RELATIVITÀ, Teoria della (XXIX, p. 15; App. II, 11, p. 681; III, 11, p. 597)
La fisica classica era dominata dalla nozione di tempo assoluto, al quale tutti i fenomeni s'intendevano subordinati. Quanto allo spazio, mentre le leggi meccaniche (I. Newton) riconoscevano ∞3 riferimenti inerziali in moto reciproco traslatorio uniforme, nei quali essi avevano identica formulazione (principio galileiano di r.), la formulazione delle leggi elettromagnetiche (J. C. Maxwell) postulava un unico riferimento privilegiato (etere cosmico). Fu l'esito negativo di un celebre esperimento ottico destinato a individuare tale riferimento (A. A. Michelson, 1881) ma più ancora la fiducia nell'unità della fisica a generare la convinzione che il principio di r. dovesse sussistere per tutti i fenomeni fisici. Il radicale cambiamento nei concetti fondamentali della fisica che tale estensione richiedeva fu realizzata nel 1905 da A. Einstein.
Alle convenzioni e notazioni adottate nell'articolo del vol. XXIX, p. 15, aggiungiamo le seguenti. a) Notazione compatta di sommazione: un indice ripetuto due volte in una stessa espressione monomia sottintende l'operazione di somma rispetto a quell'indice. b) Notazioni equivalenti: derivazione parziale: ∂ϕ/∂xi ≡ ∂iϕ ≡ ϕ,i, ∂Fik/∂xl ≡ ∂lFik ≡ Fik,l; derivazione covariante: ???lFik ≡ Fik,l; differenziazione assoluta: DFik ≡ ???lFik dxl, Dϕ ≡ ∂iϕ dxi. c) Indici: latini i, k, l,.. = o, 1, 2, 3; greci α, β, ρ,.. = 1, 2, 3.
Relatività ristretta (r. r.).
Concetti generali. - Pietre angolari della teoria sono: a) Principio di relatività esteso a tutti i fenomeni fisici. b) Esistenza di una velocità universale c (da identificare di fatto con la velocità della luce nel vuoto) invariante da un riferimento inerziale a un altro. Conseguenza generale di a), b) è la trasformazione di Lorentz (v. relatività, XXIX, p. 17) che esprime le relazioni, lineari e omogenee, tra le coordinate spaziotemporali di un evento E in due diversi riferimenti inerziali. La trasformazione di Lorentz ha conseguenze importanti: simultaneità, misure temporali, misure spaziali perdono il carattere assoluto che avevano in fisica classica per divenire nozioni relative al riferimento inerziale adottato; la composizione delle velocità non si effettua più per semplice somma vettoriale ma secondo una legge un po' più complessa, compatibile con l'invarianza della velocità della luce. La stessa legge, congiunta a un plausibile principio di causalità (evento "causa" sempre anteriore all'evento "effetto", in ogni riferimento inerziale) porta a escludere la possibilità di segnali fisici più veloci della luce. Benché molte grandezze siano decadute a entità relative, la r. non elimina l'assoluto dalla fisica. Il carattere universale della velocità della luce ne è il primo esempio. Inoltre, dati due eventi E1 ≡ (X1i) ≡ (X1i′), E2 ≡ (X2i) ≡ (X2i′), e considerate le differenze tra le loro coordinate spaziotemporali in due diversi riferimenti inerziali, ℛ ≡ (OX1X2X3, X0 ≡ ct), ℛ ≡ (O′X1′X2′X3′, X0′ ≡ ct′), vi è una loro combinazione algebrica che si mantiene invariante
(divario spaziotemporale tra E1 ed E2). Si ha Δ ≥ 0 per eventi virtualmente collegabili con un segnale fisico (cioè dotato di velocità ≤ c); è invece d Δ 〈 0 per eventi tra i quali non sia virtualmente possibile alcuna dipendenza causale. L'invarianza di Δ suggerì a H. Minkowski (1908) la fusione dello spazio e del tempo, ormai divenuti concetti relativi, in una entità assoluta superiore: lo spazio-tempo. si tratta di uno spazio lineare 4-dimensionale M4 dotato di metrica iperbolica (+−−−), da identificare con [1], nel quale un generico punto rappresenta un evento. Le coordinate Xi sopra impiegate (i - 0, 1, 2, 3), una temporale e tre spaziali, sono coordinate cartesiane ortogonali in M4; la trasformazione di Lorentz, che fisicamente rappresenta il passaggio da un riferimento inerziale a un altro, nella geometria di M4 rappresenta il passaggio tra due distinti sistemi di coordinate ortogonali (coordinate lorentziane). L'introduzione dell'assoluto spazio-tempo ha costituito un enorme progresso non soltanto concettuale ma anche tecnico; infatti una formulazione tensoriale assoluta di una qualunque teoria fisica ne garantisce automaticamente il rispetto del principio di relatività.
Dinamica. - Elementi assoluti fondamentali di un punto materiale ℳ sono la massa propria m0 e l'elemento di tempo proprio dτ ≡ Δ1/2/c; mediante essi si costruisce la 4-velocità Ui ≡ dXi/dτ e il 4-impulso Pi ≡ m0Ui entrambi del genere tempo; l'azione del mondo esterno su ℳ è rappresentata dal vettore 4-forza Ki. La r. conserva immutato il principio d'inerzia (dUi/dτ = 0: traiettoria spaziotemporale rettilinea, moto relativo rettilineo e uniforme in ogni riferimento inerziale) ma dà alla legge generale di moto la forma assoluta dPi/dτ = Ki che, malgrado l'apparenza, differisce profondamente dalla legge newtoniana. Supposto m0 intrinsecamente invariabile (punto materiale privo di struttura interna) l'equazione assoluta si spezza in due equazioni relative
ove si è posto m = m0/[i − (v2/c2)]1/2 massa relativa, n ≡ (dXρ/dt) velocità relativa (ρ = 1, 2, 3), F ≡ (Kρ[1 − (v2/c2)]1/2) (ρ = 1, 2, 3), forza relativa, E ≡ mc2 energia relativa. Due elementi specialmente differenziano la dinamica relativistica dalla dinamica newtoniana:1) variabilità della massa, con accrescimento oltre ogni limite al tendere di v verso c; 2) identità massa-energia. Quest'ultima, estesa a tutte le forme di energia, è stata forse l'acquisizione della r. r. più ricca di conseguenze.
Formalmente semplice è anche l'adattamento relativistico delle equazioni euleriane della dinamica dei mezzi continui:
dove μ0 è la densità locale di massa propria macroscopica, Ui la 4-velocità locale del mezzo, τik il tensore simmetrico delle interazioni di contatto, che si postula soddisfare identicamente alla condizione τikUk = 0, ki la densità propria di 4-forza esterna. Generalmente le [2] vanno completate da opportune relazioni costitutive. In assenza di azioni esterne (ki = 0) le [z], con l'annullarsi della divergenza spaziotemporale del tensore μ0UiUk + τik (tensore energia-impulso del mezzo), esprimono, in forma locale euleriana e in ogni riferimento inerziale, la conservazione dell'energia e tlella quantità di moto del mezzo (estensivamente intese).
Elettromagnetismo. - La formulazione relativistica dell'elettromagnetismo poggia sui seguenti capisaldi:
1) fusione del campo elettrico E e magnetico H in un unico tensore spaziotemporale antisimmetrico Fik tale che in ogni riferimento inerziale sia
2) fusione della densità di carica ρ e della densità di corrente j in un unico 4-vettore
3) adozione delle equazioni assolute di campo
Le [3′] e [3″] codificano il modo di trasformarsi di E, H, ρ, j, quantità relative, al variare del riferimento inerziale ℛ; esse implicano, tra l'altro, l'invarianza della carica elettrica al variare di ℛ. Quanto alle [3‴] esse s'identificano, in ogni riferimento inerziale, con le ordinarie equazioni di Maxwell, che risultano così sussistere in ogni riferimento inerziale, in accordo con il principio esteso di relatività. Quasi paradossalmente l'estensione del principio di r. all'elettromagnetismo, che pure era stato suggerito da un esperimento elettromagnetico (Michelson), non ha richiesto di modificare la forma delle sue equazioni di campo. Il contenuto del campo elettromagnetico in energia e quantità di moto viene sinteticamente espresso dal tensore doppio simmetrico Eik ≡ Fil Fkl − 1/4 mik Flm Flm, la cui divergenza Eik,k, nulla nelle regioni vuote (bilancio euleriano conservativo dell'energia e della quantità di moto del campo elettromagnetico), nelle regioni occupate da materia carica dà, a meno del segno, la densità di 4-forza ponderomotrice del campo sulla materia dando luogo a un bilancio conservativo più ampio, (μ0UiUk + τik + Eik),k = 0, valido per il sistema fisico materia + campo elettromagnetico. Nella precedente espressione di Eik va inteso: mik = 1 per i = k = 0; mik = − 1 per i = k =1, 2, 3; mik = o per i ≠ k. La r. r. ha formulato, anche a fini quantistici, teorie di campo più generali: elemento comune è l'esistenza, per ogni campo "isolato", di un tensore energia-impulso simmetrico Tik soddisfacente, come nei casi sopra nominati, alla condizione locale di conservazione Tik,k = 0.
Conviene osservare esplicitamente che tutte le formule della cinematica e della dinamica relativistica si confondono con le corrispondenti classiche finché sono in giuoco velocità molto inferiori a c (v/c ≪ 1). Ciò significa che il mirabile accordo tra fisica classica e osservazione sperimentale secolarmente constatato per un'innumerevole quantità di fenomeni terrestri, o dell'ambito planetario, permane assolutamente inalterato in r. ristretta. Ma in più la r. r. ha dimostrato il suo pieno accordo con l'esperienza anche in tutti i fenomeni in cui sono in gioco velocità non trascurabili rispetto a c, o comunque sussistono precisioni strumentali capaci di cogliere il divario tra leggi relativistiche e leggi classiche. In particolare essa ha confermato misure sperimentali che la fisica classica prevedeva vistosamente diverse (vita media del mesone μ) o addirittura non era in grado di prevedere (effetto Doppler trasversale). La formulazione relativistica dell'equazione d'onda di una particella di spin 1/2 (P.A.M. Dirac, 1930) ha condotto alla previsione delle antiparticelle, confermata sperimentalmente nel seguito. Oggi le formule della r. r. sono entrate nell'ingegneria (macchine acceleratrici, reattori nucleari, contenitori magnetici di plasma), cosicché la r. r. può ben considerarsi un'acquisizione definitiva. Forse non è azzardato pensare che la r. r., insieme con la meccanica quantistica, rappresenti l'ultimo orizzonte della sperimentazione umana terrestre. È soltanto la parte della nostra esperienza che esce dall'ambito strettamente terrestre per spingersi in campo planetario o stellare o addirittura cosmologico che ha posto quesiti cui neppure la r. r. è in grado di rispondere.
Relatività generale (r.g.).
La r. g. è un ampliamento della prima r. inteso a includere nella teoria i fenomeni gravitazionali. Un puro e semplice adattamento della teoria gravitazionale newtoniana che le attribuisse invarianza lorentziana e ne eliminasse l'inaccettabile immediatezza dell'azione a distanza, sarebbe stato facilmente realizzabile ma non avrebbe tenuto conto di altre esigenze fondamentali. Fin dal 1883 E. Mach aveva intuito che i fenomeni locali d'inerzia (incurvamento della superficie dell'acqua in un secchio rotante, appiattimento di una sfera elastica rotante) dovevano in qualche modo ricondursi, anziché a un inosservabile spazio privilegiato, alla distribuzione globale delle masse nell'Universo. Einstein fece propria e completò questa visione con un atteggiamento mentale abbastanza simile a quello da lui assunto nella costruzione della r. ristretta. Partendo dall'osservazione che già in fisica classica, stante la sperimentata identità tra massa inerte e massa gravitazionale (R.V. Eötvos, 1890), un piccolo laboratorio, liberamente gravitante e senza rotazione in un campo gravitazionale comunque intenso e disuniforme, era localmente indistinguibile mediante esperimenti meccanici da un laboratorio inerziale e lontano da grandi masse, egli congetturò che l'indistinguibilità interna dei due predetti laboratori dovesse riguardare non soltanto esperimenti meccanici ma qualunque esperimento fisico (principio di equivalenza). Queste idee direttrici, che miravano all'unificazione concettuale inerzia-gravitazione e, attribuendo ai riferimenti inerziali soltanto un significato locale, eliminavano ogni riferimento globale privilegiato, furono realizzate da Einstein nella sua teoria gravitazionale (r. g.), che amplia il quadro della r. r., pur mantenendone tutte le acquisizioni locali.
Ne esplicitiamo gli assiomi specifici, spesso sottaciuti.
I. Teatro dei fenomeni fisici è lo spazio-tempo, varietà 4-dimensionale riemanniana V4 dotata di metrica iperbolica normale ds2 = gik dxi dxk (+−−−).
Questo primo assioma, sostituendo una varietà curva a una varietà piatta, generalizza ampiamente la struttura metrica dello spazio-tempo della r. r., lasciandone però immutata la struttura locale, cioè quella dello spazio vettoriale tangente, che rimane quella minkowskiana. Sarà la maggiore disponibilità presente in una varietà riemanniana a dare posto al fenomeno "gravitazione". L'ammessa struttura localmente minkowskiana di V4 rende quasi ovvio il secondo assioma:
II. Tutte le grandezze spaziotemporali della r. r., scalari, vettoriali, tensoriali, hanno posto in ognuno degli spazi vettoriali tangenti di V4, conservando ivi lo stesso significato fisico. Ogni relazione algebrica locale tra grandezze tensoriali valida in r. r. sussiste inalterata in r. generale.
La nuova struttura non modifica dunque quelle relazioni locali della r. r. che si esprimono in termini finiti, quelle cioè che coinvolgono un solo punto di V4. Per contro il carattere genericamente riemanniano di V4 non permette più l'impiego di riferimenti e coordinate privilegiate (come sono le coordinate lorentziane della r. r.) e può garantire il carattere intrinseco degli enunciati solo mediante l'impiego del calcolo differenziale assoluto e dei metodi della geometria differenziale. Si pone ora una duplice domanda: quale sia l'influenza che una determinata struttura metrica di V4, tra le tante possibili, ha sui fenomeni fisici che essa alberga e, viceversa, quale sia l'influenza dei fenomeni fisici, in particolare della materia e del suo movimento, sulla struttura riemanniana di V4. Alla prima questione risponde l'assioma seguente:
III. Ogni relazione differenziale valida in r. r. e ivi espressa in forma tensoriale lorentziana resta valida in r. g. purché alle operazioni ordinarie di derivazione parziale e di differenziazione si sostituisca la derivazione covariante e la differenziazione assoluta: ∂i → ???i, d → D.
Si tratta di una regola di trascrizione semplice ma molto importante: con la piccola modificazione formale s'introduce di fatto, in modo automatico, un'influenza della struttura metrica dello spazio-tempo sulla materia e sugli altri fenomeni fisici, influenza che è interpretabile come azione gravitazionale. La cosa si riconosce applicando la regola III al moto di un punto materiale "libero", cioè di un corpuscolo esente da ogni azione esterna che non sia l'azione diretta dello spazio-tempo: moto per inerzia. In r. r. tale moto è espresso dalla legge dUi/dτ = 0; in r. g., visto che le quantità assolute dτ = ds/c, elemento di tempo proprio, e Ui ≡ dxi/dτ, 4-velocità del corpuscolo, conservano significato, l'analoga situazione sarà espressa (assioma III) da
La nuova equazione mostra che se la traiettoria spaziotemporale non è più rettilinea, è però sempre una geodetica temporale di V4. Se poi si suppone che V4 sia statica (in coordinate adattate ∂0gik = 0, g0α = 0) e inoltre prossima a uno spazio-tempo piatto M4 - ipotesi molto particolari ma verosimilmente conformi alla nostra esperienza terrestre - si riconosce che le [4], in coordinate quasi-lorentziane, dànno
e s'identificano con le equazioni classiche del moto di un corpuscolo in un campo gravitazionale di potenziale
In r. g. l'azione gravitazionale non viene introdotta in modo autonomo ma viene ricondotta all'ordinario concetto d'inerzia, con le sole modificazioni che questo richiede per adattarsi a uno spazio-tempo curvo. Eccetto il caso particolare sopra considerato (V4 statica e prossima a M4), l'azione gravitazionale non si manifesta soltanto mediante la quantità g00, bensì mediante il complesso delle componenti gik del tensore fondamentale, alle quali si dà pertanto il nome di potenziali gravitazionali. Si noti la molteplice funzione del tensore gik spaziale, temporale, gravitazionale, altrettante facce di un'unica realtà assoluta.
Nel caso limite di uno spazio-tempo piatto (V4 ≡ M4), se si adottano coordinate lorentziane (riferimento inerziale) il campo gravitazionale si annulla ovunque. Tuttavia anche in una V4 curva il campo gravitazionale si può "localmente" eliminare adottando coordinate localmente lorentziane: ciò significa che l'assioma III realizza il principio di equivalenza, le coordinate localmente lorentziane rappresentando il riferimento d'inerzia locale (laboratorio liberamente gravitante e non rotante).
Secondo la r. g. "gravitazione", o indifferentemente "inerzia", è l'influenza della geometria di V4 sui fenomeni fisici. Ma, a differenza di quanto accade in r. r. dove la geometria di M4 è rigidamente fissata a priori, la r. g. ammette anche un'influenza reciproca dei fenomeni fisici sulla struttura geometrica di V4, cioè sul suo tensore metrico gik(x). Qual è questa influenza? La domanda ha un corrispondente in teoria newtoniana: qual è il potenziale gravitazionale U(x, y, z) istantaneamente generato da un'assegnata distribuzione di materia di densità μ(x, y, z)? In termini differenziali la risposta è fornita dall'equazione di Poisson Δ2U = − 4πkμ (k, costante di gravitazione universale). In r. g. la risposta è formulata nel seguente assioma:
IV. L'influenza della materia e degli altri fenomeni fisici sulla geometria di V4 è governata dalle equazioni gravitazionali
dove Rik e R sono il tensore contratto e lo scalare di curvatura di V4, Tik il tensore energia-impulso della materia e delle altre manifestazioni fisiche ospitate in V4 e x una costante universale legata alla costante di gravitazione newtoniana k dalla relazione x = 8πk/c4. Studi molto approfonditi delle equazioni [5], costituenti un sistema di secondo ordine, quasi lineare e iperbolico nelle gik(x), hanno mostrato come esse, eventualmente completate da equazioni costitutive specifiche dei diversi sistemi fisici ospitati in V4, determinino in modo "fisicamente univoco" sia il tensore metrico gik(x) sia l'evoluzione dei sistemi fisici ospitati, a partire da naturalissime condizioni iniziali (A. Lichnérowicz, Y. Choquet-Bruhat). Equazioni costitutive aggiuntive divengono superflue nel caso, particolare ma importante, che V4 si pensi ospitare unicamente materia disgregata (mezzo continuo privo di tensioni interne); in tal caso le [5] e le condizioni iniziali bastano a determinare univocamente l'evoluzione fisica sia dello spazio-tempo sia della materia. Le equazioni [5] hanno diverse giustificazioni fisiche, prima tra tutte la circostanza che nel caso di una V4 statica e prossima a un M4 (vedi sopra) esse si riducono a un'unica equazione significativa che è proprio l'equazione di Poisson per il potenziale gravitazionale
Le [5] trovano un'ulteriore giustificazione nel fatto che esse esprimono una significativa proprietà variazionale della geometria di V4. Unico elemento incerto è l'eventuale aggiunta, a primo membro delle [5], di un termine del tipo - λgik, implicante una seconda costante universale λ, il cui intervento tuttavia non avrebbe sensibile influenza a scala planetaria ma soltanto a scala cosmologica. Di qui il nome di "termine cosmologico" a esso attribuito.
Alla grande unità e semplicità concettuale realizzate dalla r. g. fa riscontro un'indubbia complessità formale e matematica. Pur sostanzialmente completata dal suo primo ideatore, la teoria ha lasciato ai successori di Einstein molti problemi teorici e molto lavoro di chiarimento, d'interpretazione e di applicazione. Daremo qui appresso un cenno di questo lavoro che si protrae da molti decenni.
Classificazione algebrica delle V4 einsteiniane. - È dovuta ad A. Z. Petrov un'importante classificazione delle varietà spaziotemporali V4. Un'incisiva analisi algebrica dei tensori Hiklm possedenti le simmetrie Hiklm = − Hkilm = − Hiklm, Hiklm = Hlmik, consente di riconoscere per essi cinque classi distinte I, II, III, IV, S alle quali corrisponde un crescente grado di simmetria culminante per l'ultima (classe singolare) in una degenerazione algebrica completa. Applicata al tensore di curvatura nelle regioni vuote di V4, la suddetta analisi dà luogo a una classificazione dei possibili campi gravitazionali, l'ultima classe (campi gravitazionali singolari) corrispondendo a uno stato radiativo puro (F. Pirani). Un suggestivo teorema di R. K. Sachs mostra per le diverse classi un diverso comportamento asintotico: detta r la distanza spaziale da un punto fisso prescelto, si riconosce che, se le sorgenti del campo sono tutte al finito, il tensore R di Riemann presenta il seguente modo di decadimento asintotico:
l'indice designando la classe di Petrov. La distanza ha quindi ufficio di filtro per le diverse classi presenti nel campo, trattenendo, a mano a mano, quelle di ordine più basso e lasciando sopravvivere per ultima la sola radiazione pura. La classificazione di Petrov ha avuto una parte importante nello studio della radiazione gravitazionale.
Interpretazioni relative. - Il progresso unificatore realizzato dalla r. con la fusione dello spazio e del tempo non può far dimenticare la necessità della loro separazione nel momento dell'osservazione sperimentale: una separazione globale, generalmente impossibile in r. g., può esser sempre sostituita da una separazione locale. Scelto un arbitrario sistema di osservatori, matematicamente rappresentato da un campo di vettori unitari c(x) del genere tempo, una tecnica di proiezione (C. Cattaneo) applicata alle grandezze tensoriali spaziotemporali e anche all'operazione di derivazione covariante, conduce alla corretta definizione delle grandezze relative al riferimento scelto e alla formulazione relativa delle leggi fisiche, spesso analoga alla formulazione tridimensionale classica. Applicato al moto di una particella liberamente gravitante, il metodo dà luogo a una legge "relativa", esatta e assolutamente generale, formalmente identica alla legge newtoniana del moto libero in un generico riferimento accelerato. Nel risultato appare ben confermata l'unificazione concettuale tra inerzia e gravitazione realizzata dalla r. generale.
Contenuti energetici del campo. - Gran mole di lavoro è stata impegnata, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, nella ricerca di un tensore doppio che fosse capace di esprimere, come per i vari campi convenzionali, il contenuto del campo gravitazionale einsteiniano in energia e quantità di moto. Malgrado la molteplicità dei metodi impiegati, l'indagine ha fallito lo scopo, riconoscendo intere classi di "pseudotensori" che se, da un lato, mediante integrazione, permettono il calcolo univoco e indubbio delle quantità globali di un sistema isolato (massa, 4-momento, 4-momento angolare), dall'altro non autorizzano la localizzabilità dell'energia e della quantità di moto gravitazionale, localizzabilità che oggi viene generalmente negata. Meritano tuttavia menzione alcune grandezze dotate di tensorialità interna a un dato riferimento fisico e aventi un indubbio significato fisico locale relativo al riferimento stesso.
Radiazione gravitazionale. - Connesso con il problema dell'energia è il problema delle onde gravitazionali. Che la r. g. preveda l'esistenza di tali onde è implicito nel carattere iperbolico delle equazioni di campo. L'indagine sulle onde gravitazionali si è svolta su direttrici diverse: a) studio completo della loro produzione, propagazione, interazione con la materia, svolto però in ipotesi molto semplificative (campo gravitazionale debole); b) ricerca di soluzioni radiative esatte, puramente gravitazionali o congiunte a radiazione elettromagnetica; c) ricerca di un comportamento radiativo asintotico (H. Bondi); d) caratterizzazione locale di stati radiativi puri utilizzante la predetta classificazione di Petrov; e) studio esatto di onde di discontinuità ordinarie o di urto (A. Lichnérowicz). Metodi tanto diversi hanno concordato nell'attribuire alle onde gravitazionali i seguenti caratteri: velocità e modo di propagazione identici a quelli della luce, trasversalità, elicità (spin) di ordine due, prima interazione con la materia a livello quadrupolare, capacità di trasferire energia. Valutazioni quantitative, svolte prevalentemente in approccio a), concordano nel prevedere energie troppo deboli per essere osservate, sia in onde provocabili in laboratorio, sia in ordinari processi di emissione planetaria o stellare. L'effettivo rilevamento sperimentale di onde gravitazionali richiederebbe ipotetiche sorgenti di enorme potenza, da porre in relazione con gli oggetti esotici di recente osservati o ipotizzati (quasar, pulsar, buchi neri) o con eventuali esplosioni di supernovae. Malgrado la perdurante incertezza su tali possibili sorgenti, già dall'inizio degli anni Sessanta sono state istituite stazioni di rilevamento di onde gravitazionali (J. Weber), seguite poi da molte altre. I risultati sono per ora contrastanti e non esenti da dubbi. Attualmente nuove stazioni sono in corso di allestimento, anche in Italia, con strumenti più sensibili e selettivi. Nell'opinione più diffusa il rilevamento di onde gravitazionali più che una meta raggiunta è una speranza degli anni futuri (v. gravitazionali, onde, in questa Appendice).
Altri sviluppi teorici. - La soluzione delle equazioni gravitazionali di maggiore importanza fisica e applicativa è stata, fin dalle origini, la soluzione a simmetria sferica di K. Schwarzschild, rappresentante il campo gravitazionale generato da un corpo fisso centrale (XXIX, p. 21). A questa si è aggiunta nel 1965 (R. Kerr) una soluzione stazionaria a simmetria assiale interpretabile come campo gravitazionale generato da un corpo centrale in rotazione uniforme. La soluzione dipende da due parametri, l'uno in relazione con la massa del corpo, l'altro con il suo momento angolare. Numerosissime altre soluzioni esatte sono state elaborate, alcune di diretto interesse fisico (soluzioni radiative), altre d'interesse prevalentemente matematico in ordine a una più profonda conoscenza del contenuto delle equazioni gravitazionali. Una grande quantità di lavoro degli ultimi lustri si è rivolta ad adattare o a sviluppare in veste relativistica teorie già note in campo classico: teoria dei fluidi, perfetti o viscosi, magnetofluidodinamica, dinamica dei corpi elastici. Alcune di esse, come la magnetofluidodinamica, hanno campi concreti di applicazione. Interessa osservare che la magnetofluidodinamica trova in r. la sua formulazione naturale, evitando l'ibrido accostamento, proprio della magnetofluidodinamica classica, di equazioni possedenti distinti gruppi di invarianza.
Astrofisica relativistica. - Lo studio dei possibili stati di equilibrio "finale" di una stella, dopo che questa abbia esaurito ogni riserva energetica nucleare, prevede addensamenti materiali così elevati da esigere il ricorso congiunto alla termodinamica quantistica e alla r. generale. Tale è il caso delle nane bianche in cui la materia si presume allo stato di plasma e in condizioni di raffreddamento spinto e l'equilibrio sostenuto dalla pressione elettronica attraverso un meccanismo imposto dal principio quantistico di esclusione. Una condizione di stabilità impone alla massa di tali stelle il limite superiore M* = 1,2 M⊙ (massa limite di Chandrasekhar) (M⊙, massa solare). Massa limite più bassa (M* = 0,7 M⊙) ma densità di gran lunga maggiori e dimensioni ridottissime (raggio stellare R* = 9,6 km) sono state previste fin dal 1939 (J. R. Oppenheimer, G. M. Volkoff) per un'ipotetica stella che, conclusa la sua evoluzione termonucleare, trovi il proprio equilibrio finale in una struttura gassosa costituita essenzialmente di soli neutroni. Rimaste pura ipotesi per quasi trent'anni, le stelle di neutroni sembrano aver acquistato concreta verosimiglianza, se pur non esattamente nelle condizioni statiche indicate, con la scoperta delle pulsar (v. in questa Appendice).
Per masse superiori ai limiti predetti non è teoricamente prevista, negli schemi considerati, alcuna possibilità di equilibrio finale: esse sembrano quindi destinate a un inarrestabile processo di contrazione (collasso gravitazionale). Studi relativistici fisicamente plausibili prevedono, dopo un tempo finito, l'impossibilità di ricevere alcun segnale luminoso da una stella in collasso; unico elemento di "comunicazione" con l'esterno resterebbe il suo campo gravitazionale che permetterebbe di ricavarne alcuni caratteri (massa, momento, momento angolare). Se realmente il collasso gravitazionale è un destino inevitabile per masse molto grandi, si deve presumere che l'Universo contenga un immenso numero di siffatti buchi neri. La più verosimile prospettiva per individuare uno di tali oggetti sarebbe quella di riconoscere una stella doppia con un solo elemento visibile.
Cosmologia relativistica. - Per oltre due secoli la fisica classica aveva concepito l'Universo, a larghissima scala, come uno spazio tridimensionale euclideo occupato da stelle uniformemente spaziate, interagenti gravitazionalmente e in quiete macroscopica. Benché in meccanica classica un tale modello non trovasse una giustificazione soddisfacente, suggerendo perfino modificazioni alla legge di attrazione newtoniana, esso resistette fino all'avvento della r. generale. Il primo modello matematicamente coerente fu il modello relativistico scoperto da Einstein: anch'esso macroscopicamente omogeneo e statico, ma finito (spazio chiuso a curvatura costante). Seguirono poi modelli dinamici (W. de Sitter, A. Friedmann, G. Lemaître, E. A. Milne, ecc.) che si adeguavano, almeno qualitativamente, alle osservazioni sulla recessione delle galassie, culminate nella formulazione della legge empirica di E. Hubble: v = Hr (velocità di allontanamento delle galassie proporzionale alle rispettive distanze). Una rielaborazione critica successiva permise d'inquadrare tutti i modelli ora nominati in una più ampia classe di modelli, oggi detti "modelli di Friedmann", aventi in comune le seguenti ipotesi di base, da considerare essenzialmente come ipotesi di lavoro: a) omogeneità e isotropia, strutturale ed evolutiva, dell'Universo (principio cosmologico); b) interazione tra galassie esclusivamente gravitazionale. Su tali basi le equazioni gravitazionali della r. g., munite o no di termine cosmologico, conducono a una vastissima classe di modelli dinamici, o eccezionalmente statici, includente tutti i modelli sopra nominati. La maggior parte di questi "universi" hanno origine da una "esplosione" verificatasi in corrispondenza di un evento puntiforme iniziale (big bang). Alcuni di essi sono illimitatamente espansivi; altri prevedono, dopo una fase espansiva, una fase di contrazione culminante a sua volta in un'implosione finale; altri hanno carattere espansivo con tendenza asintotica verso un modello statico. La vasta classe dei modelli di Friedmann sembra offrire agli astronomi un vasto campo di scelta. Sono comunque già allo studio anche modelli più sofisticati, ancora omogenei ma non più isotropi. Rispettando le linee schematiche dei modelli sopra ricordati, cosmologi e fisici hanno cercato di riempirne i vuoti affrontando in termini fisicamente molto concreti problemi di enorme complessità, che enumeriamo procedendo verso il passato: formazione delle galassie, costituzione dei principali elementi chimici e addirittura lo studio strutturale dell'Universo nella sua primissima fase di vita, subito dopo l'esplosione iniziale.
Conferme sperimentali.
Per diversi decenni il vaglio sperimentale della r. g. si è affidato alle misure di tre classici effetti del campo einsteiniano: a) spostamento di righe spettrali; b) flessione di raggi luminosi; c) avanzamento secolare dei perieli planetari. Queste misure, ripetute con crescente precisione strumentale, hanno confermato con attendibilità crescente le previsioni della r. generale. Accanto a queste "osservazioni", da vari anni sono in atto veri esperimenti, come quello che misura il ritardo relativistico dell'eco di segnali radar riflessi da un pianeta prossimo al Sole (S. L. Shapiro). Anche queste prove, malgrado serie difficoltà di misura e d'interpretazione, sembrano confermare le previsioni relativistiche. Un altro esperimento, in elaborazione, si propone di misurare effetti precessionali cumulativi del campo gravitazionale terrestre su un giroscopio gravitante.
Le numerose conferme osservazionali già ottenute e l'unificazione concettuale realizzata dalla r. g. non lasciano dubbi sul progresso teorico che essa ha segnato. Se poi, prima di eventuali altre unificazioni ancora premature, la teoria gravitazionale einsteiniana sia suscettibile di qualche perfezionamento, è questione opinabile.
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