terapia del dolore
terapìa del dolóre locuz. sost. f. – Approcio terapeutico che mira a rendere sopportabile la sofferenza legata alle fasi conclusive di una patologia cronica e/o terminale, accompagnando il paziente spesso in regime di assistenza domiciliare. Nella maggior parte dei casi si procede somministrando dosi di sostanze atte a eliminare la sofferenza fisica del paziente (soprattutto oppiacei come la morfina) senza le quali la morte giungerebbe fra dolori insopportabili. La terapia del dolore può far parte degli interventi previsti nell'ambito della .
Legislazione. – Con la l. 38/2010 il Parlamento italiano ha approvato le disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore. Tale legge segna un’importante svolta nell’assetto del sistema sanitario italiano, inserendo le cure palliative e la terapia del dolore nei livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA) da garantire a tutti i cittadini italiani. I punti salienti della legge possono essere così riassunti: a) obbligo per i professionisti sanitari (medici e infermieri) di rilevare, misurare e monitorare nella cartella clinica il dolore dei malati affetti da una qualsiasi condizione morbosa. Il dolore diviene quindi un parametro vitale paragonabile ad altri quali la pressione e la temperatura corporea; b) istituzione di due reti distinte di strutture sanitarie e di professionisti: una per le cure palliative, l’altra per la terapia del dolore. Tali strutture metteranno in connessione diversi centri specializzati in questo tipo di cure, formando delle figure professionali specifiche. Questa distinzione appare assai importante in quanto le competenze dei professionisti e gli obiettivi delle cure palliative non coincidono necessariamente con quelli della terapia del dolore; c) i medici potranno prescrivere farmaci oppiacei non iniettabili con la semplice ricetta del Servizio sanitario nazionale. Tale norma, se da un lato consentirà un più facile accesso ai farmaci analgesici oppiacei per i pazienti, dall’altro esclude però dalla prescrizione facilitata i medici non dipendenti dal Servizio sanitario nazionale. Quest’ultimo aspetto sembra quindi un lato debole della legge; d) al fine di ridurre le disparità in termini di costi e di qualità delle cure attualmente presenti tra le diverse regioni, la legge prevede un’omogeneità delle tariffe su tutto il territorio nazionale; e) sarà rafforzata l’attività dei comitati ospedale senza dolore, istituiti dall’omonimo progetto ministeriale del 2001, per iniziative di tipo formativo e operativo sulla terapia del dolore in ambito ospedaliero e territoriale; f) la legge introduce infine la definizione del diritto per i pazienti minori di 18 anni di ricevere a livello domiciliare assistenza relativa alle cure palliative e alla terapia del dolore, primo provvedimento normativo di questo genere a livello mondiale.
Farmacologia. – I farmaci antalgici più usati appartengono a tre categorie fondamentali: a) i farmaci analgesici non steroidei (FANS), ossia diversi dai cortisonici, che agiscono inibendo le sostanze algogene liberate nei processi infiammatori; b) gli oppioidi, sostanze naturali o di sintesi ad azione simile a quella dell’oppio; c) gli anestetici locali che, applicati localmente sul tessuto nervoso, interrompono la trasmissione dello stimolo doloroso. A questi gruppi fondamentali si affiancano altri farmaci quali, per es., gli antidepressivi o i cortisonici, sostanze usate per altri impieghi ma che, combinate con i farmaci analgesici, ne migliorano l’effetto. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha elaborato una scala sequenziale di impiego di sostanze che, nata per il dolore neoplastico, è stata successivamente adottata anche per dolori diversi. In questo schema di trattamento si prevede l’impiego, in varie associazioni e in successione, di FANS, di oppioidi inizialmente deboli e poi forti e di farmaci adiuvanti. La scala farmacologica può essere progressivamente integrata, caso per caso, con l’uso di tecniche invasive o seminvasive, di derivazione anestesiologica. Esse consentono di portare i farmaci, sia analgesici locali sia oppioidi, a contatto con le radici spinali (analgesia epidurale) o con il sistema nervoso centrale (tecniche subaracnoidee spinali o intraventricolari centrali), modulando l’entrata di impulsi dolorosi (neuromodulazione spinale).
Farmaci oppiacei. – L'utilizzo degli oppiacei rimane un'opzione di prima scelta nel trattamento delle sindromi dolorose croniche, in particolare in corso di neoplasie. Gli oppioidi hanno dimostrato la loro efficacia anche nel trattamento del dolore neuropatico. La morfina viene ancora considerata da molti l'oppioide di prima scelta, tuttavia questo non sempre corrisponde a una migliore efficacia clinica o a una buona tollerabilità; sono ormai molti gli studi clinici controllati in cui la morfina viene messa a confronto con oppiacei di sintesi (per es., fentanyl). Alcuni risultati indicano che i due analgesici sono egualmente efficaci, ma il fentanyl ha una tollerabilità maggiore, ossia vi è una minore incidenza di effetti collaterali. È stato approvato, per es., l'utilizzo di fentanyl somministrato per via transdermica, attraverso un cerotto contenente il principio attivo (TTS, Transdermal therapeutic system).
Cannabinoidi. – Sono stati identificati almeno 60 derivati farmacologicamente attivi della Cannabis, noti con il nome di cannabinoidi, di cui i più studiati sono il δ-tetraidrocannabinolo (Δ-THC) e il cannabidiolo, i principali responsabili degli effetti psicomimetici di droghe d'abuso quali hascisc e marijuana. Nell'uomo la scoperta dei recettori di membrana CB1 e CB2 in grado di interagire con questi derivati ha dato grande impulso scientifico alla ricerca farmacologica sul dolore. Il fine è quello di identificare possibili agenti farmacologici in grado di replicare gli effetti benefici dei cannabinoidi, quali l'analgesia, eliminando però gli effetti psicotropi a carico del sistema nervoso centrale. Gli studi clinici sull'uomo hanno dimostrato discreta efficacia in quelle forme di dolore scarsamente sensibili agli analgesici di comune uso, come il dolore in corso di neoplasie, il dolore neuropatico e il dolore nevralgico posterpetico. Il limite di una potenziale terapia medica con il Δ-THC è rappresentato dalla dose clinica efficace: la quantità di farmaco che ha mostrato efficacia terapeutica è risultata infatti tanto elevata da generare reazioni avverse superiori ai benefici clinici. Tuttavia, alcuni composti sintetici, analoghi degli endocannabinoidi, sono in fase avanzata di studio per il trattamento del dolore da cancro e quello secondario a infezione da Herpes zoster.