Teodosio I Imperatore romano
Imperatore romano (Cauca, Spagna, forse 347-Milano 395). Magister militum di Graziano, augusto d’Oriente (379) dopo la vittoria contro i sarmati in Pannonia (378), combatté i goti e poi i visigoti di Fritigerno, che con il Trattato di Costantinopoli (382) sistemò nei confini dell’impero, ristabilendo così la pace nella Penisola Balcanica, pur a costo di gravi oneri finanziari. Nei primi anni di governo svolse una notevole attività religiosa; fiero avversario dell’arianesimo, riuscì a restituire unità di confessione all’Oriente e all’Occidente attorno ai deliberati di Nicea che rese obbligatori. T. si ispirava a Costantino nella concezione dei rapporti tra impero e Chiesa, affermando che spettava all’imperatore la decisione ultima in fatto di ortodossia dei vescovi: ciò provocò gravi dissensi in Occidente. Con l’uccisione di Graziano (383) e l’usurpazione di Magno Massimo, riconobbe quest’ultimo, riservandogli però come parte d’Occidente solo Gallia, Spagna e Britannia, mentre il resto rimase a Valentiniano II, del quale T. si fece protettore. Intanto, conduceva una dura politica antipagana; in politica estera, riuscì a stabilire un pacifico accomodamento con la Persia sulla questione dell’Armenia. I rapporti con Magno Massimo precipitarono però verso la rottura; giunti alla guerra (388), questa si concluse con la sconfitta di Massimo e la sua cattura ad Aquileia. Rapidamente, valendosi dell’aiuto del generale barbaro Arbogaste, T. sottomise la Gallia, in mano del figlio di Massimo, e vi inviò Valentiniano II sotto la tutela di Arbogaste. Così l’impero era nominalmente diviso fra tre augusti: T. stesso, Valentiniano II e, come augusto d’Oriente, il figlio di T., Arcadio, nominato nel 383. Ma era praticamente tutto nelle mani di T., che rimase in Italia fino al 391; qui esercitò su di lui grande influenza s. Ambrogio, vescovo di Milano. A Roma, T. non trascurò, per ragioni politiche, di favorire l’elemento pagano, raccolto attorno a Virio Nicomaco Flaviano e a Simmaco. Presto si venne a un grave conflitto tra Ambrogio e T., la cui occasione fu offerta dalla terribile strage degli abitanti di Tessalonica, ordinata dall’imperatore per punire una rivolta di quella città. S. Ambrogio riuscì a ottenere, dopo viva resistenza, che T. facesse pubblica penitenza nella basilica di Milano (Natale 390). T. proseguì la sua politica religiosa mirante alla soppressione dei culti pagani e delle eresie. Tornato in Oriente, dopo essersi occupato di far fronte alle invasioni di goti e bastarni, T. definì la sua politica antipagana con l’Editto di Costantinopoli (nov. 392), che vietava per tutto l’impero le pratiche divinatorie, i sacrifici cruenti e il culto alle divinità pagane anche reso in privato. Ciò portò alla sollevazione dell’Occidente pagano, che riconobbe imperatore della parte occidentale Eugenio, nominato da Arbogaste a succedere a Valentiniano II (m. 392). Non avendo T. accettato questa nomina, Eugenio si recò in Italia (393), dove fece atto di sovranità. Il nuovo conflitto assunse il carattere di una guerra di religione; in Italia si scatenò una forte reazione pagana guidata da Virio Nicomaco Flaviano. Nel 394 T. mosse verso l’Italia; lo scontro con le forze di Arbogaste e di Eugenio si concluse con la vittoria di Teodosio. Egli annullò rapidamente i decreti della reazione pagana e diede attuazione in Occidente all’Editto di Costantinopoli. Provato duramente dalla guerra si ammalò e, dopo aver affidato l’Occidente all’altro figlio Onorio, morì a Milano.