TORRI, Teofilo
Teofilo Biagio di ser Vincenzo Torri fu battezzato ad Arezzo nella pieve di S. Maria il 3 marzo del 1554 dello stile ab Incarnatione, ovvero nel 1555. Questa data, già annunciata da Oreste Brizi (1846, p. I) senza indicazione archivistica, trova oggi per la prima volta riscontro nelle filze dell’Archivio storico della Fraternita dei Laici di Arezzo nel Libro dei battezzati in Pieve (767, c. 87v): «Marzo, 3 [1554], Theofilo, Biagio et Romolo di ser Vincenzo di Biagio Torri». Teofilo discendeva dai nobili Torri dal Monte di Cennina, piccolo borgo in Val d’Ambra posto tra Arezzo e Siena, al cui capostipite, vissuto nel primo Trecento, risaliva lo stemma gentilizio con un monte d’oro sormontato da una torre in campo verde (Arezzo, Biblioteca Città di Arezzo, ms. 9: F. degli Azzi, Memorie degli attestati che le famiglie nobili hanno avuto dal magistrato dei Priori..., in Memorie storiche aretine (1764), p. 95, e Brizi, 1846, p. I). Il padre di Teofilo, ser Vincenzo, fu notaio e personaggio autorevole e molto in vista ad Arezzo, città nella quale ricoprì le più importanti cariche ottenendo anche, per lungo tempo, il titolo di cancelliere della confraternita della Misericordia, della quale lo stesso Teofilo, nel primo decennio del XVII secolo, fu provveditore e più volte rettore.
Maggiori dettagli sulla sua famiglia si ricavano scorrendo le Ricordanze di Teofilo Torri pittore e della sua famiglia dal 1610 al 1623, un manoscritto di pugno dell’artista, proveniente dall’antica Libreria della Fraternita dei Laici di Arezzo e oggi conservato alla Biblioteca Città di Arezzo, già noto ma mai trascritto per le parti relative alla sua biografia (cfr. Verani, 1937). Qui si trovano molte notizie inedite relative alla famiglia di Teofilo, in particolare sulla madre, madonna Baccia Calderini, morta il 9 maggio 1610, dopo quattro giorni di «male di punta». Teofilo predispose per lei una solenne cerimonia funebre nella chiesa del convento di Sargiano (Arezzo, Biblioteca Città di Arezzo, ms. 108: T. Torri, Ricordanze di T. T. pittore e della sua famiglia dal 1610 al 1623, c. 8r). Torri ebbe un fratello e tre sorelle: Enea, anche lui morto nel 1610 (cc. 7r e 8r), Margherita e Cecilia, suore nel convento di S. Giusto, Cecilia defunta il 30 agosto 1611, e infine Juditta, la più giovane, che nello stesso anno andò in sposa a Giovanni Cristoforo di Antonio Burali con una dote di ottocentocinquanta scudi cui lo stesso Teofilo provvide (cc. 3r, 12v, 24v, 26r, 28r e passim). A questa epoca l’artista risultava già sposato con Lisabetta Fossombroni – cugina di Vittorio Alfieri Fossombroni (Verani, 1937, p. 34) e nipote di Francesco Albergotti –, e con lei abitava ad Arezzo in una casa presa a pigione dalla Fraternita dei Laici (cc. 13v, 33v e passim). Torri ebbe anche una nipote, Virginia di Aquino Torri, suo cognato con il medesimo cognome ma da parte della moglie, che visse insieme a Teofilo e a Lisabetta come una figlia (cc. 14r, 40v e passim). Il 30 giugno del 1620 Lisabetta morì di febbre «terzana» (c. 111r).
Sia Teofilo che il fratello Enea ebbero un’intensa vita pubblica: Enea fu rettore della chiesa di S. Giustino (cc. 1r e 10r), mentre Teofilo dal 1610 ricoprì incarichi di responsabilità politica, giuridica e finanziaria nelle più importanti istituzioni cittadine. Ad esempio entrò in quell’anno a far parte dei membri del Collegio dei Gonfalonieri, essendo stato «estratto dalla Bancha delli Conservatori» per essere eletto «ufitiale del Fisco» e, per quattro mesi dal giugno 1610, divenne per la prima volta rettore della Fraternita della Misericordia. Fu poi «spedaliere» dell’ospedale di S. Maria del Ponte e nel 1618 chiese al cardinal Carlo de’ Medici di essere iscritto al ruolo di «servitore» della Signoria al fine di ottenere più privilegi, quali ad esempio l’immunità ed esenzioni fiscali (cfr. Borri Cristelli, 1986, p. 10). Scorrendo le carte del manoscritto di Teofilo non pare che l’arte fosse la fonte principale del suo reddito. Benestante e possessore di terreni e case che fruttavano annualmente una rendita cospicua di grano, olio, vino e altro, Torri aveva una vera passione per gli abiti di lusso e gli oggetti preziosi. Solo occasionalmente e talvolta per cifre simboliche si prestava agli impegni artistici, che, tuttavia, inclusero anche progetti architettonici: per la cattedrale di Arezzo, ad esempio, si occupò della sistemazione di alcuni sportelli d’organo (1603), della pianta e decorazione della cappella del Sacramento e della risistemazione della cantoria (1614), già a suo tempo predisposta da Giorgio Vasari; presso la porta S. Spirito ad Arezzo disegnò la pianta dei granai pubblici (1613); realizzò il disegno della nuova cantoria per la chiesa della SS. Annunziata (1614), i cui lavori furono poi affidati agli scalpellini Matteo Betti e Giovan Battista di Donato e ai falegnami Francesco Capaccioli e Stefano Carboni (cfr. Pieri, 1991). Progettò la collegiata di Sinalunga (1616), la chiesa di S. Andrea a Pigli e molti altri edifici non più esistenti, come il convento di S. Giusto ad Arezzo, e alcuni palazzi privati a Monte San Savino (Borri Cristelli, 1986, pp. 25-31).
La sua vicenda artistica è comunque ben documentata grazie all’esistenza non solo del manoscritto citato, ma anche di un più antico diario, oggi perduto, che era originariamente conservato nell’Archivio capitolare di Arezzo e riguardava l’arco temporale tra il 1602 e il 1609. Questo fu reso noto grazie a una trascrizione parziale compiuta dai canonici «Paccinelli e Perelli», poi pubblicata da Oreste Brizi (1846) e da Cesare Verani (1937). Il codice pergamenaceo con le Ricordanze proviene invece da casa Fossombroni e per lungo tempo fu conservato nella Libreria della Fraternita dei Laici di Arezzo. Fu qui che poté consultarlo Verani (1937) prima che passasse alla Biblioteca Città di Arezzo nel 1953, anno in cui fu costituito il consorzio per la creazione della biblioteca cittadina, decretandovi, d’accordo con il Comune, il trasferimento di tutti i fondi librari e manoscritti della pia istituzione. Verani (ibid.) trascrisse ampie parti del manoscritto torriano, scegliendo però solo quelle relative alle committenze artistiche e integrandole alle notizie già rese da Brizi.
Teofilo dovette forse essere parente di quel Bartolomeo Torri miniatore e pittore appartenente all’aristocrazia aretina (Archivio di Stato di Arezzo, manoscritti da Casa Vasari, 4, IV: A. Albergotti, Notizie istoriche di più uomini celebri per virtù e talenti della città di Arezzo e suo comitato, e Brizi, 1846, p. I) che, secondo Giorgio Vasari, fu tra i migliori pupilli di Michelangelo per la particolare qualità dei suoi disegni anatomici (a lui sono attribuiti alcuni fogli a penna e inchiostro comparsi sul mercato antiquario e due studi rispettivamente a Princeton e al Metropolitan Museum of Art di New York, cfr. D. Laurenza, Art and Anatomy in Renaissance Italy: Images from a Scientific Revolution, in The Metropolitan Museum of Art Bulletin, LXIX (2012), 3, pp. 5-48, figg. 42-43, con bibliografia). È certo, però, che Teofilo non poté imparare l’arte pittorica da Bartolomeo, visto che questi morì proprio nell’anno della sua nascita. Gli inizi di Teofilo vanno perciò cercati in un contesto aretino che fu certamente dominato fino al 1574 dalla figura di Giorgio Vasari – ormai stabile artista della corte di Cosimo de’ Medici – e poi da Federico Zuccari, ma anche dalla presenza indiretta di Federico Barocci, mediata ad Arezzo dalla grande pala con la Madonna del popolo compiuta nel 1579 per la cappella della Fraternita dei Laici nella pieve di S. Maria, e dalla cerchia di artisti attivi nell’area di Sansepolcro, molto vicini a Torri, come Raffaello Schiaminossi, Francesco Cungi e Giovan Battista Mercati. Scarse sono le notizie sui progressi pittorici di Teofilo anteriormente al 1602, periodo approfonditamente indagato da Luciana Borri Cristelli (1982; 1982-1983; 1986), che ha rinvenuto i più antichi documenti riguardanti l’attività pittorica di Teofilo: un pagamento dall’Opera del duomo di Arezzo nel 1592 per l’ornamento di una cappella della cattedrale di S. Donato, e uno, nel 1593, per dipingere alcuni stemmi medicei, oggi ancora in situ nella controfacciata; opere, queste, connesse tra loro e risalenti con probabilità all’impegno profuso ad Arezzo dal vescovo Pietro Usimbardi, molto legato alla corte di Ferdinando I de’ Medici, a cui dobbiamo alcuni significativi lavori di rinnovamento nel palazzo vescovile e nella cattedrale e l’arrivo nel 1594 della statua di Ferdinando I de’ Medici consegnata da Giambologna e Pietro Francavilla, oggi sul sagrato della chiesa (cfr. A. Baroni [Vannucci], Francavilla e Giambologna: nuovi documenti per la statua di Ferdinando I de’ Medici ad Arezzo, in Bollettino d’informazione della Brigata Aretina degli Amici dei Monumenti, LIX (2017), 99, pp. 45-56).
Scorrendo i Ricordi di Torri appare chiaro che la sua committenza pittorica fu, sin dagli anni ’90, molto localizzata su Arezzo e le sue cortine, ma di ceto elevato. Oltre agli impegni per il vescovato aretino – che inclusero, tra le opere ancora esistenti, i cicli con le Storie dell’Antico Testamento (1606), dei Vizi capitali (1608) e delle Vedute dei monasteri aretini (1611) – Teofilo dipinse nella cappella della villa agli Orti Redi di Jacopo Fossombroni le Storie di s. Francesco (1602), nel palazzo Spadari le decorazioni a grottesche delle scale (1604), nella villa Bacci a Campoluci un ciclo complesso di affreschi (1608) e per la nuova sala consiliare della Fraternita dei Laici la Madonna della Misericordia (1612). Dipinse ancora per il palazzo cittadino dei Brandagli le Gesta della famiglia, e i Fasti aretini nelle sale del palazzo del Comune oggi occupate dal sindaco (cfr. per una disamina parziale delle opere documentate ancora esistenti Borri Cristelli, 1986, pp. 25-33). Eseguì anche pale d’altare, tra le quali si conservano la Crocifissione e santi della chiesa di S. Maria Assunta a Civitella, iniziata da Giovanni Anghiarini e condotta a termine da Teofilo nell’aprile del 1602 (cfr. S. Casciu, La pittura nella provincia aretina tra manierismo e riforma, in Arte in terra d’Arezzo. Il Seicento, a cura di L. Fornasari - A. Giannotti, Firenze 2003, pp. 11-32, in partic. pp. 11-16), quella di ugual soggetto per la chiesa della SS. Annunziata ad Arezzo e un’Immacolata Concezione per la badia delle Ss. Flora e Lucilla.
Ricerche condotte più recentemente (Baroni Vannucci, 2014) sull’attività grafica di Torri e sulla sua nota e ricchissima collezione di disegni, sopravvissuta in due taccuini del fondo Fossombroni della Biblioteca Città di Arezzo – che annoverava in origine, oltre alle sue, opere di Pontormo, di Michelangelo, di Rosso Fiorentino, di Daniele da Volterra, di Raffaello e di Barocci (Arezzo, Biblioteca Città di Arezzo, ms. 108: T. Torri, Ricordanze, cit., cc. 102r e 104v, e Borri Cristelli, 1986, p. 12) – hanno evidenziato l’importanza nella cerchia di Torri di aiuti giovani come Valerio Bonci, ma anche di maggiore esperienza ed età come Orazio Porta, pupillo savinese di Vasari sin dal 1554, e soprattutto di Giovanni Anghiarini, collaboratore accertato di Teofilo fino alla morte (1595) nei citati lavori pittorici per l’Opera del duomo aretino, ma anche autore di buona parte dei disegni, soprattutto studi di figura e ritratti, della raccolta superstite. Potrebbe essere stato Anghiarini il vettore di contaminazioni romane e zuccaresche di un certo peso per la formazione dello stile grafico maturo di Torri, molto meno versato di Anghiarini per la ritrattistica. A Teofilo tuttavia non difettarono le suggestioni dei più dotati colleghi biturgensi, in particolare Cherubino e Durante Alberti e il già citato Schiaminossi, che lo stesso Teofilo, nei suoi Ricordi, menziona più volte, chiamandolo «amicissimo» (Arezzo, Biblioteca Città di Arezzo, ms. 108: T. Torri, Ricordanze, cit., c. 132r). Alla morte di Schiaminossi, il 17 giugno 1622, Teofilo venne chiamato dalla vedova a stimarne la collezione d’arte (c. 133v). In questa occasione Torri acquistò da lei alcune opere interessanti che andarono ad arricchire la sua già preziosa collezione. Tra esse: «un quadrettino di un San Francesco, viene dal signor Guido Reni, scudi 2; […] un quadrettino, viene dal Caravaggio, con dua che giocano a carte, scudi 7; […] dua quadri di diversi animali, viene dal Bassano, in tuto scudi 10; dua cassoni [?] depinti de mano de messer Raffaello [Schiaminossi], scudi 3». Teofilo fu grande amico e sodale di Giorgio Vasari il Giovane, che frequentò regolarmente nei suoi assidui viaggi fiorentini.
Gli appunti di Torri nelle Ricordanze si interrompono nel maggio del 1623. La conferma della sua morte, avvenuta ai primi del 1625 e finora non conosciuta con esattezza documentaria, si ricava dal Libro dei morti dell’Archivio storico della Fraternita dei Laici di Arezzo: «Adì 10 detto [febbraio 1624] Teofilo di s[er] V[incenz]o Torri in Pieve» (915, c. 178r). Il celebre dipinto con la famiglia di Teofilo oggi al Museo nazionale d’arte medievale e moderna di Arezzo, attribuito a un «anonimo del XVII secolo» (cfr. Borri Cristelli, 1986, fig. 28) e databile alla fine del primo decennio del Seicento, potrebbe ritrarre, oltre all’artista stesso, Lisabetta, Enea, Virginia e Aquino.
Arezzo, Biblioteca Città di Arezzo, ms. 108: T. Torri, Ricordanze di T. T. pittore e della sua famiglia dal 1610 al 1623; ibid., ms. 9: F. degli Azzi, Memorie degli attestati che le famiglie nobili hanno avuto dal magistrato dei Priori..., in Memorie storiche aretine (1764), p. 95; Archivio di Stato di Arezzo, Manoscritti da Casa Vasari, 4, IV: A. Albergotti, Notizie istoriche di più uomini celebri per virtù e talenti della città di Arezzo e suo comitato, pp. 896 s.; ibid., Strumenti di corredo, 24, III: F.A. Massetani, Dizionario bibliografico degli aretini ricordevoli nelle lettere, scienze, arti, armi e religione (1936-42), c. 916r, n. 3568. O. Brizi, Ricordi pittorici di T. T. aretino, Arezzo 1846; C. Verani, Le «Ricordanze» di T. T. pittore aretino, in Atti e Memorie della R. Accademia Petrarca, n.s., XXII-XXIII (1937), pp. 145-176, estratto citato pp. 5-34; A. Andanti, T. T., in Bollettino d’informazione della Brigata Aretina Amici dei monumenti, XIII-XIV (1976), 22, pp. 28-30; L. Borri Cristelli, Alcuni disegni di architettura di T. T. nel Taccuino Soane, in Storia Architettura, V (1982), 2, pp. 77-84; Ead., Profilo di T. T., in Quaderno dell’Istituto di Storia dell’arte, Facoltà di Magistero, Università degli Studi di Siena, 1982-1983, pp. 7-76; Ead., I disegni della Collezione Torri nella Biblioteca di Arezzo, Arezzo 1986; S. Pieri, La SS. Annunziata di Arezzo. Compagnia, santuario, parrocchia, Cortona 1991; A. Baroni Vannucci, T. o Anghiarini? Alcuni inediti e una nuova ipotesi per il taccuino torriano del Fondo Fossombroni, in Annali Aretini, XXII (2014), pp. 153-160.