TERESA MARGHERITA (al secolo Anna Maria) REDI, santa
Nacque ad Arezzo il 15 luglio 1747 da Ignazio, cavaliere, balì dell’Ordine di S. Stefano e da Camilla Ballati, nobile senese. Un fratello di Ignazio fu canonico della cattedrale di Arezzo, altri furono avviati alla professione religiosa nella Compagnia di Gesù e nell’Ordine benedettino; una sorella fu monaca nel monastero di S. Margherita in Arezzo (Ferdinando di Santa Maria, 1959, p. 9). La famiglia Redi era particolarmente legata ai gesuiti: Gregorio Redi padre di Ignazio era stato educato nel collegio Tolomei a Siena; rimasto vedovo prese gli ordini e fu prelato domestico di Benedetto XIV. I figli di Ignazio furono educati nel collegio Cicognini a Prato ed egli stesso probabilmente aveva compiuto la sua formazione in un collegio dei gesuiti entrando poi a far parte dell’Accademia aretina dei Forzati. Dei quattro figli di Ignazio, Francesco Saverio e Giuseppe Maria furono gesuiti; alla soppressione della Compagnia l’uno si fece prete secolare e l’altro teatino; Diego Maria fu canonico della cattedrale di Arezzo.
Delle quattro figlie, Leonora Caterina, Maria Cecilia e Teresa Vittoria furono educate a Firenze presso le benedettine di S. Apollonia, dove presero il velo; Anna Maria entrò anch’essa in S. Apollonia il 23 novembre 1756. Secondo il carmelitano Ildefonso di San Luigi Gonzaga suo primo biografo, già allora la giovane educanda sperimentava «impeti d’amore» ma non li manifestava (Papasogli, 1984, p. 35). Apriva il proprio animo solo al padre, che all’attività letteraria univa la pratica della preghiera e una fervida devozione. Questi assunse la direzione spirituale della figlia, proseguita nel tempo attraverso un fitto carteggio, ma dopo la sua morte ne bruciò le lettere (Ferdinando di Santa Maria, 1959, p. 26). In convento Anna Maria apprese la meditazione quotidiana, praticò con frequenza l’eucarestia, imparò gli esercizi di pietà e l’uso della disciplina. Sarebbe stata l’aretina Cecilia Albergotti, in procinto di entrare tra le carmelitane scalze a Firenze e in visita di congedo a S. Apollonia, ad attrarre Anna Maria al Carmelo. La confermarono nella vocazione le parole di Teresa d’Avila che risuonarono nel suo animo: «Io sono Teresa di Gesù e ti voglio tra le mie figliuole» (Papasogli, 1984, p. 47).
Ai primi di aprile del 1764 Ignazio Redi ricondusse la figlia ad Arezzo; nel luglio, al compimento dei diciassette anni, Anna Maria poté esprimere la propria scelta di farsi carmelitana nel monastero di S. Teresa a Firenze. Entrò nel Carmelo il 1° settembre 1764. Il secondo ingresso avvenne il 10 marzo 1765, dopo le visite di commiato. L’indomani vestì l’abito e prese il nome di Teresa Margherita del Cuore di Gesù. La devozione al Sacro Cuore l’aveva appresa dal padre; nel carteggio di Ignazio Redi è costante l’attenzione per questo culto sostenuto dai gesuiti e impregnato di significati politici (Palmieri, 2012, p. 53; sul culto cfr. D. Menozzi, Sacro Cuore: un culto tra devozione interiore e restaurazione cristiana della società, Roma 2001). Alla figlia regalò la Vita di Margherita Maria Alacoque di Jean-Joseph Languet edita a Venezia in traduzione italiana nel 1748. Il racconto delle apparizioni nel monastero della Visitazione di Paray-le-Monial incontrò ampia risonanza in Teresa Margherita. Tra i motivi della sua spiritualità nella lettura di Ildefonso di San Luigi spicca il tema dell’amore. Teresa praticava il nascondimento a imitazione della 'vita nascosta' di Gesù, non solo nelle azioni ma anche nel sottrarre sé a se medesima, come morte mistica e spirituale. In prossimità della professione dei voti, volle staccarsi dall’affetto per il padre: lo sentiva di ostacolo all’atto che stava per compiere. Pronunciò i voti il 12 marzo 1766, il 7 aprile prese il velo.
In preparazione degli esercizi spirituali del febbraio 1768 ricevette dal confessore una Regola di vita spirituale; rispose con alcuni Propositi in cui tradusse con libertà il modello suggeritole. Spicca il tema dell’atto di abbandono ma questo non l’avvicina al quietismo, avverte Giorgio Papasogli (1984, p. 204), perché si intreccia alla parte attiva della volontà. Teresa Margherita si offriva vittima del Sacro Cuore. Secondo la deposizione di Ildefonso di San Luigi, nell’ultimo periodo della sua vita ella sperimentò l’unione con Dio.
La morte la colse improvvisa a Firenze il 7 marzo 1770; aveva 23 anni e non lasciava quasi nulla di scritto. Dopo poche ore dal decesso il corpo già in procinto di decomporsi subì una repentina trasformazione: riacquistò il proprio colore naturale, rimase flessibile ed era odoroso. Da questa singolare vicenda prese avvio la tormentata storia del riconoscimento di santità.
Le monache affidarono ad Anna Bacherini, apprezzata pittrice, il compito di dipingere il ritratto di Teresa. Ignazio Redi lo trovò «prodigioso» e così il disegno per la stampa, che fece riprodurre in migliaia di esemplari (Ferdinando di Santa Maria, 1959, pp. 41-43). Egli raccolse reliquie della figlia al fine di diffonderne la devozione e in una solida «condivisione di strategie» (Palmieri, 2012, p. 71) con il direttore spirituale di suor Teresa, Ildefonso di San Luigi, si adoperò nella costruzione delle fonti in vista dell’istruzione della causa. I miracoli non tardarono a prodursi ma l’arcivescovo Gaetano Incontri si mosse con prudenza. Sulla natura di alcune guarigioni vi erano pareri discordi, il nunzio apostolico a Firenze Ottavio Manciforte evocò in qualche caso l’isteria. Clemente XIV chiese un ristretto della vita e virtù di suor Teresa: affidato a Ildefonso di San Luigi, gli fu rimesso nell’aprile 1773 (Gabriele di Santa Maria, 1950).
Come ha osservato Pasquale Palmieri, la discussione attorno ai miracoli operati dalla Redi evoca il più ampio dibattito settecentesco sulla regolata devozione e sui culti, sull’autenticità delle reliquie, sulla simulata santità. A fronte dello spirito di rinnovamento che coinvolgeva ampi settori del cattolicesimo contemporaneo e a fronte dei tentativi di trasformazione messi in atto in Toscana dal potere granducale, Teresa Margherita Redi apparve come il simbolo della resistenza al cambiamento (Palmieri, 2012, p. 77).
Nella ricognizione effettuata nel 1783 dall’arcivescovo Antonio Martini il corpo era ancora incorrotto e così nel nuovo esame condotto nel giugno 1805 alla presenza di Maria Luisa regina d’Etruria e dell’infante Carlo Ludovico. Grazie alla sapiente cura del vescovo di Arezzo Agostino Albergotti, promotore della causa, il processo superò gli sconvolgimenti rivoluzionari e l’età napoleonica (pp. 181 e passim). Nel Breve Compendio del 1806 anonimo ma dipendente dalla Vita manoscritta di Albergotti (pp. 179 s.), Teresa Redi appare come una martire. Albergotti la proponeva come propiziatrice di una nuova epoca di difesa della monarchia e di ritorno alla religione contro l’empietà dei filosofi settecenteschi.
Politica e fede resteranno intrecciate nell’iter della causa segnata da più periodi di stallo, fino agli anni Venti e Trenta del Novecento: il 9 giugno 1929 Pio XI beatificò Teresa Margherita Redi esaltando la sua devozione al Sacro Cuore, «magnifica primizia» in un tempo in cui questa «si dibatteva in mezzo a difficoltà indicibili» (p. 267). La canonizzazione avvenne il 19 marzo 1934. I tratti della santa erano quelli che le avevano conferito gli agiografi settecenteschi, ma l’accento sulla consacrazione al Cuore di Gesù, conclude Palmieri (p. 271), aveva fatto di Teresa un simbolo del connubio tra trono e altare.
Arch. di Stato di Arezzo, Archivio domestico Albergotti, 22, B.XXXI: A. Albergotti, Vita della Serva di Dio suor T.M. R. del S. Cuor di Gesù… estratta fedelmente dai processi ordinari compilati per la causa della sua Beatificazione e Canonizzazione. Breve Compendio della vita della Serva di Dio suor Teresa Margarita Redi del Cuor di Gesù, Roma 1806; Gabriele di Santa Maria, La biografia di S. T.M. R. scritta per il papa Clemente XIV, in Ephemerides Carmeliticae, IV (1950), 3, pp. 519-623; Ferdinando di Santa Maria o.c.d., Il padre santo di una santa. Il cavaliere Ignazio M. Redi, ibid., X (1959), 1-2, pp. 7-52; G. Papasogli, Nel fuoco consumante. Santa T.M. R., Roma 1984; P. Palmieri, La santa, i miracoli e la rivoluzione. Una storia di politica e devozione, Bologna 2012 .