CAMPI, Teoria dei
Introduzione, alcuni esempi classici. - Le "teorie di campo" si occupano di quei sistemi fisici il cui stato sia descritto assegnando il valore di una o più grandezze, dette "campi", in ciascun punto dello spazio.
La fisica classica, cioè non quantistica, ci offre molti esempi di t. di c.: nell'acustica, nella teoria dell'elasticità, nell'idrodinamica, nella metereologia, ecc., appaiono in varie combinazioni e con varie funzioni i c. della pressione, della densità, della velocità, delle deformazioni elastiche, e così via. Questi c. corrispondono a un'idealizzazione della situazione reale, in quanto non rappresentano vere proprietà fisiche dei punti dello spazio, ma piuttosto proprietà medie degli atomi o molecole nei dintorni di ciascun punto.
All'interno della fisica classica un posto a sé occupamo il c. elettromagnetico e quello gravitazionale, oggetto il primo della teoria di Maxwell dell'elettromagnetismo, il secondo della teoria della gravitazione (relatività generale) di Einstein. Contrariamente a quelli cui è stato accennato prima, questi c. sono considerati come reali proprietà fisiche (addirittura geometriche, nel caso della gravitazione) dello spazio.
Con l'avvento della meccanica quantistica il ruolo dei c. è divenuto preminente nell'interpretazione dei fenomeni più fondamentali, e quindi di tutta la struttura fisica della materia; come vedremo nel seguito, si giunge a questo con il riassorbimento del concetto di particelle nel concetto di campo.
Campi quantizzati e particelle. - Una teoria classica va oggi vista come limite di una teoria quantistica quando si faccia tendere a zero la costante h di Planck. Il processo inverso, la costruzione di una teoria quantistica che abbia come limite una particolare teoria classica, prende il nome di quantizzazione:
Per quantizzare una teoria classica si possono seguire diverse procedure, sostanzialmente equivalenti. Descriviamo la procedura più nota.
Il primo passo della quantizzazione consiste nell'esprimere la teoria in forma hamiltoniana, cioè nell'esprimere l'energia del sistema come funzione H (qn, pn) di un numero appropriato di variabili indipendenti, qn, e dei corrispondenti momenti coniugati, pn. Le equazioni del moto prendono allora la forma:
Le variabili dinamiche del sistema, funzioni delle qn e pn, divengono, nella teoria quantistica, operatori su uno spazio vettoriale, detto spazio di Hilbert, i cui elementi corrispondono ai possibili stati del sistema fisico. In una t. di c. il numero di variabili indipendenti è, in effetti, infinito. Il prodotto tra variabili dinamiche è non commutativo; le regole di non commutazione sono fissate da:
Il problema generale della dinamica, che nella teoria classica richiede la soluzione delle equazioni [1], nella teoria quantistica si riconduce all'identificazione dei possibili valori (autovalori) dell'energia, e dei corrispondenti stati (autostati) nello spazio di Hilbert. La complessità matematica di questo problema, come del corrispondente problema classico, cresce col numero delle variabili indipendenti. Per le t. di c., che coinvolgono un numero infinito di gradi di libertà, non si conoscono, tranne casi particolari, delle soluzioni complete.
Una classe importante di t. di c. risolubili include tutti quei casi in cui le equazioni del moto sono lineari nei campi. È questo il caso delle equazioni di Maxwell per il c. elettromagnetico in assenza di cariche e correnti, la versione linearizzata delle equazioni della gravitazione di Einstein, valida per c. gravitazionali deboli, l'equazione delle onde elastiche.
In questi casi la soluzione del problema classico si esprime come sovrapposizione lineare di onde di determinata frequenza e direzione di propagazione. Se si scelgono come variabili indipendenti le ampiezze delle singole onde, il sistema "campo" risulta equivalente a un insieme di oscillatori non interagenti tra loro, cioè di sistemi la cui trattazione è elementare anche a livello quantistico. Ciascun oscillatore del c. può occupare livelli energetici multipli di h ν, dove ν è la frequenza classica dell'onda corrispondente. Si dimostra che un'unità di eccitazione, cioè il quanto h ν di energia, può essere interpretato come una particella di energia h ν e quantità di moto p =- h/λ, dove λ è la lunghezza d'onda. Lo stato generico del c., in cui ciascun oscillatore ha un determinato livello di eccitazione, può essere così interpretato come un insieme di particelle con date energie e quantità di moto.
In questo modo, a ogni t. di c. classica, governata da equazioni lineari, corrisponde una specie di particelle: i fotoni per il campo elettromagnetico, i gravitoni per il campo gravitazionale. Le eccitazioni elementari della teoria dell'elasticità possono anche essere trattate come particelle, dette fononi, anche se non si tratta naturalmente di particelle elementari, ma di moti collettivi del solido.
La situazione si complica enormemente quando i c. obbediscono a equazioni del moto non lineari. In questo caso la separazione del sistema in sistemi elementari non interagenti (gli oscillatori del c.) non può essere eseguita; qualunque scelta dei gradi di libertà, cioè delle variabili indipendenti, conduce a sistemi di equazioni accoppiate di cui non si conoscono le soluzioni generali, né a livello classico, né a livello quantistico. Esistono tuttavia alcuni esempi di t. di c. non lineari di cui si conoscono le soluzioni generali; si tratta però di teorie basate su uno spazio a una sola dimensione spaziale, e quindi prive d'interesse fisico diretto. Tra queste possiamo citare il modello di Thirring e il modello di Schwinger, che forniscono un equivalente unidimensionale della teoria di Fermi delle interazioni deboli, e dell'elettrodinamica quantistica. Sebbene non siano direttamente applicabili alla realtà fisica, questi modelli risolubili sono di estremo interesse perché forniscono un eccellente banco di prova per i metodi approssimati di calcolo che vengono impiegati nella trattazione di t. di c. più realistiche.
Tra i metodi approssimati di soluzione delle t. di c., il metodo perturbativo è quello che ha sinora dato i risultati più rilevanti, specie nell'elettrodinamica quantistica. (v. elettrodinamica quantistica, in questa Appendice). In questo metodo si approssima la teoria non lineare con una teoria lineare che viene quantizzata come detto sopra, e si trattano le non linearità come perturbazioni delle quali si calcolano gli effetti per approssimazioni successive. All'ordine più basso si ha una t. di c. lineare, che può essere descritta in termini di particelle non interagenti; l'effetto della perturbazione è d'introdurre un'interazione tra le particelle.
Le tecniche di quantizzazione hanno avuto un notevole sviluppo negli ultimi anni, in particolare con lo sviluppo di metodi (la cosidetta "somma sui cammini" di Feynman) in cui non si fa uso del limite lineare della teoria.
Trasformazione di una teoria di particelle in una teoria di campo. La statistica. - Abbiamo visto come una t. di c. quantizzato può essere descritta in termini di particelle; questo procedimento può essere eseguito in senso opposto, cioè possiamo rappresentare una teoria di particelle come t. di campo. Se tralasciamo le interazioni tra particelle, otterremo un. c. che obbedisce a equazioni del moto lineari. Ancora una volta possiamo introdurre interazioni tra le particelle, mediante non linearità nelle equazioni del moto. Quale sia il tipo di campo che corrisponde a un dato tipo di particella dipende da alcune caratteristiche della particella: la prima è lo spin, o momento angolare intrinseco, che si riflette nel carattere tensoriale o vettoriale del campo. Avremo così un c. scalare per una particella senza spin, un c. vettoriale per una particella di spin 1 (in unità h/2π), un c. spinoriale per una particella di spin 1/2. La seconda caratteristica è la massa della particella, che si riflette sulla forma delle equazioni del moto. Una terza caratteristica importante è la carica della particella: particelle cariche corrispondono a c. complessi, particelle neutre possono essere descritte da c. reali.
La possibilità di descrivere un sistema di particelle di una stessa specie (per es., elettroni) mediante un c. quantizzato deriva da uno dei principi della meccanica quantistica, in base al quale particelle identiche sono indistinguibili.
Questo principio ha importanti conseguenze fisiche, tra cui ricordiamo il principio di esclusione di Pauli, per cui due elettroni non possono occupare la stessa posizione se i loro spin hanno la stessa orientazione, e le statistiche quantistiche di Fermi-Dirac e di Bose-Einstein. Dal principio d'indistinguibilità segue che le particelle possono essere divise in due grandi categorie: i fermioni, che dànno luogo a funzioni d'onda antisimmetriche, e i bosoni, che dànno luogo a funzioni d'onda simmetriche. I primi obbediscono al principio di esclusione di Pauli e alla statistica di Fermi-Dirac, i secondi obbediscono alla statistica di Bose-Einstein.
Per illustrare l'importanza concettuale del principio d'indistinguibilità nel suggerire una transizione da una teoria particellare a una t. di c., esaminiamo, per es., un sistema di N particelle identiche. Dal punto di vista particellare, definiremo lo stato del sistema mediante le coordinate delle particelle, per es.: (x1, x2, x3, ..., xN) dove xI è la coordinata della prima particella, 2 quella della seconda, e così via. Dato che le particelle sono indistinguibili, questo stato non differisce da (x2, x1, x3, ..., xN), o da (xN, x3, x1, ..., x2), cioè da stati ottenuti dal primo con una permutazione di due o più particelle. Per eliminare questa ridondanza dobbiamo considerare (x1, x2, ..., xN) come una lista non ordinata, cioè come una lista di punti dello spazio in cui sono presenti particelle. Non c'interessa sapere "quali sono le coordinate delle N particelle", ma "in quali punti dello spazio è presente una particella". Siamo così passati a un punto di vista locale, in embrione a una t. di campo.
Il punto di vista locale è strettamente aderente alle procedure sperimentali usate nella fisica delle particelle, il cui strumento fondamentale è il contatore, cioè un apparecchio che permette di segnalare la presenza di una particella con certe caratteristiche in una certa regione dello spazio.
Un ulteriore argomento che indica la necessità di una descrizione non strettamente particellare è la possibilità di creazione e distruzione di particelle, per cui la caratterizzazione di un sistema come "sistema di N particelle" non è stabile nel tempo. Questo non toglie che si possa adottare questo tipo di descrizione in situazioni fisiche in cui per ragioni energetiche la creazione di particelle non può avvenire, per es., nello studio dei livelli atomici o molecolari. La creazione o distruzione di particelle è invece trattata in modo naturale nella t. dei c. (v. elettrodinamica quantistica, in App. II, 11, p. 835).
La relatività e campi quantizzati. - L'unione tra relatività e meccanica quantistica, nell'ambito della t. dei c. quantizzati, è fertile di profonde conseguenze. Discutiamo brevemente due risultati principali: il teorema di spin e statistica, la simmetria tra particelle e antiparticelle.
Il teorema di spin e statistica afferma che particelle di spin intero (in unità h/2π) obbediscono alla statistica di Bose-Einstein, sono cioè bosoni, mentre particelle di spin semintero (cioè 1/2, 3/2, ecc.) obbediscono alla statistica di Fermi-Dirac, sono cioè dei fermioni.
Ricordiamo che la meccanica quantistica non relativistica stabilisce solo l'alternativa fermioni-bosoni, e la possibile esistenza di particelle dotate di spin intero o semintero, ma non stabilisce nessun legame tra i due ordini di fatti (v. particelle elementari e antiparticelle, in App. III, 11, p. 369).
Anche nel caso della simmetria tra particelle e antiparticelle si tratta di una conseguenza della relatività: la teoria non relativistica sarebbe perfettamente consistente senza l'esistenza di antiparticelle, che non hanno un ruolo importante in situazioni non relativistiche, quali la fisica atomica e molecolare e la fisica nucleare di bassa energia.
Nella formulazione di una t. di c. le conseguenze dei principi della relatività si possono raccogliere in due grandi categorie: proprietà d'invarianza, e proprietà di località. La prima categoria si riduce alla richiesta che la forma delle equazioni, e in generale tutte le conseguenze della teoria siano invarianti rispetto a una trasformazione di coordinate spazio-temporali. La richiesta d'invarianza comporta che i c. abbiano definite proprietà di trasformazione: scalari, tensori, vettori, spinori, e restringe la possibile forma delle equazioni della teoria.
La proprietà di località discende dal principio che pone nella velocità della luce nel vuoto un limite alla propagazione di qualsiasi fenomeno fisico. Questa proprietà acquista, come vedremo, un significato particolarmente profondo nell'ambito di una teoria quantistica.
Il principio di località ha delle importanti conseguenze dinamiche. In particolare, se consideriamo un sistema esteso (come lo è un c.), le varie parti del sistema (o varie regioni dello spazio) non possono interagire istantaneamente, ma solo tramite la propagazione di segnali, cioè di onde, da una regione all'altra. Il meccanismo fondamentale dell'interazione può quindi solo essere locale, cioè avvenire tra un punto e altri infinitesimamente vicini. Nell'ambito della t. classica dei c., ne segue che le equazioni del moto devono essere equazioni differenziali.
Le conseguenze della località sono ancora più profonde nella teoria quantizzata: consideriamo infatti due eventi consistenti nella misura di due grandezze fisiche A e B in due punti dello spaziotempo: (xA, tA), (xB, tB). Secondo i principi della meccanica quantistica, a ciascuna grandezza corrisponde un operatore, Â e B. Se la distanza tra i due punti è di tipo spazio, cioè se ∣ xA − xB∣ > c ∣ tA − tB ∣ (dove c è la velocità della luce nel vuoto), i due eventi-misura non possono influenzarsi reciprocamente, e quindi, secondo la meccanica quantistica, i rispettivi operatori devono commutare; si ha cioè:
se
La relatività interviene quindi non solo a livello di equazioni del moto classico, ma anche a livello di quantizzazione, ed è per questo che permette di stabilire delle relazioni tra proprietà squisitamente quantistiche come lo spin e la statistica.
Il metodo perturbativo e la rinormalizzazione. - In una t. di c. il metodo perturbativo consiste nell'esprimere i risultati della teoria come serie di potenze in uno o più parametri detti "costanti di accoppiamento". I parametri vanno scelti in modo che, quando essi si annullano, la teoria si riduce a una t. di c. lineare.
La tecnica dello sviluppo perturbativo in una t. di c. relativistica è stata messa a punto intorno al 1950, e lo strumento fondamentale, usato (con alcune perfezionamenti) ancora oggi, è quello dei diagrammi di Feynman.
Se indichiamo con g la costante di accoppiamento (per semplicità assumiamo che ce ne sia una sola), e con A una grandezza fisica che desideriamo calcolare, essa sarà espressa come
Ciascun coefficiente An sarà espresso come somma di un numero finito di termini, ciascuno dei quali corrisponde a un diagramma. Esistono - per ciascuna teoria - delle regole per identificare i diagrammi possibili e per associare a ogni diagramma un'espressione matematica, sotto forma d'integrale. Se gl'integrali fossero convergenti, cioè finiti, avremmo un insieme di regole precise che permettono il calcolo dei coefficienti An.
Un vantaggio importante del metodo dei diagrammi è che ci dà una visione pittorica, quindi intuitiva del meccanismo tramite il quale l'interazione caratterizzata da g, influenza il valore della grandezza fisica A. Alcuni diagrammi, e la loro interpretazione fisica, sono presentati nella voce particelle elementari e antiparticelle, App. III, 11, p. 372.
La teoria così formulata s'incontra però in una grossa difficoltà: a molti dei diagrammi corrispondono espressioni divergenti: i coefficienti dello sviluppo in serie di A, o almeno qualcuno di essi, risultano cioè infinití.
Questa difficoltà viene superata in una classe ristretta ma importante di teorie, dette "rinormalizzabili". A questa classe appartengono l'elettrodinamica quantistica e le teorie attualmente candidate alla descrizione delle interazioni forti e deboli. Nelle teorie rinormalizzabili si ottiene una serie perturbativa a coefficienti finiti, purché si ridefinisca il parametro di sviluppo sostituendo a g, parametro che definisce la non linearità delle equazioni del moto, un nuovo parametro, gR, che ha un'interpretazione fisica più diretta.
Nell'elettrodinamica quantistica, per es., il nuovo parametro di sviluppo viene identificato col valore fisico della carica elettrica elementare. La rinormalizzabilità della teoria è certamente desiderabile, in quanto permette l'uso del metodo perturbativo, ma non è escluso che anche teorie non rinormalizzabili siano matematicamente accettabili e fisicamente rilevanti. Anche in teorie rinormalizzabili, tuttavia, la serie perturbativa non è una serie convergente, ma, secondo la terminologia matematica, una serie asintotica. Questo significa che per piccoli valori della costante di accoppiamento il risultato si ottiene con grande accuratezza sommando i primi termini della serie (v. elettrodinamica quantistica, in questa Appendice). Allo stesso tempo, ed è questo uno degli aspetti su cui si concentrano attualmente le ricerche, è possibile che, tramite un'adeguata tecnica di sommazione, la serie perturbativa identifichi univocamente i risultati della teoria.
Il gruppo di rinormalizzazione. - Nel calcolo delle serie perturbative rinormalizzata la scelta del parametro di sviluppo gR è entro certi limiti arbitraria, e in certi casi si ha un'infinità di scelte possibili ed egualmente valide. Cambiare la definizione di gR implica una trasformazione sui coefficienti della serie. L'insieme di queste trasformazioni forma il gruppo di rinormalizzazione della teoria. Lo studio di questo gruppo, unita all'analisi dimensionale, permette in molti casi di dedurre proprietà generali della teoria dalla conoscenza di pochi termini della serie perturbativa. Questa possibilità è di grande importanza, dato che il calcolo diretto dei coefficienti della serie è molto complesso, e non è possibile, anche con l'ausilio di calcolatori elettronici, spingersi oltre i primi coefficienti. Le possibilità offerte dall'esistenza di un gruppo di rinormalizzazione si sono rivelate utilissime nelle applicazioni della t. dei c. allo studio delle interazioni tra particelle elementari e allo studio dei fenomeni critici nelle transizioni di fase. In ambedue i casi il gruppo di rinormalizzazione permette di stabilire l'andamento asintotico di alcune grandezze. Nel caso di alcuni processi d'urto tra particelle, per es., è possibile prevedere l'andamento del processo quando l'energia in gioco tende all'infinito, e in pratica quando tale energia è molto superiore all'energia di riposo (mc2) delle particelle che partecipano al processo.
Nel caso delle transizioni di fase è possibile calcolare accuratamente l'andamento di alcune grandezze fisiche (per es., la suscettività, nel caso di una transizione ferromagnetica), quando la temperatura si avvicina alla temperatura critica.
Il programma assiomatico. - Le difficoltà di soluzione della t. dei c. hanno stimolato un intenso lavoro fisico-matematico, volto a dedurre proprietà generali della t. dei c., cioè quelle che derivano dai principi generali della teoria quantistica e della relatività. Esistono due metodi distinti di assiomatizzazione: il più antico (G. Källen, H. Lehman, K. Symanzig, W. Zimmerman, A. S. Wightman) è molto vicino alle tecniche usate correntemente nelle applicazioni fisiche, mentre il più recente (R. Haag, D. Kastler, S. Doplicher e altri) prende le mosse da una definizione astratta del concetto di "osservabile locale". Ambedue queste linee di ricerca hanno conseguito risultati di grande rilievo, tra cui alcune dimostrazioni rigorose della connessione tra spin e statistica e della simmetria tra particelle e antiparticelle.
Il programma assiomatico ha portato anche a notevoli progressi con la dimostrazione che alcuni classi di t. di c. possono essere costruite con tutto il necessario rigore matematico, e che si verificano in tali teorie alcuni dei risultati stabiliti con il metodo perturbativo. La classe di teorie per le quali si dispone di tali teoremi di esistenza, sebbene più vasta di quella delle teorie esattamente risolubili, citate più sopra, non comprende però ancora teorie d'interesse fisico.
Sviluppi recenti. Le simmetrie. - Il concetto di simmettria è di centrale importanza nelle applicazioni della t. dei c. alla fisica delle particelle. Notevoli progressi sono stati fatti negli ultimi anni nella comprensione delle possibili realizzazioni di simmetrie in una t. dei campi.
Si ha simmetria in una t. dei c. quando le equazioni della teoria sono invarianti sotto un gruppo di trasformazioni. Le simmetrie possono essere classificate secondo la natura del gruppo, che può essere discreto o continuo, abeliano o non abeliano, e a seconda del modo in cui le trasformazioni agiscono sui campi. Possiamo così avere trasformazioni spazio-temporali, che agiscono sulle coordinate geometriche, o trasformazioni interne, che agiscono sui c. senza modificare le coordinate.
Nel caso di trasformazioni continue queste possono agire in modo eguale su tutti i punti dello spazio (simmetrie globali), o agire in modo differente da punto a punto (simmetrie locali).
I risultati più promettenti degli ultimi anni riguardano la realizzazione di trasformazioni locali. La t. dei c. classica ci ha dato due esempi di questo tipo: l'invarianza sotto trasformazioni generali di coordinate, che è alla base della teoria di Einstein della relatività, e l'invarianza delle equazioni di Maxwell dell'elettromagnetismo sotto trasformazioni di gauge. La prima è una simmetria spazio-temporale, la seconda una simmetria interna, relativa a un gruppo abeliano. Ambedue queste simmetrie sono strettamente legate all'esistenza di c. corrispondenti a particelle senza massa: i gravitoni e i fotoni. Questi risultati sono stati generalizzati da C. N. Yang e H. Mills che hanno mostrato come realizzare in modo locale simmetrie interne per gruppi non abeliani. Anche in questo caso occorrono campi vettoriali corrispondenti a particelle di massa nulla. È di questi ultimi anni la dimostrazione (G′t Hooft) che le teorie di Yang e Mills sono rinormalizzabili. Questa dimostrazione è il coronamento di un continuo progresso nelle tecniche di quantizzazione di una t. di campo. La possibilità di applicare teorie di Yang e Mills alla fisica delle particelle deriva da due ulteriori sviluppi che permettono realizzazioni della teoria evitando la presenza di particelle (non osservate) di massa nulla. Il primo di tali sviluppi riguarda la possibilità di rompere la simmetria, mantenendo intatte alcune delle proprietà interessanti della teoria, tra cui la rinormalizzabilità. In questa versione la teoria è stata applicata con successo alle interazioni deboli, che vengono unificate a quelle elettromagnetiche. Il secondo sviluppo, d'interesse per le interazioni forti, consiste nella possibilità di mantenere la simmetria, ma impedire la propagazione dei c. associati alle particelle di massa nulla oltre una certa distanza. La possibilità di questo secondo meccanismo è suggerita da modelli unidimensionali (modello di Schwinger), ma non ancora dimostrata in teorie realistiche, a tre dimensioni spaziali.
Uno sviluppo recentissimo è la scoperta di una nuova classe di trasformazioni, dette supersimmetrie (B. Zumino), la cui azione trasforma particelle di spin intero in particelle di spin semintero. La possibilità che le supersimmetrie, che unificano fermioni e bosoni, trovino applicazioni nella fisica delle particelle elementari aprirebbe notevoli prospettive, e rappresenta uno dei maggiori problemi aperti nella t. dei campi.
Bibl.: Per il metodo assiomatico: R. F. Streater, A. S. Wightman, PCT, spin & statistics, and all that, New York 1964; S. Doplicher, The statistics of particles in local quantum theories, in Lecture Notes in Physics, vol. 39, Berlino 1975. Per le teorie di Yang-Mills: E. Abers, B. W. Lee, Gauge theories, in Physics Reports, 9C (1973); H. D. Politzer, Asymptoic freedom, ibid., 14C, 130 (1974). Per le supersimmetrie: P. Fayet, S. Ferrara, Supersimmetry, da pubblicare in Physics Reports. Per il gruppo di rinormalizzazione: K. G. Wilson, J. Kogut, The renormalization Group and the expansion, in Physics Reports, 12C (1975). Per il metodo della somma sui cammini: R. P. Feynman, A. R. Hibbs, Quantum mechanics and path integrals, New York e Londra 1965.
Si veda anche la bibl. della v. elettrodinamica quantistica, in questa Appendice.