Temi olimpici: il collezionismo
Dei tre grandi filoni del collezionismo olimpico il primo a consolidarsi è stato quello della filatelia, il più certificato, seguito dalla numismatica e dai memorabilia (una sorta di oggettistica celebrativa).
Nel 1982, subito dopo una grande mostra internazionale a Roma, su impulso del presidente del CIO Juan Antonio Samaranch appassionato di filatelia, nacque l'idea di costituire una federazione che riunisse tutti i collezionisti di francobolli olimpici. Samaranch si affidò agli specialisti italiani Giuseppe Sabelli-Fioretti e Maurizio Tecardi. La riunione costitutiva si svolse il 7 dicembre 1982 a Losanna alla presenza di 16 collezionisti e dell'avvocato del CIO, che perfezionò lo statuto della nuova istituzione. Presidente fu nominato Samaranch, vicepresidente il membro del CIO Giorgio de Stefani, segretario Sabelli-Fioretti, vicesegretario Tecardi. La neocostituita FIPO (Fédération internationale de philatélie olympique) prevedeva la possibilità di affiliazione per i singoli collezionisti e disponeva di un discreto budget, riconosciuto dal CIO e stanziato presso i Comitati olimpici nazionali. Lo statuto stabilì che per divenire soci si dovesse presentare una regolare domanda e un adeguato curriculum, a fronte del quale la FIPO avrebbe garantito l'ingresso in un circuito internazionale, anche grazie a un house organ, un bollettino trimestrale che fu curato da Tecardi fino al 1992.
Nel 1985 Samaranch propose una mostra internazionale sul modello delle manifestazioni organizzate in Italia nei primi anni Sessanta. L'evento fu pianificato da Tecardi e si svolse con durata settimanale al Palais de Beaulieu, al centro di Losanna, raccogliendo la partecipazione di circa 40 espositori, invitati direttamente dagli organizzatori. In quell'occasione Samaranch con i suoi principali collaboratori progettò una manifestazione periodica, denominata Olymphilex, e affidò a Tecardi e a Sabelli-Fioretti la prima edizione programmata a Roma nel 1987, nello stesso periodo dei Campionati Mondiali di atletica. Dopo qualche resistenza l'evento fu organizzato in una palestra del CONI al Foro Italico, inizialmente destinata ai giornalisti accreditati per l'evento di atletica.
Olymphilex 1987 si rivelò un grande successo, con caratteristiche della gara-concorso e la presenza di giurati internazionali. Oltre ad alcune collezioni olimpiche furono presentate, in sinergia con i concomitanti Mondiali, collezioni specializzate sull'atletica, a ribadire il gemellaggio in corso. A partire dalle Olimpiadi di Seul 1988, Olymphilex si è legato allo svolgimento del programma olimpico come evento culturale. Fece eccezione una seconda edizione speciale (dopo quella di Roma), svoltasi nel 1990 in Bulgaria (a Varna) per precisa richiesta del membro del CIO Ivan Slavkov e con la partecipazione di collezionisti dell'area orientale. Fino al 1992 Olymphilex riguardava solamente la filatelia. Ammirando l'invidiabile collezione di un ricercatore russo, ricchissima di distintivi, Samaranch decise di estendere nelle edizioni successive il raggio d'azione della rassegna all'oggettistica e alla numismatica. Nell'edizione 2000 vi è stato un importante approfondimento monografico su Berlino 1936 per opera di un collezionista americano di origine europea che, tra gli altri pezzi, ha esposto il bozzetto in gesso della campana olimpica collocata nello stadio della città tedesca 64 anni prima.
Nel 1993 Samaranch nominò una Commissione CIO sulla filatelia, la numismatica e i memorabilia olimpici con un dettato statutario nato dalla preesistente commissione dei collezionisti olimpici, riconosciuta solo ufficiosamente. Di questa istituzione Samaranch è ancora oggi il presidente a testimonianza di una passione personale non spenta dagli impegni e dall'età. La Commissione riunisce le tre federazioni che gestiscono il collezionismo olimpico: alla ben conosciuta FIPO si sono affiancate la FINO (Fédération internationale de numismatique olympique) e la FIMO (Fédération internationale de memorabilia olympique). La FINO si occupa delle raccolte di monete, banconote, gettoni, mentre l'ambito della FIMO copre più in generale tutta l'oggettistica legata allo svolgimento dell'Olimpiade con reperti tra loro molto diversi. Quest'ultima istituzione, tra l'altro, su incarico del CIO, ha provveduto a redigere il catalogo completo delle medaglie dei vincitori delle Olimpiadi e delle medaglie di partecipazione consegnate per ogni evento. Dopo una prima sede provvisoria nella villa 'Mon Repos' a Losanna, sorse quello che è divenuto l'attuale Museo Olimpico, situato nel centro di Losanna, dove confluirono i primi reperti a disposizione con biblioteca e centro studi annessi. Oggi il museo è ricco della collezione filatelica donata da Samaranch e ogni anno è in grado di acquistare alle aste ulteriore materiale, soprattutto relativo alle prime edizioni dei Giochi.
Secondo la più aggiornata statistica del CIO nel mondo vi sono circa 140 musei dello sport e la caratterizzazione olimpica è forte soprattutto nell'area europea, dove il maggior numero si trova in Francia (11), seguita da Germania e Spagna (10), Gran Bretagna (8). Il paese con più musei dello sport al mondo è tuttavia il Canada che ne ha ben 26, la maggior parte dei quali specialistici. Negli Stati Uniti la specializzazione delle Hall of the fame disperde l'unitarietà del materiale olimpico. Esiste un Museo dello Sport anche a Pechino, ma con modesta caratterizzazione olimpica. L'Italia si avvia a colmare questa lacuna. Vi è infatti il progetto di aprire un Museo dello Sport a Roma nell'ex Casa delle Armi, situata in viale delle Olimpiadi. In origine l'edificio, attiguo al Foro Italico, fungeva da accademia di scherma, poi fu trasformato in aula bunker e utilizzato per i maxiprocessi. Ora è stato recuperato dal Ministero dei Beni culturali, che l'ha destinato a questa iniziativa promossa dal CONI con particolare riferimento all'olimpismo. I lavori di ristrutturazione, iniziati nel 1999, hanno portato al ritrovamento di preziosi mosaici di Luigi Moretti raffiguranti atleti con spade e fioretti in stile araldico. Anche a San Marino, in località Serravalle, con la collaborazione di Maurizio Tecardi, è in corso la realizzazione di un locale Museo dello Sport.
L'ampliamento dell'area del collezionismo olimpico è in funzione del numero delle nazioni partecipanti ai Giochi, che ad Atene 2004 con la riammissione dell'Afghanistan e l'affiliazione di due nuovi Stati, Timor Est e Kiribati, ha raggiunto quota 202. Oggi il volume d'affari del settore è praticamente incalcolabile. I collezionisti americani possiedono le raccolte più importanti.
Il collezionista per l'aggiornamento e lo scambio ha a disposizione riviste, associazioni, manifestazioni, newsletter, portali Internet per le transazioni e i contatti, un arco di possibilità impensabile agli inizi. Case d'asta come Christie's, nelle sedi di Londra e New York, organizzano periodicamente vendite specializzate. Tra i memorabilia 'tirano' in particolare i manifesti olimpici con quotazioni che oscillano tra i 1000 e i 6000 dollari al pezzo. Una ingente mole di scambi si muove attraverso i grandi portali Internet, anche quelli non specializzati come E Bay o Amazon. E Bay in particolare ha recentemente promosso l'iniziativa 'Adotta un atleta' indicendo un'asta benefica on-line con 150 lotti a disposizione abbinati a grandi campioni e da questi autografati. Il ricavato è stato devoluto al progetto Special Olympics, organizzazione che promuove programmi di allenamento sportivo e di competizione atletica per ragazzi e adulti afflitti da ritardo mentale.
Il collezionista contemporaneo è sempre più specializzato. Nei tre settori di questa attività il campo più ristretto è senz'altro quello dedicato alle monete (che comprende peraltro anche raccolte di medaglie, gettoni e simili), l'hobby dei francobolli investe un settore relativamente limitato mentre è praticamente sconfinato quello dell'oggettistica. A loro volta i numismatici si possono dividere tra gli appassionati di metalli ricchi o metalli poveri. La Fiera mondiale dei collezionisti olimpici, promossa dal CIO, si svolge ogni due anni a Losanna nel periodo della Pentecoste. Dal 28 al 30 maggio 2004 si è celebrata la X edizione dell'evento sulla terrazza del museo, coperta da una tensostruttura e capace di accogliere dai 120 ai 150 espositori provenienti dai cinque continenti. Altre edizioni in passato si sono tenute a Rio de Janeiro, a Seul e in Norvegia. Per il 2005 è previsto lo svolgimento a Torino, in connessione con i Giochi invernali del 2006, così come la fiera si terrà a Pechino nel 2007 prima dei Giochi del 2008.
L'intuito del collezionista è spesso ancora l'elemento determinante per l'acquisizione di un pezzo importante. Nel popolare mercato romano di Porta Portese è stata acquistata a poco prezzo una medaglia del 1897, data in omaggio da una società sportiva a Carlo Airoldi, l'atleta che si recò ad Atene nel 1896 per partecipare alla maratona ma non venne accettato perché considerato professionista.
Per la prima edizione dei Giochi Olimpici nel 1896 ad Atene il 25 marzo 1896 venne emessa una serie di 12 francobolli con un valore crescente, dal centesimo alle dieci dracme, all'epoca cifra considerevole, assai superiore a quella necessaria per affrancare una lettera o una cartolina. Fu una scelta indovinata perché le poste greche dal ricavato della vendita di 75.000 pezzi di questa serie furono in grado di devolvere al Comitato organizzatore 400.000 dracme, ovvero un terzo del bilancio totale della manifestazione. Quasi l'intera tiratura fu assorbita dal mercato degli appassionati e dei collezionisti, sfruttando indubitabilmente il valore aggiunto del ritorno delle Olimpiadi proprio nei luoghi dove la manifestazione aveva avuto le sue radici nell'antichità. Dunque fu proprio grazie all'emissione e alla diffusione dei francobolli che l'evento poté essere organizzato e in particolare poterono essere inserite nel programma olimpico discipline come il ciclismo e il nuoto.
Nelle edizioni a seguire questo modello di gestione non fu più ripetuto e la centralità del francobollo nella pianificazione dei Giochi progressivamente si perse. Non vi fu emissione di serie specificamente olimpiche a Parigi nel 1900, a St. Louis nel 1904, a Londra nel 1908, a Stoccolma nel 1912, anche se nella città svedese è da sottolineare l'esistenza di un ufficio postale presso lo stadio olimpico per tutta la durata dei Giochi. Vale la pena ricordare che sia nel 1900 sia nel 1904 l'Olimpiade fu organizzata nell'ambito dell'Esposizione universale e dunque emissioni e annulli riguardarono l'evento principale e non quello secondario, sportivo. A Parigi in effetti furono allestiti numerosi uffici postali dedicati all'Esposizione e lo stesso avvenne anche a St. Louis con due annulli celebrativi. Il collezionista olimpico, per assicurare completezza alla propria raccolta, includerà anche queste emissioni o questi annulli nella propria raccolta. Il collezionista filatelico, ancora più specializzato, provvederà a munirsi di un annullo mirato in coincidenza delle date di gara del programma olimpico di maggiore significato, in modo da ricollocare in un alveo specificamente sportivo quando posseduto.
A St. Louis comparvero anche francobolli che ricordavano il passaggio dello Stato dai francesi agli americani. Di ogni serie vennero certificate la tiratura e la modalità di emissione e vendita, prassi peraltro già in vigore nell'edizione dei Giochi 1896. La comunicazione da quel momento diventò informazione abitudinaria contenuta nel rapporto ufficiale dei Giochi Olimpici, riportando il dato ufficiale trasmesso dalle poste del paese organizzatore, fossero esse semplice ufficio o ministero. Nella gran parte dei casi si riesce anche a conoscere il rapporto tra francobolli emessi e venduti. La rimanenza eventuale viene spesso spedita al macero. Maggiore è la tiratura, minore è il valore collezionistico.
Esiste una serie filatelica legata ai Giochi di Atene 1906, non ufficiali in quanto non riconosciuti dal CIO. Per i Giochi di Berlino 1916, non effettuati, sono disponibili i bozzetti di Franz von Stuck. Nel 1920 le poste belghe emisero tre francobolli dedicati all'Olimpiade con una speciale sovrattassa sul prezzo nominale da devolvere alle famiglie dei soldati periti tra il 1914 e il 1918. Nel 1928 il Portogallo produsse la sua prima serie olimpica: il 90% degli introiti doveva servire per finanziare la successiva spedizione olimpica del 1932, ma un contenzioso con il servizio nazionale postale rese alla fine problematica la ripartizione pattuita. I primi francobolli legati a un'Olimpiade invernale furono quelli del 1932, per l'edizione disputata a Lake Placid. Decisamente pregiati i francobolli emessi per Garmisch Partenkirchen nel 1936 che riproducevano il pattinaggio su ghiaccio, lo sci nordico e il bob per un totale di 300.000 pezzi.
È di interesse la storia dei francobolli olimpici legati a eventi non disputati per motivi bellici. Vi è una rara documentazione filatelico-postale per l'evento olimpico del 1940 che in un primo tempo venne assegnato al Giappone nella versione sia estiva sia invernale. Dopo la proclamazione della guerra con la Cina la candidatura giapponese venne ritirata e i Giochi vennero assegnati alla Finlandia (per la versione estiva) e alla Germania (per l'invernale, nuovo riconoscimento per Garmisch che già aveva ospitato i Giochi nel 1936). Lo scoppio della guerra diede il colpo definitivo alle organizzazioni olimpiche di quell'edizione. Tuttavia, nonostante il fallimento, esistono dei certificati annulli postali relativi anche al 1940.
Nel 1944 Cortina preparò pubblicazioni e mappe sui Giochi invernali che si dovevano svolgere sul suo territorio ma non progettò l'emissione filatelica; ciò avvenne nel 1956 quando Corrado Mancioli disegnò quattro francobolli che si possono trovare con due diverse qualità di filigrana. Intanto dal 1948 era invalsa la tradizione di celebrare in tutto il mondo l'evento olimpico con l'emissione di francobolli sportivi e per Cortina 1956 furono più di 40 i paesi che resero omaggio ai Giochi invernali assegnati alla località ampezzana.
Del resto la tradizione filatelica italiana era notevole. Il fenomeno del collezionismo filatelico in Italia era nato e si era esteso negli anni Venti: uno dei precursori fu sicuramente il giornalista Giuseppe Sabelli-Fioretti mentre il conte Cesare Bonacossa, membro CIO, proprietario della Gazzetta dello Sport, mise insieme in quel periodo una collezione importante che custodì e migliorò fino alla morte. Nel 1952 Roma ospitò la prima Mostra internazionale del francobollo sportivo, valorizzata anche dall'emissione di un francobollo celebrativo delle Poste Italiane. La mostra nella stazione Termini, quasi integralmente fondata proprio sulla collezione Bonacossa, riscosse un grande successo.
Un capitano dell'aeronautica, Carlo Condarelli, fu incaricato dal Comitato organizzatore di curare i servizi per i filatelisti per l'Olimpiade di Roma 1960. Munito di un nutrito indirizzario, l'ufficio si preoccupò di distribuire in tutto il mondo le emissioni e gli annulli speciali di Roma 1960. L'emissione fu preceduta da una serie preolimpica datata 23 giugno 1959 con cinque lavori riproducenti monumenti di Roma (Campidoglio, Quirinale, Terme di Caracalla, Arco di Costantino e Basilica di Massenzio) con i cinque cerchi olimpici. Il disegnatore fu ancora Mancioli. Il 25 giugno 1960 uscirono nove valori (anziché gli otto previsti) raffiguranti lo stemma ufficiale dei Giochi, lo Stadio Olimpico, il Velodromo, il Palazzo dello Sport all'Eur, il Palazzetto dello Sport al Flaminio e quattro opere classiche: un console romano, il Discobolo di Mirone, il Pugile in riposo del Museo delle Terme e l'Apoxyomenos di Lisippo. Roma nei giorni dei Giochi ospitò all'Eur una seconda mostra specialistica denominata Olympiakon.
Il testimone, visti i problemi di budget del CONI, fu poi raccolto dal Circolo filatelico e numismatico di Rimini che promosse una manifestazione internazionale ad alto livello, gemellando l'iniziativa con la successiva proposta olimpica e denominandola Verso Tokyo. Con palese riferimento alla prassi olimpica, il cerimoniale programmò l'accensione del fuoco sul tripode di Olimpia e poi il rituale trasferimento verso Rimini. Curiosamente tra gli espositori figurava il futuro presidente del CIO, Juan Antonio Samaranch, che aveva ereditato la collezione dal padre. L'esperimento fu ripetuto nell'imminenza dei Giochi del Messico ma, questa volta, nella vicina Riccione. Invece Verso Monaco nel 1972 si spostò a San Marino, le cui finanze dipendono al 20% dal movimento filatelico.
In seguito, con singole mostre nazionali, si imposero progressivamente Germania, Francia e Spagna, mentre in Svezia più che un forte movimento collettivo spiccavano singoli collezionisti. Fuori dai confini europei, il fenomeno diventò consistente in Giappone ed emerse l'interesse degli Stati Uniti. In Sudamerica il maggiore spessore si registrava in Argentina, ma qualche magnate si segnalava in Brasile e Colombia. In Asia si consolidava progressivamente la Corea del Sud mentre iniziava la cultura del collezionismo in Cina. Ma a tutt'oggi l'Italia è un paese guida per la qualità delle sue collezioni.
Per i Giochi di Mosca del 1980 la produzione filatelica statale fu particolarmente abbondante. Ma al momento del boicottaggio ne scattò un altro, analogo, sul piano filatelico. I collezionisti americani non acquistarono i francobolli sovietici e così si rese disponibile una quantità impressionante di francobolli olimpici che alla fine, saturando il mercato, furono venduti sottocosto, abbassando il valore nominale. Si deve ricordare che l'utilizzo ordinario del francobollo olimpico per via postale fa gioco al collezionista, perché questa diffusione va ad aumentare il valore delle scorte da collezione, che è dipendente dalla tiratura e dall'uso. Naturalmente il buono stato è indispensabile per la quotazione di un qualunque francobollo da collezione.
Nel 1982 Roma ritornò agli antichi fasti del 1960 organizzando, in concomitanza con una sessione del CIO, una mostra internazionale a Palazzo Braschi, Romolymphic, ancora con l'organizzazione di Sabelli-Fioretti e Tecardi. La mostra fu una passerella storica sul francobollo olimpico dal 1896 fino a quel momento. I più grandi collezionisti mondiali presentarono le più complete raccolte olimpiche a disposizione. Ma il 1982 fu soprattutto l'anno della nascita della FIPO che oggi, 22 anni dopo l'intuizione creativa di Samaranch, è arrivato a controllare 31 istituzioni nazionali, raccogliendo più aderenti di qualsiasi altra associazione filatelica. Per l'Italia, all'interno di questa organizzazione, è attiva l'UICOS (Unione italiana collezionisti olimpici e sportivi). Nel 1985 la FIPO, sotto l'alto patronato del CIO, istituì il Premio Olympia che, con cadenza biennale, dà un riconoscimento al francobollo ritenuto più significativo emesso in occasione delle varie edizioni dei Giochi Olimpici.
Non si può tacere in una piccola storia della filatelia olimpica delle varie serie commemorative emesse per il centenario della fondazione del Comitato olimpico (1894-1994) e poi per il secolo di vita della prima organizzazione olimpica (1896-1996). Nel primo caso si distinse la Francia che effigiò il volto del barone de Coubertin replicando un'analoga scelta del 1956. Ma per il secondo lo sforzo fu ancora più considerevole con il massiccio impulso dato dalla FIPO e dal CIO all'UPU (Unione postale universale). Parteciparono all'iniziativa collettiva più di 70 paesi e dunque questa si può considerare la più grande emissione a tema del mercato filatelico. Questo sforzo, compendiato in una serie di quattro volumi editi da Bolaffi, venne da nazioni di ben diversa tradizione filatelica come, tra le altre, Germania, Cipro, San Marino, Cuba, Liechtenstein.
Nella casistica non si ricordano casi clamorosi di francobolli olimpici imperfetti, tali da generare un fenomeno come quello del 'Gronchi rosa' nella filatelia ordinaria. Al massimo la macchina stampatrice può aver saltato un colore facendo perdere al francobollo una componente cromatica annunciata nella descrizione ma siamo nell'ambito di comprensibili errori tecnico-grafici. Più probabilmente il francobollo che non rispecchia le caratteristiche precedentemente indicate non viene neanche messo in commercio, mentre le imperfezioni più tipicamente sportive non invalidano il valore dell'emissione né provocano mai il suo ritiro dal commercio. Per dare un'idea dei valori di mercato si può ricordare che la serie completa di Berlino 1936 (8 pezzi), se in perfetto stato, può essere acquistata dal collezionista per una cifra vicina ai 100 euro. In particolare a Berlino l'enorme tiratura iniziale e la pratica corrente di annulli speciali, ognuno dei quali caratterizzato da una lettera, provocò una grande risposta da parte del mercato dei collezionisti, quasi una corsa all'accaparramento.
In termini generali, una collezione fondata sull'Olimpiade invernale ha più valore di una relativa all'omologo evento estivo perché c'è una minore tradizione filatelica e, parallelamente, anche una minore quantità di pezzi in circolazione. Una busta inviata per raccomandata ha più valore di una busta inviata per posta ordinaria, a maggior ragione se contrassegnata dalla stampigliatura caratterizzante un luogo olimpico (uno stadio, un palazzo dello sport). Di Berlino 1936 si conservano gli speciali moduli postali illustrati con motivi olimpici, utilizzati per i telegrammi. Le collezioni più ambite sono quelle complete con riferimento all'antica tradizione di Olimpia. Opere d'arte, vasi, statue, anfore con scene olimpiche possono essere infatti oggetto di emissioni filateliche contemporanee. In particolare la Grecia, per le Olimpiadi di Atene 2004, ha stampato una vasta serie con il tema degli antichi Giochi Olimpici. Annulli, cartoline e interi postali (cioè le cartoline, i biglietti postali e gli aerogrammi che hanno prestampata l'impronta di affrancatura) vanno ad allargare l'orizzonte delle collezioni.
Tra i pezzi di particolare pregio spicca il valore di mercato di una busta completa riferita alle Olimpiadi di Atene 1896, spedita dalla capitale greca a Istanbul con l'annullo del primo giorno dei Giochi, il 25 marzo, corrispondente al primo giorno di emissione filatelica. La prima quotazione della Bolaffi per questo reperto pregiato fu di 300.000 franchi svizzeri dell'epoca (circa 500.000.000 di vecchie lire). Anche se la serie, in ottime condizioni, veniva giudicata unica nel mercato la cifra era troppo alta per le casse del CIO che avrebbe voluto acquistarla per il Museo Olimpico di Losanna.
Spesso i francobolli legati a eventi precisi si passano il testimone. È di valore un annullo postale emesso il giorno di chiusura dell'Olimpiade invernale di Albertville 1992 con la stampigliatura "Il percorso della fiaccola olimpica" e con un augurale "Arrivederci a Lillehammer 1994".
Non è trascurabile poi la sottosezione del collezionismo filatelico costituita dalla meccanofilia ovvero dalla raccolta delle impronte delle macchine affrancatrici, con diciture e illustrazioni olimpiche utilizzate dagli organizzatori. Le affrancature meccaniche a volte si rivelano preziosi tesori di storia filatelica. Possono anche essere apprezzate collezioni monografiche relative a una sola edizione olimpica, tanto più pregiate quanto più lontane nel tempo. Secondo una valutazione non scientifica ma intuitiva si potrebbe scommettere sull'esistenza di virtuali 'pezzi unici'.
Una serie di francobolli olimpici di attualità è quella emessa il 9 marzo 2004 per i Giochi invernali di Torino 2006: ben 3.500.000 di pezzi riversati sul mercato con la presentazione presso il Museo della Radio e della televisione del capoluogo piemontese alla presenza del ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri, del presidente di Poste italiane Enzo Cardi e del presidente del TOROC (Torino organising committee) Valentino Castellani. In quest'occasione è stata diffusa la prima parte della serie preolimpica con quattro francobolli dedicati a Pragelato (chiesa di Santa Maria Assunta, valore 0,23 euro), Bardonecchia (chiesa di San Pietro Apostolo, 0,45 euro), Torino (Mole Antonelliana, 0,62 euro) e Sauze d'Oulx (scelta la settecentesca fontana di pietra, 0,65 euro). Nel 2005 un'ulteriore emissione riguarderà tre francobolli che raffigureranno Sestriere, Cesana-San Sicario, e Pragelato, completando la serie dedicata ai sette comuni che ospiteranno gare della manifestazione.
Il CONI detiene una notevole raccolta filatelica conservata al Foro Italico, a volte esposta in visione per mostre specifiche. L'Archivio Bonacossa è stato in gran parte smantellato, pezzi rari che ne facevano parte sono stati ritrovati recentemente persino in Ungheria e Romania. Nella collezione di Giorgio de Stefani di rilievo un libro regalato al membro italiano del CIO dal barone de Coubertin con la firma autografa, attualmente nel Museo di Losanna. Più degli altri i collezionisti filatelici sono portati alla ricerca e allo studio della storia dell'olimpismo, più facilmente attraverso il tramite della storia postale.
Curiosamente la Svizzera, che conserva a Losanna nel Museo del CIO grandi tesori filatelici, pur essendo uno dei cinque paesi che hanno partecipato a tutte le Olimpiadi dal 1896 a oggi, non ha avuto uno sviluppo storico all'altezza. I primi francobolli olimpici furono emessi in Svizzera solo nel 1944, nei giorni della Seconda guerra mondiale, in occasione del cinquantenario del CIO.
Il mondo della numismatica olimpica controlla monete, medaglie, gettoni ma anche banconote. Il settore è coordinato dalla FINO, fondata dal presidente del CIO il 24 marzo 1993. L'adesione alla Federazione è aperta a collezionisti di tutto il mondo ed è gratuita.
Un pool di esperti, la maggior parte dei quali è stata direttamente implicata nei programmi di produzione di monete olimpiche a partire da Montreal 1976, lavora a tempo pieno a Losanna per ricercare le monete antecedenti a quella edizione. Il frutto di questa selezione si condensa nelle progressive acquisizioni del Museo Olimpico di Losanna. Qui, nella sala riservata alla numismatica, è esposta la collezione completa delle monete olimpiche dal 1952 al 2004, in doppia copia, per mostrare i due lati delle monete.
In questo settore non esistono grandissime rarità perché la storia della numismatica olimpica risale a poco più di mezzo secolo fa. La prima moneta olimpica fu coniata per Helsinki 1952. In una lega con argento, del peso di 12 g, era firmata da A. Aaltonen e M. Visanti, e contrassegnata da un design semplice e rigoroso: mostrava i cinque cerchi olimpici, centrali rispetto alla scritta 'Olympia' (in alto) e 'Helsinki' (in basso). Il valore nominale delle monete era di 500 marchi finlandesi. L'ufficialità dell'emissione fu garantita dall'intervento diretto della Zecca dello Stato. Il pezzo fu unico ma con due uscite (1951-1952). Le prime medaglie sono le più richieste perché disponibili in minor numero (18.500 esemplari contro i quasi 600.000 del secondo lancio), ma la quotazione non è comunque superiore a 200-300 euro.
In linea generale il valore della moneta olimpica è dato anche dal metallo di fabbricazione. Così le monete di Mosca 1980 furono prodotte anche nelle versioni oro-platino e in questo caso è il pregio del metallo a innalzare il valore materiale. Molto quotate sono le monete gemelle di prima emissione per Sydney 2000, anch'esse in oro, un vanto per i collezionisti che le possiedono. L'Australia per Sydney ha sostenuto un programma di produzione numismatica senza pari nella storia dei Giochi, completamente differente dall'esperienza di Melbourne 1956, la precedente Olimpiade australiana, quando non fu varato un vero e proprio programma di conio e di lancio di monete celebrative. Per il 2000 invece l'unione degli sforzi della Zecca Reale australiana, della Zecca di Perth e del Ministero del Tesoro ha fornito un repertorio completo e a corso legale. Il massiccio programma di promozione è scattato nel 1999 e si è completato entro la fine del 2000, anno olimpico e di fine millennio. Di particolare rilievo è una serie di monete legate come soggetto alle 28 Federazioni sportive internazionali rappresentate ai Giochi di Sydney e realizzate nella scala completa dei metalli: oro, argento e metallo comune, in ordine di valore.
Non sempre tuttavia è il metallo a fare la differenza. È considerata una rarità la moneta coniata per Sapporo 1972 perché per la prima volta compare l'immagine di una torcia olimpica. Nella serie di Lillehammer 1994, invece, è effigiato il re Olaf V, che conquistò una medaglia d'oro nella vela nell'Olimpiade del 1928 e contribuì in gran misura al lancio di quella edizione dei Giochi invernali norvegesi, ma morì nel 1991, prima di vederli realizzati.
Nel 1994 in occasione del centenario della fondazione del CIO vi fu una massiccia produzione di monete olimpiche: furono diffusi 90.000 pezzi in oro e 500.000 in argento, ora quasi tutti saldamente nelle mani dei collezionisti in funzione dei quali per altro il CIO aveva progettato l'emissione. La serie illustra i singoli sport e i progressi del CIO e si dedica al parallelismo tra sport, arte, musica, esaltando il fair play, la visione olimpica, il ruolo delle varie organizzazioni olimpiche: un grande viaggio nell'immaginario e nel reale dello sport. Tra ideazione, sviluppo e diffusione, il lancio delle monete olimpiche impegnò i funzionari dell'organizzazione olimpica per cinque anni, con un'organizzazione transnazionale che si appoggiò ai Comitati olimpici più dinamici e organizzati e coinvolse in particolare le Zecche di Australia, Canada, Francia, Austria e Grecia. La calibratura dell'emissione ha portato al rigido controllo dell'offerta a disposizione, previo il ritiro dal mercato dei pezzi in eccesso, una forma di garanzia e di rispetto anche nei confronti dei collezionisti e di logica incentivazione del mercato secondario.
Le Zecche nazionali in occasione delle Olimpiadi coniano speciali medaglie riservate ai collezionisti. Roma 1960, per esempio, diede un buon impulso a questa produzione. Non si registrano invece monete di libero corso a soggetto olimpico o raffiguranti campioni dello sport. Le uniche monete con soggetti sportivi sono quelle emesse da alcuni paesi nel 1996, in occasione del centenario olimpico: su un lato presentano l'emblema nazionale, sull'altro atleti in corsa con un tipo di raffigurazione che si rifà ad antiche monete greche, coniate in ricordo di qualche vincitore olimpico. Recentemente anche il continente africano, ormai stabilmente ai vertici delle classifiche mondiali in alcune specialità atletiche (in particolare fondo e mezzofondo) si è incamminato verso questa produzione soprattutto per ragioni commerciali.
È abitudine del paese organizzatore dei Giochi produrre almeno due medaglie: la prima serie è riservata agli atleti che salgono sul podio, la seconda a tutti i partecipanti. Le medaglie olimpiche riservate ai vincitori dei Giochi dovrebbero essere chiamate più propriamente 'placchette' poiché il metallo di riferimento più che l'oro è argento ricoperto d'oro. La prima medaglia dei vincitori per Atene 1896 mostra Giove con Nike e un ramo di alloro sul globo terrestre in un disegno di Jules Chaplain. In seguito il disegnatore per eccellenza delle medaglie olimpiche, scelto dal CIO a partire dal 1928, è stato l'italiano Giuseppe Cassioli il cui nome ricorre invariabilmente in buona parte della storia della numismatica olimpica, in abbinamento, di volta in volta, con un autore locale. Il soggetto originale delle medaglie è stato ampiamente modificato nelle ultime edizioni fino ad arrivare all'attuale radicale svincolamento dal modello, un cambiamento autorizzato dal CIO. Le medaglie riservate ai vincitori di Atene 2004 sono state disegnate, dopo regolare bando internazionale, dall'artista greca Elena Votsi.
Dal 1960 in poi, con lo sviluppo del marketing (e la vendita dei diritti alle fabbriche che vincono il relativo appalto) si sono moltiplicate le medaglie-ricordo con la riproduzione del logo. La medaglia di partecipazione di Roma fu realizzata da Emilio Greco. Per quell'edizione dei Giochi la ditta NI (Numismatica Italiana) produsse una nutrita serie di medaglie d'oro di varia grandezza e prezzo, ma l'esperimento non fu commercialmente favorevole. Oggi quei pezzi sono 'superquotati' ma l'offerta risulta nettamente superiore alla domanda di mercato. Scarsa è anche la diffusione delle medaglie non ufficiali, come quella celebrativa prodotta nel 1960 per i Giochi di Roma dall'Hotel Hilton, inaugurato proprio in quell'anno, che non ha mai trovato un'apprezzabile collocazione commerciale. Al contrario sono considerate di eccezionale valore le medaglie legate allo svolgimento dell'Olimpiade di St. Louis nel 1904 di cui, fino a poco tempo fa, si ignorava l'esistenza.
Una sorta di mercato parallelo di questi reperti si fonda sul libero acquisto delle medaglie degli atleti partecipanti ai Giochi ma logicamente le cifre di questi traffici non hanno pubblicità e dipendono dalla particolare condizione d'acquisto. Il fenomeno della vendita delle medaglie olimpiche è stato ingente soprattutto negli anni Settanta-Ottanta, alimentato dagli atleti dell'Europa dell'Est, mantenuti solo dallo sport di Stato, senza nessuna ulteriore prospettiva di professionismo. Oggi questa compravendita è predominio degli atleti africani, ma più spesso le medaglie vengono messe in liquidazione al miglior offerente dalle famiglie dei campioni olimpici al momento della morte dell'illustre parente. Il valore commerciale di una medaglia può anche essere ingente. La medaglia d'oro coniata per i vincitori di Cortina 1956 può essere quotata attorno ai 4000 dollari ma le rarità delle edizioni dei Giochi precedenti possono meritare una valutazione ancora superiore. Il valore di una medaglia relativa a un'edizione invernale dei Giochi è considerevolmente superiore rispetto all'omologo 'pezzo estivo' secondo una logica quantitativa di mercato: il numero disponibile è minore.
La numismatica olimpica obbedisce infatti alle regole generali delle collezioni di monete. Il valore, secondo la tabella comune, è determinato dalla rarità che si valuta in otto gradi: molto comune, comune, non comune, raro, molto raro, rarissimo, della più alta rarità, conosciuto solo in alcuni esemplari. Invece lo stato di conservazione prevede sei classi: bello, molto bello, bellissimo, splendido, fior di conio, fondo specchio. Quest'ultima denominazione indica una lavorazione a fondo lucido e figura satinata, tipicamente moderna.
I collezionisti si scambiano informazioni anche grazie alle riviste di settore come Cronaca numismatica e Panorama numismatico. Un altro sbocco di mercato è nelle aste delle società specializzate. A Roma è attiva l'Italphil, a Torino la Bolaffi, a Pavia la Varesi, a San Marino l'Inasta. Importanti e tradizionali sono inoltre i saloni numismatici che hanno cadenza annuale come quelli di Riccione (a settembre) e Vicenza (a ottobre). Da segnalare poi la radicata presenza sul territorio nazionale di circoli numismatici.
In Italia, tra i singoli collezionisti, Pasquale Polo, segretario in carica dell'Unione italiana collezionisti olimpici e sportivi, possiede la raccolta completa delle medaglie olimpiche di partecipazione, dal 1896 in poi.
Questo nome comprende in generale l'oggettistica da collezione che ruota attorno ai Giochi, come souvenir o prodotto di marketing. Ne fa parte un elenco molto nutrito e disparato di articoli, collocabili nel tempo dai Giochi di Atene 1896 fino alle prossime organizzazioni di Pechino 2008 e Vancouver 2010 con le fondamentali tappe d'attualità di Atene 2004 e Torino 2006: poster, rapporti ufficiali, programmi, biglietti, spille, distintivi, fiaccole, portachiavi, riviste, libri, miniature, ceramiche, bottoni, cravatte, bicchieri, accendini, orologi, portaceneri, taccuini, portadocumenti, bottiglie di vino, carte da gioco, cappellini, pendagli, collane, spazzolini da denti, kimono, portafogli, sciarpe. Il settore, per conto del CIO, è di pertinenza della FIMO, che ogni anno spende una rispettabile cifra per l'acquisto di pezzi di rilievo da esporre nel Museo Olimpico di Losanna .
Il coinvolgimento del CIO ha spinto verso l'alto le valutazioni dei memorabilia. Il movimento dei collezionisti è sempre più intenso, con implicazioni commerciali crescenti a partire dai Giochi di Los Angeles del 1984. Relativo l'influsso dell'industria dei falsi, più diffuso un mercato di secondo grado, ai limiti della legalità. Per esempio, in concomitanza dei Giochi di Sydney, alcune nazioni hanno messo in commercio monete che utilizzavano il logo olimpico senza chiedere il permesso e senza pagare i diritti ai legittimi proprietari.
Anche per questi oggetti di culto la vendita all'asta in Internet, tramite portali più o meno specializzati, rappresenta la via di scambio più efficace. Alcune collezioni sono specializzate per sport, compresi quelli che sono stati progressivamente cancellati dal programma olimpico. Com'è intuibile, più si risale nel tempo più il valore cresce, inoltre i memorabilia legati ai Giochi programmati ma non effettuati (edizioni del 1916, 1940, 1944) oppure a quelli solo ufficiosi di Atene 1906, hanno un valore aggiunto.
Persino prodotti di largo consumo comune come bevande e cibo possono inserirsi nel filone del collezionismo. Ci sono anfore contenenti vino dei Castelli Romani che si fregiano dell'etichetta dell'Olimpiade di Roma, nonostante la mancata concessione di una licenza. Ma il controllo dal 1972 in avanti si è fatto severo e anche per questo genere di prodotti è stata controllata l'ufficialità del marchio, come si può constatare per esempio nei cioccolatini messi in commercio per i Giochi di Los Angeles, con la dicitura 'official snack of Olympic Games 1984'. Naturalmente questo tipo di collezione è parallela alla raccolta di utensili, come bicchieri e piatti.
È stato calcolato che i collezionisti di autografi coprano il 10% dell'attività di mercato dei memorabilia e ne costituiscano comunque la parte più dinamica e aggressiva. Il valore dell'autografo cresce se è riportato su una cartolina olimpica spedita con francobollo e regolare annullo dei Giochi oppure su una foto originale del campione ritratto durante lo svolgimento dell'Olimpiade o anche se accanto alla firma sono segnate anche la performance e la data dell'impresa, per esempio un record mondiale in atletica. In questo campo esiste il considerevole rischio di falsi, tanto che ci sono appositi servizi di perizie professionistiche. Nel mercato mondiale dettano legge gli Stati Uniti con il puntuale riferimento della rivista Autograph collector magazine.
Il settore comprende libri, rapporti non ufficiali, mappe, bollettini, pubblicazioni d'uso prodotte dagli sponsor. In Italia il punto di riferimento è la Biblioteca nazionale dello sport del CONI a Roma, fondata nel 1934 e potenziata da Bruno Zauli, che costituisce il più importante centro italiano di documentazione sullo sport e l'olimpismo. In questa biblioteca, dotata di banca dati ed emeroteca, sono catalogati circa 35.000 volumi. I collezionisti nelle loro ricerche si rivolgono alle librerie di usato, ai rigattieri, o alle numerose librerie di sport disseminate sul territorio nazionale, o alle riviste specializzate. Oltre al materiale olimpico delle raccolte fanno in genere parte trattati sullo sport, manuali di didattica nella fase pionieristica dello sport, regolamenti. Per valutare la quotazione di un'opera rimane essenziale il suo stato di conservazione oltre che l'anno di edizione. Discreta la quotazione degli Annuari dello Sport, di produzione pubblica o privata, miniera di risultati e notizie in cronologia.
Hanno un valore maggiore se abbinati a un evento di grande eco olimpica e soprattutto se intonsi, dunque mai utilizzati e non separati dalla contromarca. Negli Stati Uniti sono molto ricercati quelli legati a eventi pugilistici, come per esempio il biglietto della finale olimpica di Roma 1960 in cui conquistò la medaglia d'oro Cassius Clay.
Riproducono i cinque cerchi olimpici, con il logo dell'Olimpiade, data e luogo dell'evento. Per Torino 2006 è stata aggiunta l'immagine stilizzata della Mole Antonelliana.
Spesso, in contesto olimpico, sono abbinate al logo, al nome dello sponsor, all'immagine della mascotte. Talvolta riproducono foto di campioni di riferimento del paese organizzatore dei Giochi. Sul mercato hanno una quotazione comprensibilmente modesta, legata a un valore d'uso. È comunque un genere collezionistico che conoscerà probabilmente una progressiva estinzione per il calo del consumo telefonico pubblico in favore di quello privato, anche tramite la diffusione dei telefoni cellulari. Il volume Guida alle schede telefoniche italiane aiuta a orizzontarsi in questo universo; esiste inoltre un numero verde della Telecom a cui richiedere, grazie all'inserimento in speciali mailing lists, il listino delle ultime emissioni. I soggetti legati al calcio hanno sempre superato per quantità quelli olimpici ma nel centenario dell'organizzazione dei Giochi (1996) c'è stata un'emissione molto gradita dai collezionisti. Ovviamente una scheda telefonica è commerciabile se integra.
Anche se costituiscono una piccola nicchia del collezionismo, hanno un loro significato come documentazione storica, geografica e sociologica dell'evento. Hanno particolare valore le cartoline firmate da de Coubertin agli albori della rinascita olimpica. Un certo numero è conservato nella sezione 'documenti' del Museo Olimpico di Losanna, insieme alle molte testimonianze epistolari del barone. Ne comprende alcune anche la collezione di Maurizio Tecardi, il cui punto di forza è costituito dalla prima serie olimpica tirata in Italia, risalente al 1906; della raccolta fa parte anche una cartolina spedita da Roma nei Giochi dell'Olimpiade 1960 con la firma di Livio Berruti e Wilma Rudolph. Il TOROC ha già diffuso sul mercato 23 cartoline celebrative di Torino 2006. Intercard e Millecartoline sono le due riviste che agiscono come punto di riferimento per gli scambi.
I primi distintivi di qualificazione (badge) risalgono ad Atene 1896, dove i partecipanti furono dotati di un cartoncino colorato di riconoscimento: rosa per i giudici di gara, blu per gli atleti, rosso per i dirigenti. Dopo il varo di un prototipo sperimentale all'Olimpiade di Parigi 1900, a Londra 1908 venne introdotto il badge metallico che sopravvisse fino al 1972, per i Giochi di Monaco, con formulazioni molto varie anche nell'ambito della stessa edizione. A titolo d'esempio, per l'Olimpiade di Roma 1960 furono diffusi 64 tipi diversi di badge. In seguito il badge è stato sostituito dalla carta d'identità olimpica che ha, come interfaccia, l'accredito.
Sono in vendita pezzi effettivamente utilizzati durante il trasferimento della fiamma olimpica, che portano i segni dell'uso con il classico annerimento dovuto al fuoco, e reperti di magazzino mai usati, che fanno parte di una produzione ridondante. In generale hanno quotazioni ragguardevoli. Nella storia delle fiaccole olimpiche la più elaborata fu senz'altro quella progettata per l'Olimpiade di Berlino 1936, prodotta dalle officine Krupp. Di grande valore sono le fiaccole di Helsinki 1952, perché le originali in argento e radica furono solo 22 mentre per i trasferimenti vennero utilizzate delle copie. Una fiaccola originale di Cortina 1956 è stata venduta a 15.000 dollari, una di Roma 1960 a 6000 dollari. A Sydney 2000 le fiaccole sono state regalate agli staffettisti olimpici in cambio della loro disponibilità. A Salt Lake City 2002 il Comitato organizzatore ne ha messo in vendita un numero limitato, assecondando in primo luogo le richieste dei collezionisti che facevano parte della famiglia olimpica. Atene 2004 ha ripetuto l'esperimento ma distribuendone un numero maggiore dato che il protocollo di trasferimento da Olimpia ad Atene ha previsto una sorta di giro del mondo, iniziato con l'accensione a Olimpia il 25 marzo 2004 e concluso ad Atene il 13 agosto dopo aver toccato 27 città sedi dei Giochi estivi. La fiaccola olimpica di Atene 2004, opera dell'artista greco Andreas Varotsos che si è ispirato a una foglia di ulivo, simbolo della Grecia e della pace, pesa 700 g ed è alta 69 cm. Un pacchetto di 43 fiaccole olimpiche è stato messo in vendita a 113.000 dollari.
La casa editrice Panini per i Giochi di Roma 1960 produsse un album olimpico, messo in vendita a 50 lire. L'esperimento fu replicato in occasione di Monaco 1972 ma con modesti risultati commerciali, assolutamente non paragonabili a quelli raggiunti da analoghi prodotti sul calcio. Oltretutto tecnicamente l'operazione si prestava a molte controindicazioni per le difficili previsioni sull'identità dei partecipanti. Così la produzione è stata abbandonata e lo stesso è accaduto in America, per la schiacciante superiorità commerciale delle figurine legate ai campionati nazionali di hockey su ghiaccio, football, baseball o basket, che hanno anche il vantaggio di un andamento continuativo a fronte di quello quadriennale dell'Olimpiade. Il collezionista Gianni Bellini, modenese, ha una delle più importanti raccolte mondiali.
La tradizione fu inaugurata ai Giochi di Berlino del 1936 con un coloratissimo esemplare con i cinque cerchi olimpici, circondati dalle bandiere di tutti i paesi partecipanti. Si tratta di un prodotto marginale, a volte ai limiti del kitsch, altre nel confine di un onesto decoro.
Il manifesto olimpico, la cui emissione è evidentemente circoscritta alla fase di lancio dei Giochi, ha per tradizione un buon mercato. Il primo prodotto fu quello di Stoccolma 1912, firmato da Olle Hjortzberg, stampato in sette colori e sedici lingue e quotato alle aste circa 2000 sterline. Per il 1916 esistono manifesti olandesi che annunciavano un'Olimpiade poi non disputata. Negli anni Venti-Trenta la diffusione diventò ordinaria e spesso incentivata da appositi concorsi, come a Parigi nel 1924. Il manifesto di Los Angeles 1932, firmato dall'artista ungherese Julio Kilenyi, verteva sul tema del messaggio di pace e fu realizzato con una tecnica sofisticata di fotomontaggio. Alle aste i manifesti di Berlino 1936 hanno una valutazione che va dai 2250 ai 3000 dollari a dimostrazione che non è solo la lontananza dell'evento nel tempo a connotare il valore dell'oggetto: particolarmente pregiato in questo contesto è il manifesto che pubblicizza la pellicola Olympia 1936 di Leni Riefenstahl. Nel 1938 Ilmari Sysimetsa disegnò il manifesto per i Giochi previsti in Finlandia nel 1940 e mai realizzati, con soggetto la corsa del connazionale Paavo Nurmi, che poi fu ripreso 14 anni dopo, per i Giochi regolarmente effettuati a Helsinki nel 1952. Il manifesto di Roma 1960, firmato dal noto pubblicitario Armando Testa, fu prodotto in una dozzina di versioni multilingue e la versione in cinese è quotata addirittura 1200 dollari. Per Città del Messico 1968 si tocca il punto più alto della produzione con 126 diversi manifesti per 1.500.000 esemplari a disposizione. Per Torino 2006 i manifesti sono firmati tra gli altri da Ugo Nespolo e Marco Lodola. La collezione di manifesti del Museo Olimpico di Losanna ha meritato la pubblicazione di un catalogo specifico. In Italia il maggiore scambio si ha nelle due aste annuali di poster organizzate (a maggio e a dicembre) da Bolaffi, che pubblica anche il catalogo Poster International in cui sono riportati gli esiti più importanti delle principali case d'asta del mondo.
Il pupazzo-simbolo abbinato a ogni edizione olimpica, estiva o invernale, è in peluche o plastica, in ceramica o in panno. La prima mascotte olimpica, non ufficiale, risale a Grenoble 1968: si chiamava Schuss e si trattava di un curioso omino sugli sci. In seguito si trovano Waldi (Monaco 1972), Snowman (Innsbruck 1976), Amik (Montreal 1976), Roni Racoon (Lake Placid 1980), Misha (Mosca 1980), Vucko (Sarajevo 1984), Sam (Los Angeles 1984), Hidy-Howdy (Calgary 1988), Hodori (Seul 1988), Magique (Albertville 1992), Cobi (Barcellona 1992), Hakon-Kristin (Lillehammer 1994), Izzy (Atlanta 1996), Snowlets (Nagano 1998), Olly-Syd-Millie (Sidney 2000), Powder-CopperCoal (Salt Lake City 2002). Ad Atene 2004 sono stati di scena Athina e Phibos.
Generalmente in ceramica, appartengono a una tradizione instaurata a partire dall'Olimpiade di Amsterdam 1928.
Pins (spillette). L'uso dei pins da apporre al bavero della giacca, o infilati nell'occhiello o sistemati di traverso a spalletta, iniziò nel 1948 e, dopo il rodaggio delle edizioni olimpiche 1952 e 1956, si affermò definitivamente con i Giochi di Roma 1960. Il pin si ricollega al logo della manifestazione con infinite variazioni, a partire dai pittogrammi che illustrano con immediatezza ed efficacia i vari sport previsti dallo svolgimento olimpico. Il collezionismo, profondamente diverso da quello dei francobolli, è particolarmente vivace in quanto alimentato da un materiale popolare, accessibile a ogni tasca, rinvenibile magari casualmente sulle bancarelle dei grandi mercati, anche se con minore frequenza rispetto agli anni Sessanta-Settanta. D'altra parte questa sezione dei memorabilia ha un futuro notevole, legata com'è allo sviluppo del marketing olimpico e di un consumo di facile fruibilità, a disposizione anche dei soggetti non particolarmente interessati all'Olimpiade e allo sport. Non a caso il fenomeno è esploso in pieno ai Giochi di Los Angeles 1984 dove circa 10.000 persone al giorno visitarono il centro di scambio dei pins, allestito nella fabbrica di birra Anheuser-Busch. Nel 1988 a Calgary la municipalità locale e la Coca Cola sponsorizzarono un centro di scambio offrendo ospitalità ai collezionisti. A Barcellona 1992 il volume degli scambi fu calcolato sui 2 milioni di pezzi. Ad Atlanta 1996 la produzione raggiunse il massimo, con circa 7000 pezzi e l'acquisto o lo scambio di circa 6 milioni di esemplari. Accanto ai pins ufficiali prolificano quelli dello sponsor: produzioni poco costose e quanto mai remunerative, industrialmente efficaci per diffondere un marchio, spesso regalate come gadget. La Coca Cola per Atlanta 1996 pubblicò addirittura un catalogo in vendita al prezzo di 20 dollari per l'orientamento nell'universo dei pins, mentre nella Pin trading school si poteva imparare di tutto sull'arte di scambiare efficacemente un distintivo. Per Sydney 2000 sono stati prodotti 1500 diversi tipi. Roma, in previsione dell'Olimpiade 2004 che poi non le è stata assegnata, ha prodotto migliaia di pins in due versioni, di cui una a tiratura più limitata. Per l'edizione invernale del 2006 Torino, a partire dal 2002, ha già emesso più di 100 pezzi, disegnati da Tatiana Kornilova.
Le collezioni dei distintivi più importanti vengono mostrate in una teca e valorizzate dalla collocazione su raso o velluto colorato. Nell'esposizione possono essere scelti criteri monografici, privilegiando un singolo sport o un singolo comitato olimpico, o cronologici, Olimpiade dopo Olimpiade. Il valore del singolo pin, generalmente modesto, non dovrebbe incoraggiare l'industria del falso ma recentemente sono apparsi i primi segni di un mercato illegale. Per ovviare a tale possibilità sul retro del distintivo è inserito il marchio del licenziatario. Inoltre la ditta produttrice è tenuta a certificare il numero dei pezzi messi in commercio e il dato in genere viene riportato nel bollettino ufficiale CIO. Lo scambio, come avviene per le figurine, è alimentato da doppioni conservati in buone condizioni. Per i pezzi più pregiati si registra una maggiorazione fino al 5000% del prezzo originario. Si segnala un grande interesse per le piccole produzioni di paesi geograficamente e sportivamente di secondo piano. Il momento di maggior aggregazione è la Fiera mondiale del collezionismo olimpico organizzata dal CIO. In Italia l'attività si svolge in subordine a quella filatelica ma non è raro incontrare degli stand interamente dedicati ai pins. Il valore di quelli olimpici sul mercato è nettamente inferiore a quello degli omologhi calcistici. A parità di anno gli esemplari legati ai Campionati Mondiali di calcio prendono infatti il sopravvento su quelli diffusi in relazione all'evento olimpico. I collezionisti più forniti al mondo sono gli statunitensi, dotati di una associazione di sostegno, l'Olympin, che conta su quasi un migliaio di soci. Colorado Springs è considerata la capitale, soprattutto perché vi si svolge una fiera-mercato che attira appassionati non solo dagli Stati Uniti. I massimi produttori mondiali come l'Aminco International, Laurie Artiss Ltd e le Trofé commissionano la manifattura in Asia sfruttando il basso costo della manodopera.
Giornalieri, documentano l'andamento quotidiano dei Giochi e hanno quindi un notevole valore documentario e memorialistico.
Sono le pubblicazioni edite dai Comitati organizzatori dei Giochi alla fine dell'Olimpiade e contengono tutti i dati ufficiali sulla manifestazione; in tempi recenti (come a Nagano) sono stati abbinati a un compact disc. Il primo di questi documenti, quello di Atene 1896, ha raggiunto la quotazione di 6000 dollari. Unico è il caso del rapporto relativo alla preparazione dell'Olimpiade di Tokyo 1940, mai disputata. Non può essere giudicato un rapporto ufficiale lo Spalding's che presenta tutti i risultati di Atene 1906, evento non riconosciuto dal CIO. Ai rapporti si affiancano i volumi non ufficiali prodotti dai singoli Comitati olimpici nazionali.
La Revue Olympique, rivista ufficiale del CIO, dà preziose indicazioni sui memorabilia, costituendo la mappa ideale per perlustrare i tesori dell'oggettistica legata ai Giochi, documentata attraverso rubriche specifiche. Questo periodico, fondato nel 1901 e riconvertito attraverso varie formule fino a quella pressoché definitiva del 1971, raccoglie l'eredità di quello che all'inizio era lo spartano bollettino del CIO (prima uscita nel luglio del 1894). Le collezioni dei quotidiani sportivi sono più facilmente patrimonio delle biblioteche che dei collezionisti e offrono un imponente repertorio informativo-culturale sull'olimpismo. Più rare sono le riviste polisportive. Nelle raccolte storiche in Italia troviamo in buona evidenza Il Guerin Sportivo che propone anche una rubrica per gli scambi dei collezionisti, più facilmente calcistici che olimpici. Pregiata la riedizione, in un tentativo di rilancio poco apprezzato dal mercato editoriale, de L'Illustrazione dello Sport, famosa per le pregiate foto in bianco e nero. Legate agli anni Cinquanta le raccolte de Lo Sport Illustrato, Il Campione, Lo Sport.