marxista, teoria
Dottrina contenuta nelle pagine dell’opera Das Kapital di K. Marx (I libro, 1867; II e III libro, postumi 1885 e 1894). La teoria m. trova il suo punto di partenza nella definizione del capitale come circolazione del denaro con cui si comperano mezzi di produzione e forza lavoro (➔) per produrre merci che, vendute al loro valore, restituiscono il denaro anticipato con un’eccedenza detta plusvalore. Ma, dal momento che il valore è la quantità del lavoro speso per la produzione (come giustamente evidenziato dalla teoria di A. Smith e D. Ricardo), le merci valgono il ‘lavoro morto’(che in precedenza ha prodotto i mezzi di produzione) e il ‘lavoro vivo’ erogato al presente dalla forza lavoro. Questo lavoro vivo si suddivide a sua volta nel ‘lavoro necessario’, che è il valore dei beni acquistati con il salario, e nel ‘pluslavoro’ che, realizzato monetariamente sul mercato, costituisce il profitto. Così il profitto proviene dallo sfruttamento della forza lavoro e aumenta se cresce il lavoro vivo o se cala il lavoro necessario per diminuzione del salario (cosicché i lavoratori acquistano meno beni-salario) oppure per incremento della produttività (cosicché occorre meno lavoro per produrre i beni-salario). L’ultima soluzione è la più razionale, ma richiede un maggiore impiego di mezzi di produzione, che fa crescere il rapporto del loro valore rispetto a quello dei salari (‘composizione organica del capitale’), la qual cosa, nel tempo, riduce il saggio del profitto. Ciò spegne lo stimolo all’investimento capitalistico, spingendo al suo superamento con la produzione da parte dei ‘lavoratori associati’.