TEMPERA
Sotto questo nome sono oggi comprese quelle tecniche pittoriche le quali si valgono, come agglutinante del colore, di materie assai diverse, fra cui le colle, le gomme, il latte, la cera sciolta in essenze, ecc.; ad eccezione dell'olio. La parola deriva da "temperare", "stemperare", "distemperare" i colori; e designa anche i liquidi a tale scopo adoperati. Il Cennini la applica anche all'olio, benché ai suoi tempi il nome tempera avesse finito per riferirsi quasi esclusivamente alla mescolanza dei colori col torlo d'uovo, procedimento questo tipicamente italiano, allora di generale diffusione, oggi abbandonato.
La tempera all'uovo fu soppiantata interamente dalla pratica dell'olio, che verso la fine del secolo XV ebbe rapidissima diffusione. Gli elementi utili alla pittura che l'uovo contiene sono la vitellina, analoga alla caseina, l'olio d'uovo e l'albumina. Il torlo, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, non altera sensibilmente il colore dei pigmenti coi quali lo si impasta, per lo piu a parti uguali; esso ne lega bene le molecole e gli strati che si sovrappongono dipingendo; conferisce al tono freschezza, splendore e solidità a tutta prova, la maggiore che venga offerta da qualsiasi altro processo pittorico. Lo strato di pittura asciuga sollecitamente senza che i colori abbiano per questo a cambiare, e diviene rapidamente durissimo. Gli antichi vi mescolavano spesso delle resine previamente disciolte in essenza; il lattificio di fico, il vino, la birra e anche, talvolta, la cera, dopo averla resa in certo modo solubile nell'acqua per mezzo della calce.
La tempera oggi in uso è quasi esclusivamente quella a colla animale, di frammenti di pelle (limbellucci). Meno usata perché cristallina è la colla di pesce. La colla, ottenuta a bagnomaria e in tal modo mantenuta liquida, viene mescolata al momento di dipingere al colore previamente macinato con acqua e classificato in vasetti. Si può dipingere sulla tela, con imprimitura naturalmente a gesso; sul legno, sul cartone, sul muro preparato a colla.
La difficoltà maggiore del procedimento viene dalla grande differenza che i colori presentano dallo stato bagnato a quello asciutto. Né mantenendo (quando ciò è possibile, come sulla tela che può inumidirsi al rovescio) la pittura umida durante il lavoro la difficoltà si elimina, perché il cambiamento del colore avviene anche nel tono oltre che nel valore, e varia di entità secondo le materie coloranti. Per quanta pratica si abbia, non è possibile ottenere con precisione ciò che si vuole; bisogna rassegnarsi a lasciare un congruo margine all'imprevisto, accontendandosi di una pittura facile, piacevole, di esecuzione brillante. Vi sono oggi tuttavia in commercio colori a tempera già preparati che cambiano poco nell'asciugare, per la presenza, nella pasta, di ingredienti di varia natura; ma la pittura che ne risulta non ha la delicatezza né la luminosità della vera tempera. Caratteri particolari alla tempera sono l'opacità e la chiarezza luminosa, che la avvicinano al pastello, del quale, peraltro, essa non ha il vellutato. Questi suoi requisiti, insieme col vantaggio grandissimo della rapidità di esecuzione, consentita dall'impiego dell'acqua, la rendono di larghissimo uso nella decorazione e specialmente nella scenografia.
Una varietà di tempera è la pittura a guazzo, procedimento antichissimo nel quale la gomma sostituisce la colla animale. Anche il guazzo, che ha minor corpo della tempera a colla, ed è di esecuzione ancora più spedita, trova nella scenografia la sua maggiore utilizzazione.
Altra varietà è la tempera a cera, che si fa mescolando gli ordìnari colori ad olio (ai quali tutto l'olio possibile fu prima sottratto con carta assorbente) con cera bianca rettificata sciolta nell'essenza di petrolio o di trementina. Tale pittura, ottima per la decorazione murale, ha un bellissimo aspetto opaco, ed è di una solidità a tutta prova. Presenta anch'essa, tuttavia, gli stessi inconvenienti della tempera a colla per quanto riguarda le alterazioni di tono nell'asciugare; ma in grado assai più limitato e tollerabile.
Per l'antichità il maggior gruppo di pitture a tempera conservateci è costituito dalla decorazione delle tombe etrusche (soprattutio Tarquinia e Chiusi), che vanno dal sec. VI al II a. C. Non è noto di quale sostanza si servissero i pittori delle tombe etrusche come agglutinante; i colori però restavano molto fluidi ed erano distesi sulla roccia tufacea, nella quale erano scavate le camere sepolcrali, preparata con un'ammanitura di "stucco", o su uno strato di intonaco. Sull'ammanitura sono segnati talvolta a leggiero graffito gli abbozzi delle scene dipinte, e questo ha fatto dire a molti archeologi che si trattava di affreschi. Ma l'ammanitura può anche mancare e in nessun caso si notano zone di attacco nello strato, sempre sottilissimo, dello stucco. È probabile che analoga tecnica venisse usata anche in Grecia, dove però si sviluppò la tecnica dell'encausto (v.), che distinse la pittura greca di età classica da quella degli altri popoli antichi, come la vernice lucida distingue la ceramica greca dalle altre. I dati però che si hanno sulla pittura classica, in mancanza di opere originali, sono incerti e contradditorî. Nelle pitture parietali romane e pompeiane la tempera si trova spesso unita all'affresco. Ricerche chimiche e microscopiche hanno fatto riconoscere che la tempera era fatta con chiara d'uovo e polvere di pomice, che ha la qualità di essere del tutto trasparente, e di fissare, imbevendosene, la sostanza colorante. Anche nei ritratti trovati sulle mummie del Fayyūm (II-III sec. d. C.) si hanno esempî di tempera, specialmente su tela, ma anche su legno di tiglio o di sicomoro con imprimitura a gesso, e su tela incollata al legno (v. pittura).
Bibl.: E. Berger, Beiträge zur Entwicklungsgeschichte der Maltechnik, Monaco 1904 segg.; G. Previati, La tecnica della pittura, Torino 1905; Rählmann, Über die Maltechnik der Alten, Berlino 1910; J.-G. Vibert, La science de la peinture, Parigi 1925; M. Doemer, Malmaterial und seine Verwendung, Stoccarda 1935, 5a ed.; L. Branzani, Le tecniche, la conservazione, il restauro delle pitture murali, Città di Castello 1935.