CATEGORIE, Teoria delle
Introduzione. - La teoria delle c. è di recente costruzione, ma, per la sua stessa natura, è oggi già penetrata diffusamente nella matematica. Essa rappresenta, nel pensiero matematico, un momento di sintesi, realizzato attraverso raffinati processi di astrazione, che collocano alcuni importanti concetti a opportuni livelli di generalità. Per darne un'idea possiamo dire che alla base di gran parte delle costruzioni matematiche sta l'osservazione che esistono differenti situazioni concrete dalle quali è possibile estrarre proprietà similari, che permettono di unificarne i procedimenti di analisi. È così che sono venuti a crearsi dei "modelli" aventi le proprietà osservate, ma privi degli aspetti che differenziano le situazioni, e, ogni volta, adeguati "metodi" d'indagine. Questi modelli e metodi hanno seguito, nel tempo, processi frazionati in teorie differenti, le quali sembravano evolversi in maniera divergente; ma fin dal secolo scorso, la matematica, rivolgendo l'osservazione di base all'interno del proprio dominio, scopre, con il linguaggio degl'insiemi e con la teoria dei gruppi, la possibilità di unificazioni nei propri modelli e nei propri metodi. Infatti agli oggetti dei più svariati campi della matematica risultano soggiacere "insiemi dotati di certe strutture" similari. Questi, detti "sistemi matematici", diventano modelli (oggetti) per nuove teorie (spazi vettoriali, spazi topologici, ecc.), e i relativi metodi d'indagine portano, in seguito, a considerare sempre più importanti i morfismi fra sistemi matematici dello stesso tipo, cioè le funzioni, fra gl'insiemi sostegno, che preservano le strutture (mappe lineari, mappe continue, ecc.). Ebbene, si può dire che la teoria delle c. inizia, nella seconda metà di questo secolo, un ulteriore cambiamento della base concettuale delle conoscenze matematiche. In questa teoria i modelli, "categorie", sono definiti per astrazione a partire dagli oggetti e i morfismi dei differenti sistemi matematici, ed i morfismi, "funtori", sono mappe fra una c. e un'altra, soggette a certe condizioni di compatibilità. I funtori hanno un ruolo molto importante nella teoria, così da diventare oggetti di nuove c. i cui morfismi, "trasformazioni naturali", riconducono infine a concetti già noti, come quello d'isomorfismo naturale. Anzi va detto, a questo proposito, che il linguaggio delle c. è nato proprio dall'intenzione d'introdurre notazioni e tecniche capaci di fornire una precisa descrizione di questi concetti, varcando solo di recente questo suo limite per svilupparsi in una teoria a sé: riuscendo a estrarre da molti concetti e procedimenti, già familiari nelle matematiche, i loro caratteri essenziali, e perciò a definirli in termini esatti e convenienti, rendendoli operanti in tutta la loro generalità (per es., la dualità, i morfismi naturali, le costruzioni universali, ecc.).
Per poter fissare le idee, sarà necessario dare per esteso qualche definizione e qualche esempio. Come si può dedurre da quanto abbiamo detto, in questa teoria le definizioni possono venir illuminate da una grande quantità di esempi appartenenti a campi diversi della matematica, soprattutto all'algebra e alla topologia; qui però la scelta è difficile, perché quelli semplici possono far sospettare la teoria di macchinosità, e quelli più significativi, che rivelano la notevole economia di pensiero che il linguaggio delle c. permette di realizzare, richiedono conoscenze troppo specialistiche per questa sede. Con questa avvertenza, al fine di rendere il più possibile autonoma questa esposizione, ci atterremo al primo tipo, o ad esempi (complementi), che possono costruirsi partendo dalle definizioni stesse che avremo dato. Accenneremo infine alle c. speciali che si ottengono imponendo alla definizione di c. delle condizioni restrittive, le quali, ovviamente, potenziano l'efficacia delle applicazioni.
Premesse. - Una c. C consiste di: (1) Una classe ∣ C ∣ di "oggetti" A, B, C,...; (2) per ogni coppia ordinata 〈A, B> di oggetti di C, un insieme (eventualmente vuoto), homC(A, B), i cui elementi f, g, h, ... si dicono i "morfismi" con dominio A e codominio B; (3) per ogni terna ordinata 〈A, B, C> di oggetti di C, una funzione, detta "composizione di morfismi", che fa corrispondere a ogni coppia 〈f, g>, con f ∈ homC(A, B) e g ∈ homC(B, C) (∈ sta per "appartiene"), un elemento di homC(A, C) che s'indica con gf.
Questi dati devono esser soggetti ai seguenti assiomi: (a) Se 〈A, B> e 〈C, D> sono coppie distinte, homC(A, B) e homC(C, D) siano privi di elementi comuni; (b) "associatività della composizione": se f ∈ homC(A, B), g ∈ homC(B, C) ed h ∈ homC(C, D), deve essere h(gf) = (hg) f; (c) "esistenza di identità": per ogni oggetto A di C esiste un morfismo 1A ∈ homC(A, A), tale che f 1A = f e 1A g = g, ogmi volta che queste composizioni hanno senso (cioè quando f ha per dominio A, e g ha per codominio A).
Per indicare i morfismi, detti anche "frecce", f ∈ homC(A, B), si scrive f: A → B, come per le funzioni (quantunque possono non esserlo). Una "sottocategoria" D di C è una c. con ∣ D ∣ ⊆ ∣ C ∣ (⊆ sta per "contenuto o eguale"), homD(A, B) ⊆ homC(A, B) per ogni coppia 〈A, B> di oggetti di D, la composizione in D è indotta dalla composizione definita in C, e infine per ogni A ∈ ∣ D ∣, iA ∈ homD(A, A). Se homD(A, B) = homC(A, B) per ogni coppia 〈A, B> di oggetti di D, allora D è detta "sottocategoria piena" (full) di C.
Esempi: (1) "C. di gruppi": Gr. Gli oggetti sono i gruppi, e i morfismi sono gli omomorfismi di gruppo (v. gruppo, in App. III). (2) "C. di spazi vettoriali": VettK. Gli oggetti sono gli spazi vettoriali sopra un fissato corpo K, ed i morfismi sono le applicazioni K-lineari (v. spazio in App. III, 11, p. 790). (3) "C. di spazi topologici": Top. Gli oggetti sono gli spazi topologici, e i morfismi sono le mappe continue (v. topologia, in questa Appendice). (4) "C. dei numeri naturali": . Qui gli oggetti sono i numeri naturali ordinati dalla relazione ≤. I morfismi sono definiti come segue: per ogni coppia ordinata 〈n1, n2> di numeri naturali, hom(n1, n2) contiene il solo elemento 〈n1, n2> se è n1 ≤ n2, se invece è n2 〈 n1, allora hom(n1, n2) è l'insieme vuoto. Una composizione di morfismi è univocamente definita dalla transitività della relazione d'ordine (se è n1 ≤ n2 e se n2 ≤ n3, risulta n1 ≤ n3). L'esistenza dell'identità è garantita dalla riflessività dell'ordine (n ≤ n). Infine, poiché hom(n1, n2) ha al più un elemento, la composizione dei morfismi è associativa. Quindi è una categoria.
Per ogni c. C si definisce una c. C* (indicata anche con Co o coCopp), detta c. "duale" od "opposta" di C, ponendo ∣ C* ∣ = ∣ C ∣, e homC*(A, B) = homC(A, B) con la composizione fg in C* definita come la gf in C (cioè vengono scambiati i domini con i codomini dei morfismi; per es., la c. duale * della dei numeri naturali ordinati dalla relazione ≤, si ottiene rimpiazzando la relazione ≤ con la relazione d'ordine opposta ≥). Risulta (C*)* =C. La nozione di c. opposta ha fornito un'appropriata formalizzazione del concetto di "dualità".
Osserviamo subito che, nelle premesse, abbiamo posto in una c. una "classe" di oggetti; ora nell'es. (4) questa classe è l'insieme dei numeri naturali, ma negli altri esempi non è chiara la natura delle totalità degli oggetti che s'intende considerare. Dobbiamo, a questo proposito, accennare alle scelte (in discussione) dei fondamenti della teoria delle c., rivolte a evitare d'incorrere in famose antinomie come "l'insieme di tutti gl'insiemi", ecc. Le vie seguite (o proposte) consistono o nell'assumere come base la teoria degl'insiemi con gli assiomi di Gödel-Bernays-von Neumann in cui gli oggetti primitivi (non definiti) sono le classi, gl'insiemi sono quelle classi che sono elementi di classi, ed esiste inoltre la classe universale che contiene tutti gl'insiemi come elementi; oppure nell'assumere la teoria degl'insiemi con gli assiomi di Zermelo-Fraenkel, e postulare inoltre l'esistenza di un universo U definito come un insieme (di insiemi) soggetto a certe condizioni di chiusura rispetto alle usuali operazioni della teoria degl'insiemi (e ogni elemento di un (insieme) elemento di U è un elemento di U); e, ancora, postulare che ogni insieme sia elemento di qualche universo, e quindi, in particolare, ogni universo è un elemento di un universo più ampio (poiché U non contiene se stesso come elemento). Un'altra alternativa in considerazione è di fondare la teoria delle c. (e le matematiche in genere) non su una teoria assiomatica degl'insiemi, ma sviluppando una teoria assiomatica delle c. da cui deriva la teoria degli insiemi.
La denominazione in uso di "c. ristretta" (small) o "c. ampia" (large), è in relazione con i fondamenti assunti, quando occorre precisare la natura delle totalità ∣ C ∣ degli oggetti e homC(A, B) di morfismi nella categoria.
Noi useremo il linguaggio indicato per primo qui sopra: sarà la classe di tutti gl'insiemi; una c. C sarà "ristretta" se ∣ C ∣ è un insieme. Inoltre indicheremo sempre con S la "c. degl'insiemi", nella quale ∣ S ∣ = U, e i morfismi sono le usuali funzioni fra insiemi. S non è dunque ristretta.
Infine osserviamo che, come viene suggerito dall'assioma (c) delle premesse, si usa anche formulare una definizione di c. in termini di soli morfismi, senza introdurre oggetti, evidenziando così il ruolo dei morfismi fra sistemi matematici dello stesso tipo.
Funtori. - Date due c. C e D, un "funtore covariante" T: C →D è una funzione che associa a ciascun oggetto A ∈ ∣ C ∣ un oggetto T(A) ∈ ∣ D ∣, e a ciascun morfismo f ∈ homC(A, B) un morfismo T(f) ∈ homC(T(A),T(B)), preservando l'identità (T(1A) = 1T(A), e la composizione dei morfismi (T(gf) = T(g)T(f)). Un "funtore contravariante" S: C → D, manda invece A ∈ ∣ C ∣ in S(A) ∈ ∣ D ∣, ed f ∈ homC(A, B) in S(f) ∈ homD(S(B), S(A), con S(iA) = 1S(A), ed S(gf) = S(f)S(g).
Se S: C → D e T: D → ℰ sono funtori, si può costruire un funtore T•S: C → ℰ, detto "funtore composto" di S e T, mediante la funzione che manda ogni oggetto A di C nell'oggetto T(S(A)) di ℰ, e ogni morfismo f di C in T(S(f)) di ℰ. Con questa composizione, e con il funtore identità IdC: C → C, che rappresenta oggetti e morfismi di una c. C identicamente su sé stessi, si possono costruire c. di c., i cui oggetti sono c., e i cui morfismi sono funtori. Infine, un funtore. T: C → D è detto un "isomorfismo di c." se esiste un funtore S: D → C tale che S•T = IdC e T•S = IdD; T è detto un' "immersione", se T(f1) = T(f2) implica f1 = f2; un'"immersione piena", se inoltre le applicazioni indotte homC(A, B) → homD(T(A), T(B)) sono suriettive, allora T(C) è una sottocategoria piena di D.
Esempi: (1) Per ogni c. C è definito un funtore Op: C → C*, che mappa gli oggetti e i morfismi identicamente su sé stessi (mentre la composizione è, in generale, differente). "Op", che vien detto "funtore dualità" risulta contravariante. Mediante il funtore Op da ogni proprietà P, valida in una c. C, si può ottenere una proprietà duale P*, ("coproprietà"), valida in C*, e se le ipotesi su C, usate per dimostrare la P, valgono anche in C*, allora P* è valida anche in (C*)* = C; inoltre se T: C → D è un funtore contravariante, esso può ricondursi a uno covariante: infatti è tale il funtore T•Op: C* → D.
(2) Se gli oggetti di una c. C sono insiemi dotati di una certa struttura, e i morfismi sono mappe preservanti questa struttura, esiste un funtore ("forgetful" o "underlying") U: C → S, che assegna a ciascun oggetto di C il suo insieme soggiacente, e a ciascun morfismo la corrispondente mappa d'insiemi. Altri funtori di questo tipo cancellano solo una parte della struttura (per es., U: VettK → Gr).
I due esempi seguenti sono i più importanti funtori della teoria delle c.; (3) "Funtori-hom covarianti": Sia A un fissato oggetto di una c. C: s'indica con homC(A, −), o anche con HA, il funtore covariante C → S che associa a ogni oggetto X di C l'insieme homC(A, X), e a ogni f ∈ homC(X, Y), quella funzione, HA(f) = homC(A, f): homC(A, X) → homC(A, Y), che manda ogni elemento u ∈ homC(A, X) in f•u ∈ homC(A, Y); (4) "funtori-hom contravarianti". Sia A un fissato oggetto di C, homC(−, A) = HA è il funtore contravariante definito da HA(X) = homC(X, A), e, se f homC(X, Y), HA(f) = homC(f, A): homC(Y, A) → homC(X, A) è la funzione che manda ogni u ∈ homC(Y, A) in uf ∈ homC(X, A).
Il "prodotto" C × D delle due C e D, è una c. che ha come oggetti le coppie ordinate 〈C, D> con C ∈ ∣ C ∣ e D ∈ ∣ D ∣, e come insiemi di morfismi, homC×D(〈C, D>, 〈C′, D′>), gl'insiemi prodotto homC(C, C′) × homD(D, D′), (la composizione è definita da 〈f′, g′> 〈f, g> = 〈f′f, g′ g>). Un funtore il cui dominio sia il prodotto di due c. T: C × D → ℰ, vien detto ("bifuntore" (su C e D), o "funtore di due variabili" (in C e D). Per es., per ogni c. C, homC(−, −): C* × C → S è un bifuntore, (il quale, se non si passa attraverso la c. duale C* nel primo argomento di homC(−, −), è contravariante nella prima variabile e covariante nella seconda). Esso manda gli elementi 〈A*, B> di C* × C negl'insiemi homC(A, B), e i morfismi 〈f*, g> (con f: A → A′ e g: B → B′), nelle funzioni homC(A′, B) → homC(A, B′) che associano a ogni u ∈ homC(A′, B), guf ∈ homC(A, B′).
Trasformazioni naturali. - Siano S, T: C → D due funtori covarianti. Una ("trasformazione naturale" (o "morfismo di funtori"), α: S → T, è una funzione che assegna a ogni oggetto A ∈ ∣ C ∣ un morfismo αA : S(A) C, T(A) in D, in modo tale che per ogni morfismo f : A → B in C, risulti T (f)αA = αB S(f). Quest'ultima condizione (di "naturalità") viene visualizzata usando un concetto di base della teoria delle c., che è la rappresentazione mediante "diagrammi" (sopra schemi). Nel nostro caso la condizione si presenta affermando che è commutativo il seguente diagramma:
nel quale lo schema è un quadrato avente come vertici oggetti di D, e come lati le frecce il cui significato è scritto accanto. Una trasformazione naturale è dunque una classe di morfismi, (le "componenti" αA, αB, ...), che collegano convenientemente, in D, le due immagini di C ottenute applicando i funtori S e T. Se ogni componente αA di α è un isomorfismo in D, (cioè se esiste un morfismo αA-1 : T(A) → S(A) tale che αA αA-1 = 1T(A) e αA-1 αA = 1S(A)), la trasformazione naturale α è detta un'"equivalenza naturale" o meglio un "isomorfismo naturale" dei funtori S e T, e si scrive α: S ≅ T. In questo caso le inverse αA-1, in D, sono le componenti d'un isomorfismo naturale α-1 : T → S. Un funtore S: C → D è detto un'"equivalenza di c.", quando esiste un funtore T: D → C e due isomorfismi naturali S•T = IdD, e T•S = IdC.
Esempio: siano A e B due insiemi, e homS(A, B) l'insieme delle funzioni di A in B. Se a ∈ A ed f ∈ homS(A, B), alla coppia 〈a, f> associamo l'elemento f(a) ∈ B. Tenendo fissato a si crea al variare di f una funzione di homS(A, B) in B che manda f in f(a), e quindi al variare di a in A una funzione αA di A nell'insieme delle funzioni di homS(A, B) in B. Si dimostra che α, (totalità degli αA con A ∈ S), è una trasformazione naturale tra il funtore identità IdS e il funtore (covariante) homS(homS(−, B), B). Nell'algebra si trova, per es., una siffatta trasformazione naturale che immerge ogni spazio vettoriale (sopra un fissato corpo K) nel suo biduale;) n questo caso αA è un isomorfismo per tutti gli spazi vettoriali A di dimensione finita.
Funtori rappresentabili. Funtori aggiunti. - Le proprietà concettuali delle costruzioni universali che s'incontrano in matematica, possono venir analizzate tramite la nozione di rappresentazione di un funtore, che porge una caratterizzazione di oggetti speciali. Notiamo anzitutto che, date due categorie C e D, se si considerano tutti i funtori R, S, T, ...: C → D, e se α: R → S e β: S → T sono due trasformazioni naturali, si può verificare che per ogni A ∈ ∣ C ∣, il morfismo βAαA, composto di αA e βA in D, è la componente (βα)A d'una trasformazione naturale βα: R → T. Inoltre si dimostra che, se C è ristretta, i funtori C → D e le loro trasformazioni naturali sono, rispettivamente, gli oggetti e i morfismi d'una c. che si indica con [C, D] o con DC, (o anche Funct (C, D)), e si chiama "c. funtore", o "c. di diagrammi".
Sia ora C una c. non vuota ed A ∈ ∣ C ∣, e consideriamo il funtorehom HA (Funtori, es. (3)), e un altro funtore covariante T: C → S. Sia poi α: HA → T una trasformazione naturale, ed αA la sua componente in A, αA : homC(A, A) → T(A); se 1A è il morfismo identità di A, αA(iA) è un ben determinato elemento di T(A). Ebbene si dimostra (lemma di Yoneda) che la funzione Y che manda ogni trasformazione naturale α ∈ hom[C, S] (HA, T) in αA(1A) ∈ T(A) è biiettiva. Ciò permette, fra l'altro, di provare che ogni c. ristretta può esser considerata come una sottocategoria piena della c. funtore [C*, S] ("immersione di Yoneda"); e di pervenire al concetto di "universali" attraverso la nozione di rappresentazione: Un funtore T: C → S è detto "rappresentabile" se, per qualche A ∈ ∣ C ∣, T è naturalmente isomorfo ad HA. In tal caso, A si chiama un "oggetto rappresentante" per T, e una rappresentazione di T è un isomorfismo naturale ρ: HA → T, che, per il lemma di Yoneda, è completamente determinato da A e ρA (iA); ρA (iA) è "elemento universale della rappresentazione". Infine si dimostra che ogni rappresentazione porge un morfismo universale e viceversa.
Un'altra formulazione per le proprietà di alcune costruzioni universali, viene fonnita dal concetto di "coppia di funtori aggiunti" (strettamente collegato alla nozione di funtori rappresentabili), che è uno dei più importanti nell'intera teoria delle categorie. Date due c. C e D, un funtore F: C → D è detto "aggiunto a sinistra" per un dato funtore G: D → C, se esiste una funzione ϕ che associa a ciascuna coppia di oggetti C ∈ C e D ∈ D, una biiezione ϕ = ϕC,D homD(F(C), D) ≅ homC(C, G(D)) che sia naturale in C e D (costruita sempre allo stesso modo per ogni C e D). Cioè se esiste un isomorfismo naturale dei bifuntori homD(F(−), −) ≅ homC(−, G(−)), da C* × D in S. Se F esiste (se tutti i funtori homC(C, G(−)) sono rappresentabili), esso è unico a meno di isomorfismi naturali, e G è detto un "funtore aggiunto a destra" per F.
Un esempio familiare è dato, per le c. S e VettK (Premesse, es. (2)), dalla coppia di funtori U: VettK → S, che manda ogni spazio vettoriale W nell'insieme U(W) di tutti i suoi vettori (U è un funtore forgetful), e V: S → VettK, che manda ogni insieme X nello spazio vettoriale V(X) con base X. Com'è noto, per ogni coppia X e W, ogni funzione g: X → U(W) si estende a una mappa lineare, f: V(X) → W, che associamo a g; la corrispondenza σ: g S-109??? f ammette un'inversa, precisamente quella che associa ad f la sua restrizione a X (ρ: f S-109??? f ∣ X). Si ha dunque una biiezione ρ: homVettK(V(X), W) ≅ homS(X U(W)), costruita allo stesso modo per tutti gl'insiemi X e per tutti gli spazi vettoriali W. V è dunque aggiunto a sinistra per U, e U aggiunto a destra per V. D'altra parte l'isomorfismo ρ esprime che il funtore homS(X, U(−)) è rappresentabile, in quanto isomorfo ad HV(X) = homVettK(V(X), −), e quindi, da ρV(X): homVettK(V(X), V(X)) → homS(X, U(V(X)) si ottiene l'elemento universale ρV(X) (1V(X)) = 1V(X) ∣ X, che qui è la funzione x ∈ X in x ∈ U(V(X)). Osserviamo che, in questo esempio, la funzione j: X → U (V(X)) che manda x ∈ X in x ∈ V(X) (cioè riguardato come vettore) è un morfismo universale da X nel senso (noto) che per ogni W e g: X → U(W), risulta g = U(s)j:
La nozione di coppie di funtori aggiunti ha portato a costruzioni molto notevoli nella teoria delle c.; per es., una coppia di funtori aggiunti induce un "endofuntore" T: C → C con due trasformazioni naturali ε: IdC → T e μ: T•T → T, soddisfacenti a certe condizioni; nasce così la nozione di "monade" (o "triple"): 〈T, ε, μ>, e si dimostra che ogni monade in una c. C è indotta da due opportune coppie (essenzialmente differenti) di funtori aggiunti. È questo uno strumento semplice e potente per la descrizione e la caratterizzazione di c. di algebre di tipo molto generale. Inoltre monadi e loro duali, (comonadi), hanno importanza fondamentale in algebra omologica, in quanto collegate alla costruzione di strumenti tipici di questa disciplina ("risoluzioni" di oggetti).
È infine importante sottolineare come l'originale nozione di "funtori derivati" (v. algebra omologica, in questa App.), possa essere conglobata in quella fondamentale di "estensione di Kan": Sia J: U → ℬ un funtore fra c. ristrette; se A è una c. con certe condizioni, J induce un funtore, fra c. funtore, J*:[ℬ, A] → [U, A], (J* (S) = S•J, per ogni S: (ℬ → A), il quale ammette un aggiunto a sinistra J???: [U, A] → [ℬ, A], detto "estensione di Kan" (a sinistra); (se J è un'immersione piena, per ogni T: U → A, J???(T) estende T nel senso che J???(T)•J = T.
Categorie speciali. - Imponendo restrizioni nella definizione di una c. C, si ottiene il vantaggio dell'acquisizione di proprietà particolari, utili ai fini delle applicazioni; si usano allora funtori possibilmente preservanti le proprietà. Per es., si può dotare C di un opportuno bifuntore C × C → C , che le conferisca una struttura di "monoide" ("generalizzato"), cioè che definisca C in un prodotto associativo con unità ("c. monoidali"). Oppure si può richiedere che gl'insiemi homC dei morfismi, siano dotati di qualche struttura, per es., di gruppo abeliano additivo, e la composizione sia bilineare rispetto all'addizione; o ancora che siano possibili in C costruzioni di vari oggetti e morfismi speciali, per es., "prodotti diretti", "nuclei", "limiti", ecc., e duali; o che valgano condizioni fra i "sottooggetti" degli oggetti di C, ecc. Mediante condizioni di questi tipi si ottengono diverse specie di c.; fra le più importanti sono le "categorie additive", le "categorie abeliane", che sono una generalizzazione della c. dei moduli (v. algebra omologica, in questa App.); le "c. di Grothendieck" e le "c. localmente noetheriane".
Altra struttura addizionale per una c. C può esser fornita definendo su C un'opportuna topologia π. Su queste c. Cτ, ("site"), si definiscono i h fasci", (v. topologia, in App. III, 11, p. 962), (che sono particolari funtori) i quali costituiscono una categoria. Se C è ristretta, le c. ristrette equivalenti alla c. dei fasci su Cτ sono dette "topos".
Infine fra le c. considerevoli per le applicazioni, citiamo le "c. algebriche", che sono particolari c. di funtori.
Linee di sviluppo. - C., funtori e trasformazioni naturali furono introdotte da S. Eilenberg e S. MacLane, che ne diedero una prima trattazione autonoma nel 1945. Nei successivi 10 anni queste nozioni furono usate principalmente come un linguaggio e un insieme di tecniche convenienti per chiarire certi concetti, e procedimenti già in uso. Intanto l'interesse agli studi di singoli oggetti matematici si sposta alle loro totalità, con l'analisi delle mappe ammissibili fra di essi, e vengono definite in termini di mappe universali alcune nozioni prima espresse in termini degli oggetti che esse coinvolgevano (S. MacLane 1948-50). Questo nuovo punto di vista risulta appropriatamente esprimibile mediante la teoria delle c., la quale si rivela anche assai efficace per descrivere e generalizzare omologia e coomologia di uno spazio topologico (S. Eilenberg-N. E. Steenrod, 1952). Ma sono uno studio assiomatico delle c. abeliane di D. A. Buchsbaum (1955), e il decisivo lavoro di A. Grothendieck (1957), che stimolano un notevole sviluppo nello studio delle c. abeliane, con i teoremi d'immersione in c. di gruppi e di moduli, con la struttura delle c. di Grothendieck, e delle c. localmente noetheriane (P. Freyd, P. Gabriel, B. Mitchell, K. Morita).
A D. M. Kan (1958) è dovuta la scoperta del concetto di funtori aggiunti, ma l'importanza di questo concetto nella teoria della c. è messa in risalto più tardi da P. Freyd e F. W. Lawvere (1964); e costruzioni di estensioni di Kan (1960) solo più tardi vengono sviluppate ulteriormente e vien data un'interpretazione dei funtori derivati di H. Cartan ed S. Eilenberg, mediante estensioni di Kan (B. J. Day-G. M. Kelly, E. J. Dubuc, J. L. Verdier; 1969-70). Le importanti costruzioni di funtori aggiunti per una monade sono di S. Eilenberg-J. C. Moore, e di H. Kleisli (1965), e con queste le interessanti applicazioni all'algebra universale. Altra descrizione delle algebre è data mediante le teorie algebriche di F. W. Lawvere (1963). Studi su monadi trovano applicazioni in diverse direzioni (M. Barr, J. Beck, J. W. Negrepontis, R. Paré; 1969-71), e in particolare nell'algebra omologica. Oggi si può dire che il linguaggio (detto dagli stessi ideatori "general abstract nonsense") si è trasformato in una teoria il cui sviluppo, e le cui applicazioni, costituiscono un campo di ricerca matematica estremamente attivo.
Bibl.: S. Eilenberg, S. MacLane, General theory of natural equivalences, in American mathematical society. Transactions, n. 58, 1945; H. Cartan, S. Eilenberg, Homological algebra, Princeton 1956; A. Grothendieck, Sur quelques points d'algèbre homologique, in Tôhoku mathematical journal, n. 9, 1957; P. Freyd, Abelian categories, Evanston e Londra 1964; B. Mitchell, Theory of categories, New York e Londra 1965; Reports of the Midwest Category Seminar, Lecture Notes in Math., Berlino, Heidelberg e New York 1967-71; B. Pareigis, Categories and functors, New York e Londra 1970; S. MacLane, Categories for the working mathematician, New York e Berlino 1971; H. Schubert, Categories, Berlino e New York 1972.