DE LELLIS (De' Lelli, Lelli), Teodoro
Nacque, secondo le notizie date dal Mauro, a Treviso (e non a Teramo né a Terni, come si è spesso creduto e come sostenne il Sägmüller) nel 1428. Dal computo degli anni, mesi e giorni vissuti dal D., esposto nel suo epitaffio, e posto che la data di quest'ultimo (31 marzo, lunedì santo del 1466) corrisponda a quella della morte, si dovrebbe collocare all'8 aprile il giorno della sua nascita. Secondogenito di Simone, esponente di antica famiglia teramana, il D. restò orfano di madre in tenerissima età.
Il padre, già studente a Padova con Francesco Zabarella e Giovan Francesco Capodilista, dottore in utroque, collettore delle rendite ecclesiastiche in Inghilterra durante il pontificato di Martino V e avvocato concistoriale, dopo un periodo di residenza trevigiana, morta la prima moglie, sposò in seconde nozze Giacoma Capodilista, figlia del maestro canonista e vedova di Andrea Zabarella. Il matrimonio, contratto probabilmente intorno al 1431, legò strettamente la famiglia De Lellis a Padova ed alle più cospicue famiglie della città: i da Lion, i Capodivacca, i Buzzacarini.
A Padova il D. compì gli studi giuridici insieme con il fratello maggiore Francesco, nato nel 1427 e con lui ricordato già in atti accademici del 10, 2 e 10 giugno 1448 (dove curiosamente i due son detti utriusque iuris doctores). Francesco ebbe la licenza in utroque il 28 febbr. 1449, esaminato dallo stesso Giovan Francesco Capodilista, da Antonio Roselli ed altri. Il giorno seguente fu esaminato il D., ancora davanti al Capodilista e al Roselli, essendo suoi promotori Iacopo Zocchi e Angelo di Castro. La solenne cerimonia del dottorato si svolse il 2 marzo nella cattedrale di Padova e, segno del prestigio acquisito dalla famiglia, vide raccolti, con il fior fiore della scuola giuridica patavina, i principali esponenti della Padova del tempo (Billanovich, p. 423).
Seguendo le orme paterne e un iter divenuto dominante sotto il pontificato del veneziano Eugenio IV, per il quale gli uffici di Curia furono meta prediletta dei migliori esponenti della tradizione giuridica patavina, il D. giunse a Roma, dove entrò subito a far parte del Collegio degli uditori di Rota, chiamatovi da Niccolò V.
Nel 1451 ebbe modo di far valere le proprie qualità di giurista e diplomatico, accompagnando il cardinale Guillaume d'Estouteville a Parigi, presso la corte di Carlo VII, nel tentativo, precedentemente fallito dal giurista patavino e vescovo di Brescia Pietro del Monte, di far revocare dal re di Francia la prammatica sanzione.
Frutto di tale missione è il Tractatus contra pragmaticam sanctionem Burgensem o Contra Gallorum pragmaticam sanctionem, breve e polemica risposta, elaborata in undici articoli, ad altrettante obiezioni mosse dalla Chiesa gallicana contro le riserve della S. Sede sui benefici maggiori nel Regno di Francia. Il trattatello, inedito, èconservato manoscritto nel cod. Vat. lat. 8090, cc. 75r-98r, con postille del cardinale Marco Barbo, lontano parente di Paolo II (m. 1491), e nel cod. Vat. lat. 3878, cc. 81r-96r. Questo ultimo manoscritto porta postille marginali che, a detta del Dell'Osta, che poté confrontarle con alcuni autografi conservati presso l'archivio vescovile di Feltre, sarebbero di mano del D. medesimo. Lo stesso codice conserva anche il Summarium processus contra Iohannam vulgo dictam la Pulcella (cc. 41r-61r), frutto del lavoro di revisione del processo a Giovanna d'Arco, nel quale il D. ebbe un ruolo non marginale, e databile al periodo immediatamente successivo al ritorno a Roma a conclusione della missione con l'Estouteville, con molta probabilità agli anni 1453-1454.
Il ritorno a Roma coincise anche con l'assunzione di importanti incarichi in Curia, durante il pontificato di Callisto III. All'inizio del 1462, poi, resasi vacante per la morte di Francesco da Legnamine la sede di Belluno, alla quale fin dal 1197 era congiunta quella di Feltre, Pio II separò le due diocesi e nominò vescovo della seconda il D., che ne prese possesso a mezzo di un vicario. Egli, comunque, risiedette nella sede episcopale almeno per alcuni mesi del 1463, come provano alcuni atti conservati presso l'archivio di curia, visti dal Dell'Osta e datati al marzo, maggio, giugno e ottobre di quell'anno. La presenza del D. presso la diocesi di Feltre coincide, del resto, con alcune missioni diplomatiche svolte per conto della S. Sede presso la Serenissima. Nei primi mesi del 1463, infatti, il D. era in legazione presso il Senato veneto, "chiamato allora ad interporre i suoi buoni uffici per una riconciliazione tra la S. Sede e Sigismondo, duca d'Austria, guastatisi in seguito alla nota questione tra il duca stesso e il card. Nicolò di Cusa, principe e vescovo di Bressanone" (Dell'Osta, p. 4).
Una seconda missione gli venne affidata nell'occasione dell'elezione del doge Cristoforo Moro, avvenuta nel maggio del 1462, con lo scopo principale di sostenere il progetto di una crociata, caro a Pio II. Terza, e di gran lunga più nota ed importante, anche per i riflessi che essa ebbe nella memorialistica del tempo (dai Commentarii di Pio II alla celebrazione che ne fece il cardinale Iacopo Ammannati), fu la missione che il D. svolse presso la corte di Luigi XI, re di Francia, e di Filippo il Buono, duca di Borgogna, allo scopo di riconciliarli fra di loro e, non secondariamente, di garantire un loro largo intervento nella crociata contro il Turco. Testimonianza di tale missione oltremontana sono tre celebri orazioni, recitate dal D. per l'occasione, e conservate nel cod. Vat. lat. 5315, nel cod. Marc. lat., cl. XIII, 90 e nel cod. 44 della Bibl. comunale di San Daniele del Friuli, nonché la relazione che il D. fece a Pio II in concistoro, conservataci nella Epistola ad Cardinalem Nicaenum dell'Ammannati. Altre testimonianze dell'impegno del D. nell'azione diplomatica pontificia in favore della crociata e nella soluzione delle questioni relative all'investitura del Regno di Sicilia sono contenute in una lettera del 28 maggio 1464 indirizzata a Francesco Sforza e conservata all'Ambrosiana, e in due missive, rispettivamente a Luigi XI e a Ferdinando d'Aragona (quest'ultima in data del 10 ott. 1464), ricordate dal Pastor.
All'attività di polemista durante il pontificato di papa Piccolomini appartiene anche la sua Replica pro Pio II et Sede Romana. Si tratta di una giustificazione della condanna di Gregorio di Heimburg, che era ricorso al concilio contro la scomunica comminatagli. L'opera, che è in sostanza una difesa del primato papale contro gli epigoni del conciliarismo e che, per la sua "intonazione violenta" venne giudicata dal Pastor "deplorevole" quanto l'attacco dello Heimburg, è successiva al 1461 e fu più volte pubblicata: apparve la prima volta a Francoforte nel 1607, per i tipi di Wolfgang Richter, e fu poi accolta nella Monarchia di M. Goldast (1612), per essere infine edita da B. G. Struve nei Rerum Germanicarum Scriptores di M. Freher (Argentonati 1717, II, pp. 214-228).
L'ascesa al pontificato di Paolo II fu l'occasione per il pieno dispiegarsi delle energie del De Lellis. Il neoeletto papa, creando il lontano parente Marco Barbo vescovo di Vicenza, trasferendolo dalla sede di Treviso, traslò a questa il D. con bolla del 17 sett. 1464. Nonostante la perdita dell'intera documentazione archivistica trevigiana, lamentata dal Dell'Osta, qualche modesta traccia del suo episcopato nella città veneta è stata recentemente segnalata dal Sartoretto, a smentita di una mancata presa di possesso della diocesi. La sua attività si dispiegò però principalmente presso la Curia, dove il D. era stato chiamato già da Pio II a svolgere il ruolo di referendario apostolico e dove si rese utile a Paolo II in diverse occasioni. Tra l'altro ebbe ad occuparsi della rivolta degli abbreviatori apostolici, capeggiata dal Platina, e, nel 1466, lavorò, di concerto con il cardinale Iacopo Ammannati, ad un breve pontificio concernente la questione boema, da inviarsi al duca di Baviera.
A Paolo II, del quale il D. divenne "il più intimo consigliere" (Pastor, p. 306), è significativamente dedicata l'opera di maggiore impegno teologico ed ecclesiologico data alla luce dal vescovo di Treviso: un ampio trattato che porta come titolo Contra supercilium eorum, qui plenitudinem potestatis Christi vicario divinitus attributam ita cardinalibus communicatam censent, ut Romanum pontificem nec quae sunt fidei terminare, nec cardinales creare, nec ardua quaeque sine eorum consilio et consensu asserunt posse disponere, libellus. Il trattato, che inserisce a pieno titolo il D. accanto ai maggiori teorici di Curia della plenitudo potestatis papale - da Pietro del Monte a Domenico de' Domenichi -, si conserva manoscritto nel cod. 27, CC della Biblioteca capitolare di Belluno (manoscritto in cui lo leggeva il Dell'Osta, ritenendolo ancora inedito), nel cod. Vat. lat. 4923, nell'Ott. lat. 974 e nel Theol. lat. Quart. 184 della Deutsche Staatsbibliothek di Berlino Est (codice, quest'ultimo, segnalato la prima volta dal Pastor, dal quale è tratta l'edizione del Sägmüller, apparsa nel 1893). Datato dal suo editore all'autunno del 1464, lo scritto verte sul quesito, posto dallo stesso Paolo II, se il pontefice avesse l'obbligo di osservare gli statuti delle capitolazioni elettorali giurate in conclave. Come recita il titolo stesso dell'opera, il D. si rivolgeva polemicamente contro i cardinali, con l'espressa intenzione di definire i giusti limiti del loro ufficio, indicato non, come essi pretendevano, come quello di successori degli apostoli, ma come quello di semplici consultori del pontefice. Era dunque rigettata fermamente ogni pretesa di ingerenza nella sfera del potere papale a vantaggio del Sacro Collegio e a scapito del primato pontificio.
Gli importanti servigi resi al pontefice in un momento in cui la sua autorità era da più parti discussa, dovettero portare il D. ad un passo dalla porpora cardinalizia. Al di là degli elementi topici di tale questione, spesso presenti nelle biografie dei vescovi di Curia e legittimate, in qualche modo, dalla reale consistenza delle ambizioni personali, c'è la voce, raccolta da Michele Canensi, e che il Pastor stesso ritenne come non interamente da rigettare, secondo la quale il papa avrebbe creato cardinale il D., già gravemente ammalato, tra la fine del 1464 e l'inizio del 1465. La pubblicazione di tale creazione non avvenne solo per la morte del vescovo di Treviso.
Morì, infatti, pochi giorni prima di compiere i trentotto anni, nel marzo del 1466, forse il giorno 31. Questa è la data che si legge nell'epitaffio fatto apporre da Gaspare de' Lelli(s) sulla lastra tombale nella chiesa dove il D. ebbe sepoltura, S. Maria Nova, l'odierna S. Francesca Romana.
Per l'edizione e il commento dell'opera maggiore del D., il Contra supercilium, cfr. J. B. Sägmüller, Ein Traktat des Bischofs von Feltre und Treviso Teodoro de' Lelli über das Verhältniss von Primat und Kardinalat, in Römische Quartalschrift für christl. Alterthumskunde und für Kirchengeschichte, II (1893), Supplemento, pp. 5-189. Al D. viene attribuita anche la cura di un indice delle materie delle epistole di s. Girolamo, come si legge in diverse edizioni incunabole (Hain, Repertorium, nn. 8556 ss.).
Fonti e Bibl.: Notizie sugli anni della formazione universitaria in Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini ab anno 1406 ad annum 1450, a cura di G. Zonta - G. Brotto, I, 2, Padova 1970, nn. 2251 s., 2258, 2301-2303, pp. 281 ss., 292 s.; cenni anche in N. Papadopoli, Historia Gymnasii Patavini, Venetiis 1725, II, p. 21, e in G. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, Patavii 1757, II, p. 43. Per le notizie sulla famiglia paterna, celebrata nella Hypnerotomachia Poliphili di F. Colonna, si veda il fondamentale contributo di A. Serena, Gli elementi trevigiani della Hypnerotomachia (Divagazioni polifiliane), in Atti dell'Ist. veneto di scienze, lettere e arti, LXXXVI (1926-1927), 2, pp. 848-853 (basato essenzialmente sulle Geneal. trevigiane di N. Mauro, manoscritto presso la Biblioteca comunale di Treviso), con le ulteriori importanti osservazioni di M. Billanovich, Francesco Colonna, il "Polifilo" e la famiglia Lelli, in Italia medievale e umanistica, XIX (1976), pp. 419-428; utile anche la scheda di F. B[enetti] Z[en], in Quaderni per la storta dell'università di Padova, XIII (1980), p. 223. Per le fonti sull'attività vescovile e curiale, insieme con i cenni contenuti nelle biografie di papa Barbo (Le vite di Paolo II di Gaspare da Verona e Michele Canensi, in Rerum Ital. Script., 2 ed., III, 16, a cura di G. Zippel, pp. 9, 13, 83, 107 e 173), cfr. F. Ughelli-N. Coleti, Italia Sacra, V, Venetiis 1719, coll. 375 e 564; C. Eubel, Hierarchia catholica Medii Aevi, II, Monasterii 1914, pp. 113, 248; A. Sartoretto, Cronotassi dei vescovi di Treviso (569-1564), Treviso 1969, pp. 114-116; e ancora E. Cerchiari, Capellani papae..., Romae 1920, II, p. 59 n. 309; Referendarii utriusque signaturae..., a cura di B. Katterbach, Città del Vaticano 1931, pp. 34, 40. Per l'epitaffio si veda V. Forcella, Iscrizioni..., II, Roma 1873, p. 10. Per un primo orientamento sulle opere manoscritte e a stampa cfr. Repertorium fontium historiae Medii Aevi, IV, p. 154. Per ulteriori indicazioni biobibliografiche, notizie sui manoscritti e sulle stampe e per un giudizio complessivo sull'opera di teologo, giurista e diplomatico, si vedano ancora, oltre ai molti luoghi di L. von Pastor, Storia dei papi, II, Roma 1911, pp. 115, 140, 258, 291, 293, 306, 362, 368, i saggi di L. Alpago Novello, T. D. vescovo di Feltre (1462-1464) e di Treviso (1464-1466), in Arch. veneto, s. 5, XIX (1936), pp. 238-261; G. Mercati, Codici latini Pico Grimani Pio e di altra biblioteca ignota del secolo XVI…, Città del Vaticano 1938, pp. 128 s.; R. Dell'Osta, Un teologo del potere papale e suoi rapporti col cardinalato nel secolo XV ossia T. D. vescovo di Feltre e Treviso (1427-1466), Belluno 1948; A. Piolanti, D. T., in Encicl. cattolica, IV, Milano 1950, coll. 1352 s.; R. Avesani, Per la biblioteca di Agostino Patrizi Piccolomini, vescovo di Pienza, in Mélanges E. Tisserant, VI, 1, Città del Vaticano 1964, p. 72; G. Alberigo, Cardinalato e collegialità, Firenze 1969, p. 195; M. Miglio, Una vocazione in progresso: Michele Canensi, biografo papale, in Id., Storiografia pontificia del Quattrocento, Bologna 1975, p. 65; A. Modigliani, Il De potestate summi pontificis di Galgano Borghese, in Apollinaris, L (1977), pp. 451 s.