TEODORO di Gadara
Retore e teorico della retorica nato circa il 70 a. C., maestro di Tiberio, di cui avrebbe dato il famoso giudizio che era "fango impastato di sangue" (Suet., Tiber., 57). Passò la seconda parte della vita a Rodi.
Scrisse molti libri di retorica e grammatica (Περὶ, ϑέσεως, Περὶ ῥήτορος δυνάμεως, Περί διαλέκτων ὁμοιότηρος καὶ ἀποδείξεως), oltre che storici (sulla Celesiria) e di teorica storiografica e politica. Si riconnetteva nelle sue teorie, come Apollodoro, all'insegnamento di Ermagora, ma traendolo a conseguenze che ne facevano un caposcuola opposto ad Apollodoro. Dal riassunto delle sue dottrine contenuto in Seneca retore, Quintiliano, l'Anonimus Segueranius, ecc. si apprende infatti che, di fronte al rigorismo scientifico di Apollodoro, che definiva la retorica arte di persuadere per mezzo di teoremi perfetti, T., riprendendo motivi aristotelici, lasciava più larghezza di scelta nei metodi, negli argomenti e nelle partizioni: così per es. Apollodoro ammetteva il pathos solo nel proemio e nell'epilogo e invece Teodoro in ogni parte. E Apollodoro limitava la retorica alla materia giudiziaria, T. invece la allargava all'intera materia civilis. Una dipendenza o almeno una comunanza di vedute fra l'autore del Sublime e T. è indubbia.
Bibl.: Christ-Schmid-Stählin, Geschichte der griech. Litteratur, 6a ed., II, i, Monaco 1920, p. 459 segg.; Stegemann, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VA, col. 1847 segg.