TERAFIM (ebr. tĕraphīm)
Speciali oggetti di culto presso gli antichi Ebrei, venerati principalmente presso le singole famiglie. L'etimologia del termine ebraico è del tutto ignota. I Settanta lo trascrivono Θεραϕ(ε)ίν, oppure lo traducono con εἴδωλα, κενοτάϕια, γλυπτά e simili; analogamente fa la Volgata latina.
Questi oggetti della religiosità ebraica più antica sembrano ben essere stati idoli, come suggerisce la stessa maniera di tradurre dei Settanta. La voluminosità di essi si può valutare dall'episodio biblico di Rachele, che ruba i terafim di Labano e li nasconde sotto la sella del cammello (Genesi, XXXI, 19 segg.); più difficile è immaginarsi la loro figura dall'altro episodio di Michol, moglie di David, che preso uno di questi oggetti lo avvolge con panni e pelle di capra e lo mette su un letto per simulare suo marito malato (I Samuele [Re], XIX, 13 segg.). Il santuario particolare di Mica aveva come oggetti principali di culto un efod e un terafim (Giudici, XVII, 5 segg.), e questi due oggetti insieme sono nominati anche in Osea, III, 4. Come l'efod, anche i terafim erano usati per la divinazione (II [IV] Re, XXIII, 24; Ezechiele, XXI, 21; Zaccaria, X, 2); anche in I Sam. [Re], XV, 23, l'uso del sortilegio è messo in parallelo con quello dei terafim ed è riprovato dal punto di vista del jahvismo. Il jahvismo infatti condanna recisamente l'uso dei terafim, presentandolo implicitamente come infiltrazione del paganesimo delle tribù aramaiche (Genesi, XXXV, 2-4; cfr. Giosuè, XXIV, 15).
Da questi dati della Bibbia parecchi studiosi hanno concluso che i terafim dovevano essere, in sostanza, statuette, e che probabilmente rappresentavano gli antenati delle singole famiglie, una specie di dei penates. Questa relazione ancestrale è una mera congettura; è bensì verosimile l'ipotesi che gli oggetti in questione fossero delle statuette, ma in tal caso rimane sempre il problema dell'impiego di tali statuette a uso divinatorio. Nei recenti scavi archeologici di Palestina si sono trovate in realtà alcune statuette, di piccole dimensioni e di lavorazione assai rozza, che appartennero ai Cananei, abitatori della Palestina prima degli Ebrei, e che dagli archeologi sono state chiamate terafim; ma è un appellativo convenzionale, poiché non vi è alcun argomento solido per ritenere che i terafim della Bibbia corrispondessero realmente a questo tipo di statuette rinvenute.
Bibl.: I. Benziger, Hebräische Archäologie, 3a ed., Lipsia 1927, pp. 328, 344-345.