termodinamica
Due principi che regolano l’Universo
La termodinamica descrive come i corpi scambiano calore ed energia meccanica, in forma di lavoro, con l’ambiente circostante. Studia trasformazioni reversibili e irreversibili, cicliche o meno, esamina come variano pressione, volume e temperatura dei sistemi, affronta i cambiamenti di stato. In sostanza, la termodinamica è alla base di tutti i processi vitali. Due sono i principi su cui si fonda: il primo garantisce che durante ogni processo l’energia totale si conserva, mentre il secondo afferma che la qualità dell’energia si degrada progressivamente e se ne può trarre sempre meno lavoro. Grazie alla termodinamica è possibile capire come funzionano i frigoriferi e perché i motori delle automobili hanno bisogno di carburante
Quando due corpi a diversa temperatura vengono messi a contatto, dopo un certo tempo raggiungono le condizioni di equilibrio termico, ossia la stessa temperatura, intermedia tra le due iniziali.
Ciò avviene perché le molecole del corpo più caldo rallentano il loro moto, cedendo energia cinetica – attraverso la superficie di contatto – a quelle del corpo più freddo. Si dice che l’energia interna del primo corpo (ossia l’energia globale in esso immagazzinata) è diminuita, mentre quella del corpo più freddo è aumentata. In genere, non tutta l’energia che un corpo cede o assorbe serve per variare la sua temperatura: infatti, parte di questa energia può trasformarsi in lavoro meccanico.
Nell’Ottocento, il fisico inglese James Prescott Joule ha dimostrato con un celebre esperimento che calore e lavoro sono equivalenti, ossia possono trasformarsi l’uno nell’altro. Ha anche verificato che la relazione tra l’unità di misura del calore, la caloria (cal), e quella del lavoro, il joule (J), è 1 cal = 4,18 J (energia e lavoro).
Lo stesso apporto di calore non produce lo stesso incremento di temperatura in corpi diversi: 1 cal fornita a 1 g d’acqua la riscalda di 1 °C, ma soltanto 0,001 °C se si tratta di un 1 kg di acqua: simili differenze si hanno fornendo calore a materiali diversi. Si definisce capacità termica (C) di un corpo il rapporto tra la quantità di calore ricevuto Q e la sua variazione di temperatura ∆T = Tf - Ti, dove Ti e Tf sono rispettivamente la temperatura iniziale e finale.
Tutte le trasformazioni reali di sistemi in cui si verificano scambi di energia sono irreversibili. È, infatti, impossibile evitare che parte dell’energia sia perduta a causa dei fenomeni di attrito esterni o interni al sistema (questi ultimi dovuti, nell’esempio del gas che si espande, alle interazioni tra le sue molecole).
Sul piano concettuale è però conveniente riferirsi a sistemi ideali nei quali sia possibile operare la trasformazione in ambo i sensi passando attraverso i medesimi stati intermedi. Si parla allora di processi reversibili.
Nel caso dell’espansione di un gas, una trasformazione ‘quasi-statica’ analoga a quella illustrata approssima bene le condizioni di reversibilità. L’effetto della pressione esterna è ora simulato da una miriade di pesi microscopici appoggiati sul pistone.
Se si rimuovono lentamente i pesi uno dopo l’altro, a ogni passo la variazione di volume del gas è così piccola da rendere trascurabili gli scompensi di pressione e le conseguenti turbolenze, e quindi gli attriti interni del gas. È possibile allora compiere passo dopo passo l’operazione inversa fino a tornare alle condizioni iniziali di pressione e volume.
Le tre grandezze che caratterizzano lo stato di un sistema sono la temperatura T, la pressione p e il volume V. Poiché nell’esperimento descritto p e V si conoscono a ogni passo, la trasformazione reversibile è rappresentabile in un grafico. Una trasformazione irreversibile invece non è rappresentabile nel piano (p, V).
Si dice isoterma una trasformazione che avviene a temperatura fissa. Se invece il sistema non può scambiare calore con l’esterno, come un gas in un recipiente termicamente isolante, la trasformazione è detta adiabatica. Quando una trasformazione avviene a pressione costante si ha un’isobara, mentre a volume costante si ha un’isocora.
Un ciclo chiuso (dove cioè punto di partenza e di arrivo coincidono) reversibile può essere compiuto da un gas tramite una successione di tutti e quattro i tipi di trasformazione. Ovviamente, a esclusione dell’isoterma, in ogni stadio il gas cambia temperatura. La maggiore pendenza dell’espansione adiabatica BC rispetto all’isoterma CD, per esempio, è indice che durante la prima trasformazione il gas si raffredda.
La materia esiste in tre possibili stati (o fasi) di aggregazione: solido, liquido e gassoso. Nell’ordine, le particelle costituenti i tre stati sono via via meno legate. La maggior parte dei corpi, all’aumentare della temperatura, passa attraverso tutti i tre stati, anche se ci sono anche casi di sublimazione, ossia passaggio diretto da solido a vapore, come nel caso della canfora.
Ciò avviene perché fornendo energia, si possono vincere le forze di legame che tengono unite le particelle. Nel caso dell’acqua, occorre fornire energia al ghiaccio affinché fonda e al liquido affinché diventi vapore. Se riferita all’unità di massa della sostanza, l’energia necessaria a indurre il cambiamento di stato si chiama calore latente, rispettivamente di fusione e di vaporizzazione (oltre che di sublimazione). Per ogni cambiamento di stato (in un sistema che riceve, o cede, calore) esiste una temperatura caratteristica alla quale le due fasi si trovano in equilibrio termodinamico tra loro: in tali condizioni, la temperatura del sistema rimane costante fino a che una fase non si è interamente trasformata nell’altra. Per l’acqua a pressione atmosferica, la temperatura di fusione è 0 °C e quella di ebollizione 100 °C, valori che sono stati prescelti per definire la scala di temperature Celsius.
Se alla pressione atmosferica e a temperatura ambiente una sostanza è in fase vapore, si parla direttamente di gas (per esempio, l’ossigeno è un gas a differenza del vapor d’acqua). Tuttavia, se la pressione diminuisce, esiste un limite, detto pressione critica, al di sotto del quale la sostanza può esistere solo nella fase gassosa: così sarebbe per l’acqua sulla Luna, dove non c’è pressione atmosferica.
Calore, lavoro ed energia interna di un corpo sono posti in relazione dal primo principio della termodinamica, un enunciato della conservazione dell’energia esteso a includere gli scambi di calore. Questo principio afferma che l’energia interna di un corpo aumenta se esso riceve calore, mentre diminuisce se compielavoro. Indicando con U l’energia interna e con L il lavoro compiuto dal sistema, la legge di conservazione si scrive come
Uf - Ui = ∆U = Q - L
dove Uf e Ui sono rispettivamente l’energia interna finale e iniziale. Q assume valore positivo se il corpo assorbe calore e negativo in caso di cessione; invece si considera il lavoro positivo se è il corpo a produrlo e negativo se è eseguito sul corpo dall’esterno.
L’energia interna dipende dallo stato in cui si trova il sistema, nel senso che, fissati i valori della temperatura, del volume e della pressione cui è soggetto, risulta fissata la sua energia interna. Questa proprietà si esprime dicendo che l’energia interna è una funzione di stato.
In un gas perfetto l’energia interna dipende solamente dalla temperatura.
In presenza di una trasformazione ciclica – rappresentata sul diagramma ((p, V)) da una curva chiusa – il sistema può operare ripetitivamente, per esempio producendo lavoro con continuità. L’area racchiusa dal ciclo rappresenta il lavoro eseguito nella trasformazione. Se il ciclo è percorso in senso orario, il gas produce lavoro verso l’esterno e si parla di motore o macchina termica. Se il percorso è antiorario, è l’ambiente esterno a eseguire lavoro sul gas e si parla di macchina frigorigena. Anche se è utile riferirsi a cicli reversibili (ossia percorribili in entrambi i sensi), un ciclo può esistere anche nei casi reali di irreversibilità, giacché per tornare allo stato di partenza non è richiesto che si passi per i medesimi stati intermedi.
Il ciclo ideale più semplice cui si fa ricorso in termodinamica è quello detto di Carnot, privo di ogni attrito, reversibile e costituito dall’alternanza di due isoterme e due adiabatiche. Esso permette di calcolare il massimo rendimento γ possibile per una macchina termica in base alle due temperature estreme tra cui lavora (in un motore, rispettivamente quella del radiatore, la più bassa, Tf, e quella della camera di combustione, la più alta, Tc).
Il rendimento, cioè il rapporto tra il calore assorbito dal gas (Qc) e il lavoro che esso produce (e che è identico per qualsiasi ciclo reversibile che lavori tra le stesse due temperature) è
γ = Qc/L = 1 - Tf/Tc <1.
Questo significa che il rendimento, anche teorico, di un motore è sempre inferiore a 1. Per esempio, se Tf = 350 K (77 °C) e Tc = 1.400 K (1127 °C), γ = 1 - 1/4 = 0,75. Non è mai possibile, anche nel caso ideale della reversibilità, convertire tutto il calore in lavoro. A causa degli attriti, nei casi pratici il rendimento è ancora più basso.
Note applicazioni delle macchine cicliche sono il motore a scoppio, il frigorifero, la pompa di calore. Ciascuna macchina, naturalmente, compie cicli più appropriati rispetto a quello di Carnot. Per esempio, il motore d’auto a quattro tempi si basa sul ciclo di Otto messo a punto dall’ingegnere tedesco Nicolaus August Otto. Dopo l’iniezione del carburante, si susseguono le trasformazioni: (a) compressione adiabatica che fa salire la temperatura della miscela combustibile, (b) pressurizzazione isocora, associata allo scoppio del carburante innescato dalla scintilla, (c) espansione adiabatica che raffredda il gas, (d) ritorno alle condizioni iniziali del sistema tramite una depressurizzazione di nuovo isocora allorché il gas combusto viene scaricato all’esterno.
Se la macchina termica ideale di Carnot avesse rendimento uguale a 1, ossia convertisse tutto il calore ricevuto dal gas in lavoro, contraddirebbe il secondo principio che può essere enunciato in due modi, tra di loro equivalenti.
Enunciato di Kelvin: è impossibile realizzare una trasformazione ciclica che abbia come solo effetto quello di sottrarre calore da un’unica sorgente e convertirlo in una quantità equivalente di lavoro.
Enunciato di Clausius: è impossibile realizzare una trasformazione ciclica che abbia come solo effetto quello di trasferire calore da un corpo più freddo a uno più caldo.
In parole più vicine all’ingegneria, i due principi equivalgono a dire che non è possibile fabbricare, nemmeno in condizioni ideali, macchine termiche e frigorigene che siano perfette.
Il termine entropia deriva dal greco èn «dentro» e tropè «cambiamento». Indicata in genere con la lettera S, l’entropia è una funzione di stato di un sistema e viene interpretata come una misura del suo disordine. Ogni sistema isolato, tale cioè da non poter scambiare energia con l’ambiente, tende a evolvere spontaneamente verso stati di maggiore entropia. Quando l’entropia raggiunge il massimo valore possibile, il sistema cessa di evolvere e si trova in condizioni di equilibrio.
Un semplice esempio: come stato iniziale si considerino due stanze adiacenti, divise da una porta e riempite rispettivamente di aria pulita e di fumo. Tale sistema avrà un certo valore dell’entropia, che è possibile calcolare. Se ora la porta viene aperta, aria e fumo si mescolano spontaneamente e alla fine si distribuiscono equamente tra le due stanze. Questo stato finale di equilibrio ha una probabilità di realizzarsi decisamente superiore rispetto a quello in cui i due gas rimangono, a porta aperta, nelle rispettive stanze iniziali di appartenenza. Si può verificare che l’entropia del sistema gassoso che si ripartisce equamente nei due locali ha raggiunto il massimo valore possibile.
Si noti che lo stato finale è meno ordinato di quello iniziale e per tornare alle condizioni di partenza è necessario intervenire dall’esterno compiendo lavoro (in questo caso ben complicato, dovendo consistere nel separare le molecole di fumo da quella dell’aria!). Gli stati disordinati hanno maggiore probabilità di realizzarsi di quelli ordinati, e in questo senso l’entropia è indicativa anche della probabilità di un sistema di trovarsi realizzato.
Il valore dell’entropia è maggiore in un mazzo di carte disposte a caso piuttosto che regolarmente ordinate; è maggiore in un edificio diroccato rispetto a un palazzo intatto; è attualmente maggiore nell’intero Universo – presumibilmente un sistema isolato – oggi piuttosto che in passato, e così via. In particolare, cedere calore a un corpo ne aumenta l’entropia perché intensifica l’agitazione termica delle particelle, e poiché questa avviene in modo caotico, aumenta anche il disordine.
Dal punto di vista quantitativo, l’entropia S è funzione della temperatura assoluta e della quantità di calore. L’incremento di entropia ∆S = Sf - Si (differenza tra l’entropia finale e quella iniziale) per un corpo che riceve una quantità di calore ∆Q da una sorgente posta alla temperatura assoluta T – per un’ideale trasformazione reversibile – è dato dal rapporto ∆Q / T (per cui l’entropia si misura quindi in cal/K). Ciò significa che, più freddo è un corpo, più la sua entropia aumenta quando riceve una data quantità di calore.
Una conseguenza del secondo principio è che, nelle trasformazioni reali, la variazione di entropia ∆S è sempre maggiore di ∆Q / T. Quindi, per un sistema isolato che evolve spontaneamente senza poter scambiare calore (perciò tale che ∆Q = 0), deve sempre essere ∆S > 0, cioè la sua entropia non può che aumentare.
Da questo punto di vista, l’entropia offre una misura dell’inefficienza di un sistema nel produrre lavoro meccanico e qualifica il ‘grado di utilizzabilità’ dell’energia. Se l’energia proviene da un sistema che ha bassa entropia la quantità di energia convertibile in lavoro è elevata e si parla di energia di alta qualità.
La direzione spontanea di una trasformazione per un dato sistema è quella che provoca un deterioramento nella qualità della sua energia e l’entropia rappresenta la tendenza naturale dell’energia ad andare sprecata.
Vediamo un esempio del lavoro compiuto da un gas allorché un corpo più caldo gli cede energia. Mentre il corpo caldo (se non è un gas) si limita a raggiungere la temperatura finale di equilibrio con una variazione di volume che può supporsi trascurabile, il gas si espande sensibilmente e così compie lavoro. Il gas infatti deve vincere la resistenza delle forze che agiscono sul pistone per effetto della pressione esterna: è noto che si genera lavoro ogniqualvolta il punto di applicazione di una forza viene spostato. Nel caso in questione il lavoro è pari al prodotto della pressione esterna p per la variazione di volume ∆V; a questo va sommato il lavoro necessario per vincere le eventuali forze di attrito. Possiamo affermare allora che sia il trasferimento di calore sia il lavoro sono modi per far variare l’energia interna di un corpo.
La temperatura dipende in genere dalle altre due variabili, pressione e volume. Nel caso di un gas ideale (ossia nel quale non si hanno interazioni tra le molecole) p, V, e T sono legate dall’equazione di stato dei gas perfetti:
pV = nRT
dove n è il numero di grammo-moli del gas (una grandezza proporzionale al numero di molecole del gas) e R è una costante universale eguale a 8,314 J/mol·K. A T fissata, allora, si può notare che il prodotto pV è una costante.