TERMINISMO
. Il latino terminus, "termine", traduce nel linguaggio filosofico medievale il greco ὅρος, di cui Aristotele si serve, nella sua logica, per designare il costituente ultimo di ogni giudizio e sillogismo. Ogni singolo noema, infatti, che compaia come soggetto o come predicato in una sintesi predicativa e attraverso questa in un sillogismo o più generalmente in un brano di apodissi dianoetica (cioè di deduzione operata dalla dianoia, l'attività discorsiva della mente), è "termine" sia in quanto fermamente configurato e determinato nel suo contenuto noetico, sia in quanto termine saldo del pensiero dianoetico che lo connette positivamente o negativamente con altri termini. Di qui la considerazione del sillogismo come costituito essenzialmente di tre "termini", il "maggiore", il "minore" e il "medio", e le regole determinanti la loro natura e posizione nelle premesse e nella conclusione a seconda dei varî schemi e modi deduttivi.
I "termini" sono con ciò, nella logica aristotelica, tanto i "concetti" quanto le "parole" in cui essi sono significati: più esattamente, sono le parole in quanto sentite come significanti un concetto, e senza comunque che sia propriamente posto il problema della distinzione della parola dal concetto. S'intende allora perché quando, nel Medioevo, alla considerazione platonico-realistica dei concetti (e quindi anche dei termini del sillogismo, in quanto concetti) quali universali esistenti in re si contrappone l'antitetica considerazione nominalistica dei concetti come semplici parole, o flatus vocis, chi voleva sostanzialmente difendere l'interpretazione nominalistica, ma nello stesso tempo escludere l'aspetto meramente fonetistico del suo verbalismo e mostrare come ogni concettualità delle parole s'identificasse con la loro semanticità, dovesse perciò puntare sull'antica considerazione del concetto come "termine". È questa la genesi ideale del "terminismo" occamistico (v. per ciò occam), il quale viene in tal modo a costituire la più concreta e piena eliminazione del realismo logico medievale, rappresentando insieme un importante passo avanti in quel processo risolutivo della logica in linguistica, con cui il pensiero moderno (dopo le rigorose analisi illuministiche, per es. di un Berkeley e di un Condillac) tende a invertire l'ipostatizzazione classica della linguistica in logica.