Modigliani-Miller, teorema di
Teoria formulata da F. Modigliani e M. Miller, in cui i due studiosi mostrano secondo quali ipotesi, per imprese che operino in concorrenza e uguali, salvo la proporzione tra debito e capitale di rischio con cui si sono finanziate, la somma dei debiti e del patrimonio netto a prezzi di mercato debba essere uguale e pari al valore attualizzato dei flussi di cassa futuri. Se così non fosse, le scelte finanziarie degli investitori che massimizzano i profitti riporterebbero all’uguaglianza. Il teorema di M.-M. è il punto di partenza nella teoria della finanza per spiegare, con ipotesi più realistiche, perché imprese analoghe, ma con diversa struttura finanziaria, siano valutate in modo diverso. Tra le ipotesi vi sono: i mercati perfetti, ossia caratterizzati dall’assenza di asimmetrie informative, di costi di fallimento e di transazione; l’assenza di vincoli a prendere o dare a prestito illimitatamente al tasso d’interesse, comprensivo del premio al rischio dell’impresa, che coincide con il tasso di sconto per attualizzare i redditi futuri; gli incentivi dei manager allineati con quelli degli azionisti; l’assenza di imposte sul reddito d’impresa. Si considerino due esemplificazioni sulle conseguenze di modifiche dell’ultima e della prima ipotesi. La deducibilità dal reddito imponibile degli interessi sul debito, ma non dei dividendi, giustifica la preferibilità, riscontrata in una maggiore capitalizzazione, per il debito a scapito del patrimonio, ovvero, per una maggiore leva finanziaria (➔ leva). Un debito più alto, tuttavia, può disincentivare nuovi finanziamenti azionari per un progetto economicamente valido, con una mancata creazione per l’impresa stessa di benefici che potrebbero evitare una situazione di insolvenza. È questo il fenomeno del cosiddetto debt overhang (o oppressione da debito) e dipende dal diritto di priorità del creditore a essere rimborsato del capitale e degli interessi, rispetto all’azionista, titolare residuale dei flussi di cassa generati. Un eccesso di debito può così provocare una maggiore probabilità di fallimento e, quindi, una capitalizzazione inferiore.