contratto, teoria del
Teoria economica nella quale il c. si configura come un accordo vincolante, liberamente stipulato tra le parti per il conseguimento di scambi efficienti. Ciò significa che, attraverso il c., le parti riescono a conseguire benefici aggiuntivi rispetto a ciò che otterrebbero in sua assenza (gains from trade). I c. possono essere formali (basati su regole scritte verificabili da un’autorità terza) o informali (basati su regole implicite tra le parti e tra queste e la comunità di riferimento). Possono essere completi, cioè perfettamente verificabili da un soggetto terzo preposto alla loro esecuzione (enforcement), oppure incompleti, quando la natura delle reciproche obbligazioni è così complessa da impedire a soggetti terzi di verificarne il contenuto ed eseguire i rimedi in caso di mancato rispetto delle promesse contrattuali.
La letteratura economica ha evidenziato un trade-off tra efficienza degli scambi contrattuali ed efficienza degli scambi sul mercato. In mercati caratterizzati da rilevanti costi di ricerca (search costs) delle migliori opportunità disponibili, le parti possono essere indotte a sottoscrivere c. che si riveleranno ex post inadeguati, quando nuove e migliori opportunità saranno rivelate dal mercato. In questo caso, rigidi vincoli contrattuali, se da un lato massimizzano l’efficienza ex ante, possono dall’altro impedire scambi potenzialmente funzionali se il costo di uscita dal c. è tale da impedire nuovi scambi più efficienti. La letteratura di analisi economica dei c. ha al riguardo fomulato la teoria dell’efficient contractual breach: le penalità da rottura del c. non devono essere tali da impedire transizioni efficienti verso controparti potenziali. Per questa ragione, rimedi contrattuali nella forma dell’equivalente monetario dei danni attesi, piuttosto che del risarcimento in forma specifica, sono ritenuti più efficienti.