TERAMO (A.T., 24-25-26 bis)
Città dell'Abruzzo, sul versante del Mare Adriatico, dal quale dista in linea d'aria circa 30 km. È in situazione assai caratteristica, tra il fiume Tordino e il suo affluente Vezzola (onde il nome antico Interamna), che si riuniscono un po' più a valle; occupa una platea che si va restringendo da nord-ovest verso sud-est, cioè verso la confluenza dei due fiumi e nello stesso senso va declinando da 310 a 260 m. di alt., sovrastando di 30-50 il fondo valle dei due fiumi, che scorrono molto incassati fra le ripide pareti delimitanti la platea. La parte più bassa della città è la più antica; essa è costituita da vie piuttosto strette e irregolari e conserva alcuni avanzi della cinta murata medievale; asse è il Corso di Porta Reale che termina alla porta omonima, all'estremo sud-est della città, donde si diparte la via che, sormontando il torrente Vezzola su un grandioso ponte, conduce alla stazione ferroviaria. Questa parte più bassa ha per limiti la Via Vittorio Veneto, la Piazza Vittorio Emanuele e la Via Oberdan. A ovest si stende la città nuova, più alta, con strade più larghe e regolari, che si tagliano ad angolo retto; la via più ampia è il Corso S. Giorgio, che conduce da Piazza Vittorio Emanuele alla Porta S. Giorgio. Fuori di questa sono la Piazza Garibaldi, con i bei giardini pubblici, lo spazioso Viale Mazzini, e poi, sul declivio verso ovest, un nuovo quartiere di palazzine e villini. A sud, verso il Tordino, la città è delimitata dalla circonvallazione di Mezzogiorno; lungo la Vezzola si trova invece la circonvallazione Portelle.
Teramo ha clima assai mite d'inverno ma notevolmente caldo d'estate: la temperatura media annua è di 15°,7; la media del gennaio è di 6°,3, quella del luglio è di 25°,9; l'escursione è perciò di 19°,6; la piovosità media annua è di 790 mm., con prevalenza in autunno e nella tarda primavera senza siccità estiva accentuata (il mese più piovoso è l'ottobre, mm. 94; il meno piovoso è il luglio, 46,5).
Teramo aveva nel 1532 intorno a 4200 ab., i quali crebbero notevolmente nel cinquantennio successivo, fino a 6500, per poi discendere negli ultimi anni del secolo. Il Seicento segna un nuovo periodo d'incremento, che riporta gli abitanti intorno a 6500 nella numerazione del 1669. Più tardi si ebbe di nuovo una diminuzione molto notevole: la popolazione sembra non superasse i 4800 ab. nel 1787 ed era di circa 5000 al principio del sec. XIX. Nel 1871 Teramo aveva 9635 ab. e in tutto il comune 19.721 ab. Nel 1881 si hanno 8634 ab. nel centro e 20.096 nel comune; nel 1901 la popolazione del centro era salita a 11.044, nel 1921 a 12.813 ab. e quella dell'intero comune a 25.834; nel 1931 a 14.429 abitanti e quella dell'intero comune a 30.667.
Il comune è di fatto vastissimo (kmq. 141,5) e comprende una ventina di altri piccoli centri (i maggiori sono Miano, Valle S. Giovanni, Frondarola e Nepezzano) e numerosa popolazione sparsa (circa 11.500 abitanti) nel territorio, ben coltivato a ulivi, viti, cereali. Teramo è congiunta da un tronco di ferrovia alla stazione di Giulianova sull'Adriatico cui è collegata pure da un servizio automobilistico; dalla città irraggiano numerosi altri servizî automobilistici, dei quali uno la congiunge direttamente ad Aquila e a Roma.
Monumenti. - Le più antiche memorie medievali di Teramo si conservano presso la modesta chiesa di S. Anna dei Pompetti riconosciuta come la "S. Maria Aprutiensis" che fu sede vescovile fino al tempo di S. Gregorio Magno. Ai resti della chiesa del sec. VI si sovrappose, intorno al 1156, la struttura di una nuova basilichetta di tipo lombardo: S. Getulio. La nuova cattedrale fu eretta non lungi dalla prima subito dopo l'incendio della città (1156) per volere del vescovo Guido II ed ebbe forme solenni quali oggi dopo il restauro le sono state ridonate.
Risultava di tre navate, divise da piloni, terminate nel presbiterio con una torre-cupola ottagona e con un'abside. Il campanile quadrato alla sua destra sorgeva nel sec. XII solo per metà. Ma lo sviluppo cittadino del sec. XIV esigeva un edificio ben più ampio; e ciò potè realizzare il vescovo Nicolò Degli Arcioni (1317-1355) demolendo l'abside e prolungando il presbiterio in tre grandi navate a sesto acuto che si aprirono su un nuovo prospetto posteriore. In questo secondo periodo costruttivo la chiesa ebbe sull'antico prospetto un coronamento merlato e il nuovo grande portale terminato da timpano acuto, opera di Deodato de Urbe (1332), ultimo rappresentante della bottega di Cosma di Pietro Mellini.
Nella cattedrale è soprattutto da ricordare il grande paliotto argenteo di Nicola da Guardiagrele (1448); nella chiesa di S. Agostino il polittico di Iacobello del Fiore.
Le chiese di S. Francesco e di S. Domenico seguono un tipo di grande semplicità, a una navata con archi traversali che reggono il tetto contrastati da piloni, e a coro rettangolare con vòlta a ogiva. In S. Francesco si notano, malgrado le successive deturpazioni, un bel portale romanico e una grande finestra absidale a due ordini di bifore. Notevole è anche il chiostro dell'ex-monastero di S. Giovanni, porticato su tre lati con arcate irregolari di opera frammentizia del sec. XV.
Già nel secolo XIV le strade della città erano a portici. Tra gli edifici il palazzo vescovile, congiunto alla cattedrale per mezzo di un cavalcavia, benché rimodernato, conserva l'antica massa imponente e un cortile in origine formato di un ampio scalone sviluppato con vero senso d'arte.
Le case appartenenti alle famiglie maggiori, sempre in disputa per il dominio cittadino nel sec. XIV, erano rappresentate da quelle dei Melatino e degli Antonelli, ma questa è stata demolita di recente, per essere ricostruita.
Storia. - L'antica Interamna dei Pretuzî era situata nell'ager Praetuttianus del Piceno; secondo l'ortografia il nome del capoluogo è Interamnia, accorciato successivamente in Teramne, e Interamnites il demotico. Più scarse essendo le notizie letterarie, che si limitano alla sola menzione toponomastica, non è peraltro dubbio che il suo territorio venne in potere dei Romani per effetto della conquista di M. Curio. Sembra che fosse allora organizzata a prefettura sebbene di ciò manchi esplicita notizia. Si apprende poi da Frontino, confermato da Corp. Inscr. Lat., IX, 5074, che accanto alla forma municipale è sussistita a Interamna una colonia (probabilmente sillana), concomitanza amministrativa non unica nei comuni italici, e, d'altra parte, da accenni epigrafici si sa che vi era, come presso i Sabini, un collegio comunale di VIIIviri. La tribù a cui Interamna appariiene è la Velina che comprende per l'appunto il Piceno.
Nel Medioevo fu invasa e devastata dai Goti, dai Longobardi, dagli Ungari. Aggregata dapprima al ducato di Spoleto fu governata poi da conti, la cui potenza fu presto soppiantata da quella del vescovo.
Distrutta quasi completamente nel 1155-1156 fu riedificata dal vescovo Guido II. Sotto gli Svevi fu soppressa la contea e la città fu aggregata al giustizierato d'Abruzzo, e agli Svevi dovette Teramo mantenersi fedele se oppose viva resistenza a Carlo I d'Angiò e da Carlo II fu privata di molti dei suoi diritti. Per buona parte del sec. XIV e per tutto il sec. XV la città fu travagliata dalle sanguinose lotte fra le famiglie Melatino, appoggiata dagli Acquaviva, e Della Valle, complicate con le lotte di successione al regno di Napoli, dopo Giovanna I. Si ebbe così l'effimera signoria di Antonello della Valle (1383), alla quale succedette nel 1390 quella di Antonio Acquaviva, rovesciata poi dai Melatino, fautori di Ladislao. Sotto Giovanna II, Braccio da Montone dal 1421 al 1424 mise freno per breve tempo ai disordini, ma essi ripresero, finché di nuovo Francesco Sforza impose alla città il suo dominio dal 1438 al 1443.
Ridotta sotto il potere della corona da Alfonso il Magnanimo fu concessa di nuovo, ma per breve tempo, agli Acquaviva sinché, dopo la congiura dei baroni tornò definitivamente al demanio regio. Fu occupata per breve tempo dagli Austriaci durante la guerra di successione spagnola e nel 1798 dai Francesi. Nel 1814 si ribellò a Murat e fu sottomessa dalle truppe di Florestano Pepe. Da allora seguì in tutto le sorti delle altre città del regno di Napoli.
Bibl.: P. Savini, S. Maria Aprutiensis ovvero l'antica cattedrale di Teramo, Roma 1828; V. Bindi, Monumenti storici ed artistici degli Abruzzi, Napoli 1889; P. Savini, Gli edifici teramani nel Medioevo, Roma 1907; I. C. Gavini, Storia dell'architettura in Abruzzo, Milano-Roma s. a.; A. Riccoboni, Vicende e fasti del duomo di Teramo, conferenza, in Teramo, II (1933); G. B. Delfico, Dell'Interamnia Pretuzia, ecc., Napoli 1812; Not. scavi, 1896, 1898, 1903, 1905; Corpus Inscr. Lat., IX, p. 819 segg.; H. Nissen, Italische Landesk., II, Berlino 1902, p. 430 segg.; Philipp, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IX, col. 1602 segg.; H. Rudolph, Stadt und Staat im römischen Italien, Lipsia 1935, p. 67 seg. e passim; N. Palma, Storia ecclesiastica e civile della regione più settentrionale del Regno di Napoli, Teramo 1832; F. Savini, Statuti del comune di Teramo del 1410, Firenze 1889; id., Il comune teramano nella sua vita intima e pubbl. dai più antichi tempi ai moderni, Roma 1895.
La provincia di Teramo.
Diminuita di estensione per la cessione di alcuni comuni alla nuova provincia di Pescara, ha un'area di 1943 kmq., sulla quale vivevano nel 1931 226.500 ab. distribuiti in 45 comuni. La densità della popolazione era pertanto di circa 117 ab. per kmq. La provincia comprende in sostanza i bacini del Vomano, del Tordino e del Salinello e la regione sulla destra del basso Tronto. Nell'interno si estende fino alle creste , più elevate dei monti della Laga e del Gran Sasso; la parte montuosa del territorio è pertanto assai estesa (circa 45% secondo la distinzione fatta dal catasto agrario); il resto è di collina, perché la cimosa litoranea piana è limitatissima. La superficie agraria e forestale rappresenta il 93,3% della totale; e di essa il 29% è a seminativi semplici, il 35, 2% a seminativi con piante legnose, l'11,2% a boschi, l'8,7% a prati e pascoli permanenti, e il 5,5% a culture legnose specializzate; il resto (10,4%) è incolto in qualche modo produttivo. Tra le piante legnose in assoluta prevalenza è la vite, in gran parte a coltura specializzata; minore importanza hanno l'ulivo, il gelso, gli alberi da frutto. Tra le colture erbacee ha invece assoluta prevalenza il frumento (tenero); seguono il granoturco (maggengo), le patate, le fave. Il censimento del 1930 trovò nella provincia 182.240 capi di bestiame, dei quali 41.293 bovini, 99.688 pecore, 4931 capre, 27.310 maiali, 9018 equini. La provincia di Teramo è pertanto una provincia essenzialmente agricola: ne è riprova il fatto che, secondo il censimento del 1931, della popolazione lavorativa da 10 anni in su, circa il 73% era addetta all'agricoltura (con prevalenza di coloni, ovvero di agricoltori conducenti terreni proprî, usufruttuarî, ecc.). Le industrie, tranne quelle connesse con l'agricoltura, hanno modesta importanza. Tradizionale è in molti paesi della provincia l'industria delle maioliche e terrecotte, che ha il suo massimo centro in Castelli, celebre per prodotti di gran pregio artistico, ma fiorisce tuttora, per prodotti di più largo consumo (terrecotte), a Campli, Atri, ecc.
Per le comunicazioni la provincia di Teramo si vale della ferrovia litoranea Ancona-Pescara, dalla quale si dirama a Giulianova il tronco per Teramo. Numerosi i servizî automobilistici di collegamento con le provincie limitrofe (Aquila, Ascoli, Pescara). Il maggior centro costiero è Giulianova (10.000 ab.); altre località sono note come stazioni balneari (Roseto). Tra le località dell'interno, dopo Teramo, le maggiori sono Atri (14.500 ab.), Campli (10.000 ab.), Civitella del Tronto (9700 ab.), Montorio al Vomano (8000 ab.). Caratteristica della regione collinosa e montana è la disseminazione della popolazione in numerosi piccoli villaggi; alcuni comuni ne contano parecchie decine; le cifre sopra riferite riguardano l'intero comune (ad. es., Campli ha nel centro appena 2000 ab., ma il comune comprende una quindicina di altri centri).