benessere, teoremi dell'economia del
benessere, teoremi dell’economia del I due teoremi dell’economia del b. definiscono le condizioni alle quali un sistema, coordinato esclusivamente da mercati concorrenziali, è in grado di assicurare l’efficienza e l’equità. La nozione di efficienza utilizzata è quella che corrisponde all’ottimo di Pareto (➔ Pareto, ottimo di), mentre la nozione di equità è lasciata volutamente indeterminata.
Il primo teorema dell’economia del b. afferma che se i beni e i servizi (incluse le prestazioni di lavoro) da cui dipende il b. individuale possono essere scambiati in mercati perfettamente concorrenziali e se i mercati sono in equilibrio, allora l’allocazione (➔) che ne deriva è un ottimo di Pareto. Pertanto, le quantità prodotte, acquistate e vendute dei vari beni e servizi sarebbero tali che, se esse venissero modificate, il b. di almeno un individuo potrebbe aumentare, ma soltanto nel caso in cui quello di almeno un altro individuo diminuisse, come richiede l’ottimo di Pareto. L’equilibrio di mercato è quello walrasiano (➔ Walras, legge di), che si caratterizza perché l’eguaglianza tra domanda e offerta è assicurata unicamente dai prezzi. Il teorema prova perciò che un sistema economico coordinato dai prezzi, senza alcuna forma di interferenza esterna o di cooperazione tra gli agenti, può assicurare l’efficienza. In particolare, ciò vuol dire che l’ottimo di Pareto può essere realizzato senza che nessuno lo persegua intenzionalmente. È per tale caratteristica che il teorema è considerato da alcuni come una rigorosa conferma di quanto A. Smith scrive in La ricchezza delle nazioni (1776), a proposito di una ‘mano invisibile’ (➔) che, al di là di ogni intenzionalità, spinge i mercati verso obiettivi di interesse generale.
Il teorema presuppone, per la sua validità, come si è detto, condizioni stringenti, non tutte di facile realizzazione. Affinché tutti i mercati vadano in equilibrio, occorre che le funzioni di produzione e quelle di utilità posseggano proprietà particolari: le prime devono escludere rendimenti crescenti di scala e le seconde devono essere continue e quasi-concave (➔ anche produzione, funzione di; utilità, funzione di). Inoltre, mentre il teorema richiede che la produzione e il consumo non siano determinati al di fuori di mercati concorrenziali, nella realtà, il b. spesso dipende da risorse per le quali è difficile istituire mercati (per es., per l’impossibilità di definire su di esse diritti di proprietà individuali) o, nel caso sia possibile istituirli, da risorse che non conducono a equilibri concorrenziali.
Il venire meno anche di una sola delle condizioni di validità del teorema, pone il problema se il b. sociale sarebbe maggiore quando si rispettassero tutte le residue condizioni ovvero ci si allontanasse da esse. Questo è l’oggetto di un altro teorema, detto del second best (➔). Possono esistere infiniti ottimi di Pareto, molti dei quali sarebbero tali da generare una distribuzione dei livelli individuali di b. che non è accettabile in base ai criteri prevalenti di equità. Occorre quindi stabilire se i mercati concorrenziali conducano ad allocazioni efficienti che sono anche eque.
Il secondo teorema stabilisce che ogni specifico ottimo di Pareto può essere realizzato da mercati concorrenziali in equilibrio a condizione che gli individui entrino nei vari mercati con dotazioni appropriate delle varie risorse. Questa condizione dovrebbe essere assicurata dallo Stato, il quale utilizzerebbe, a questo scopo, un sistema di trasferimenti e di imposte in somma fissa che non induca distorsioni nei comportamenti e, quindi, non interferisca con l’efficiente funzionamento dei mercati. Il teorema, nell’interpretazione prevalente, segnerebbe una chiara ripartizione dei compiti tra Stato e mercati: il primo definisce le dotazioni iniziali in coerenza con gli obiettivi di equità e senza distorcere l’operatività dei mercati; i secondi – liberi da ogni interferenza – assicurano l’efficienza. Un’importante implicazione è che lo Stato non deve intervenire sui prezzi allo scopo di avvantaggiare le fasce più deboli della popolazione: il teorema indica una strada alternativa in grado di assicurare lo stesso risultato di equità, ma nel rispetto dell’efficienza.
Anche il secondo teorema richiede precise condizioni, di difficile realizzazione, rispetto non soltanto alle funzioni di produzione e di utilità, ma anche alla disponibilità da parte dello Stato dei mezzi e soprattutto delle informazioni sui singoli agenti, necessarie per attuare la redistribuzione coerente con l’equità. Queste circostanze, unite al fatto che entrambi i teoremi perdono di validità in presenza di esternalità e beni pubblici, o di importanti innovazioni tecnologiche, o di interdipendenze nell’utilità dei consumatori, fanno sì che essi siano di limitata applicabilità alla realtà concreta. Tuttavia essi costituiscono, oltre che l’esito di un rigoroso programma di ricerca nell’ambito dell’equilibrio economico generale, importanti punti di riferimento per l’individuazione di soluzioni efficienti ed eque, che siano tendenzialmente anche realizzabili.