neoricardiana, teoria
Filone di ricerca originato dai contributi di P. Sraffa (➔), in particolare dalla sua ‘Introduzione’ a The works and correspondence of David Ricardo (1951) e dal saggio Produzione di merci a mezzo di merci (1960). Questi due testi hanno contribuito a riportare in auge e a rendere coerente la struttura analitica dell’economia politica classica (in particolare di A. Smith e D. Ricardo), con riferimento alle relazioni tra distribuzione del reddito e valore delle merci. La scuola di pensiero n., originatasi presso l’Università di Cambridge (UK), si è sviluppata in Italia, Germania, Australia, Giappone, India, America (del Nord, ma soprattutto del Sud).
La nozione centrale attorno alla quale si è sviluppata la teoria n. è il concetto di sovrappiù che – originariamente individuato dai fisiocratici (➔ fisiocrazia) – gioca un ruolo rilevante nell’economia politica classica. Il sovrappiù è l’eccedenza delle quantità di merci prodotte in un periodo rispetto alle quantità delle stesse impiegate come mezzi di produzione e che devono essere dedotte dal prodotto sociale e reimpiegate affinché il processo di produzione possa essere ripetuto su scala almeno immutata. Poiché per gli economisti classici il livello dei salari è determinato dalla sussistenza (➔) dei lavoratori, il sovrappiù è ciò che determina l’ampiezza delle quote distributive diverse dai salari. Tralasciando le rendite, i profitti vengono a essere così determinati in forma residuale. Poiché la concorrenza fra i capitalisti fa sì che i profitti vengano a essere distribuiti sulla base di un saggio uniforme, si rende necessaria la conoscenza dei prezzi per calcolare il valore del sovrappiù delle merci prodotte e il valore del capitale. Sraffa ha dato una formulazione rigorosa di tutti questi elementi e ha individuato un apposito numerario composito (un insieme di merci prese in particolari proporzioni), chiamato merce tipo, che gli ha permesso di ‘rompere’ l’interdipendenza (➔) fra distribuzione e prezzi. Il saggio di profitto risulta così determinato da un rapporto tra quantità fisiche ed è indipendente dai prezzi: variazioni di questi ultimi non hanno effetti sul saggio di profitto, pur influenzando – allo stesso modo – il valore dei profitti e quello del capitale.
In ambito n., si sono sviluppati almeno due filoni di ricerca paralleli, non incompatibili fra loro in quanto mossi da motivazioni diverse: uno di carattere positivo-descrittivo, sviluppato da P. Garegnani, e l’altro di carattere normativo sviluppato da L. Pasinetti. ● Abbandonando l’ipotesi che i salari siano fissati al livello di sussistenza, lo schema analitico di Sraffa delinea un quadro nel quale una variabile distributiva deve essere fissata esogenamente rispetto alla determinazione dei prezzi delle merci. La determinazione di una delle variabili distributive va così cercata al di fuori delle relazioni tecniche e/o di mercato (come invece avviene nella teoria neoclassica), in un ambito che viene a dipendere da elementi di carattere istituzionale: sociale, storico e politico (P. Garegnani). ● Dato che nella concezione classica i profitti vanno a finanziare gli investimenti, è possibile individuare il livello dei profitti necessario a finanziare un dato livello di crescita (per es., quello che garantisce la piena occupazione). Questo livello di profitti ‘necessari’ determina in termini residuali il livello al quale i salari possono essere lasciati salire senza pregiudicare le possibilità di crescita del sistema. Questa lettura in chiave normativa della teoria postkeynesiana della distribuzione del reddito, elaborata da N. Kaldor (➔), il suo ‘innesto’ nell’analisi n. e l’apertura di questa analisi allo studio della dinamica strutturale sono stati proposti da Pasinetti.