi, tutti parlano bene di quel brav’uomo
(4) Io, la mia patria or è dove si vive (Pascoli, “Romagna”, in Myricae, v. 51)
(5) Giorgio, non conosco nessuno che corra così veloce (Benincà 1988: 132)
È anche possibile, infine, che la ripresa anaforica manchi del tutto; in casi come questi, il legame tra l’elemento anteposto e la frase seguente resta del tutto implicito. Queste costruzioni sono a volte distinte dal tema sospeso propriamente detto con il nome di temi liberi (Berruto 1993: 48):
(6) … questo / siamo qui apposta / signore // (Cresti 2000: 171)
(7) la paglia / c’era un levatore // (ivi, p. 129)
A livello prosodico, in tutte le manifestazioni del costrutto la separazione sintattica dell’elemento anteposto si riflette nel fatto che è isolato in un gruppo tonale autonomo rispetto alla frase seguente (➔ intonazione). Questa discontinuità intonativa è segnalata graficamente dalla ➔ virgola in (1-5) e dalla barra obliqua in (6-7).
A causa del carattere irrelato dell’elemento iniziale, il tema sospeso risulta apparentemente sconnesso da un punto di vista sintattico; per questo è censurato dalla grammatica normativa, che lo considera la manifestazione più tipica dell’➔anacoluto, termine con cui si designa una sequenza sintattica irregolare. Nell’italiano contemporaneo, in effetti, il tema sospeso è una costruzione propria solo di registri colloquiali o bassi: lo si trova nella ➔ lingua parlata, specie informale, e in tipi di scrittura che per ragioni mimetiche o stilistiche costeggiano il parlato; oppure nella scrittura dei semicolti. Questa connotazione sociolinguistica e di ➔ registro è anche più accentuata per le varianti prive di ripresa anaforica, come in (6-7).
Da un punto di vista funzionale e strutturale, il tema sospeso è simile alla dislocazione a sinistra (➔ dislocazioni): entrambe sono infatti costruzioni marcate in cui è anteposto un elemento in funzione di tema della frase. Le due costruzioni presentano tuttavia sostanziali differenze sintattiche e di registro. Nella dislocazione a sinistra, di cui è un esempio la seguente frase, da confrontare con (1):
(8) a quel ragazzaccio non gli si può dire nulla
l’elemento anteposto è infatti provvisto di preposizione segnacaso, ed è ripreso obbligatoriamente da un pronome atono legato al verbo, mentre non sono ammesse riprese attraverso le altre forme di anafora esemplificate in (2-5). Va da sé che nei casi di anteposizione di un soggetto o di un complemento diretto ripreso da un pronome atono (Giorgio, non l’ho mai visto oggi) le due costruzioni vengono di fatto a coincidere.
La dislocazione a sinistra si caratterizza insomma per un maggior grado di integrazione sintattica dell’elemento tematico anteposto rispetto alla frase seguente. Nel tema sospeso per contro la relazione tra l’elemento anteposto e la frase sembra essere di tipo piuttosto testuale che propriamente sintattico (Cinque 1981). Questa maggiore integrazione e ‘regolarità’ si riflette anche sul giudizio normativo e sulla connotazione di registro: a differenza del tema sospeso, la dislocazione a sinistra è infatti ormai ampiamente accettata nella ➔ norma linguistica, ed entra con facilità anche nella scrittura funzionale più sorvegliata (Ferrari 2003).
Il tema sospeso esiste in varie lingue europee. Già nelle lingue classiche era presente una costruzione analoga detta nominativus pendens (Havers 1925). In italiano la costruzione è ben attestata fin dai primi secoli, anche in scrittori colti e al di fuori di specifiche intenzioni di imitazione del parlato:
(9) Dimmi, Barlaam, che è ciò, che li miei nemici sono assai io più poderoso di loro (Novellino XXXVI)
(10) Calandrino, se la prima gli era paruta amara, questa gli parve amarissima (Boccaccio, Dec. VIII, 6, 48)
È però precoce, già cinquecentesca, la censura dei grammatici nei confronti della costruzione, che tende così a scomparire dalla scrittura sorvegliata (D’Achille 1990). Un recupero consapevole del tema sospeso a fini stilistici è attuato da ➔ Alessandro Manzoni nei Promessi sposi, e l’esempio manzoniano costituisce un autorevole precedente per vari altri scrittori dell’Ottocento, che accolgono talvolta la costruzione a fini mimetici o di scioltezza stilistica:
(11) Il primo che va in giro la notte gli faremo la pelle (Verga 1980: I, 249)
Tuttavia, né questo recupero letterario né alcune prese di posizione isolate da parte di teorici favorevoli alla costruzione, quali Edmondo De Amicis (nel suo L’idioma gentile, 1905), arrivano a incrinare il veto della grammatica normativa e a fare uscire il costrutto dai confini di registro sopra definiti, promuovendolo a livello della norma.
Boccaccio, Giovanni (1976), Decameron, a cura di V. Branca, Milano, Mondadori.
Cresti, Emanuela (a cura di) (2000), Corpus di italiano parlato, Firenze, Accademia della Crusca, 2 voll.
De Amicis, Edmondo (1905), L’idioma gentile, Milano, Treves.
Il Novellino (2001), a cura di A. Conte, Roma, Salerno Editrice.
Manzoni, Alessandro (1971), I promessi sposi, a cura di L. Caretti, Torino, Einaudi.
Pascoli, Giovanni (2002), Opere, I, a cura di I. Ciani & F. Latini, Torino, UTET.
Verga, Giovanni (1980), Novelle, a cura di G. Tellini, Roma, Salerno Editrice.
Benincà, Paola (1988), L’ordine degli elementi nella frase e le costruzioni marcate, in Grande grammatica italiana di consultazione, a cura di L. Renzi, G. Salvi & A. Cardinaletti, Bologna, il Mulino, 1988-1995, 3 voll., vol. 1° (La frase. I sintagmi nominale e preposizionale), pp. 115-194.
Berruto, Gaetano (1993), Varietà diamesiche, diastratiche, diafasiche, in Introduzione all’italiano contemporaneo, a cura di A.A. Sobrero, Roma - Bari, Laterza, 2 voll., vol. 2° (La variazione e gli usi), pp. 37-92.
Cinque, Guglielmo (1981), Su alcune costruzioni a prolessi in italiano (a confronto con l’inglese, il francese e il tedesco), «Annali della Facoltà di lingue e letterature straniere di Ca’ Foscari» 20, 2, pp. 11-34 (poi in Id., Teoria linguistica e sintassi italiana, Bologna, il Mulino, 1991, pp. 277-309).
D’Achille, Paolo (1990), Sintassi del parlato e tradizione scritta della lingua italiana. Analisi di testi dalle origini al secolo XVIII, Roma, Bonacci.
Ferrari, Angela (2003), Le ragioni del testo. Aspetti morfosintattici e interpuntivi nell’italiano contemporaneo, Firenze, Accademia della Crusca.
Havers, Wilhelm (1925), Der sog. “Nominativus pendens”, «Indogermanische Forschungen» 43, pp. 207-257.