tipi, teoria dei
tipi, teoria dei in logica, teoria elaborata da B. Russell per superare le antinomie, basate sulla autoreferenzialità, venute alla luce all’epoca della crisi dei → fondamenti della matematica. La teoria propone una stratificazione gerarchica degli enti logico-matematici in tipi, in modo che la relazione insiemistica fondamentale di appartenenza abbia senso unicamente fra enti che appartengano a tipi immediatamente successivi. Si tratta di un sistema logico-insiemistico di cui esistono due versioni: la teoria dei tipi semplici e la teoria dei tipi ramificati. Comune a entrambe le versioni è la ripartizione dell’universo di discorso in classi disgiunte, dette appunto tipi, e l’idea che non abbia senso affermare o negare che x è elemento dell’insieme y se x e y sono del medesimo tipo. Ciò impedisce l’insorgere dei paradossi: per es., il paradosso di Russell viene evitato perché nel linguaggio della teoria dei tipi la proprietà di non essere elemento di sé stesso non è esprimibile. Nella teoria dei tipi semplici i tipi sono identificati nel modo seguente: una certa classe di individui (cioè di entità cui non è attribuita nessuna struttura insiemistica) costituisce il tipo 0; inoltre, per ogni numero naturale n maggiore di 0, la totalità degli insiemi i cui elementi sono di tipo n − 1 costituisce il tipo n. Così, in pratica, il tipo 1 conterrà gli insiemi i cui elementi sono individui, il tipo 2 conterrà gli insiemi i cui elementi sono insiemi di individui, il tipo 3 conterrà gli insiemi i cui elementi sono insiemi di insiemi di individui ecc. Questa versione della teoria fu proposta negli anni Venti del secolo scorso dal filosofo e logico polacco Leon Chwistek (1884-1944) e da F.P. Ramsey. Storicamente, però, essa è preceduta dalla teoria dei tipi ramificati, che B. Russell delineò in un celebre articolo del 1908 (Logica matematica basata sulla teoria dei tipi) e sviluppò quindi nei Principia Mathematica, scritti in collaborazione con A.N. Whitehead e pubblicati fra il 1910 e il 1913. La teoria di Russell si ispira al cosiddetto «principio del circolo vizioso», secondo cui se un’entità è definita facendo riferimento a una certa totalità, non può appartenere a sua volta a quella totalità (predicativismo). Nell’intento di rispettare questo principio, Russell costruisce la sua teoria in modo tale che il tipo di un insieme risulti fissato in base a un duplice criterio: non solo in base al tipo dei suoi elementi (come nella teoria dei tipi semplici), ma anche in base al grado di complessità della definizione con cui l’insieme è stato introdotto. Questo secondo parametro corrisponde all’ordine del tipo, che può essere rappresentato per mezzo di un numero naturale. Al tipo degli individui è assegnato ordine 0: inoltre, se per definire un insieme X si fa riferimento a tipi il cui ordine massimo è n, allora X apparterrà a un tipo il cui ordine è n + 1. Ci sarà un solo tipo di ordine 1: il tipo degli insiemi i cui elementi sono individui e che sono definiti quantificando esclusivamente su individui. Ci saranno invece due tipi di ordine 2: infatti, fra gli insiemi definiti facendo riferimento esclusivamente ai tipi di ordine 0 e 1 bisogna distinguere, da un lato, quelli i cui elementi sono individui, e dall’altro, quelli i cui elementi sono insiemi del tipo di ordine 1. I tipi di ordine 3 saranno quattro, perché un insieme definito facendo riferimento soltanto ai tipi di ordine 0, 1 e 2 può avere elementi che appartengono a uno qualunque dei quattro tipi di ordine 0, 1 e 2. E così via: in generale, i tipi di ordine n saranno 2n−1.
Russell riteneva che la teoria dei tipi ramificati fosse una teoria puramente logica, e che perciò riformulando al suo interno tutta quanta la matematica si sarebbe dimostrato che la matematica non è altro che logica. In pratica, però, per attuare questo programma Russell dovette apportare alla sua teoria modifiche ad hoc. La ramificazione dei tipi senza ulteriori accorgimenti, infatti, intralcia la formulazione di risultati anche basilari della matematica classica (per esempio, se si cerca di definire al modo solito la minima limitazione superiore di un insieme X di numeri reali, si ottiene un numero reale di ordine diverso da quello degli elementi di X). Per ovviare a questo genere di problemi, Russell fece ricorso al cosiddetto assioma di riducibilità: se X è un insieme qualunque e n è l’ordine dei suoi elementi, allora esiste un insieme Y che ha gli stessi elementi di X e che è di ordine n + 1 (un insieme siffatto, il cui ordine è il minimo ordine compatibile con quello dei suoi elementi, si dice predicativo). Nonostante la sua efficacia per superare le difficoltà di cui si è detto, questo assioma è in sé stesso poco plausibile, e sembra addirittura in contrasto con le motivazioni concettuali addotte all’inizio da Russell per sostenere la necessità della ramificazione. In definitiva, la stratificazione in tipi e ordini, pur impedendo la formazione delle antinomie classiche, determina forti difficoltà nel trattare oggetti generali della matematica (per esempio «l’insieme di tutti i numeri reali») e non ha avuto quindi significativo seguito (si vedano anche le voci → Russell, antinomia di; → paradosso).