MABELLINI, Teodulo
MABELLINI, Teodulo. – Nacque a Pistoia il 2 apr. 1817 da Anna Chiavacci e Vincenzo, suonatore di corno e di tromba e costruttore di strumenti in ottone.
Cresciuto in una modesta famiglia, apprese dal padre i primi rudimenti della musica, quindi studiò flauto con il giovane G. Bimboni. A nove anni era già in grado di esibirsi al flauto e al pianoforte: suonava l’ottavino e il flauto sia nel corpo musicale di Porta al Borgo sia nell’orchestra del teatro dei Risvegliati. Possedendo un’ottima voce bianca, fu ammesso nel 1826 nel coro della cattedrale di Pistoia diretto dal maestro di cappella L. Gherardeschi. Il maestro di musica della chiesa della Madonna dell’Umiltà e organista nella cattedrale G. Pillotti si accorse delle qualità del M. e divenne, con molta probabilità nel 1830, il suo primo insegnante di armonia e contrappunto.
Le prime notizie certe sull’attività compositiva del M. risalgono al 1832, anno in cui a Grosseto e a Pistoia furono organizzati due concerti interamente dedicati a suoi lavori. Notate le doti del ragazzo, Pillotti si adoperò affinché il M. potesse continuare gli studi musicali. Grazie «a private oblazioni» di concittadini, primo fra i quali G. De Rossi, il M. fu inviato nel 1833 all’Accademia delle belle arti di Firenze, dove rimase fino al 1836, ma senza ricavarne il giovamento auspicato. Mentre continuava gli studi di flauto e di pianoforte da autodidatta, il 27 ag. 1836 mise in scena al teatro Alfieri di Firenze la sua prima opera, Matilde e Toledo, sul libretto che l’amico pistoiese G. Tigri aveva tratto dal poema eroico Tunisias di J.L. Pyrker. Il successo riscosso anche nella successiva ripresa pistoiese convinse alcuni notabili concittadini a concedere al promettente giovane una borsa di studio, che fu affiancata da un assegno del granduca Leopoldo II; nel maggio 1837 il M. si trasferì a Novara per proseguire gli studi con G.S. Mercadante, che lì era maestro di cappella dal 1833.
Nel 1838 Mercadante affidò al M. la riduzione della propria opera Le due illustri rivali, pubblicata prima da Artaria e poi da Lucca, e nel duomo di Novara fu eseguita la prima Messa solenne per quattro voci e orchestra del suo nuovo allievo.
Nel 1839 il M. compose La caccia, cantata per coro e orchestra dedicata al granduca e rappresentata a Firenze nel teatro di corte. Nel 1840 fu eseguita nella medesima chiesa novarese una seconda messain mi maggiore per quattro voci e orchestra e il 12 novembre nel torinese teatro Carignano il M. ottenne il suo primo successo popolare con il melodramma in due atti Rolla (anche Michelangelo e Rolla; libretto di G. Giacchetti), prontamente pubblicato da Ricordi.
«I plausi ottenuti la prima sera furono unanimi, clamorosi, frequenti: il pubblico era entusiasta, e ne aveva ben d’onde. Siamo tanto noiati di quella musica sbiadita, monotona e nulla esprimente che ci regalano tanti accozzatori di note […] che un lavoro bene ideato, bene ordito e bene condotto, che un’originalità di motivi, una spontaneità di canti ed un classico andamento di armonia, ci parve un prodigio […] la musica del giovine compositore ha tutta la luce che si ammirano nei più sublimi lavori del Mercadante: vi ha la filosofia che governa l’invenzione, vi ha la naturalezza delle melodie, l’arte di unire le voci, di distribuire le parti, di regolare i concenti; vi ha finalmente l’ordine, la chiarezza e lo studio nei pezzi concertati e nei grandi finali» (F. Romani, in La Fama, V [1840], 141, pp. 563 s.).
Nel 1841 il M. compose la marcia Etruria per banda militare, dedicata alla Civica di Pistoia. Il 13 novembre, sempre al teatro Carignano, mise in scena il melodramma in tre atti Ginevra di Firenze (poi Ginevra degli Almieri; libretto di L. Guidi Rontani), sotto la direzione, come per Rolla, di P.G. Ghebart. Terminati gli studi con Mercadante il M. tornò a Pistoia e compose la Cantata per gli onori parentali di Raffaello Sanzio da Urbino (1842), prima di una serie dedicata a uomini illustri italiani.
Il genere della cantata, cui il M. affidò carattere eminentemente celebrativo, lo accompagnerà, così come il genere sacro, per tutta l’esistenza. Il corpus comprende inoltre Il ritorno (1846); L’Etruria (1849); Cantata elegiaca in morte dello scultore L. Bartolini (1850); Saul, per baritono, coro e banda, ispirata all’omonima tragedia di V. Alfieri (1857); Le feste fiorentine, per cinque voci soliste, coro a quattro voci, orchestra e banda, in onore di Vittorio Emanuele II (1860); Gli orti oricellari (in onore di N. Machiavelli, 1863); Lo spirito di Dante, per due soprani, tenore, basso, coro femminile e orchestra (1865; testo di G. Corsini); Le feste rossiniane, per soli coro e orchestra (1873); Michelangelo Buonarroti (1878); Pierluigi da Palestrina (1880).
Il 4 giugno 1843, nel teatro della Pergola di Firenze, fu rappresentata la tragedia lirica in quattro parti con balletto analogo Il conte di Lavagna (F. Guidi). Grazie al successo ottenuto il M. fu nominato, nello stesso anno, direttore dell’orchestra della Società filarmonica fiorentina subentrando a F. Morini. L’incarico permise al M. di divulgare in Toscana il repertorio europeo contemporaneo, in special modo quello franco-tedesco: programmò per la pri;ma volta lavori di R. Wagner, Ch. Gounod, E.-N. Méhul e G. Meyerbeer e in particolar modo di L. van Beethoven e F. Mendelssohn-Bartholdy.
Nel 1843 il M. si trasferì definitivamente a Firenze, dove iniziò una lunga carriera di didatta di contrappunto e composizione. Nel 1844 fu nominato maestro compositore onorario della romana Accademia di S. Cecilia. Nella primavera del 1845, al teatro Argentina di Roma, andò in scena la prima de I Veneziani a Costantinopoli, su libretto di Guidi. Il 22 giugno 1845 nel salone dei Cinquecento in palazzo Vecchio il M. ottenne un altro grande successo con il dramma sacro Eudossia e Paolo o I martiri, su libretto di L. Venturi. L’anno successivo sposò Gabriella Ferrai, figlia di un noto farmacista fiorentino.
Sempre nel 1846 diresse al teatro della Pergola l’allestimento del suo nuovo dramma in tre atti con prologo Maria di Francia, su libretto di Guidi, ultima delle sue opere serie. Anche la Gran fantasia per flauto, clarinetto, corno, tromba, trombone e orchestra fu composta nel 1846 in onore del granduca di Toscana per i famosi musicisti della cappella di corte: C. Ciardi, Giovanni Bimboni, E. Brizzi, Gioacchino Bimboni e F. Paoli.
Sono del 1847 i magnifici Responsori per la settimana santa a due cori (8 voci) e orchestra d’archi, che saranno eseguiti ogni anno durante le celebrazioni pasquali. A essi fece seguito il dramma sacro L’ultimo giorno di Gerusalemme, su libretto del padre scolopio G. Barsottini tratto dal Purgatorio di Dante. L’esito delle ultime composizioni portò al coronamento professionale che il M. da tempo desiderava: alla morte di G. Magnelli, il 22 genn. 1848 fu nominato maestro direttore della Real Cappella de’ Pitti. In qualità di maestro di cappella il M. realizzò il desiderio della corte lorenese di promuovere in Toscana le opere di autori quali W.A. Mozart, M. e F.J. Haydn, J.G. Albrechtsberger, J.L. Eybler, E.Th.A. Hoffmann, F. Krommer.
La partecipazione del M. ai fermenti risorgimentali è rappresentata dall’inno per soprano, coro e orchestra L’Italia risorta, eseguito il 12 sett. 1847 al teatro della Pergola di Firenze per festeggiare le concessioni granducali della libertà di stampa e della costituzione della guardia nazionale. Nel 1848 fu nominato direttore concertatore alla Pergola (incarico che mantenne per trent’anni) e presidente della Commissione per la riforma delle bande musicali toscane.
Il M. fu uno dei primi direttori italiani d’orchestra non strumentisti e collaborò con solisti quali A. Bazzini, T. Döhler, F. Giorgetti, A. Biagi oltre che con i più grandi cantanti della sua epoca: egli anticipò la figura del moderno concertatore-direttore, primato invece tradizionalmente attribuito ad A. Mariani. Fu apprezzato per la fedeltà alla partitura e l’umiltà con cui si avvicinava sia ai grandi classici sia ai suoi celebri contemporanei europei.
La produzione sacra del M., iniziata nel 1838 con la prima Messa solenne, costituisce un corpus notevole per qualità e quantità. Dal Requiem, modello per tutti i successivi compreso quello verdiano, ai Responsori il M. compose musica per ogni momento della vita religiosa. Il catalogo sacro include, oltre ai lavori citati: Agnus Dei (1872), diversi inni, introiti, salmi, mottetti e Tantum ergo, alcuni Dixit, due Domine ad adiuvandum (1847 e 1873), Ecce sacerdos magnus (1857), Exultet, Gloria (1850), Grande messa di Requiem in do minore (1850; considerata il suo capolavoro ed eseguita nel 1851 a Firenze alla presenza di un Rossini entusiasta), Kyrie a tre voci, due Laudate pueri (1858 e 1863), Libera me Domine per due tenori, due bassi, coro e orchestra, edito da Richault (1856), Lux aeterna (1869), due Magni;ficat (1868 e 1873), sei messe (1847; 1852; 1862; 1863; due s.d.), Messa da vivo in fa maggiore (per le nozze del figlio del granduca di Toscana Ferdinando di Lorena con la principessa Anna Maria di Sassonia, il 15 dic. 1856, e pubblicata, come il Requiem, da Richault a Parigi), Messa funebre (1859), Messa solenne a cappella in fa maggiore (1882; con l’inusuale organico di soli, coro, organo, violoncello e con;trab;basso), Qui tollis (1872), Quoniam (1872), Sanctus (1880), Te Deum (1849), Unguentum in capite (1857).
Nel 1851 in collaborazione con L. Gordigiani realizzò per il teatro dei Floridi di Livorno l’opera Il venturiero o L’avventuriero (libretto di A. de Lauzières). Il 18 nov. 1852 venne rappresentato nel teatro della Pergola il nuovo dramma sacro in tre atti Il convito di Baldassarre o Baldassarre, su libretto di G. De Toscani (pseudonimo di Tigri), che il M. compose in meno di due mesi. L’album di 12 romanze da camera per una o due voci dal titolo Bouquet musical de Florence è invece del 1855 ed ebbe successo e larga diffusione.
Nel 1856 il M. venne nominato accademico della Filarmonica di Bologna nella classe dei maestri compositori; divenne inoltre condirettore della Società per l’incoraggiamento della musica strumentale in Toscana, fondata da L.F. Casamorata. Del febbraio ’57 è il melodramma comico in tre atti Fiammetta su libretto di G.B. Canovai, ancora in collaborazione con Gordigiani. Con quest’opera, quaranta anni prima della morte, il M. abbandonò improvvisamente la composizione teatrale.
La produzione melodrammatica toccòtutti i generi teatrali e con alcuni titoli riscosse grandi successi popolari, confermati indirettamente dalle parafrasi su suoi temi, tra le quali figurano anche quelle per pianoforte di K. Czerny.
Nel 1858 musicò un testo di B. de’ Bardi realizzando l’Inno nazionale toscano, che venne edito lo stesso anno a Firenze da F. Lorenzi. A. Basevi lo incaricò di occuparsi della direzione dei Concerti popolari a grande orchestra (detti anche «Festival») che, da lui ideati e promossi, si tennero a Firenze dal 26 marzo 1863 nel teatro Pagliano, e nei quali vennero presentati lavori di Meyerbeer, L. Cherubini, H. Berlioz. Nel 1868 il M. compose, oltre alla bella Sinfonia per fiati, un breve brano sacro, il citato Lux aeterna, per tre voci maschili e orchestra, che doveva far parte di una messa in memoria di Rossini a più mani ideata da G. Verdi e per la cui realizzazione quest’ultimo aveva chiesto la partecipazione dei più grandi compositori italiani dell’epoca. Non andato in porto il progetto, il M. riutilizzò il brano nel 1880 per lo scoprimento a Roma del busto di G. Pierluigi da Palestrina.
Nel gennaio del 1868 il M. ricevette da Vittorio Emanuele II la decorazione di cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro; il 3 giugno di quell’anno venne nominato dal sovrano maestro onorario della musica della Real Cappella e Camera; infine, nel marzo 1883, ricevette l’onorificenza di commendatore nell’Ordine della Corona d’Italia.
Nel 1874 compose uno dei suoi rari lavori puramente orchestrali: lo scherzo per orchestra Danza dei folletti. È del 1880 una messa a 4 e 8 voci per coro e orchestra dedicata al Collegio di musica di S. Pietro a Majella di Napoli.
Colpito da una paralisi progressiva, il M. morì a Firenze il 10 marzo 1897.
Didatta conosciuto e apprezzato non solo in Firenze, al M. venne affidata nel 1859 la cattedra di armonia, contrappunto e composizione nell’istituto musicale di Firenze, che tenne fino al 1892. In oltre mezzo secolo di docenza (iniziò infatti nel 1843 e continuò ben oltre il 1892), formò intere generazioni di compositori-direttori d’orchestra provenienti da tutta l’Italia e dall’estero. Alcuni di questi, forti di una preparazione musicale completa, seppero crearsi una posizione considerevole nella storia musicale italiana. Segnaliamo tra i tanti: S. Auteri-Manzocchi, G. Buonamici, L. Chiostri, E. Chiti, F. Consolo, E. De Champs, R. Gandolfi, G. Gherardeschi, G. Gialdini, G. Giovacchini, A. Kraus jr., L. e M. Mancinelli, D. Nocentini, P. Ronzi, G.C. Rospigliosi, A. Sauvage, G. Tacchinardi, F. Torrigiani, E. Usi;glio, L. Vannuccini.
Compositore eclettico e abile strumentatore, frequentò tutti i generi musicali. Della sua produzione si segnalano, oltre ai lavori citati: Sinfonia (1838); Concerto, per quartino, clarino, flicorno, tromba, bombardino e orchestra; Duo, per tromba, trombone e orchestra; Fantasia, per clarinetto e banda; Fantasia a terzetto, per clarino, flicorno, bombardino e orchestra; Gran fantasia militare, per flauto, clarinetto, corno, 2 trombe, trombone e orchestra. Per banda: Baldassar, Fantasia, Il battesimo, Marcia per Gesù morto. Musica vocale da camera: Amor che nella mente mi ragiona, Coro all’unisono (per voci infantili e pianoforte), Elegia, E spero di tornare, La buona andata, L’addio, Romanze, Une carme à la mémoire. Musica strumentale da camera: Elegia, per oboe, contrabbasso e pianoforte (1879); 6 Valzer, per pianoforte.
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