tempia
Un diretto riferimento alle due regioni temporali si ha nella descrizione della metamorfosi di Francesco Cavalcanti che, dopo aver assunto la forma umana in tutto il corpo meno che nella testa, muta il suo muso di serpente in volto d'uomo: If XXV 124 [il muso] trasse ver' le tempie, / e di troppa materia ch' in là venne / uscir li orecchi. Con maggior estensione di significato, in If IX 42 [le Furie] serpentelli e ceraste avien per crine, / onde le fiere tempie erano avvinte; e in Fiore CCXIII 11 [Sicurtà] con ambo le mani, / a le tempie a Paura sì s'afferra (qui, anzi, par logico supporre che la presa di Sicurtà interessi anche parte della faccia).
L'uso estensivo è ancor più evidente in altri esempi. Che in Pg XII 135 (le lettere che 'ncise / quel da le chiavi a me sovra le tempie) il vocabolo si riferisca alla fronte, è dimostrato dal confronto con IX 112-113 Sette P ne la fronte mi descrisse / col punton de la spada. Analogamente non può non indicare l'intero giro del capo in XXI 90 a sé mi trasse Roma, / dove mertai le tempie ornar di mirto, e tutta la testa nell'accenno allo scempio perpetrato da Tideo sul cadavere di Melanippo: non altrimenti Tidëo si rose / le tempie a Melanippo per disdegno (If XXXII 131).
L'invettiva di Cacciaguida contro la compagnia malvagia e scempia dei Bianchi esuli si conclude con la profezia che, poco dopo il distacco di D. da lei, ella, non tu, n'avrà rossa la tempia (Pd XVII 66): non di vergogna, ma di sangue, spiega il Vandelli confortando questa interpretazione con la variante rotta, anche se sprovvista d'autorità (v. Petrocchi, ad l.); ma, se è così, t. non può indicare la fronte come propone il Porena in nota a IX 12, ma dovrà riferirsi all'intero viso, sia pure riconoscendo a tutta l'espressione un ovvio valore metaforico. È invece coerente il Fallani quando commenta: " gli esuli bianchi avranno la fronte coperta di rossore per la vergogna ". Si noti inoltre come questo sia l'unico caso di uso del sostantivo al singolare.
Ha valore metaforico anche nell'apostrofe agli uomini i quali, distogliendo i loro cuori dai beni celesti, si lasciano attrarre dalle vanità terrene: Ahi anime ingannate e fatture empie, / che da sì fatto ben torcete i cuori, / drizzando in vanità le vostre tempie! (Pd IX 12). Il senso complessivo è chiaro, mentre meno facilmente definibile è l'origine del traslato, come giustamente osserva il Porena: " tempie... qui sarà o la testa per dire la mente, o la fronte per dire gli occhi ".