CLINIO, Teodoro (Clingher, Climus, don Teodoro da Venezia)
Nacque probabilmente a Venezia certamente prima del 1560 (dato che nel 1584 egli era già sacerdote). Si ignora con chi abbia studiato musica e si può soltanto supporre che egli abbia frequentato la scuola di qualcuno dei numerosi musicisti allora attivi nella città lagunare. Si ignora anche quando egli sia entrato nell'Ordine dei canonici regolari lateranensi del SS. Salvatore; il fatto che la sua appartenenza a tale Ordine sia esplicitamente attestata soltanto nell'edizione delle Passioni del 1595 e non nelle Messe di tre anni prima indurrebbe a pensare che la sua entrata nell'Ordine sia avvenuta nel frattempo; ma ciò sembra poco probabile, risultando il C. - come s'è accennato - già sacerdote nel 1584. Il 26 novembre di quell'anno infatti egli sottoscriveva il primo pagamento documentato quale maestro di cappella della cattedrale di Treviso qualificandosi come "don Teodoro". L'accesso a tale ufficio doveva essere avvenuto perlomeno da qualche mese, dato che il predecessore, il conventuale Sisto Galli, aveva lasciato l'incarico fin dal settembre 1583. La discontinuità della documentazione archivistica non permette di seguire continuativamente la presenza del C. al vertice della cappella musicale trevisana; il primo periodo durò almeno fino al 30 nov. 1585; il secondo è documentato dal 10 apr. 1592 a tutto il 1597: il 28 dicembre di quest'ultimo anno egli otteneva su sua richiesta un attestato di buon servizio dal capitolo. Nel frattempo, dal 1586 al 1590, aveva ricoperto anche la qualifica di cappellano delle monache di S. Parisio a Treviso, con l'interruzione dal 1º ott. 1587 al 1º apr. 1588, periodo durante il quale fu al servizio della cappella musicale dell'arciduca Ferdinando d'Asburgo a Innsbruck (ne ricevette un compenso di settanta fiorini). Per alcuni mesi del 1599 fu poi maestro di cappella al duomo di Montagnana: nominato il 17 gennaio, prese possesso il 25 febbraio, per essere licenziato il 14 novembre successivo per non aver ottemperato all'obbligo della dimora in Montagnana, avendo con ciò determinato interruzioni nell'insegnamento musicale ai bambini e nelle esecuzioni nei giorni festivi. Il 1º dic. 1599 egli era tuttavia di nuovo a Treviso come maestro di cappella in duomo, dove si trovava ancora il 24 maggio 1601.
Dopo questa data si perdono le sue tracce; secondo l'Alberici egli sarebbe morto nel 1602 a Venezia.
Per quanto attiene lo stipendio, a Treviso nei primi due periodi il C. percepiva 90 ducati più cinque staia di frumento (pari al valore di 74 ducati) all'anno, cui si aggiunse una botte di vino (pari a 8 ducati) nell'ultimo periodo; a Montagnana invece il compenso annuale era di solo 100 ducati.
La produzione musicale del C. annovera due opere a stampa e una consistente serie di composizioni manoscritte: la prima comprende Missarum sex vocibus liberprimus (Venezia, G. Vincenti, 1592), e Sacrae quatuor Christi Domini passionestribus,quatuor ac senis vocibus concinendae (ibid., A. Gardano, 1595).
Il corpus delle composizioni manoscritte dal C. ci è pervenuto attraverso due famiglie di codici: quelli già esistenti nella Biblioteca capitolare di Treviso, quasi tutti distrutti da un bombardamento aereo il 7 apr. 1944, ma fortunatamente sopravvissuti almeno in parte nelle copie e trascrizioni di mons. Giovanni D'Alessi (si trattava dei codici num. 26 b, 32, 39 e 42, il primo dei quali è conservato). Più cospicuo il nucleo dei codici conservati a Bologna nella Biblioteca del Civico Museo bibliografico musicale G. B. Martini, tutti redatti in partitura e pressoché coevi - del resto quelli di Treviso - al C. stesso: sono i manoscritti corrispondenti alle segnature Q 12, Q 29, Q 33, Q 37, Q 39, Q 40, Q 41, e S 9.
Non essendo possibile in questa sede rendere ragione della fitta rete di concordanze con cui s'intersecano tra di loro i manoscritti dei due gruppi, ci si limita ad offrire un quadro riassuntivo per generi. Mottetti: 4 canoni a 4 voci all'unisono (Pregate Idio per me,L'homm'armé, senza testo e E di quala vogliamo dire, Q12, nn. 76-79 e Q 41, nn. 33-35 e 38); Duo Seraphim a 6 voci (Treviso 39, n. 13); 4 mottetti a 8 voci (Obone Iesu,Christus factus est,Adoramus te Domine,O Domine Iesu Christe, Treviso 42, nn. 30-33), Alma Redemptoris Mater a 8 voci (Q 40, n. 10), Non vos relinquam a 8 voci (Q 41, n. 20); 3 Mottetti a 12 voci (Amo Christum,Lamentabatur Iacob, entrambi Treviso 42, nn. 21 e 27, Bologna Q 37, nn. 2 e 8), Surgepropera (Q 37, n. 17 e S 9, n. 9); Nuptiae factae sunt a 13 voci (Treviso 42, n. 24 e Bologna Q 33, n. 38 e Q 37, n. 1).
Salmodia a 8 voci: falsi bordoni sugli 8 toni (Q 41, nn. 7-14); 8 Magnificat sugli 8 toni (Treviso 26 b, nn. 8-15; Bologna Q 29, nn. 1-4 e Q33, nn. 30-37, il primo anche in Treviso 39, n. 62); 2 Magnificat I toni (versetti dispari, Q33, n. 39 e Q 41, n. 36); salmi di terza (Ps. 118/111, IV e V in Q39, nn. 27-29); salmi del vespro (Ps. 109, 110, 111, e 112 in Q33, nn. 18-21); Laudate Dominum VI toni (Q 38, n. 5 e Q 41, n. 19).
Salmodia a 12 voci: Vesperae in festis B. Mariae Virginis D. Theodoro Clingher Auctore Ven. ad Ser.um Ferdinandum Archiduc. Austriae (Q 37, nn. 18-25 e S 9, nn. 1-6 e 8: comprende antifona, Ps. 109, 112, 121, 126, 147, 116 e Magnificat, quest'ultimo anche in Treviso, 42, n. 28; in Treviso 32: 9 e 10 anche i Ps. 112 e 116); Completorium (Q37, nn. 26-38: comprende tutti i versetti iniziali, i Ps. 4, 70/1, 90, 133, inno Te lucis, responsorio In manus tuas, cantico Nunc dimittis e antifona Ave Regina coelorum); Dixit (Ps. 109, in Treviso 32, n. 1 e Bologna Q 37, n. 4); Magnificat (Treviso 42, n. 29, perduto).
Le composizioni manoscritte indicate dai repertori come presenti in altre biblioteche sono da considerare copie recenziori effettuate sui codici bolognesi durante il sec. XIX: così Berlino Est (Deutsche Staatsbibliothek), Münster in Vestfalia (Santini-Bibl. nel Bischöfliches Priesterseminar), Ratisbona (Proske-Bibliothek nella Bischöfliche Zentralbibliothek) e Vienna (Österreichische Nationalbibliothek: dove appare essere particolarmente interessante l'inserimento delle Passioni nel monumentale Officium Hebdomadae Sanctae, redatto per la cappella musicale della corte imperiale agli inizi del '600, intessuto di composizioni di vari celebri autori, costituito dai codd. 15.942/3, in copia antica anche 19.426/7).
L'Alberici definì il C. "musico eccellentissimo" attestando che egli aveva "composto et dato in luce diverse sue fatiche in musica, che come molto apprezzate et stimate tuttavia vanno attorno". Questo giudizio può essere condiviso ancora oggi: la produzione del C., infatti, si contraddistingue per la grande qualità della scrittura, dove sono evitate di proposito le risorse scolastiche correnti e le banalità; vi si scorge una continua ricerca di nobiltà del dettato ottenuta sia con l'accorta disposizione contrappuntistica delle parti sia con un'intensa stesura armonica ed un raffinato (non di rado ardito) impiego delle dissonanze e delle alterazioni.
Un cenno particolare meritano le quattro Passioni a stampa, la cui complessa articolazione non trova riscontro nel genere della passione polifonica rinascimentale: di contro al tono di lezione monodico tradizionale dell'evangelista, il C. dispone infatti a 3 voci la VoxDomini, a 4 voci i Singularia (Pietro, Pilato, ecc.) e a 6 voci le Turbae, con versetto finale a 13 voci; in esse l'autore fa il possibile per evitare l'andamento omofono delle voci e manifesta un'attenzione tutta particolare nel rendere musicalmente il significato del testo.
Anche le tre Messe a stampa rivelano un'analoga, accurata fattura, con sapienti effetti armonici nel quadro di una orditura polifonica che rinuncia allo stile imitativo sistematico.
Degna della massima considerazione è poi la produzione rimasta manoscritta e sinora poco studiata; l'aspetto di maggiore spicco è costituito dalla netta preponderanza di composizioni a 8 e 12 voci, concepite nello stile magniloquente tipico della scuola veneziana. Del tutto eccezionali sono i mottetti Lamentabatur Iacob e Nuptiae factae sunt; il respiro monumentale di tali composizioni è continuamente sorretto da una vigile densità di scrittura e da un senso straordinario degli effetti musicali-verbali. E se il primo - per le sue geniali arditezze e per l'indubbia qualità complessiva - non è sembrato indegno di figurare quale opera del grande Marenzio, ancor più singolare, per non dire unica, è la struttura del secondo. Esso è diviso in tre parti: la prima è basata sul noto testo evangelico di s. Giovanni (cap. 2), nella versione però "condensata" delle antifone della seconda domenica dopo l'Epifania, riferentesi all'episodio delle nozze di Cana; la seconda parte è costituita da un interessante gioco simbolico-numerico dove al ricorrente interrogativo "Dic mihi quis unus?" (e successivamente "qui sunt duo" ecc. fino a undici) segue ogni volta la risposta nella quale il numero delle voci che intervengono è pari al numero corrispondente: così una sola voce per "unus est Iesus Christus qui regnat", due per "duae tabulae Moysis" e via via crescendo fino a undici, mentre una sorta di ostinato ricorrente sul testo "Unus est Iesus Christus qui regnat" s'interseca e più riprese nel serrato dialogo delle domande e risposte per essere poi ripreso da tutti e tre i cori al termine; nella terza parte viene effettuato il procedimento a ritroso, dal numero dodici verso uno, ma in modo più sintetico e conciso, avendo eliminato sia la ripetizione dell'interrogazione sia l'ostinato, riutilizzando tuttavia lo stesso materiale musicale delle precedenti "figure" numeriche; arrivati all'uno, tutti e tre i cori reintonano "Unus est Iesus Christus qui regnat in aeternum", riprendendo cioè senza varianti sostanziali la conclusione della seconda parte.
Le altre composizioni a otto e dodici voci, anche a motivo della loro destinazione liturgica, non raggiungono simili livelli di singolarità; tuttavia anche in esse è avvertibile la grande cura del C. nel rendere interessante il discorso musicale sia con la diversificazione ritmica e melodica delle singole voci sia con la variata disposizione dei cori; è un indirizzo stilistico che ricorda in certa misura quello di Costanzo Porta (e forse non è un caso che le composizioni dei due autori si trovino ospitate negli stessi manoscritti: così a Treviso cod. 26 come a Bologna soprattutto il Q 33).
Fonti e Bibl.: Montagnana, Arch. comunale, Partiti Consigliari, I (1592-99), c. 286; II (1599-1605), c. 31 (cortese comunicazione di P.P. Scattolin); G. Alberici, Catalogo de gl'illustri et famosi scrittori venetiani, Bologna 1605, ad vocem; J. Mantuani, Tabulae codicum manu scriptorum praeter Graecos et Orientales in Bibliotheca Palatina Vindobonensi asservatorum, IX, Wien 1897, pp. 74 s., 77, 236; X, ibid. 1899, pp. 391 ss.; F. Waldner, Zwei Inventarien aus dem XVI. und XVII. Jahrhundert über hinterlassene Musikinstrumente und Musikalien am Innsbrucker Hofe, in Studien zur Musikwissenschaft, IV (1916), p. 138 nn. 63 ss.; W. Senn, Musik und Theater am Hof zu Innsbruck, Innsbruck 1954, pp. 129, 154, 386; K. G. Fellerer, Verzeichnis der kirchenmusikal. Werke der Santinischen Sammlung, in Kirchenmusikalisches Jahrbuch, XXVIII (1934) pp. 144, 146; G. D'Alessi, La cappella musicale del duomo di Treviso(1300-1633), Vedelago 1954, pp. 140-148, 209 s., 243 s. (e pp. 35-46 dell'Appendicemusicale, dove sono pubblicati due mottetti a 8 voci Adoramus te Domine e O bone Iesu); H. Engel, Luca Marenzio, Firenze 1956, pp. 205 ss. (analisi del mott. Lamentabatur Iacob); K. v. Fischer, Die mehrstimmige und katholische Passion, in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, X, Kassel 1962, sub voce Passion (sezione B), coll. 903 s.; O. Mischiati, Un'antol. manoscritta in partitura del secolo XVI, in Riv. ital. di musicol, X (1975), pp. 268-71, 273; Id., prefaz. a L. Marenzio, Missa Jubilate Deo a 8 v., in Monum. musicali ital., VII (in corso di stampa); G. Gaspari, Catal. della Bibl. del Liceo musicale di Bologna, I, Bologna 1890, pp. 298 s.; II, ibid. 1892, pp. 57, 169, 202, 343, 395, 476; R. Eitner, Quellen Lexikon der Musiker, II, p. 473.