lavoro, teoria della ricerca di
Modello microeconomico che analizza il comportamento del lavoratore in cerca di occupazione e spiega in tal modo l’esistenza di disoccupazione frizionale.
La teoria evidenzia come nell’attività di ricerca del l. l’individuo debba investire risorse temporali e monetarie nella raccolta di informazioni relative ai posti disponibili (o, dall’ingl., vacancy). Si assume, infatti, che queste occupazioni differiscano per la remunerazione offerta, oltre che per altre caratteristiche non monetarie, e che tali elementi non siano tutti noti al lavoratore prima di svolgere la sua ricerca. Il lavoratore conosce solamente la distribuzione delle offerte salariali. Nel modello base, si adotta un approccio sequenziale, ipotizzando che la persona consideri una offerta salariale alla volta e decida se accettarla o continuare la ricerca, confrontando il beneficio di tale attività con i suoi costi.
La politica ottimale consiste in una reservation wage policy, secondo la quale viene fissato un livello del salario (di riserva) e il lavoratore accetta la prima offerta a esso superiore. Ipotizzando un orizzonte temporale infinito, assenza di sconto intertemporale e durata infinita del posto di l. (escludendo quindi licenziamento e dimissioni volontarie), il salario di riserva eguaglia al margine i benefici dell’accettazione, definiti dal valore della retribuzione che sarà percepita per la durata (infinita) del rapporto di l., con i costi della prosecuzione dell’attività di ricerca, dati dal valore atteso dei salari superiori potenzialmente ottenibili continuando a cercare (nell’ipotesi che non sia possibile cercare l. mentre si è occupati), a cui va sommato il reddito da disoccupazione (per es., il sussidio) al netto dei costi della ricerca. In altri termini, il salario di riserva è definito in modo da massimizzare il valore attuale del flusso di reddito futuro atteso derivante dall’attività di ricerca. Nel modello base descritto, il valore del salario di riserva non varia durante il periodo di ricerca. Tuttavia, rimuovendo alcune ipotesi, tale conclusione si modifica. Se, per es., l’orizzonte temporale non è infinito, diminuiscono i vantaggi del protrarsi della ricerca perché si riducono i periodi per cui il lavoratore potrà beneficiare del compenso accettato. Con il passare del tempo, dunque, egli sarà sempre più disponibile ad accettare offerte di l. e abbasserà il valore del salario di riserva. Lo stesso meccanismo opera se, in presenza di mercati dei capitali imperfetti, il lavoratore non può finanziare indefinitamente la propria attività di ricerca; in questo caso abbasserà il salario di riserva fino al livello del sussidio di disoccupazione.
Il modello ha interessanti implicazioni relative alla durata della disoccupazione (u, dall’ingl unemployment). In base a esso, la eventualità che la disoccupazione abbia termine è data dalla probabilità di ricevere un’offerta salariale (che dipende dalle condizioni della domanda di l. e dall’intensità dell’attività di ricerca) moltiplicata per la probabilità che tale offerta sia ritenuta accettabile (anche in base al grado di choosiness, «schizzinosità», del lavoratore incorporata nel salario di riserva). Le variabili che hanno effetto sul salario di riserva influenzano, quindi, la durata della disoccupazione. Per es., poiché il sussidio di disoccupazione riduce i costi dell’attività di ricerca senza modificarne i benefici, un suo aumento porta a un incremento del salario di riserva e quindi a un allungamento del periodo atteso di disoccupazione. La teoria può essere applicata ad ambiti diversi da quello lavorativo (search theory). I modelli di job matching di D.T. Mortensen e C.A. Pissarides (➔ matching; Mortensen, Dale T.; Pissarides, Cristopher A.) estendono la teoria, considerando anche l’attività di ricerca svolta dalle imprese.