TEOS (Τέως, Τήιος, Teius)
Antica città sulle coste della Lidia, forse pregreca, ma collegata dalle fonti alla colonizzazione attico-beota. Abitata da Ioni, fu uno dei centri più importanti della dodecapoli, ma passò successivamente sotto il dominio dei Lidi e dei Persiani. Divenuta membro della lega ateniese, si ribellò e fu occupata dagli Spartani. Dopo un periodo di relativa libertà sotto Alessandro, divenne possedimento dei Seleucidi e nel 190 degli Attalidi; nel 133 passò, come il regno di Pergamo, sotto Roma.
T. fu nota come centro di culto di Dioniso e soprattutto come sede di un particolare clan di artisti dionisiaci che godevano di una propria autonomia. Conosciuto già nel XVIII sec., il sito di T. fu esplorato nel secolo scorso dal Pullan che asportò alcune lastre del fregio del tempio di Dioniso, ma solo nel 1924 fu effettuata una regolare campagna di scavo da parte della Scuola Francese. La città si estendeva sull'istmo che congiunge il promontorio di Budrun alla pianura di Sivri-Hissar; l'acropoli occupava un rialzo naturale. La cinta muraria più antica segue il contorno della collina: l'entrata si trovava probabilmente nell'angolo N-E; presso un bastione di pianta rettangolare, che mostra tracce di riadattamento ellenistico, è stato trovato un leone del VI sec. a. C., in marmo delle isole, che doveva decorare la soprastruttura di un edificio. Le mura antiche non sono state seguite per tutto il loro tracciato, ne sono stati invece scoperti resti più recenti, di epoca attalide, in opera isodomica, con alcune torri ancora in evidenza. A N rimangono le strutture del teatro, datato al II sec. a. C. per un'iscrizione riguardante il diritto di asilo. A N-E rimangono alcuni elementi architettonici di un edificio, probabilmente il ginnasio di Polythroos di cui parla un'iscrizione rinvenuta nei pressi. Nella parte bassa della città restano le tracce di un piccolo teatro di 30 m di diametro, che si ergeva senza nessun appoggio naturale. Intorno a questa costruzione si trovavano altri edifici, fra i quali probabilmente un ginnasio o la sede della confraternita degli artisti dionisiaci, come fa pensare la grande quantità di blocchi lavorati sparsi all'intorno.
Il santuario di Dioniso, addossato al bastione O delle mura, occupa un posto di particolare importanza: il tempio, cui si ascendeva mediante una gradinata di 13 gradini, è periptero, di ordine ionico, con 6 colonne in facciata e 11 nei lati; misura m 18,36 × 34,98. Il peristilio è andato completamente perduto; le colonne avevano una fondazione isolata, come nell'Artemision di Efeso. Poiché sotto il basamento non si sono trovate tracce di un edificio anteriore, sembra certo che il tempio si debba identificare con quello costruito dall'architetto Hermogenes (v. hermogenes, 2°). Particolare interesse presentano le lastre del fregio, purtroppo assai frammentarie: due sono conservate al British Museum, 14 a Smime, di altre due rimangono solo disegni. Il fregio, in marmo locale, alto m 0,66, incorniciato superiormente da un köma ionico, presenta scene di un thiasos dionisiaco, con figure di danzanti, di menadi, di centauri, senza nessun apparente legame narrativo. In una lastra, forse quella centrale, viene rappresentato Dioniso appoggiato a una roccia che assiste alla cerimonia. L'assenza di un particolare significato nelle scene riconduce a quel gusto ornamentale che si riconosce anche nel contemporaneo fregio dell'Artemision di Magnesia al Meandro. La disposizione paratattica delle figure, una certa tendenza classicistica discostano molto questo monumento dall'allora imperante gusto pergameno. Sebbene un'iscrizione proveniente dalla facciata sia di epoca adrianea e quindi possa far pensare a un'eventuale ricostruzione del tempio, il fregio vien datato dopo la metà del II sec. a. C. La costruzione era circondata da un peribolo di pianta trapezoidale, intorno al quale si disponevano portici con magazzini. I muri, in opera isodomica, presentano talvolta una decorazione con marmi e stucchi colorati. Nel lato S sono stati riconosciuti i propilei.
La città possedeva inoltre due porti: di quello ante arbem citato da Livio (xxxvii, 28) rimangono solo alcuni blocchi del molo e sette pilastri di marmo grigio, decorati da modanature; del porto Geraesticus restano tracce di un molo largo m 16,50. La necropoli che si trova intorno alla città, dove compaiono tumuli, sarcofagi e stele, non è stata oggetto di scavi regolari.
Bibl.: R. P. Pullan-W. W. Lloyd, Antiquities of Ionia, IV, 1881, p. 35 ss., tavv. 22-25; Bull. Corr. Hell., XLVIII, 1924, p. 506 ss.; Y. Béquignon-A. Laumonier, ibid., XLIX, 1925, p. 281 ss.; R. Demangel, La frise ionique, Parigi 1932, pp. 331 ss.; 404 ss.; W. Ruge, in Pauly-Wissowa, V A, 1934, c. 539 ss., s. v.; Sylloge Nummorum Graecorum, 22, Ionia, III, 1946, nn. 1433-1537; D. W. S. Hunt, in Journ. Hell. Stud., LXVII, 1947, p. 68; G. Klaffenbach, in Philologus, XCVII, 1948, p. 179 ss.; W. B. Dinsmoor, The Architecture of Ancient Greece, Londra 1950, p. 274; W. Hahland, Der Fries des Dionysostempel in Teos, in Österr. Jahresh., XXXVIII, 1950, pp. 66-109; M. Thompson-A. Bellinger, in Yale Classical Studies, XIV, 1955, pp. 1-45.