catastrofi, teoria delle
catastrofi, teoria delle teoria formulata dal matematico francese R. Thom che, con i modelli qualitativi (e non quantitativi) che ne derivano, consente di descrivere matematicamente i fenomeni discontinui e divergenti (detti appunto catastrofi). Ogni fenomeno è descrivibile scientificamente perché dietro la varietà dei suoi aspetti è rintracciabile una qualche permanenza di forma. La caratteristica di una forma è di manifestarsi grazie a una discontinuità qualitativa nello spazio substrato. Se in un processo naturale che si svolge nell’usuale spazio-tempo, nell’intorno di un punto x, ogni punto y ha la stessa apparenza qualitativa di x, allora il punto x si dirà punto regolare del processo. Per definizione i punti regolari formano un insieme aperto, e l’insieme complementare chiuso K è l’insieme dei punti catastrofici, tali cioè che se c ∈ K, “qualcosa accade” nell’intorno U(c). L’insieme K, e la descrizione delle singolarità di ognuno dei suoi punti, costituiscono la “morfologia” del processo.
La struttura locale di K è determinata da una qualche dinamica definita nello spazio delle osservabili M. Il processo in esame è definito da un campo vettoriale X su M che identifica la dinamica macroscopica. Se il punto m appartiene a K, c’è una discontinuità nel sistema, cioè una variazione di forma, una morfogenesi. Grazie a un esame macroscopico della morfogenesi di un processo, e a uno studio locale e globale delle sue singolarità, si può ricostruire la dinamica che genera tale morfogenesi. In questo modo è possibile dare una trattazione rigorosa, anche se qualitativa, dei fenomeni di variazione delle forme. Ogni processo P che può essere identificato è necessariamente un processo strutturalmente stabile, nel senso che piccole modificazioni nelle condizioni iniziali conducono a un processo P′ isomorfo a P.
Ogni oggetto strutturalmente stabile è necessariamente un sistema regolato, cioè può esistere solo per certi valori ammissibili dei parametri che definiscono il sistema stesso. Quando tali parametri escono dall’insieme dei valori ammissibili, si mettono in moto dei meccanismi correttori. Nel sistema esiste cioè un attrattore la cui dinamica è tale che per t → ∞ tutti i punti del sistema hanno come limite l’attrattore. Il più semplice attrattore è puntuale e stabile (per esempio, un polo magnetico), ma più spesso possono esistere più punti limite che possono formare una traiettoria chiusa o una superficie, costituita dall’intero ciclo stabile degli stati attraverso cui passa il sistema (per esempio, il piano delle vibrazioni per una corda vibrante). Dato un attrattore A, l’insieme delle traiettorie del campo che tendono verso A forma un dominio che si chiama bacino di attrazione di A. Quando vi sono diversi attrattori in competizione, i bacini relativi ai diversi attrattori saranno separati da punti catastrofici che formano superfici che possono essere topologicamente anche molto complesse. L’evoluzione finale del sistema è praticamente indeterminata, ma se gli attrattori sono due, il comportamento del sistema sarà bimodale. Supponiamo che per t < 0 un dominio D sia retto da un attrattore C e che al tempo t = 0 compaia un altro attrattore C1. Sulla base del conflitto fra i due attrattori si stabilirà un nuovo regime di equilibrio globale. Questo tipo di fenomeno è chiamato catastrofe generalizzata ed è caratterizzato dalla distruzione di simmetria o di omogeneità. Thom ha mostrato che tutte le catastrofi generalizzate, nello spazio-tempo quadridimensionale, sono combinazioni di sette catastrofi elementari da lui elencate e descritte topologicamente. Le superfici che separano i diversi bacini sono riconducibili a un piccolo numero di singolarità stabili, sempre le stesse. Tali singolarità concentrano, per così dire, in un singolo punto la struttura globale del sistema morfogenetico e permettono di studiare il fenomeno della divergenza catastrofica grazie alla bimodalità (nel caso di due attrattori) della superficie, evidenziando come il comportamento locale possa determinare il comportamento globale del sistema. Tutti i processi morfologici strutturalmente stabili possono così essere descritti da una catastrofe strutturalmente stabile o da una combinazione di tali catastrofi.
Le forme strutturalmente stabili possono essere descritte da una struttura algebrico-topologica che Thom chiama creodo e che è la “figura di regolazione” di un sistema morfogenetico strutturalmente stabile. In molti casi si può descrivere esplicitamente ogni creodo grazie a un modello esplicito per l’insieme delle catastrofi corrispondenti, e formare un dizionario finito di creodi elementari nei quali si può decomporre la morfologia di una esperienza. In generale si ha a che fare con un insieme di morfologie differenti, ma analizzabili per mezzo di un dizionario finito di creodi. Alcune associazioni di creodi compaiono più frequentemente di altre, e in genere è possibile esplicitare le condizioni iniziali affinché queste associazioni siano anch’esse strutturalmente stabili. Si parla in questo caso di creodi condizionali. La nozione di creodo condizionale permette quindi di rendere conto, su un piano puramente morfologico, della nozione di ordine e di gerarchia, sottesa al concetto di organizzazione. I modelli che Thom propone evitano ogni ricorso alle proprietà del substrato delle forme oppure alla natura delle forze agenti, e possono quindi essere utilizzati per descrivere ogni tipo di morfogenesi, da quella delle forme biologiche a quella delle forme geologiche, linguistiche, psicologiche, economiche ecc. La teoria delle catastrofi spiega dunque la presenza delle strutture e giustifica dinamicamente la loro apparizione e la loro stabilità riducendo i processi causativi a uno solo: il “conflitto”, geometricamente definito, fra diversi attrattori. Molto discussa è peraltro la sua importanza per la teorizzazione e la matematizzazione di tutte quelle discipline in cui i fenomeni morfogenetici sono dominanti, così come molto discussa è la possibilità che essa costituisca il primo nucleo di una teoria dei modelli capace di generare modelli qualitativi allo stesso modo in cui una legge fisica, espressa da un’equazione differenziale, genera modelli quantitativi.